UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

lunedì 4 luglio 2016

Loris, David, papa Giovanni
di Renzo Salvi

Intrecci di testimonianze a Fontanella

Prosegue l'omaggio di "Odissea" per David Maria Turoldo nel centenario della nascita. Come abbiamo già annunciato su queste colonne, l'incontro di sabato 25 giugno scorso ha avuto luogo prima nel cimitero di Fontanella, dove Turoldo è sepolto, poi nel chiostro dell'abbazia di sant'Egidio. Intanto sta per uscire presso le Edizioni Nuove Scritture di Milano il volumetto "Tempo senza profeti" che raccoglie varie testimonianze e foto di un gruppo di collaboratori di questo giornale. In ottobre altre iniziative pubbliche che si concluderanno con una raccolta di firme per fargli intestare una strada nella città che lo ha ospitato e dove si è spento. Questo affettuoso intervento di Renzo Salvi prosegue sulla scia delle testimonianze in favore del grande poeta e uomo di fede. 

David Maria Turoldo



Sono lieto di dare la mia testimonianza del primo incontro personale con padre David, avvenuto a Roma nella chiesa di San Claudio, la chiesa dell’adorazione perpetua dove da giovane andava anche papa Giovanni e dove tanti bravi prelati continuano ad andare anche oggi”.

Così Loris Capovilla, la figura più vicina a papa Giovanni, e testimone, e memoria, e voce lungo i decenni del Concilio, iniziò la sua intervista/conversazione nel  giugno 2012 a Ca’ Maitino in Sotto il Monte.
L’argomento proposto per primo in quell’occasione riguardava il “cambiamento” – ma il termine proposto dall’intervistatore venne subito puntualizzato in “aggiornamento” dall’intervistato – indotto dal Vaticano II nella liturgia e, dentro questo, il problema non secondario del canto liturgico nel passaggio alla celebrazione nelle lingue nazionali*; il contributo di David Maria Turoldo alla scrittura di Inni e alla riscrittura poetica, in forma lirico/metrica, dei Salmi sarebbe stato uno dei temi forti di quella conversazione

“Erano i primi giorni di gennaio del 1963. C’era stata la crisi di novembre che rivelava la malattia di papa Giovanni, e il precipitare degli eventi; poi [quella crisi] l’aveva ben bene superata… Io andavo, nel pomeriggio, di corsa, a pregare a San Claudio che era una chiesa che lui amava. Li avvenne – è bello ricordarlo – il primo incontro personale (lo conoscevo da prima, per lettura) con padre Davide Turoldo. 
Quel giorno, mentre stavo pregando viene avanti un frate, alto, con due manone grandi. Mi mette una mano sulla spalla e mi dice: «Monsignor Capovilla? Sono padre Turoldo».
Incontrare padre Davide Turoldo, dinnanzi al Santissimo Sacramento e con tanta tenerezza mi toccò nel cuore. Lo ricordo ancora … Sento – come dire – la sua mano sulla mia spalla. Mi dice: «Lei è venuto a pregare. Anche noi preghiamo. Che Dio ce lo salvi e ce lo conservi». Tornato a casa – il papa sapeva che andavo a fare questa  mezzora di preghiera – ho riferito: «Ho trovato Padre Davide Turoldo, un giovane poeta, teologo, filosofo… Pieno di ardore e di ardimento…».
Lui ha detto: «Si. So chi è padre Davide, lo ricordo …» Aveva letto qualche sua poesia; qualcuna l’avevo letta anch’io con lui. E ho ancora la lettera che Padre Davide mi ha scritto per dirmi grazie dell’incontro “dell’altro ieri” a San Claudio, in preghiera*.

La tomba di Turoldo a Fontanella (Bg)


Il rapporto ed i contatti tra queste due figure, certamente con caratteri e personalità molto diverse tra loro e ciascuna particolarissima nell’ambito di quella Chiesa, italiana e universale, piena di vitalità nell’orizzonte del Concilio Vaticano II, si fanno frequenti, sino a far diventare consuetudine i momenti di collaborazione; il tutto nel nome di papa Giovanni e della speranza conciliare. Ed avendo come – forse inatteso – punto focale Fontanella di Sotto il Monte.
Con il nome di Fontanella si indica, ormai per convenzione, la piccola frazione nel paese natale di papa Giovanni, posta su un colle appena elevato e raccolta intorno alla chiesa romanica di Sant’Egidio. Abitazioni contadine era dislocate, sino a tutti gli anni Sessanta del Novecento, nei campi e nei vigneti lavorati sulla collina e avevano trovato spazio anche in alcune parti dell’antico monastero addossato al chiostro e non più vissuto da una presenza monastica.
Qui, secondo annotazioni e testimonianze, Angelo Giuseppe Roncalli si recava in preghiera da ragazzo e poi – certamente molto diradando i passaggi – da chierico, da prete, da vescovo, da nunzio apostolico, da cardinale e poi Patriarca. Fontanella fa parte della sua esperienza spirituale; la comunità contadina è ricordata come un tutt’uno con il vasto (e al tempo stesso minuscolo) mondo popolare di Sotto il Monte. Vescovo e Delegato Apostolico per la Bulgaria, il 28 gennaio 1931 scriverà da Sofia:

“Per voi di Fontanella io resto dunque un conterraneo ed un amico, che vi vuole bene, che conosce le vostre famiglie almeno nel loro insieme e che ha grande stima del vostro sentimento cristiano”, per poi aggiungere: “Riconosciamolo: la Chiesa di Sant’Egidio è veneranda per antichità: ogni pietra è sacra. Bisogna conservarla bene”*.

Dal 1963, dopo la prima sessione del Concilio e alla scomparsa del pontefice, Sotto il Monte ed in esso Fontanella, la chiesa e l’antico Priorato di Sant’Egidio, divengono la meta e poi il luogo della presenza dinamica di David Maria Turoldo; l’uno e l’altra scelti nel nome di papa Giovanni:

“Si io ho creduto fino al punto di ritirarmi nel suo paese, di mettermi a vivere qui, a camminare per queste mulattiere, in mezzo ai suoi vigneti; a guardare dal monte gli spazi e il cielo che lui si era portato con sé per le strade dell’oriente e dell’occidente, fin dalla sua infanzia; qui in mezzo alla sua gente.
Vivevo allora da solo e dormivo in una torre di mille anni. E da quelle finestrelle guardavo giù tutta la pianura. E dovevo entrare da una porticina piccolissima, cosicché dovevo curvarmi, e ogni volta che uscivo avevo la sensazione di inchinarmi di fronte alla creazione. E godevo di tutte le più piccole cose; e della mia vocazione, e della mia volontà di donarmi; godevo specialmente a stare con gli umili e i fanciulli. E ho creduto veramente nella possibilità di un mondo nuovo, o comunque  diverso. Speravo che la storia dovesse cambiare. Era il tempo di Kennedy, il tempo di Kruschev. Non so che tempi fossero. Ora sembrano una favola. Oppure ci siamo tutti sbagliati?”*


L'abbazia di sant'Egidio


All’insediamento di una piccola comunità servita presso il Priorato di Sant’Egidio, con la costruzione della Casa di Emmaus e la costituzione di un Centro Studi dedicato a papa Giovanni fa da (discreto e defilato) suggeritore Loris Capovilla: “Da poco conosciuto – scrive Mariangela Maraviglia – e poi costante interlocutore, ricco di amicizia e di consigli nel suo [di Turoldo] insediamento a Sotto il Monte”[1]. A secondare l’intuizione e poi la realizzazione della presenza servita in Sotto il Monte furono anche figure come Giuseppe Lazzati e, soprattutto, il vescovo di Bergamo Clemente Gaddi che accolse Davide e la comunità servita con tutte le attività che presero l’avvio in quel frangente e che si trovò a far da argine rispetto a molti attacchi di malevolenza che si manifestare sia all’inizio dell’esperienza che durante tutto il suo sviluppo.
Nel molto fare, agire, proporre meditare di quegli anni compaiono a Fontanella figure di rilievo della Chiesa conciliare e personalità fortemente impegnate nella lotta per la liberazione umana nel mondo: da frère Schutz di Taizè a Jean Daniélou, dai cardinali Bernald Alfrink  e Paul Gouyon al Primate cecoslovacco Josef Beran, dal combattivo gesuita statunitense padre Daniel Berrigan, punta del movimento antimilitarista, a interpreti del dialogo interconfessionale, prima, e interreligioso poi, dalla prima donna “uditrice al Concilio – Marie-Louise Monnet – a tutti i nomi italiani di quell’inconsapevole momento di attesa e di preparazione di un tempo nuovo della Chiesa, rivelatosi a sorpresa col Concilio, che in nome della loro ricerca e testimonianza avevano patito emarginazione e persecuzione nell’ambito del mondo cattolico e nella stessa Chiesa italiana, dal dopoguerra all’avvento giovanneo: “don Luigi Rosadoni, don Divo Barsotti, Carlo Carretto, Arturo Carlo Jemolo; più spesso gli amici di sempre, i milanesi Pirelli, i fiorentini Balducci, Gozzini, Meucci, don Michele Do…”*.
A Fontanella, anche a Fontanella, ed in nome di un Concilio e di un pontificato che tutto hanno raccolto e molto hanno portato in onore indicandolo come via privilegiata della Chiesa dei poveri, confluisce l’insieme dei rivoli e dei percorsi che David Maria Turoldo rievocherà con tenerezza, e con lo stupore di chi osserva approdi impensati, in una lettera a Rienzo Colla nell’occasione dei trent’anni de La Locusta:

…Trent’anni di Locusta, dicevo, e non son pochi per una cosa nata nell’assoluta povertà, nel nascondimento come di solito nasce una vocazione religiosa quando è autentica.
Un’impresa che ci lega fin dall’origine, e prima ancora, per via di quei nostri sogni di una Chiesa nuova, di un Paese nuovo, di nuove culture e di propositi a non finire … Ricordi l’intreccio delle nostre speranze che attraversavano i nostri conventi e canoniche e gruppi, col “Gallo” di Genova, con la “Corsia dei Servi” a Milano e con l’“Adesso” di Mazzolari: segni annunciatori, per quanto inconsci, addirittura di un Concilio, fiorito poi inaspettatamente, come tutti sappiamo.
Piccoli segni, s’intende, ma reali. Perché la storia è così: un tessuto di fili segreti, un lievitare di piccoli semi”*.

Turoldo in un dipinto di Vanda Guanella


Tra le presenze che “spiccano” in quei passaggi a Fontanella – secondo la documentata lettura di Mariangela Maraviglia – monsignor Carlo Manziana, da poco vescovo a Crema, ma in precedenza sopravvissuto ai Lager di Dachau dove era stato deportato per attività antifascista, ma anche e soprattutto – nell’annotazione sulle presenze nelle attività – monsignor Loris Capovilla.
Tra David Maria Turoldo e Loris Capovilla ci furono certamente, da quel tempo, incontri di cui non abbiamo notizia se non per parziali incroci di corrispondenza; di altri momenti esistono documentazioni puntuali. La memoria di papa Giovanni e il comune procedere sulle vie della chiesa conciliare ne sono il motivo continuo e costante.
Ad Assisi, presso la Cittadella della pro Civitate Christiana, dal 27 al 31dicembre 1985 David Maria Turoldo e Loris Francesco Capovilla sono voci di peso, tra molte altre, del Convegno Giovani che ha come titolo Il Vaticano II nella Chiesa italiana: memoria e profezia*.
Loris Capovilla svolge la relazione “Giovanni XXIII: profeta della novella Pentecoste” nella quale in modo implicito ed esplicito riprende i temi della presenza dello Spirito nella vita della Chiesa, echeggiando l’ultima relazione tenuta in Assisi dal cardinal Roncalli, Patriarca di Venezia, il … 1957. Cita, tra l’altro, Loris Capovilla, il discorso giovanneo di chiusura della prima sessione conciliare, la dove si afferma: «Sarà veramente una nuova Pentecoste che farà fiorire la Chiesa nella sua interiore ricchezza e nel suo estendersi maternamente verso tutti i campi dell'umana attività; sarà un nuovo balzo in avanti del regno di Cristo nel mondo».

“Preparare la novella Pentecoste è stato per lui – prosegue il testo della relazione di Loris Capovilla – il vero scopo del Concilio. Ma come sarà questa novella Pentecoste? Dipende da ciascun battezzato che essa si riveli, secondo la previsione roncalliana, «un riaffermare in modo sempre più alto e suadente la lieta novella della redenzione, l’annuncio luminoso della sovranità di Dio, della fratellanza umana nella carità, della pace promessa in terra agli uomini di buona volontà, in rispondenza al divino beneplacito».
Stupendo il testo latino: «Tunc regnum Christi in terris novo amplificabitur incremento. Tunc denique altius ac suavius in orbe laetus resonabit humanae redemptionis nuntius».
Ci si chiede – prosegue quella relazione in Assisi – se l'unificante forza dello Spirito Santo, che nel giorno di Pentecoste fuse le membra della giovane Chiesa in unione tanto meravigliosa (At 4321), ricondurrà ancora una volta la cristianità, dilacerata dalle divisioni, a dare comune testimonianza della verità di Cristo. Se si verificherà la novella pentecoste, tutti coloro che «invocheranno il nome del Signore» (At 2,21)”.

David Maria Turoldo guida la veglia di preghiera, in cui compone alcuni testi editi ed altri scritti per l’occasione. Gli Atti ne pubblicheranno, come “Spazio per l’invocazione”, il nuovissimo “Francesco aiutaci a comprendere”, il già noto “Dialogo nella chiesa” (introdotto come “Il saluto di Frate Nessuno”) e la conclusione “Una sola ecumene” che suona:

“Il Dio della comunione e della pace, il Padre di ogni creatura
e il Figlio Salvatore del mondo, Fratello degli uomini, primo fra tutti i poveri, e lo Spirito Santo, fuoco e vento che spira ovunque, e tuono che scuote l’intera Gerusalemme l’iddio nella sua Trinità misteriosa che è causa del molteplice; e nella sua unità che è santa radice di ogni vita, vi doni la grazia di comprendere la infinita varietà della creazione; faccia di voi lo spazio della continua incarnazione della sua parola, rinnovi in voi la sua Chiesa: siate voi il vero tempio, la santa dimora dove Egli ama abitar! E sia tutta l’umanità una sola Ecumene da riempire la terra”*.


Da sin. Seregni, Russo, Piscitello, Bianchi, Gaccione di "Odissea"
a sant'Egidio nel 2015 per rendere omaggio a Turoldo


L’attenzione e l’apprezzamento reciproco – l’amicizia, infine – tra Loris Capovilla e Davide Turoldo trovano un ulteriore momento per rinsaldarsi quando, dal dicembre 1988, lasciati gli incarichi di attività pastorale come arcivescovo, dapprima a Chieti e Vasto e poi come delegato pontificio del Santuario della Santa Casa di Loreto, Loris Capovilla sceglie a sua volta di vivere a Sotto il Monte, in una casa costruita da un avo di papa Giovanni e poi donata all’allora patriarca di Venezia come luogo di riposo. Da Ca’ Maitino, sul declivio che da Fontanella conduce a Sotto il Monte, Loris Capovilla proseguirà un’attività pastorale e di testimonianza. Culturale e di annuncio che lo accompagnerà oltre il secolo di vita.
Gli incontri con Davide Turoldo si fanno frequenti, il rapporto diviene fraterno nell’immediatezza della prossimità, l’apprezzamento di Loris Capovilla per la poesia turoldiana cresce in rilettura e in citazione nel corso di suoi interventi, conferenze, testimonianze rese in tempi e luoghi diversi.

Nel corso dell’intervista televisiva del 2012, riprendendo il fio dell’aggiornamento anche liturgico introdotto dal Concilio e ritornando al contributo di Davide Turoldo nella scrittura dei Salmi, Loris Capovilla afferma:

“Questo ricordo mi aiuta a pensare al Davide Turoldo chiamato – non da me: che conterebbe niente – da Carlo Maria Martini, “un frate umile”. Quest’uomo che sembrava “prepotente” era un frate umile. E io penso: quest’uomo, teologo, dottore, poeta, artista che quando mette mano a una nuova versione dei Salmi, pur con tutta la sua preparazione, ha paura di non saper fare esattamente o almeno di rivestire di poesia ma non nel senso esatto della Rivelazione, la Parola di Dio e si associa un più giovane confratello, Gianfranco Ravasi, che conosceva, che era già noto come biblista, ma se lo associa quasi dicendo: io sono poeta, ma tu sei biblista,  e allora aiutami a non alterare la Parola di Dio.
Noi siamo quello che siamo, passiamo… Ma solo “entrare nel solco” e “rimanerci per dieci metri” e poi scomparire… Non importa se poi si scompare: perché portare avanti una grande idea, un grande pensiero che entra nel disegno  di Dio, nel disegno della Creazione e della Redenzione, trascende il nostro piccolo tempo che abbiamo a disposizione”.

Quando, nel 1992, Davide Turoldo conclude la sua vita terrena Loris Capovilla presiede il rito funebre che si svolge a Fontanella, nella chiesa di Sant’Egidio, dopo i funerali presieduti dal cardinal Martini nella chiesa di San Carlo al Corso che i Serviti officiano nel centro di Milano.

Delegazione di "Odissea" a Fontanella sabato 25 giugno scorso


“Quando è morto padre Davide sono stato il primo a scrivere di sapere bene che non tutti convergevano nella valutazione o nell’apprezzamento sulla sua persona, applaudendolo. E certamente anche lui ha avuto le sue mancanze; gli è uscita qualche parola impropria. Ma sapete che cos’è? Che lo zelo disordinato può prendere anche un buon cristiano, ma ecco invece la sua pietà eucaristica, mariana – lo dico qui per Davide Turoldo come lo sto dicendo, allo stesso modo, per don Giovanni Rossi [fondatore della Pro Civitate Christiana in Assisi] – questo amore veramente grande, questa visione, questo bisogno di apertura al mondo. Altrimenti che cristiani siamo? Che cattolici siamo? Che cattolicità è la nostra se siamo chiusi nel nostro piccolo guscio.
Il profeta pesta i piedi!
Siccome siamo in questo tema, mi piace dire: ai funerali di Davide io ho raccolto delle testimonianze. Ho avuto piacere quando ho visto Gianfranco Ravasi. Parlarono il Superiore dei padri Serviti, parlò don Abramo Levi, parlarono altri… Parlò il caro vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, che io ricordo con amore e gratitudine, ché anche lui ha sofferto per la Chiesa e da parte anche di uomini di Chiesa.
Un ragazzo di ventitré-ventiquattro anni, non ricordo il nome, che era di Sant’Egidio, viene vicino a me e chiede: Posso anch’io salutare Padre Davide? Ma certamente, ho risposto. E questo ragazzo va al microfono e umilmente, da ragazzo che ha fatto la terza media dice: «Padre Davide, stamattina a Milano, il cardinale Martini, ha detto che tu eri umile… Ma sicuro che eri umile. Venivi nelle nostre case, ti sedevi fuori sulla panca con noi, mangiavi un pezzo di formaggio con pane o polenta, bevevi un bicchiere di vino e parlavi a noi come un fratello. Padre Davide, ti ringrazio di due cose: mi hai insegnato a coltivare l’onestà, e a pregare con i salmi».
Questo ragazzo, commosso, viene via, mi guarda e mi dice: Ho detto bene? Meglio di tutti, ho commentato, meglio di tutti: “mi hai insegnato a vivere nell’onestà e a pregare con i salmi”.  Io credo che ci sono delle lezioni che si chiamano “semi”.
L’ho detto recentemente ad un incontro: in padre Davide noi abbiamo un grande patrimonio che è rimasto quasi come semi nelle nostre mani. Può darsi che un bel giorno li buttiamo per terra e li facciamo fiorire… Non dobbiamo avere fretta”.

Torna il tema, roncalliano, giovanneo, del “tantum aurora est” che papa Giovanni propose nel discorso di apertura del Concilio e di cui Loris Capovilla s’è fatto stendardo, bandiera e chiave interpretativa generale di tutta una vita:

“… Tantum Aurora Est: quel pensiero che brilla come una gemma nel discorso inaugurale del Concilio. Si rivolge ai vescovi, e dice: abbiamo celebrato una grande giornata di pace. Come volete chiamarla? Una grande giornata di pace. Però ricordatevi: Tantum Aurora Est. Siamo agli inizi!
Io ho dato un’interpretazione a quelle parole: siamo agli inizi di che cosa? Non del Concilio Vaticano II ma dell’evangelizzazione! E della cosiddetta civiltà che da Cristo prende nome e dovrebbe prendere anche succo vitale: Tantum Aurora Est….

Scultura di Romano Mosconi ispirata ai versi di Turoldo


La scelta formulata da Loris Capovilla di essere sepolto a Fontanella è una fusione al calor bianco, in tenerezza, di quegli intrecci percorsi durante la vita: là, nei pressi di quella chiesa abaziale del Mille, s’erano mossi i passi di un ragazzo, un seminarista, un pretino che la vita avrebbe condotto in molti luoghi – comunque “non per caso”[2] – e la volontà imperscrutabile dello Spirito avrebbe infine voluto pontefice. Là dove, nel nome di papa Giovanni, ma non chiave di devozionalismo, aveva scelto di collocarsi e vivere in testimonianza “militante” – monacus in proelio et miles in castro – Davide Turoldo. Là chiede di collocare il proprio corpo Loris Capovilla, che nelle sue ultime volontà, dopo aver raccomandato per la propria dipartita il silenzio, simile a quello in cui era “venuto al mondo”, “senza battimani o clamori”, annota ed indica:

“… Dopo la celebrazione il viaggio verso il Cimitero di Fontanella dove è sepolto David Maria Turoldo, uno dei grandi poeti che la Chiesa cattolica ha avuto”

Così si conclude un intreccio. Così, come in uno specchio, nel quale noi vediamo soltanto in aenigmate, si ricompone un incontro ora avvenuto di nuovo nell’oltre rispetto a questa vita. Con Fontanella posta come icona dell’Eternità.

La copertina del libro su Turoldo di prossima uscita





Note
*Renzo Salvi in conversazione con Loris F. Capovilla, regia televisiva di Dario Barezzi (Archivio personale). Occasione prossima di quell’intervista televisiva era stata la scelta di chiedere una presenza, in qualche modo “virtuale” di don Loris per la serata conclusiva del I Convegno Internazionale di musica sacra “David Maria Turoldo di Rezzato del 16 giugno 2012.
*La ricognizione ad una minuta dattiloscritta di quella lettera datata nel giorno dell’Epifania 1963, ora nell’Archivio Turoldo di Fontanella, e un ricordo scritto di Loris Capovilla del 1° ottobre 1986 collocherebbero l’incontro il giorno successivo allo storico viaggio di papa Giovanni a Loreto ed Assisi avvenuto il 4 ottobre 1962. Per questa documentazione fa testo il volume Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita la testimonianza (1916-1992), Morcelliana, Brescia 2016, p. 273, nota. Immutati, per convergere di testimonianze, rimangono il luogo dell’incontro, l’intenzione di preghiera, il clima di cordialità e il ricordo di un’amicizia che da li prende l’avvio.
*Cfr. Francesco M. Geremia, All’Abazia di Sant’Egidio, Cens, Milano 1993 (calendario 1994)
*David Maria Turoldo, Ai tempi di Papa Giovanni, in Lo scandalo della speranza, seconda edizione, due volumi, ed. Gei/distribuzione Rizzoli, Milano 1984, volume secondo, p. 45
*Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita la testimonianza (1916-1992), cit., p. 273
*Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita la testimonianza (1916-1992), cit., p. 289
*David Maria Turoldo, Lettera a Rienzo Colla, in Gli anni de “La Locusta” (1954-1986), a cura di A. Morello, Biblioteca Civica Bertoliana, Vicenza 1986, pp. 37-40
*Loris Francesco Capovilla, Giovanni XXIII: profeta della novella Pentecoste, in AA.VV., Il Vaticano II nella Chiesa italiana: memoria e profezia, Cittadella Editrice, Assisi 1985, pp. 160-161
*David Maria Turoldo, Spazio per l’invocazione, in AA. VV. Il Vaticano II nella Chiesa italiana: memoria e profezia, Cittadella Editrice, Assisi 1985.
*Una ricognizione alla vita di papa Giovanni condotta rileggendo compiti, incarichi, scelte e passaggi inattesi sino al soglio pontificio è contenuta nel testo “Pater amabilis” che rappresenta la prima commemorazione in assoluto di papa Roncalli tenuta da Loris Capovilla ad Assisi, nella cittadella della Pro Civitate Christiana, nell’agosto stesso del 1963; successivamente in Il Simbolo,  vol. XXI,  Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi 1963, pp. 16-44





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