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domenica 21 aprile 2013

Agorà


AGORÀ
di Fulvio Papi

Ricordo di Carlo Carabelli

il filosofo Fulvio Papi ricorda l'amico Carlo Carabelli
recentemente scomparso.

Carlo Carabelli ci ha lasciato, con l'ultima decisione nata dal suo stile personale, per lui del tutto spontaneo, originato da una fedeltà a se stesso e al proprio modo di sentire il mondo. Quando il male che da anni gli rubava ogni spazio di esistenza ebbe partita vinta, riservò a se stesso l'ultima parola. Poiché questo Carlo aveva ben chiaro: che cosa fosse il se stesso e quali obblighi gli poneva nelle sue relazioni. Conoscevo Carlo Carabelli da quand'era ancora un ragazzo, all'inizio degli anni Sessanta. Era già stato a Parigi e conosceva un modo teorico di capire gli autori, Proust come Hume, che da noi fu noto più tardi. Ma questo sapere non era mai ragione di vanto, come non mancava mai di fare arrivare, con totale schiettezza, la sua osservazione critica sui discorsi altrui, i miei compresi. Con un effetto che poteva apparire strano: la critica, sulle prime, poteva sembrare nata da una regione esterna al discorso in questione e poi, ripensata, mostrava invece il nostro lavoro in una prospettiva diversa e svelava la nostra dimenticanza, oppure il nostro ricorrere a una soluzione già nota. Sapevo questa sua mirabile qualità e, da un certo momento in poi, non ho mai pubblicato qualcosa di impegnativo senza pregarlo di dargli una lettura e un parere. Carlo, professore di storia della filosofia a Ferrara, ha lavorato con me un anno in quella Università. Lui più sicuro, io più apprensivo, formavamo un ottima coppia didattica. L'amicizia aiuta molto in questi casi. Non riesco ad abituarmi al fatto che non c'è più e penso, senza nemmeno accorgermene, a un provvisorio rinvio. Probabilmente è un modo inconscio per accettare quella solitudine che c'è sempre quando il proprio mondo diviene via via più piccolo e più silenzioso.