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sabato 11 maggio 2013

L'illusione e il disincanto


L’ILLUSIONE E IL DISINCANTO
di Angelo Gaccione*

Vorrei tanto sbagliarmi ed essere smentito del contrario, ma temo di essere fin troppo facile profeta. E per una semplice ragione: conosco bene il mio Paese, e so dove affonda le sue radici lo spirito italiano. In più, il mio insano mestiere, mi obbliga a tener conto degli uomini nella loro concretezza: delle loro repentine illusioni e del loro altrettanto repentino disincanto. L’intransigenza del Movimento 5Stelle nella formazione di un governo, nasce da alcune illusioni: 1. Credere che la maggioranza del popolo italiano sia costituito da anarchici puri, onesti, integerrimi, pronti a sacrificarsi senza nulla chiedere per sé, com’è nella loro tradizione. 2. Credere che questa tensione al cambiamento, questo consenso popolare, possa mantenersi per un tempo molto lungo, senza allentarsi o addirittura sparire. 3. Credere che dietro questo voto di protesta che li ha beneficiati (che non è, lo sottolineo, costituito del 51%) ci siano i militanti della Comune di Parigi. 4. Credere, infine, che il Parlamento sia diventato improvvisamente e per magia il luogo della Rivoluzione.    Mi dispiace disilluderli, ma devono imparare rapidamente che il Parlamento è, per eccellenza, il luogo delle ambizioni personali, dei privilegi, della separatezza, delle mediazioni e degli intrighi. Prima ne prenderanno coscienza e meglio sarà. Una volta varcata quella soglia, chi ti ha dato il voto, soprattutto se per protesta, con la stessa rapidità te lo toglie, se non sarà soddisfatto dei risultati, e con altrettanta rapidità dirà: “Sono come gli altri”. Tanto più se le aspettative, come in questo caso, sono enormi. La misera fine di Prodi e del suo libro dei sogni, dovrebbe insegnare qualcosa. Ad ogni illusione segue il disincanto; ad ogni fallimento segue la restaurazione, dietro ogni insipienza c’è un Berlusconi in agguato. E più il tempo passa, più le realizzazioni si dilazionano e non trovano concreta attuazione, più il consenso ti volta le spalle.
Se così stanno le cose, ci sono due sole vie: dimettersi immediatamente dal Parlamento, non avendo il 51% dei consensi per attuare il proprio programma, marcando sul serio la propria diversità (ma consapevoli di perdere comunque una discreta parte di elettori, quella che voleva che tu modificassi in meglio qualcosa con le leggi); accordarsi con una delle forze meno oscene presente in Parlamento, per un governo con un numero minimo e paritario di ministri, e un programma di pochi punti condivisibili e indispensabili, da realizzare in tempi fulminei.
Se questo, come sono quasi sicuro, non avverrà, per via dell’intransigenza e delle illusioni di cui parlavo prima, il risultato sarà il seguente: nessuno dei punti del programma del Movimento 5Stelle si realizzerà. Dunque, non si farà una legge sul conflitto di interesse, non tornerà un solo soldato dalle missioni di guerra, non si cancelleranno i 90 cacciabombardieri, non ci sarà alcun reddito di cittadinanza e così via, mentre i disoccupati e i piccoli imprenditori continueranno a suicidarsi.
La delusione ovviamente sarà gigantesca e subentrerà la sfiducia, si allenterà l’entusiasmo, calerà il disincanto. Può darsi che si tornerà alle urne, ma a quel punto il Movimento 5Stelle perderà metà dei consensi e crescerà il partito del non-voto. E già si intravvede il ghigno feroce e soddisfatto del restauratore e della sua corte, affilare il coltello della vendetta.

*Scrittore.