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lunedì 30 dicembre 2013

UN’ODISSEA GIUDIZIARIA E ELETTORALE
di Felice Besostri

Mio padre commerciava frutta all’ingrosso ai Mercati Generali di Milano allora in Corso XXII Marzo dove ora c’è il Largo  Marinai di Italia e la Palazzina Liberty era semplicemente il posto di ristoro per gli operatori del Mercato e non il luogo delle sperimentazioni teatrali di Dario Fo e Franca Rame e successivamente, dopo un lungo periodo di abbandono  degrado, la sede dei concerti di Milano Classica. A quel tempo c’erano ancora carrelli a mano con uomini tra le stanghe come animali da tiro e gli stallazzi per i cavalli e nei pressi Gualtiero Marchesi faceva le sue prime esperienze.
La gran parte delle sue mele e pere a quintali e persino a tonnellate veniva dall’Alto Adige, cioè dal Südtirol, e i contadini erano tutti di lingua tedesca, quindi non per amore di Goethe, ma di astuzia commerciale, alle medie mi fu fatto scegliere il tedesco: fui accontentato subito perché nell’unica sezione di tedesco di norma finiva chi non era stato accettato nelle sezioni di inglese, con meno posti rispetto alle richieste o in quelle di francese, allora la maggioranza perché gli insegnanti erano soprannumero. Nella mia classe eravamo appena in due che avevano fatto domanda di essere assegnati al tedesco e l’altro per ragioni di sangue, in quanto figlio di un militare tedesco morto in guerra.
Ho imparato il tedesco, anzi l’Hochdeutsch la lingua colta e ovviamente non sono mai stato in grado di capire cosa si dicessero tra loro i contadini nelle trattative con mio padre: la ragione per la quale mi aveva fatto studiare tedesco. In compenso mi sono appassionato al diritto costituzionale tedesco, tanto da prendere come titolo per la mia tesi “ Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali nella Repubblica Federale Tedesca”. In italiano è già impressionante, ma in tedesco mi avrebbe fatto vincere una cattedra, se avessi scelto la carriera universitaria in luogo della politica (con quelle premesse ovviamente Sozialdemokrat) e della libera professione: “Die materielle Verfassungskontrolle über formellen Verfassungsnormen in der BRD”
La sentenza della Corte Costituzionale è stata una decisione giuridica e lo sarà chiaro per tutti con il deposito del testo integrale della sentenza, che ha i suoi tempi, perché dovrà affrontare una serie di questioni non sollevate nel procedimento, formalmente in absentia di difensori delle norme impugnate, quelli icasticamente definiti dal prof. Michele Ainis gli amanti del Porcellum, che come tutti i rapporti irregolari sono tenuti nascosti (con la tipica doppia orale), tanto che nelle giunte delle elezioni di Camera e Senato all’unanimità è stata deliberata nel 2009 la costituzionalità della legge n. 270/2005: per favore chiamiamola così p e non Porcellum, espressione che non mi piace perché offensiva di un nobile  animale, che non merita di essere associato ad una delle peggiori leggi elettorali di mia conoscenza, che no è poca avendo insegnato per anni Diritto Pubblico Comparato in Italia e all’estero. Se, invece di Calderoli, la paternità fosse stata del sen. Schifani il nomignolo sarebbe stato bello pronto, risparmiando porci e scrofe.
Una decisione giuridica, che si è sottratta alle pressioni politiche di ottenere o una dichiarazione di inammissibilità ovvero uno spostamento della decisione nella pia illusione, che il Parlamento trovasse un’intesa, non si sa dove tanto per cominciare alla Camera o al Senato, in un paio di mesi, quando è inadempiente dal 30 gennaio 2008, data del deposito in cancelleria delle sentenze n. 15 e 16 del 16 gennaio 2008, relative rispettivamente alla Camera dei Deputati e al Senato ella Repubblica. Sono questioni che conosco bene, non per sentito dire, ma per essere stato presente alla Camera di Consiglio del 16 gennaio 2008 dopo aver depositato memorie per i seguenti soggetti, tutti sollecitando la declaratoria di inammissibilità del quesito referendario: i Socialisti Democratici Italiani (SDI), il Comitato promotore nazionale per il costituendo Partito Socialista, il Senatore Tommaso Barbato in proprio e nella qualità di capogruppo del partito/gruppo politico organizzato denominato “Popolari U.D.EUR”, l'On. Dott. Mauro Fabris, in proprio e nella qualità di capogruppo del partito/gruppo politico organizzato denominato “Popolari U.D.EUR”, il partito/gruppo politico organizzato denominato “per la sinistra” e l'On. Avv. Felice Carlo Besostri, i gruppi politici organizzati “Uniti a sinistra”, “Ars Associazione Rinnovamento della Sinistra”, “Associazione RossoVerde-Sinistra Europea” e “Gruppo del Cantiere”. L’opposizione, cui per la prima volta era stato ammesso un singolo cittadino elettore, il solito rompiscatole avv. Besostri era motivato proprio dallo scopo dei quesiti del prof. Guzzetta, referendari tesi ad abrogare ogni riferimento alle coalizioni di liste per attribuire l’abnorme premio di maggioranza unicamente alla lista più votata: una distorsione intollerabile all’uguaglianza di voto. La Corte, come confessò il Presidente Gallo alla vigilia della sua sostituzione con l’attuale presidente della Consulta Silvestri, volle trattare il Parlamento con molta delicatezza limitandosi a dire che «L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi.»(paragrafo 6.1 sent. n.15/20089 ripetute per il Senato nelle sentenza n. 16/2008 con la precisazione «sia pure a livello regionale,». Un richiamo gentile, ma assolutamente chiaro perché non usuale, ma non “con c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, come dice la proverbiale saggezza popolare Tanto più che c’era anche un espresso invito alla magistratura a rimetterle la questione di costituzionalità nelle vie ordinarie. Tutti hanno sottolineato l’inadempienza del Parlamento, ma nessuno tranne i difensori dei ricorrenti, avvocati Bozzi, Tani e Besostri, l’inadempienza della magistratura ordinaria e amministrativa, come hanno sperimentato sulla loro pelle a cominciare dall’avv. Bozzi, che a seguito di un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. è stato condannato a € 10.000 di spese legali. I giudici amministrativi TAR Lazio e Consiglio di Stato sono stati più benevoli, perché, dichiarandosi assolutamente carenti di giurisdizione, hanno compensato le spese. Tuttavia la loro decisione è stata la più grave, perché hanno blindato le leggi elettorali sottraendole contro la Costituzione (artt. 24, c.1 e 2, 25, c.1, 101, 102, c. 2, 111 e 113 Cost) ad un controllo giurisdizionale, affermando che gli unici organi competenti ad esaminare i ricorsi contro le operazioni elettorali, comprese le questioni di costituzionalità, sono le Giunte delle elezioni delle Camere elette con legge….. di sospetta costituzionalità? Quando lo raccontavo ai colleghi costituzionalisti stranieri in una delle 6 lingue che conosco, non ci credevano: “Ne pas possible”, Es ist unmöglich”,Not possible”, “Imposible”, “não é possível”,”onbestaanbaar,onaannemelijk. Inconsapevolmente o meno si era legittimato un”golpe de estado” legale. Si approva una legge elettorale con premio di maggioranza senza soglia minima o massima, quindi in teoria anche pari ai 2/3 dei seggi come era la fascistissima  legge Acerbo (legge 18 dicembre 1923, n. 2444, quindi anche se la legge elettorale fosse palesemente incostituzionale i ricorsi sarebbe esaminati da Camere dove i golpisti avrebbero una soverchiante maggioranza e se questa non bastasse con i 2/3 potrebbero modificare ex art. 138 Cost. senza rischiare un referendum confermativo. Naturalmente ci vorrebbe la complicità di un Presidente della Repubblica: un pericolo sventato dal fatto che le maggioranze Berlusconian-bossiane hanno governato in periodi in cui non si eleggeva un Presidente. Un puro caso!
Una sentenza giuridicamente motivata, come giuridiche erano le motivazioni degli avvocati Bozzi, Tani e Besostri accolte finalmente in parte dalla Cassazione, Prima Sezione, con l’ordinanza n. 12060 del 17 maggio, sicuramente meditata perché la discussione finale del ricorso era stata svolta dagli avvocati Tani e Besostri il 21 marzo2013, dopo che era stata rinviata senza motivazione dal precedente 21 gennaio, quindi prima delle elezioni del 24-25  febbraio. Con il senno di poi si doveva interpretare come un orientamento favorevole, ma con il senso di responsabilità di non rimettere alla Corte Costituzionale la legge elettorale un mese prima delle elezioni. Nello stesso periodo il Tar Lazio, sez. IIbis  spostava l’udienza del 4 febbraio  al maggio  per decidere con sentenza n.5163/2013 di rigetto delle eccezioni depositata il 22 maggio, attenendosi alla giurisprudenza tradizionale della carenza di giurisdizione. Gli effetti della sentenza sono politici, perché gli attori politici dentro e fuori dal Parlamento si devono misurare con le conseguenze di una delegittimazione politica, anche se restasse legalmente in carica. Per il Senato è pacifico avendo terminato il procedimento di convalida sulla Camera dove la Giunta delle elezioni è stata incautamente attribuita ad un grillino, pensando che fosse più importante dare la bicamerale per la vigilanza sulla Rai al PdL, malgrado che il M5S l’avesse richiesta. Malgrado il chiaro dispositivo annunciato dal Comunicato  della Consulta si insiste per il Mattarellum, che è incostituzionale in quanto il 25% della quota proporzionale è costituito da una lista bloccata. I levatori, della Seconda Repubblica -fosse stata una levatrice, avrebbe fatto un parto migliore- non si rassegnano alla scomparsa di un assetto bipolare, che oltre che essere incostituzionale non ha funzionato, nessuna stabilità nel 2006 e nel 2008 e nel 2013 abbiamo eletto un Parlamento che non arriverà comunque alla scadenza elettorale naturale del 2018: gli ottimisti sperano di votare nel 2015. Il bipolarismo del tipo americano o al limite francese non è mai esistito malgrado le maggioranze artificiali dei premi di maggioranza, che sarebbe meglio chiamare premio alla miglior minoranza. Ed ora è formalmente seppellito dal tripolarismo dei risultati delle elezioni 2013: 1) PD e alleati nell’Italia  Bene Comune, 2) PdL e 3) M5S. Te poli di cui i primi 2 non esistono più con SEL all’opposizione e la scissione del PdL e la sua separazione  consensuale con la Lega Nord, che si accentuerà con le elezioni europee con una legge elettorale di sospettata di, anch’essa, come la maggioranza delle regioni(ordinanza del TAR Lombardia sez. III, n. 2261/13 del 9/10/ 13: La tesi della delegittimazione funzionale del Parlamento, sostenuta anche da chi vorrebbe che questo Parlamento licenziasse una nuova legge elettorale, non sta in piedi. Per sostenerlo non c’è bisogno di essere un fine giurista come Valerio Onida, basta la logica. Se la Consulta ha delegittimato  il Parlamento e a cascata è illegittimo il Presidente della Repubblica, ne conseguirebbe l’illegittimità del Governo nominato da un Presidente illegittimo e “fiduciato” da un Parlamento fuorilegge. Ma Parlamento e Presidente della Repubblica in questi 8 anni hanno nominato giudici costituzionale, illegittimi anche loro. Se la composizione della Corte Costituzionale fosse illegittima sarebbe invalida anche la sentenza che ha delegittimato il Parlamento dichiarando incostituzionale  e di conseguenza nessun organo costituzionale è illegittimo: un cerchio perfetto con ritorno al punto di partenza. L’alleanza sul punto tra M5S e FI ha messo in ombra gli abusivi al Senato di FI, che ha conquistato il premio di maggioranza in mole importanti Regioni, cioè la consistenza della sua forza di ricatto nella Seconda Camera. Dovesse insistere questi Senatori abusivi politicamente emigrerebbero verso il Nuovo Centro Destra. La vera partita aperta è tra i nostalgici del maggioritario e coloro, che seguendo l’insegnamento di Pietro Nenni, ricordato davanti alla Consulta dall’avv. Tani, ritengono che la governabilità è assicurata dalla capacità dei partiti di rispondere ai bisogni e alle aspirazioni della Nazione e quindi del popolo italiano e di tutti quelli che nel nostro Paese vivono, studiano e lavorano o sperano di lavorare.



sabato 28 dicembre 2013

MUTARE SGUARDO
di Fulvio Papi

Probabilmente abbiamo più di una difficoltà a confessare tutti i nostri peccati che hanno condotto in rovina il paese e che, all’estremo hanno costretto a chiamare per evitare la bancarotta, esperti di finanza (“economisti” in senso classico, è un altro genere). Essi hanno afferrato il denaro solamente da chi non lo poteva nascondere, per esempio nel caso dell’IMU, i proprietari di seconde case.
È noto che gli esperti del denaro non sanno la storia e forse nemmeno la propria. Così a nessuno è venuto in mente che le seconde case spesso sono state comprate in un clima di euforia ideologica (rosea nube tossica su una economia drogata) e di incitamento dei pubblici poteri con la distruzione del territorio (volgarità estrema dei comuni interessati) e l’investimento di modeste quantità di denaro, talora derivato da faticosi risparmi. Risultato: dopo decine di anni questi antichi proprietari di pochi metri quadrati devono pagare cifre che non sono affatto proporzionate agli attuali redditi reali. Capisco che per gli strateghi della finanza le storie dell’esistenza non esistono, e capisco anche l’emergenza: se in una nave si sbaglia la proporzione delle scialuppe di salvataggio rispetto ai passeggeri, nel caso di naufragio funziona il “si salvi chi può”. E da noi si salvano quelli che si salvano sempre. A suo tempo le persone di buona cultura dissero: “una patrimoniale”. Vi fu l’insurrezione di onorevoli (i significati possono slittare sino alla parodia) che erano lì proprio per scudo ai loro padrini, beneficiati per questo scopo anche dal pubblico denaro.
Ma in realtà queste sono tutte chiacchiere poiché le grandi ricchezze sono invisibili come sono invisibili i miliardi (180 dicitur) che sfuggono al fisco. Grande visibilità hanno invece i denari di quel milione di persone che vengono tassati per il 52% del loro reddito.
Visibilità e invisibilità sono parole che si possono usare in molti contesti: relativamente al clima, al traffico, ma anche, e in modo differente, a livello sociale. Ora un livello sociale non nasce mai da rapporti immediati come può accadere in una sociologia di superficie, ma proviene da “condizioni di possibilità” che derivano da una storia e anche dal sapere come si fa una storia. Capisco le loro ragioni quando politici né odiosi né disonesti, cercano, con il sussidio di dati, a dire poco pieni di silenzi, e quindi molto poco rilevanti, di mostrare che “stiamo uscendo dalla crisi”. Mi domando se questa frase sia a livello metaforico (l’uscita) che a livello fattuale (crisi) abbia senso. So che il mezzo fa il messaggio e che il messaggio vuole dirigersi verso interpretazioni favorevoli, ma, infine, bisognerebbe sapere di più e meglio.
Nella nuova strutturazione (in continuo movimento) dell’economia mondiale, forme sociali, tecnologie produttive, modalità del consumo ecc. ecc., quali sono realmente le nostre possibilità? Eviterei le risposte, tutte, che si dicono banalmente da anni. Se un oggetto viene prodotto da capitale italiano in un luogo qualsiasi dove il costo di produzione è molto basso, e poi viene venduto sul nostro mercato a un prezzo come se avesse dovuto sopportare i nostri costi di produzione, che cosa succede? Il profitto del capitale aumenta e il consumo necessariamente si restringe (a causa della disoccupazione prodotta dal la delocalizzazione dell’impresa). Si possono citare molti altri casi simili a questo, e altro non sono che conseguenze della nostra storia economica e politica, della mancanza di intelligenza e di giustizia. “Molle Tarentum” diceva Orazio, e ora? Ora si muore lavorando.
Non credo che i giovani siano la soluzione del problema (dato che i cretini si ripartiscono equamente per età e per sesso). Alla prova, mi sembrano divisi, quando parlano, da una formalità molto bassa, quando non si manifesti, al contrario, una esaltazione psichica da profeti tanto banali quanto arroganti e maleducati. Il fatto è che il modello educativo che hanno assimilato, è ancora quello della verità televisiva in 15 secondi poiché la rottura dei tempi è un’illusione che appartiene al linguaggio, e l’eredità, anche involontaria, è sempre la realtà, quella del rapporto tra verità e tempo del discorso. Dunque quello che si può dire, quello che si può capire, quello che conviene dire. Si è sempre saputo che una cultura esige tempi necessari, ma è un sapere antiquato. Auguro tutto il successo possibile, ma so che sarà molto difficile cambiare veramente. Le parole d’ordine, gli slogan non sono poi questione di grandi menti. Ma è cosa molto diversa mettersi di fronte a nodi strutturali della nostra storia (tanto duri che una “filosofia della storia” è diventato un pragmatismo del proprio interesse immediato).
Sarà sgradevole, ma bisogna ammettere che una comunità nazionale esiste in modo anche sconsiderato, ma esiste nelle partite di calcio, e, in modo rovesciato, “a manico di scopa ingoiato” nelle cerimonie, quando la forma della partecipazione esclude qualsiasi impegno che metta in gioco la propria vita individuale. C’è un costume dell’ipocrisia involontaria, contro il quale scagli la prima pietra chi onestamente può dirsene sempre privo. Ma non sarà poi necessario citare sempre il discorso di Churchill sulle “lacrime e sangue” e la resistenza inglese all’assalto aereo dei criminali nazisti, per ricordare una comunità nazionale. Ci vuole molto, ma molto meno. Ci si potrebbe accontentare di un ceto politico (esente da fenomeni disgustosi nell’essere e nel parlare) sufficientemente consapevole per guardare e far guardare i guasti storici di uno stato che, purtroppo, nella sua tradizione, è mancato (salvo brevi periodi) di un’attenzione nei confronti dei cittadini in tutti i sensi (diritti e doveri), e dei cittadini nei confronti dello stato secondo un reciproco riconoscimento. Sarebbe bene chiudere con l’autobiografia della nazione di cui parlava Gobetti (e in fondo anche Gramsci negli anni della detenzione fascista). So bene che sono progetti molto difficili, persino impossibili, ma è almeno con questo sguardo privo di paure, di compiacenze, di narcisismi che si può ricominciare.

           

giovedì 26 dicembre 2013

Una legge che contrasti l’omofobia

 Ciao Angelo,

Alcuni ritengono che non vi sia una emergenza omofobia in Italia, nonostante l'Italia sia superata persino da Albania, Lituania e Polonia nella classifica del riconoscimento dei diritti civili lgbt in Europa, nonostante la European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) individui nell'Italia uno dei paesi a più alto rischio omofobo, nonostante il Parlamento europeo e la CEDU abbiano più e più volte richiamato l'Italia. Non bastano i richiami e non bastano i morti (si ricordi che l'Italia è il secondo stato in europa per omicidi di persone transessuali). Non bastano i pestaggi delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT). Non bastano le parole d’odio puntualmente vomitate anche sui mass media, oltre che nella quotidianità della vita sociale, come se fosse cosa normale. Non bastano i gesti estremi di chi non ce la fa a rispondere all’odio con l’autoaccettazione e l’autoaffermazione di sé (almeno il doppio delle probabilità di aver pensato al suicidio, rispetto alle persone eterosessuali, secondo gli studi). Mentre l'Europa da diversi anni ha adottato politiche ben precise e determinate per tutelare i cittadini LGBT con reali misure di inclusione sociale (pensiamo solamente ai Paesi Bassi che hanno predisposto un piano triennale con ben quaranta progetti in materia LGBT ed hanno una percentuale imbarazzante di accoglimento sociale... ben l'87% delle persone si sono dette favorevoli a una assoluta equiparazione tra persone eterosessuali e omosessuali sul piano normativo) l'Italia è riuscita a far sistematicamente naufragare tutti i progetti di legge, ad oggi anche il testo sull’omo-transfobia. Quel che è peggio, proprio sull’estensione della Legge Reale-Mancino oggi assistiamo ad un offensivo e imbarazzante balletto attorno ad una non meglio identificata libertà di opinione, con emendamenti e subemendamenti decisamente peggiorativi. La legge Reale-Mancino c’è dal ‘75, è stata modificata e ampliata nel tempo, fino ad includere i fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche. Nessuno che sia mai stato messo in carcere per la semplice espressione di opinioni, perché il sistema giuridico ha i suoi anticorpi per contemperare i diritti, quello ad esprimere opinioni e quello a non essere oggetto di violenza motivata da odio. E infatti nessuno che abbia mai posto la questione della libertà di opinione. Perché proprio oggi? Semplice: perché si parla di persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. E perché omofobia e transfobia, nella loro violenza pratica o verbale, difendono un’idea di società che ritiene le persone LGBT fondamentalmente inferiori. Un’idea di società che è dura a morire. Noi non ci arrendiamo all’odio e diciamo no a questa idea di società. Vogliamo una legge che senza se e senza ma, senza salvacondotti e annacquamenti, stabilisca anche per i crimini d’odio omofobico e transfobico quello che stabilisce da decenni anche per diverse altre fattispecie. Possiamo farcela. Firma e condividi anche tu questa petizione indirizzata ai senatori della Commissione Giustizia del Senato.

Arcigay 

COMUNICATO STAMPA

Roma non si vende - Bloccare l'emendamento Lanzillotta
In Senato va in scena la vendita dei servizi pubblici e l’azzeramento degli investimenti

Roma. Oggi al Senato sono passati due emendamenti al decreto Salva Roma ispirati dalla Sen. Lanzillotta: di fatto si mettono sul mercato i servizi pubblici di Roma, il suo patrimonio immobiliare e si strangola l'amministrazione impedendo l'aumento delle addizionali IRPEF. Nonostante la marcia indietro sulla vendita di ulteriori quote di Acea infatti si prevede: la messa sul mercato di Atac e Ama; la possibilità di liquidare le società partecipate e di applicare loro i vincoli del patto di stabilità; la vendita del patrimonio immobiliare capitolino. In altre parole si stanno consegnando i beni comuni di Roma alle lobbies della speculazione immobiliare e finanziaria. Si procede ad un sostanziale commissariamento del Comune di Roma, con l'intento esplicito di attuare la spoliazione dei diritti dei lavoratori e l'espropriazione di beni comuni, servizi pubblici e patrimonio pubblico dei cittadini. Auspichiamo che i componenti della Giunta Capitolina non si allineino con quanto votato dai senatori compagni di partito ma che diano battaglia in tutte le sedi possibili per mantenere il proprio patrimonio pubblico senza svendere i diritti dei cittadini.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua ritiene che tutti i Parlamentari che conoscono il significato della parola “democrazia” siano tenuti a bloccare il provvedimento che andrà in discussione alla Camera tra domani e lunedì. Occorre quindi che tutti coloro che hanno a cuore le sorti dei beni comuni si mobilitino fin da subito per impedire questo scempio. Il Forum Italiano dei Movimenti dell’Acqua sarà come sempre in prima fila.
Luca Faenzi
Ufficio Stampa Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
ufficiostampa@acquabenecomune.org
+39 338 83 64 299
Skype: lucafaenzi
Via di S. Ambrogio n.4 - 00186 Roma

Tel. 06 6832638; Fax. 06 68136225 Lun.-Ven. 10:00-19:00
LE GRINFIE DI PUTIN
Cristian è libero assieme agli altri
attivisti di Greenpeace. Anche le militanti
delle Pussi Ryott sono in libertà
Cristian











Ciao Angelo,
Dopo due mesi di prigione in Russia e più di un mese di libertà su cauzione trascorsa a San Pietroburgo finalmente Cristian potrà tornare a casa! Mio figlio sarà presto libero, e saranno liberi anche gli altri 27 attivisti di Greenpeace e i due giornalisti freelance arrestati in seguito ad un’azione di protesta contro la compagnia Gazprom per la difesa dell'Artico. Il Parlamento russo ha votato l’amnistia anche per il reato di cui erano accusati: il vandalismo.
Voglio ringraziare ancora una volta tutti i firmatari della petizione, donne e uomini liberi che hanno contribuito con il loro sostegno a tenere alta l’attenzione sul destino di mio figlio e dei suoi compagni. Giovani carichi di ideali che mai avrebbero dovuto finire in prigione, accusati di reati assurdi e gravissimi.
Non ho sentito mio figlio per settimane. L’angoscia, la lontananza e il timore che questa storia potesse prolungarsi ed essere dimenticata hanno accompagnato le nostre giornate.
Cristian è solo colpevole di pacifismo, e così tutti gli Arctic 30. Purtroppo però non c'è nessuna amnistia per l'artico che possa proteggere questo fragile ecosistema dalle trivellazioni petrolifere.
Grazie a tutti i firmatari che tanto hanno fatto per riportare a casa Cristian. Crediamo in lui e non vediamo l’ora di riabbracciarlo.
Raffaela Ruggiero




Sosta in Sicilia per le micidiali armi chimiche siriane?
di Antonio Mazzeo

Messina. È sempre più probabile che sarà il porto siciliano di Augusta a ricevere entro la metà di gennaio la nave mercantile in cui saranno stipate le centinaia di tonnellate di gas nervini che l’Opac, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per la distruzione delle armi chimiche, ha sequestrato in Siria.  La sosta in un porto italiano dei micidiali sistemi di distruzione di massa era stata anticipata una settimana fa a Bruxelles dalla ministra degli Esteri, Emma Bonino. “Il nostro Paese ha dato la sua disponibilità per le operazioni logistiche dell’unità che trasporterà il materiale proveniente dalla Siria, che però non toccherà il territorio italiano”, ha dichiarato la Bonino. “La decisione finale spetterà all’Opac che dovrà scegliere il porto in base al pescaggio, la capienza e la lontananza o la vicinanza dal centro abitato”. In pole position per l’attracco della nave con i gas nervini, oltre ad Augusta, i porti sardi di Santo Stefano, Oristano e Arbatax e quello pugliese di Brindisi. Sorgono tutti in prossimità di centri abitati, ma lo scalo siciliano offre il “vantaggio” di un ampio molo off limits utilizzato per le operazioni di rifornimento di sistemi d’arma, munizioni e  carburanti delle unità navali della VI Flotta USA e della NATO. Il porto di Augusta ospita inoltre un distaccamento speciale della US Navy dipendente dalla vicina stazione aeronavale di Sigonella, principale centro logistico per le operazioni statunitensi in Medio Oriente e nel continente africano.                       
Top secret pure la data prevista per l’arrivo in Italia del pericoloso cargo, né è chiaro quanto durerà la sosta in porto. Secondo quanto comunicato dalla ministra Bonino, le armi chimiche siriane giungeranno “probabilmente nella seconda metà di gennaio”, ma ciò “dipenderà dalle valutazioni tecniche della stessa Opac che ha confermato la disponibilità ad esporre le modalità dell’operazione al Parlamento italiano, alla ripresa delle attività a gennaio”. Secondo il cronogramma delineato lo scorso 15 novembre dal consiglio esecutivo dell’Organizzazione per la distruzione delle armi chimiche, l’arsenale di armi chimiche dovrebbe essere rimosso dalla Siria il 31 dicembre, per poi essere distrutto entro la metà del 2014. L’Opac ha previsto che i “precursori chimici” per la produzione dei gas nervini, “relativamente innocui se separati e letali solo dopo essere stati miscelati”, siano prima trasportati via terra al porto di Latakia, per essere poi caricati su due mercantili, rispettivamente di nazionalità danese (Arka Futura) e norvegese (Taiko), oggi fermi in acque cipriote. Si tratterebbe complessivamente di 500 tonnellate di armi chimiche (ma si parla pure di un migliaio): 155 tonnellate saranno trasferite dal cargo danese in un porto britannico e da lì, fino ad un impianto di incenerimento; 345 tonnellate saranno invece trasportate in Italia dal mercantile “Taiko”. Sempre nel porto italiano avverrà il trasbordo del carico sull’unità militare statunitense “Cape Ray” (proveniente dalla Virginia) che, in acque internazionali, dovrà “neutralizzare” le molecole tossiche in circa 80 giorni grazie a un particolare sistema di idrolisi all’interno di un reattore chimico di titanio messo a disposizione dall’esercito USA. Al termine del trattamento, le scorie con “basso livello di tossicità” saranno consegnate a società private specializzate nell’eliminazione dei prodotti chimici, anche se l’Opac non ha conseguito ancora le risorse finanziarie sufficienti a completare lo smaltimento. I mercantili saranno scortati nella loro rotta per il Mediterraneo da un imponente schieramento militare. Nel porto siriano di Latakia sono giunte la fregata norvegese “Helge Ingstadt” con a bordo un team di incursori, la fregata danese “Esbern Snare” e un’unità da guerra britannica. Il Pentagono ha fatto sapere che mobiliterà la propria flotta nel Mediterraneo, più un centinaio di dipendenti civili del Dipartimento della difesa che assisteranno al procedimento di distruzione delle armi e dei precursori chimici. Dopo il meeting di Mosca del 24 dicembre a cui hanno partecipato alti ufficiali delle forze armate di Russia, Cina e Stati Uniti e i rappresentanti dell’Opac, il Cremlino ha comunicato che alla scorta delle navi cargo parteciperanno pure alcune unità da guerra russe, come l’incrociatore lanciamissili “Petr Velikiy”, il cacciatorpediniere “Smetlivy” e le navi da sbarco “Yamal”, “Pobeditel” e “Aleksandr Shabalin”. Le Nazioni Unite avevano già incaricato le forze armate russe a trasportare le armi chimiche dai siti di produzione e stoccaggio siriani sino a Latakia, utilizzando 75 veicoli militari di cui 25 corrazzati.          
Per la pericolosità delle operazioni di trasferimento delle armi chimiche, tutti i paesi che in un primo momento avevano dato la propria disponibilità ad ospitarle sino alla distruzione finale (Albania, Croazia, Danimarca, Germania e Norvegia), si sono poi ritirate. Da Bruxelles, il premier Pieter De Crem nell’offrire la disponibilità belga a “neutralizzare” i gas nervini, ha invitato però i partner internazionali a operare “vicino alla Siria” dal momento che “solo il trasporto di queste armi é già una missione difficile”. Secondo alcuni esperti, l’allestimento di un apparato galleggiante per lo smaltimento dei composti chimici comporterà costi elevatissimi e non ridurrà il rischio di danni ambientali in caso di incidenti. Di contro, l’Opac sostiene che la soluzione adottata è “tecnicamente possibile” e che può “essere sicura se fatta in maniera appropriata”. Secondo i tecnici norvegesi che parteciperanno al trasbordo delle armi chimiche in Italia, il rischio maggiore verrà quando saranno aperti i container e i fusti con i composti chimici a bordo dell’unità militare “Cape Ray” in mezzo al Mediterraneo.      
Ma pure il trasbordo dal cargo norvegese “Taiko” alla “Cape Ray” in un porto italiano è un’operazione di per sé molto rischiosa, non fosse altro per la tipologia (e la quantità) delle armi chimiche presenti nei container. Secondo le Nazioni Unite, negli arsenali siriani sono stati trovati principalmente i gas Sarin, iprite e VX. Si tratta di agenti chimici che pure in dosi minime possono causare la morte. Il Sarin o GB è un gas nervino della famiglia degli organofosfati; a temperatura ambiente è un liquido di aspetto incolore ed inodore, estremamente volatile e porta alla paralisi del sistema nervoso se inalato per via respiratoria. L’iprite è un altro micidiale gas impiegato per fini bellici. Noto anche come gas mostarda per il suo particolare odore, l’iprite è liposolubile e penetra in profondità nella cute causando devastanti piaghe. A secondo delle concentrazioni del gas, esso può causare la morte in meno di dieci minuti o in qualche ora, con un’agonia dolorosa. Il gas nervino VX può essere utilizzato come arma chimica in forma liquida pura, in miscela con agenti di ispessimento e sotto forma di aerosol. L’esposizione può avvenire per inalazione, ingestione e contatto con la pelle o con gli occhi, causando in pochi minuti la paralisi dei muscoli del corpo, compreso il diaframma con conseguente morte per asfissia.

           


GALLERIA PITTORICA DELL'ARISTA
GIUSEPPE DENTI PER "ODISSEA"
su alcuni temi di grande importanza come la fame,
la non violenza, la sacralità ed altro ancora.
MILANO: EXPO  2015

NUTRIRE IL PIANETA:                     ENERGIA PER LA VITA

Una occasione unica per far conoscere la Pianura Padana

di Antonio Spadini
Il prossimo anno a Milano si terrà l’Expo: una gigantesca opportunità che può far ripartire l’intera economia italiana. Milioni di visitatori affolleranno i padiglioni di Rho-Fiera. Oltre 140 Paesi, da tutto il mondo, verranno a Milano. Gli organizzatori dell’Expo, prevedendo un afflusso di oltre venti milioni di visitatori, si prefiggono lo scopo di “offrire il prodotto Italia” in un pacchetto intero: far cioè conoscere e visitare la nostra bella Penisola (arte, cultura, paesaggio, enogastronomia, oltreché le più specifiche conoscenze e offerte di tecnologie, prodotti, innovazioni!…) da tutti quelli che verranno all’Expo
Noi qui al Nord, abitanti della parte sud della Lombardia, abbiamo l’occasi0ne di far conoscere la nostra Pianura Padana con le sue caratteristiche secolari Cascine dove ancora si produce mais, foraggi vari per l’allevamento del bestiame con tutta la filiera del latte, dei formaggi e della carne. Abbiamo i Fontanili, ce ne sono parecchi sul nostro territorio. Veder zampillare l’acqua da sottoterra rappresenta uno spettacolo unico per chi proviene da terre aride. Possediamo delle Oasi verdi con dei camminamenti e delle rogge dove nidificano aironi, gallinelle, folaghe , anatre selvatiche…Esiste in questo territorio un sistema di canalizzazione, dalla Muzza al Canale Vacchelli, alle tante rogge che percorrono il Parco agricolo dell’Adda Sud. Il nostro territorio rappresenta un unicum molto interessante sia dal punto di vista turistico che produttivo. Esistono nelle nostre campagne, ancora funzionali,  i canaletti in beola per l’irrigazione risalenti al periodo asburgico. Certo, in qualche caso sono da ristrutturare…e da ripulire. E qui arriva la nota dolente. Le passate generazioni  sapevano molto bene quello che dovevano fare: tenevano puliti i canali, dragavano le rogge, curavano i fontanili, e stavano molto attenti che non vi fossero intasamenti lungo il loro percorso. Al giorno d’oggi si vedono spesso i canali e le rogge b usati come discariche a portata di mano, con molteplici e devastanti danni: dalla sporcizia all’inquinamento e allo “spreco”! Spreco? Sì, spreco!  Perché oltre l’80% di quanto scartiamo è materia recuperabile e preziosa. Ormai tutti lo sappiamo che con l’umido si fa il compost per concimare gli orti, con trecento lattine vuote di alluminio si può costruire una bici da corsa, con quindici bottiglie di plastica si può fare fa un golfino…Per cui sarebbe opportuno che chi getta i rifiuti nell’ambiente venisse multato per due motivi:il primo perché sporca, il secondo perché inquina. In un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo ciò non è ammissibile! È un crimine contro chi non ha lavoro. È dimostrato che raccogliere e riciclare rifiuti può diventare un business. Ma deve assolutamente far parte di un altro modo di vivere su questo pianeta, che ha tante risorse che sarebbero sufficienti per tutti se razionalizzate e ben distribuite.
 “Nutrire il Pianeta?” Certo! Ma il primo modo di nutrirlo è quello di non affamarlo inquinandolo. Dissetarlo è distribuire meglio l’acqua, che non è un bene infinito, tra tutti gli abitanti del Globo! 
In effetti l’acqua è l’”energia” per eccellenza, la più necessaria alla vita, a ogni forma di vita!
Ognuno di noi può fare molto: dal non disperdere rifiuti nell’ambiente, a cominciare dalla semplice cicca di sigaretta al tremendo e appiccicoso chewing-gum, dal raccogliere i bisogni dei propri cani e…soprattutto col fare una meticolosa divisione dei materiali nella raccolta differenziata!
Che spettacolo vogliamo offrire ai tantissimi visitatori che si aggireranno attorno a Milano? La situazione di pulizia dell’ambiente, soprattutto delle strade di accesso alla metropoli, lascia molto a desiderare. Un appello alle autorità, ai Comuni, cui la Regione dovrebbe imporre un severo regime di controllo del territorio: facciamo dell’Expo l’occasione di una pulizia straordinaria da cui ripartire per vivere su di un territorio che è ricchissimo di capacità produttive che derivano dal suo territorio particolarmente ricco di acque. Potrebbe essere l’opportunità che ci si offre per riparare tante ferite inferte da uno sviluppo industriale sconsiderato negli anni Sessanta del secolo scorso al territorio del Milanese. Si pensi solo all’inquinamento di fiumi come l’Olona, il Seveso e il Lambro, dove un tempo vivevano e si pescavano gamberetti di acqua dolce.  Acqua diventata nel tempo “batteriologicamente pura” nel senso che nemmeno i batteri ci possono vivere!
Rispetto a tutto il resto d’Italia, la Lombardia ha il grande vantaggio di ospitare la Fiera a Rho. Con facilità quindi si possono organizzare “giri turistici” nelle nostre zone, usufruendo anche di mezze giornate o di ritagli di tempo. Situazioni che richiedono una ben più complessa organizzazione per il resto delle altre regioni.

FERMIAMO GLI IMBECILLI!
Ultime ore per salvare gli orsi e i lupi d'Abruzzo
Firma la petizione
Wooow! La campagna sta funzionando e la nostra pressione ha fatto finire la questione sui giornali nazionali! Mancano 24 ore alla decisione finale: raddoppiamo le firme per far salire ancora la pressione fino all'ultimo momento, firma e condividi la campagna con tutti:

E' incredibile, ma con un blitz dell'ultimo minuto tra poche ore potrebbero demolire il Parco Regionale Sirente Velino in Abruzzo, dove vivono specie protette come l'orso marsicano!

Il Consigliere Regionale Luca Ricciuti ha proposto di eliminare oltre 4.000 ettari di fascia protetta a ridosso dei Comuni di Rocca di Mezzo e Rocca di Cambio per “creare una zona di caccia e per consentire alcuni progetti immobiliari”!

Ciò implicherebbe che questo territorio destinato alle specie protette e non, tra le quali l’ orso marsicano e il lupo, finirebbe nelle mani di cacciatori e costruttori. Il tutto verrà discusso giovedì 12 Dicembre (data slittata al 17 dicembre in seguito alle proteste) e abbiamo poche ore per fermarli! In estate la nostra offensiva mediatica ha funzionato, continuiamo a farci sentire!

Non permettiamo questo scempio e questa violenza verso uno dei pochi polmoni verdi ancora rimasti in Italia!

Clicca sotto per firmare la petizione e poi condividila con tutti, consegneremo tutte le firme al Presidente del Consiglio regionale appena prima dell'inizio della seduta decisiva.:

http://www.avaaz.org/it/petition/Consiglio_regionale_abruzzese_Luca_Ricciuti_IL_PARCO_REGIONALE_D_ABRUZZO_SIRENTE_VELINO_NON_SI_TOCCA/?bhvKTcb&v=32779

Con speranza e determinazione,
Luca, Alice, Luis, Maria Paz, Oli e tutto il team di Avaaz

PS: Questa petizione è stata lanciata sul nuovo sito delle Petizioni della Comunità di Avaaz. E’ veloce e facile lanciare una petizione su qualsiasi tema ti stia a cuore, clicca qui: http://avaaz.org/en/petition/start_a_petition/?32597

ULTERIORI INFORMAZIONI

Abruzzo, allarme nel Parco Naturale:“Vogliono levarci 4mila ettari di bosco” (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2013/12/16/italia/cronache/allarme-del-parco-nazionale-dabruzzo-vogliono-levarci-mila-ettari-di-bosco-dVxSvOcYZjkJSerAhhQhcP/pagina.html

Petizione, presidi: "Giù le mani dal Parco d'Abruzzo Velino-Sirente" (Quotidiano Nazionale)
http://qn.quotidiano.net/lifestyle/2013/12/15/997181-animali-parco-abruzzo-velino.shtml

Parco regionale Sirente-Velino: migliaia di no alla proposta di ridimensionamento (City Rumors)
http://www.cityrumors.it/regione/abruzzo/parco-sirente-velino-animal-amnesty-70261.html#.UqssUfFczng

Parchi Abruzzo: su riperimetrazione Sirente-Velino oggi battaglia in aula (Prima da noi)
http://www.primadanoi.it/news/abruzzo/545535/Parchi-Abruzzo--su-riperimetrazione-Sirente.html

Torna in aula proposta di legge per “tagliare” il Parco. Wwf: Nessuno tocchi il Sirente Velino (Marsica Live)
http://www.marsicalive.it/?p=63026

Taglio al Velino-Sirente A rischio i Piani di Pezza Terranera e Campofelice (Il Tempo)
http://www.iltempo.it/abruzzo/2013/12/12/taglio-al-velino-sirente-a-rischio-i-piani-di-pezza-terranera-e-campofelice-1.1198028



ACQUA PUBBLICA. CI RIPROVANO
Lecco. Il Comitato Lecchese Acqua Pubblica critica i sindaci lecchesi che hanno scelto Idroservice come nuovo gestore dell’acqua. L’acqua pubblica NON deve finire nelle mani del mercato!
Il Comitato Lecchese per l’Acqua Pubblica ritiene illegittima la scelta dei sindaci della provincia di Lecco che il 5 dicembre hanno scelto di affidare il servizio idrico (provvisoriamente per il 2014) a Idroservice (società “satellite” della multiutility Lario Reti Holding), stante la “rinuncia” a proseguire nel servizio da parte di Idrolario. La scelta votata dai sindaci è, di fatto, illegittima poiché l’affidamento “in house” può essere fatto solo nei confronti di una società di primo livello, che abbia cioè il requisito del “controllo analogo” che deve sussistere tra l’affidante (i sindaci e la provincia) e la stessa società affidataria. Idroservice, essendo una società di secondo livello (poiché, di fatto, controllata totalmente non dai comuni ma da un’altra società, ovvero LRH), non ha questo requisito. Pertanto l’affidamento rischia di essere inficiato per illegittimità.
Le cose si sono messe male fin dalla nomina del nuovo amministratore unico di Idrolario, sig. Cavallier che, fin da subito, si è “messo al servizio” del volere dei sindaci del Pd e in particolare del primo cittadino di Lecco che, da sempre, ha spinto per affidare il servizio a Idroservice/LRH. Infatti Cavallier, come prima sua scelta, ha rinunciato alla gestione dell’acqua per il prossimo anno, senza nemmeno uno straccio di controllo del suo collegio Sindacale e/o di un inerme Comitato di Vigilanza e/o dell’assemblea dei soci, ovvero dei comuni.
I sindaci affermano che, con l’affidamento a Idroservice, questa dovrebbe, nel frattempo, uscire da Lario Reti Holding. Non spiegano però come e quando. Com’è possibile che i sindaci abbiano ignorato la delibera votata dalla Provincia solo qualche settimana fa, che giustamente ha “preteso” che per l’affidamento a una società in house, occorresse fin da subito possedere il requisito del controllo analogo?  Com’è possibile procedere con un affidamento che rischia la bocciatura per  illegittimità? La storia, però, rischia di non finire qui. Diventando complessa (oltre che fumosa e costosa) una operazione di fuoriuscita di Idroservice da Lario Reti Holding per trasformarsi in società di primo livello, con una Provincia che rischia di scomparire per ragioni istituzionali, la gestione dell’acqua consegnata a Idroservice rischia di finire nelle mani del mercato. Infatti di servizi legati al mercato si occupa Lario Reti Holding, a differenza di Idrolario che si era “staccata” da LRH proprio per gestire il servizio pubblico dell’acqua, fuori dal mercato.
L’acqua nel mercato: questo sta avvenendo in provincia di Lecco, alla faccia dei Referendum votati nel 2011. Quello che si evidenzia con nettezza da questa vicenda, è l’irrilevanza della politica e del volere dei cittadini (espresso col Referendum): a decidere sono gli amministratori delle società e non le assemblee. Le oligarchie e non le democrazie. I pochi e non i molti.
Ecco perché permane inalterata l’esigenza di un affidamento del sistema idrico provinciale ad un’Azienda Speciale Consortile di diritto pubblico, che sia cioè fuori dalle “regole del mercato”, dai “giochi societari” e dalle “alchimie finanziarie”, ma coerentemente ispirata dalla sua ineludibile “mission sociale”, ovvero gestire un servizio pubblico secondo i criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Consentendo, essa sì, un controllo diretto e reale da parte dei Comuni, con una permanenza nell’esclusivo quadro territoriale, garantendo anche spazi di una partecipazione effettiva alle scelte di base da parte della cittadinanza e dei lavoratori del settore.
Ma ora l’ultima parola spetta alla Provincia che a brevissimo si dovrà esprimere sulla scelta di affidamento. Il Comitato chiede coerenza: nella seduta del 28 ottobre il Consiglio Provinciale si è già espresso per l’affidamento “in house” a una società di primo livello. Pertanto il servizio “in house” NON potrà essere assegnato a Idroservice.
Nel frattempo, chiediamo al sindaco di Merate (insieme agli altri sindaci della Lega che, per “protesta”, non si sarebbero presentati alla Conferenza del 5 dicembre), di far seguire i fatti alle dichiarazioni: la delibera dell’Ufficio d’Ambito e della Conferenza dei comuni deve essere impugnata per illegittimità!  Sarebbe un segno, uno dei pochi, di chiarezza, oltre il gioco delle parti che complessivamente ognuno recita. In “gioco” c’è l’acqua pubblica e il volere espresso dai cittadini!


COMITATO LECCHESE ACQUA PUBBLICA E BENI COMUNI

martedì 24 dicembre 2013

Falchi italiani per la guerra in Congo
di Antonio Mazzeo

Shopping ONU in Italia per le operazioni di guerra nel continente africano. Due aerei senza pilota “Falco”, prodotti dall’azienda Selex ES (Finmeccanica), sono stati acquistati dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per essere impiegati con la Missione militare nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO). I droni-spia sorvolano dal 3 dicembre scorso la regione orientale del North Kivu, al confine con il Ruanda, per “monitorare” i movimenti dei gruppi armati antigovernativi e gli spostamenti delle popolazioni civili. I velivoli sono giunti nella base delle forze armate congolesi di Goma il 15 novembre 2013, a bordo di un C-130J “Hercules” dell’Aeronautica militare italiana. Il contratto di acquisto di cinque velivoli senza pilota “Falco” (valore complessivo 50 milioni di euro) era stato sottoscritto con Selex ES dal Dipartimento delle Operazioni di Peacekeeping dell’ONU a fine luglio. La consegna dei tre droni rimanenti è prevista entro il febbraio 2014.
Il “Falco” è un aereo a pilotaggio remoto in grado di volare a medie altitudini; ha un raggio di azione di 250 km, un’autonomia superiore alle 12 ore di volo e può trasportare carichi differenti tra cui sensori radar ad alta risoluzione che consentono di individuare, di giorno e di notte, obiettivi in tempo reale e a notevole distanza. Prodotto nello stabilimento di Selex ES di Ronchi dei Legionari (Gorizia), il drone è stato sperimentato la prima volta nel 2004 nel poligono sardo di Salto di Quirra.
 “Useremo queste macchine disarmate e senza equipaggio nella convinzione del loro forte effetto deterrente”, ha dichiarato Hervé Ladsous, responsabile ONU per le operazioni di peacekeeping. Quella in Repubblica Democratica del Congo è la prima missione militare in cui l’ONU utilizza dei droni. Un paio di anni fa il Consiglio di Sicurezza aveva richiesto l’autorizzazione a impiegare velivoli-spia senza pilota nella martoriata regione africana, ma Ruanda e Uganda,in particolare, si erano duramente opposti. “Abbiamo bisogno di avere un quadro più preciso di quanto sta succedendo nella Repubblica Democratica del Congo e se l’uso dei droni avrà successo, potrebbero essere utilizzati anche in altre missioni di pace dell’Onu”, ha aggiunto Hervé Ladsous. Secondo il sito d’informazione Analisi Difesa, il Mali e la Repubblica Centroafricana potrebbero essere i prossimi paesi destinati a ospitare i velivoli senza pilota ONU, “per sorvegliare ampi spazi con contingenti militari di dimensioni limitate”. In pole position per la fornitura di sistemi d’arma telecomandati c’è ancora Selex ES. Dopo aver venduto i “Falco” al Pakistan, nel settembre 2013 l’azienda del gruppo Finmeccanica ha annunciato di aver sottoscritto un contratto di 40 milioni di euro per la consegna di alcuni droni-spia a un paese mediorientale rimasto segreto. In passato, Selex ES aveva avviato trattative di vendita dei “Falco” con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, oltre che con le forze armate di Algeria e Malesia.
La missione MONUSCO in Congo è la più grande operazione ONU in atto. Vi partecipano oltre 20.000 uomini provenienti da diversi paesi africani, compresi i 3.000 militari della Force Intervention Brigade (FIB) creata il 28 marzo 2013 con la risoluzione n. 2098 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha prorogato il mandato dei caschi blu fino al 31 marzo 2014. Come dichiarato dal portavoce delle Nazioni Unite, sia i droni made in Italy che la nuova brigata di pronto intervento “rappresentano i nuovi strumenti messi a disposizione dall’ONU per sostenere il rinnovato sforzo politico” nel paese africano. La Force Intervention Brigade è composta da tre battaglioni di fanteria, una batteria di mezzi d’artiglieria e una compagnia di “forze speciali” forniti da Sudafrica, Tanzania e Malawi. “Scopo della brigata è quello di contribuire a ridurre la minaccia posta in essere dai gruppi armati contro le autorità statali e la sicurezza dei civili e rafforzare le attività di stabilizzazione nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo”, spiegano alle Nazioni Unite. Nelle dichiarazioni ufficiali del Palazzo di Vetro si manifesta altresì la necessità che la nuova task force non limiti il suo intervento alla mera interposizione tra le parti in 

lunedì 23 dicembre 2013

"Le parole possono cambiare il mondo". I migliori auguri per il 2014.

 

Cara/o amica/o di Candìde, 

hai visto che il Centro Culturale Candide, a 6 anni dalla sua fondazione, ha fatto già grandi cose per la cultura e la società civile: sempre sarà in prima linea per promuovere la corretta informazione, per sostenere i valori etici fondanti i diritti dell’uomo, tra i quali il diritto alla salute e alla libera espressione del pensiero. E ciò al di sopra di ogni schieramento politico. I salotti e i circoli letterari hanno sempre permesso al pensiero di progredire e di aiutare il difficile cammino della democrazia e della libertà, di radicare i princìpi liberali dentro le coscienze e dentro la laboriosità di chi ha fatto e fa impresa. 

Mi sono occupato già nello scorso anno della legge elettorale(http://www.lindipendenza.com/ricostruire-la-democrazia-la-tela-di-penelope-delle-riforme-elettorali), prima che di questo fondamentale strumento di democrazia si occupasse la Consulta, con la recentissima sentenza del 4 dicembre, dichiarandone l'illegittimità costituzionale! e così anche della riforma dei partiti e dei tagli dei costi della politica. Candìde si è anche fatto interprete di coloro che, coraggiosamente, combattono contro la corruzione (http://t.co/cZRNIq3Fyz) e il nepotismo (http://t.co/tiBL2pNs9S), mali antichi e vizi moderni della nostra Italia, che merita ora una politica e un governo migliori, in coerenza con la sua storia di nazione ricca di cultura e di arte, che la rendono invidiabile al resto del mondo. 

Un’altra fondamentale questione, che interessa l’intera economia mondiale, è stata affrontata  in una videointervista a proposito del libro del giornalista RAI Paolo Gila, di cui già presentai I Signori del Rating. Con il suo ultimo libro “Capitalesimo“ l'Autore ci spiega perché il Capitalismo sta diventando un nuovo Feudalesimo e chi domina veramente lo scenario economico e politico mondiale (http://t.co/hR8tlGwV5t).  

Per proseguire nel proprio impegno il C.C.C. ha bisogno anche del Tuo aiuto. Credo infatti che, al di là dei possibili finanziamenti da parte di banche e delle possibili sponsorizzazioni da parte di enti, siano i contributi di persone come Te e come me, cittadini che possono sentire come proprie le iniziative di Candide e le sue conquiste di libertà di pensiero, di corretta informazione e di tutela della salute, a contare di più. Hai visto come il mio Comitato Nazionale Amianto ‘Eppur si muore’ (www.amiantoeppursimuore.it), ha condotto in questi anni la sua battaglia, nel disinteresse delle istituzioni per far sapere di questa trascurata emergenza ambientale, riguardante Milano (www.lamilanochevogliamo.it) e l’Italia intera! Ma è allarmante la notizia del rinvenimento di M.C.A. Manufatti Contenenti Amianto perfino in pieno centro di Milano, come documentato in questo servizio di Striscia la Notizia: amianto al Policlinico di Milano (http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?17439). La nostra città, ora liberata in numerose zone dall'amianto, che campeggiava bellamente perfino in tettoie all'ospedale Policlinico oltre che nelle tubazioni e condutture dell'aria negli uffici comunali dell'anagrafe di via Larga, è solo una delle numerose città ancora invase dai manufatti contenenti amianto disseminati sul territorio nazionale. 

Ti ricordo che in Internet trovi la mia videointervista (http://www.canaleeuropa.tv/it/primo-piano/incontro-con-l-avv-giovanni-bonomo-amianto-eppur-si-muore.html) sull'amianto che puoi diffondere a tutti i tuoi contatti richiamando l’importanza dell’impegno attivo dei cittadini per sostenere Candìde nelle sue coraggiose battaglie in difesa anche, e soprattutto, della salute pubblica. 

 Anche quest'anno ho promosso scrittori, artisti, scienziati, poeti. 

Perché, come dice Roberto Saviano, autore di un coraggioso libro contro la camorra, “Le parole possono cambiare il mondo”, anche quelle di uno solo. Ed è stato sempre così, dalle parole pronunciate da un profeta ebreo sulle rive del Giordano duemila anni fa a quelle che nei secoli hanno promosso le rivoluzioni che hanno cambiato il corso della storia. Con modestia ma fermezza giuro che intendo proseguire in questa tradizione e preparare il programma per i prossimi mesi. 

Il Centro Culturale Candide fa della parola e della scrittura, la testimonianza più forte dell’impegno morale e della solidarietà sociale che impegna noi tutti cittadini di sana e forte Costituzione (art. 2). Ma occorrono parole giuste e chiare, che esprimano argomenti validi ed eticamente corretti, destinati a scavare nelle menti e nelle coscienze, a vincere le incomprensioni e le resistenze che sempre si oppongono alle buone cause. Con il coraggioso contributo di ciascuno di noi. Buone feste! 

Un sentito grazie per quanto puoi fare,
avv. Giovanni Bonomo, Centro Culturale Candide

 
 (IBAN n. IT06P0303201600010000062020 intestato a Giovanni Bonomo, specificando in causale  “Centro Culturale Candide – contributo per associazione meritevole impegnata nel sociale”)

 


lunedì 16 dicembre 2013

Ai teorici del "NULLA ESISTE"...

...ai grandi pensatori nichilisti, ai sottili filosofi esistenzialisti, ai mistici, ai matrix-adulatori, ai religiosi e ai credenti in generale e meno profondi dei teorici del "nulla esiste",  dico solo questo:

L'INESISTENTE per antonomasia: DIO. La prova della nostra esistenza sul pianeta Terra: il fatto di averlo inventato e di vivere nella sua sudditanza. L'ESISTENTE per antonomasia: BERLUSCONI. La riprova della nostra esistenza: l'invidia per lui dei sinistri e la conseguente rovina dell'Italia.

E con questo auguro a tutti, sia ai pensanti che ai credenti  (ma soprattutto ai secondi), un Buon Natale! (Comedy Jesus)

Milano, 21.12.2013                                                                                                  Candido Franco

Esiste una Conoscenza che accompagna l’Uomo dall’inizio dei tempi, di cui pare non esservi più memoria né individuale né collettiva. Una Conoscenza che univa materia e spirito, uomo e natura, e che l’attuale frammentazione dei saperi ha impoverito. Parlava attraverso simboli, analogie, numeri: era una sorta di codice universale che accomunava gli uomini al di là delle diverse culture e religioni. È infatti quella Conoscenza che troviamo negli scritti dell’antichità, a patto di saperla riconoscere: i miti e gli archetipi, nati per rispondere alle grandi domande sull’origine della vita, sul dolore e la morte; la narrazione della Creazione, contenuta nella Genesi, rappresentazione simbolica di quelle forze che concorrono a governare l’universo e la sua relazione con l’Uomo: uni-verso, verso l’Uno, macro-cosmo e micro-cosmo. L’alchimia, che non è la ‘fabbrica dell’oro’ ma quell’intima distillazione, quel percorso evolutivo che conduce dall’illusione al vero, dall’ignoranza alla consapevolezza; il sapere delle streghe, così avversato dalla Chiesa, indissolubilmente legato alla natura. Una Conoscenza nella quale la Donna era simbolo di sapienza, associata alla Terra, genitrice originaria, materia oscura da cui ogni cosa ha preso vita, ponte tra umano e divino.     
In questo saggio Anna Teresa Iaccheo va alla Cerca della Verità che abbiamo perduto, attingendo anche a fonti che la storia ufficiale ha censurato; un viaggio che si sposta nel tempo, in una visione caleidoscopica nella quale frammenti si uniscono, dialogano, si accostano...

Anna Teresa Iaccheo nasce a Torino nel 1968. Conseguita la laurea, si dedica alla sua passione: la ricerca, proponendo un modello interdisciplinare e multidisciplinare. Studia le filosofie orientali e approfondisce l’interesse per le medicine non convenzionali conseguendo il Doctor of Science in Naturopathy emphasis Psychoanthropology (USA); in Italia completa la formazione in sociologia della salute e Medicine non Convenzionali. Ha pubblicato Donne armate (Mursia 1994), Donne che scrivono ti amo (Liber Internazionale 1995); è autrice di numerosi articoli e brevi saggi.
 Edizioni paginauno
192 pagine | 16,00 euro
In libreria o sul sito dell'editore



Niscemi, la mafia e il MUOS
di Antonio Mazzeo

L’Annesso al Memorandum d’intesa Italia - Stati Uniti del 2 febbraio 2005, relativo alle installazioni concesse in uso alle forze armate USA, al capitolo XI riporta che nel caso di acquisti di beni o servizi in Italia, i Comandi militari statunitensi esaminino la possibilità di adottare «procedure simili a quelle adottate dalle forze armate italiane, comprese quelle previste dalla normativa antimafia». La contorta formulazione non obbliga purtroppo il Dipartimento della Difesa a uniformarsi alla legislazione nazionale contro l’infiltrazione criminale negli appalti e nei subappalti. Il processo di militarizzazione e la proliferazione di basi USA e NATO in Sicilia hanno contribuito così a rafforzare il potere economico e politico delle organizzazioni criminali, propostesi sin dallo Sbarco Alleato del 1943 come un partner credibile di Washington per il controllo sociale dell’Isola. La costruzione della base missilistica nucleare a Comiso o i programmi “Mega” a Sigonella per consolidare il suo ruolo strategico nel Mediterraneo hanno assicurato affari milionari alle aziende contigue a Cosa Nostra. Processi analoghi si sono sviluppati anche a Niscemi con l’insediamento della stazione di radio-telecomunicazione della Marina USA tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ’90 e, con evidenza maggiore, nel corso dei lavori di sbancamento e realizzazione delle piattaforme del MUOS.
Continua in: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2013/11/niscemi-la-mafia-e-il-muos.html
 L’Annesso al Memorandum d’intesa Italia - Stati Uniti del 2 febbraio 2005, relativo alle installazioni concesse in uso alle forze armate USA, al capitolo XI riporta che nel caso di acquisti di beni o servizi in Italia, i Comandi militari statunitensi esaminino la possibilità di adottare «procedure simili a quelle adottate dalle forze armate italiane, comprese quelle previste dalla normativa antimafia». La contorta formulazione non obbliga purtroppo il Dipartimento della Difesa a uniformarsi alla legislazione nazionale contro l’infiltrazione criminale negli appalti e nei subappalti. Il processo di militarizzazione e la proliferazione di basi USA e NATO in Sicilia hanno contribuito così a rafforzare il potere economico e politico delle organizzazioni criminali, propostesi sin dallo Sbarco Alleato del 1943 come un partner credibile di Washington per il controllo sociale dell’Isola. La costruzione della base missilistica nucleare a Comiso o i programmi “Mega” a Sigonella per consolidare il suo ruolo strategico nel Mediterraneo hanno assicurato affari milionari alle aziende contigue a Cosa Nostra. Processi analoghi si sono sviluppati anche a Niscemi con l’insediamento della stazione di radio-telecomunicazione della Marina USA tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ’90 e, con evidenza maggiore, nel corso dei lavori di sbancamento e realizzazione delle piattaforme del MUOS.
Continua in: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2013/11/niscemi-la-mafia-e-il-muos.html


           


Test a Trapani Birgi dei nuovi droni squalo
di Antonio Mazzeo

La Sicilia poligono sperimentale dei velivoli senza pilota destinati ai futuri scacchieri di guerra. Le società Piaggio Aereo Industries e Selex Es riferiscono di aver utilizzato a novembre la base del 37° Stormo dell’Aeronautica militare di Trapani Birgi per i test di volo del dimostratore P.1HH DEMO, il nuovo aereo a pilotaggio remoto realizzato nell’ambito del programma denominato “HammerHead” (Squalo Martello). Il drone è decollato da Birgi per la prima volta il 14 novembre sorvolando sul Mediterraneo per circa 12 minuti alla quota di 2.000 piedi e a una velocità di 170 nodi. Le operazioni sperimentali sono state condotte da un team congiunto Piaggio - Selex con il supporto del personale militare dello scalo siciliano. Nella sua breve attività aerea, il dimostratore è stato scortato da due caccia-addestratori MB.339 dell’Aeronautica militare. Ai test sperimentali hanno contribuito pure la Marina militare e l’Esercito. Un mese prima, infatti, il drone era stato trasferito in Sicilia a bordo della nave da sbarco “San Marco” dopo un ciclo di prove effettuato sulle piste dell’aeroporto di Decimomannu (Sardegna). Il velivolo fu imbragato nel porto di Cagliari da un elicottero CH-47 dell’Esercito italiano e successivamente posizionato sul ponte di volo della “San Marco” diretta a Trapani.
“Questo genere di programmi ad elevato contenuto tecnologico determina significative ricadute sull’acquisizione di competenze dell’industria italiana”, ha spiegato l’ufficio stampa del ministero della Difesa. “L’adozione e l’integrazione di tecnologie all’avanguardia a livello mondiale consentiranno un sensibile sviluppo  della capacità di controllo d’area, rendendo possibile la monitorizzazione simultanea ed in tempo reale di un’area di centinaia di Km quadrati, ampliando notevolmente le capacità operative e lo spettro dei possibili servizi fornibili dai sistemi a pilotaggio remoto”. L’Aeronautica militare guarda con particolare interesse allo sviluppo del velivolo prodotto da Piaggio Aereo Industries. Nel giugno 2013, il generale Claudio Debertolis, segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, ha dichiarato che lo “squalo martello” potrebbe essere chiamato a sostituire i velivoli senza pilota Reapers, utilizzati dalle forze aeree in Afghanistan e Pakistan e da qualche mese pure nel Canale di Sicilia nell’ambito dell’operazione anti-migranti “Mare Nostrum”. Debertolis ha aggiunto che l’Italia potrebbe ordinare una decina di questi nuovi droni e che gli stessi potrebbero essere dotati di sistemi missilistici o bombe. “I P.1HH sono abbastanza grandi da poter ospitare armi al loro interno”, ha dichiarato il generale. Da drone-spia il velivolo diverrebbe così un drone-killer, consentendo così all’Aeronautica italiana di intervenire in Africa e Medio oriente con un micidiale sistema di morte. “Siamo intenzionati a inviare una lettera d’intenti ad altri paesi partner per promuovere il velivolo”, ha aggiunto il generale Claudio Debertolis. Secondo l’amministratore delegato di Piaggio Industries, Alberto Galassi, lo “squalo martello” è pure il migliore candidato per il programma dell’Unione europea di sviluppo di un prototipo MALE (medium-altitude and long-endurance), cioè in grado di volare a medie altitudine e per lungo tempo.
Il P.1HH “HammerHead” è la versione senza pilota del bimotore P.180 prodotto dalle officine Piaggio e utilizzato in ambito civile e militare da numerosi paesi al mondo. Con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. La missione è gestita da una stazione di terra, collegata attraverso un centro di comunicazione in linea di vista e via satellite che consente il controllo remoto dei sistemi di navigazione dell’aeromobile. Il velivolo è stato dotato da Selex ES (gruppo Finmeccanica) di torrette elettro-ottiche, visori a raggi infrarossi e radar “Seaspray 7300”. L’azienda italiana ha pure realizzato le apparecchiature di gestione e controllo del velivolo e del segmento di terra, sulla base del sistema SkyISTAR ideato - come specifica Selex - per “svolgere missioni di pattugliamento; intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR); individuare target puntuali e rispondere alle diverse minacce che spaziano dagli attacchi terroristici all’immigrazione illegale, alla protezione delle zone economiche esclusive, alle infrastrutture e siti critici”.
L’annuncio del primo volo sperimentale dello “squalo martello” da Trapani Birgi è stato fatto in occasione del Dubai Airshow 2013, la fiera internazionale del settore aereo, civile e militare, tenutasi recentemente negli Emirati Arabi Uniti. Dal 2006 Piaggio Industries è controllata in buona parte da Mubadala Aerospace, società aerospaziale della Mubadala Development Company, holding finanziaria del governo di Abu Dhabi e partner del colosso Lockheed Martin (il produttore dei controversi cacciabombardieri F-35 e del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari MUOS della Marina militare USA) e di Alenia Aermacchi (Finmeccanica) per realizzare i 48 velivoli d’addestramento M343 acquistati dagli Emirati. A fine novembre 2013, Mubadala Aerospace ha accresciuto la sua quota in Piaggio Aereo dal 33 al 41% a seguito di un aumento di capitale di 190 milioni di euro circa. Contestualmente anche Tata Ltd., società con sede a Londra ma dipendente dal gruppo indiano Tata, ha portato al 44,5% il proprio controllo azionario di Piaggio, mentre l’investitore italiano Piero Ferrari è cresciuto dall’1 al 2%. A vendere, il fondo d’investimento HDI, passato dal 33 al 12,5%.
Negli Emirati, Piaggio Aereo ha pure avviato una partnership strategica con Adasi (Abu Dhabi Autonomous System Investments), holding finanziaria con sede ad Abu Dhabi, per sviluppare un nuovo aereo pattugliatore multiruolo per missioni di sorveglianza (Mmppaa - Multirole Patrol Aircraft). L’accordo del valore di circa 100 milioni di euro prevede la progettazione e la realizzazione di due prototipi entro la fine del 2014. Nonostante l’industria aerea sia ormai in mano quasi esclusivamente a capitali arabi e indiani, il contratto è stato inserito nell’ambito dei programmi di cooperazione militare Italia-Emirati Arabi Uniti.
Il nuovo velivolo sarà destinato a missioni di sorveglianza aerea, pattugliamento terrestre, costiero e marittimo e persino a comunicazioni d’intelligence. L’Mmppaa avrà un’autonomia di volo di 10 ore, un raggio operativo di oltre 6.100 km, una velocità di crociera di 650 km all’ora e verrà equipaggiato con un radar di ricerca e sensori elettrottici ed infrarossi.
           


Guerra ai Migranti e alle Migrazioni
di Antonio Mazzeo

Un’azione di guerra dove nulla è stato lasciato al caso. Dal nome, Operazione Mare Nostrum, a indicare la piena sovranità su uno specchio d’acqua frontiera Nord-Sud, muro invalicabile per la moltitudine di diseredati in fuga da sanguinosi conflitti e inauditi ecocidi. Il Comando operativo, poi, assegnato al Capo di Stato Maggiore della Marina militare. E i mezzi aeronavali impiegati: cacciabombardieri, elicotteri da combattimento, navi da sbarco, fregate, sommergibili e, a bordo, i reparti d’élite delle forze armate. L’Italia torna a fare la guerra alle migrazioni e ai migranti nel Mediterraneo, sfruttando strumentalmente la tragedia accaduta a poche miglia da Lampedusa il 3 ottobre 2013. Allora morirono 364 tra donne, uomini e bambini senza che l’imponente dispositivo aeronavale nazionale, Ue, NATO e extra-NATO che presidia ogni specchio di mare, facesse alcunché per soccorrere i naufraghi.
Un’operazione militare e umanitaria, l’hanno ipocritamente definita il Governo e lo Stato Maggiore della Difesa, rispolverando l’espressione utilizzata per giustificare gli interventi di guerra in Bosnia, Kosovo, Iraq, Afghanistan, Libia e Corno d’Africa ed aggirare la Costituzione e il senso comune. “Si prevede il rafforzamento del dispositivo italiano di sorveglianza e soccorso in alto mare già presente, finalizzato ad incrementare il livello di sicurezza della vita umana ed il controllo dei flussi migratori”, recita il contorto comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio, mettendo insieme improbabili intenti solidaristici e le immancabili logiche sicuritarie e repressive.
Vaghi i compiti e le funzioni attribuiti alle forze armate; volutamente inesistenti le regole d’ingaggio, ma dettagliatissimo l’elenco dei dispositivi di morte impiegati per rendere off limits il Mediterraneo. All’operazione Mare Mostrum sono presenti quasi tutte le più sofisticate produzioni del complesso militare-industriale del sistema Italia. Sul fronte anti-migranti esordisce la nave d’assalto anfibio LPD di 133 metri di lunghezza “San Marco”, che, come ha spiegato il ministro della Difesa Mario Mauro, ha la “capacità di esercitare il comando e controllo in mare dell’intero dispositivo, con elicotteri a lungo raggio, capacità ospedaliera, spazi ampi di ricovero per i naufraghi e un bacino allargabile per operare con i gommoni di soccorso in alto mare”. Poi due fregate lanciamissili classe “Maestrale”, ciascuna con 225 uomini e un elicottero imbarcato; un’unità da trasporto costiero, classe “Gorgona” per il supporto logistico; due pattugliatori d’altura classe “Comandanti/Costellazioni”; due corvette della classe “Minerva”.
Più articolati i mezzi aerei: due elicotteri EH.101 della Marina militare dotati di strumenti ottici ad infrarossi e radar di ricerca di superficie, da imbarcare sulla “San Marco” o schierare negli scali di Lampedusa e Pantelleria; quattro elicotteri AB 212 AS, ancora della Marina, giunti a Lampedusa dopo essere stati oggetto di inutili operazioni di bonifica anti-amianto negli stabilimenti di Grottaglie (Ta) e Catania; un aereo Piaggio P-180 con visori notturni, impiegabile anch’esso dall’aeroporto di Lampedusa; un bimotore Breguet 1150 “Atlantic” del 41° Stormo dell’Aeronautica militare di Sigonella, con equipaggi misti Aeronautica-Marina, per il pattugliamento marittimo delle aree interessate; due elicotteri HH-3F e HH-139 SAR (Search and Rescue) del 15° Stormo dell’Aeronautica di Cervia (Ra), gli unici mezzi con evidenti funzioni di ricerca e soccorso in mare in caso d’incidenti. Tra personale imbarcato e di supporto a terra, la nuova crociata anti-migranti conta su 1.500 militari, tra cui spiccano in particolare quelli di pronto intervento della Brigata “San Marco”, indicata dai Comandi della Marina come “uno strumento efficacissimo, capace di rischierarsi rapidamente e di operare in qualsiasi parte del mondo con particolare riguardo alle attività d’interdizione marittima, all’antipirateria e alla difesa delle installazioni sensibili”.
Per l’Operazione Mare Nostrum sono utilizzate anche le Reti radar della Guardia Costiera e della Guardia di finanza, le Stazioni dell’Automatic Identification System della Marina militare e, per la prima volta nella storia per operazioni di vigilanza delle frontiere, finanche un velivolo senza pilota “Reaper MQ 9” del 32° Stormo dell’Aeronautica militare di Amendola (Fg). Quest’ultimo non è altro che uno dei droni-spia già utilizzati dall’Italia nelle guerre in Iraq, Libia e Afghanistan (solo in quest’ultimo conflitto il Reaper ha già totalizzato dal 2007 ad oggi 1.300 sortite a favore delle forze NATO, contro più di 6.000 obiettivi). Il velivolo teleguidato può volare fino ad 8.000 metri di quota per oltre 20 ore consecutive, consentendo di realizzare riprese elettro-ottiche, all’infrarosso e radar. Secondo il Ministero della Difesa, il drone impiegato in Mare Nostrum “svolge attività di sorveglianza aerea con il duplice fine di salvare vite umane in pericolo e identificare le navi madri, utilizzate dagli scafisti”.
“Anche se la missione annunciata è stata definita umanitaria e di soccorso, desta qualche sospetto la composizione dello strumento aeronavale navale messo in campo”, ha rilevato Il Sole 24 Ore. In particolare, il quotidiano di Confindustria pone l’accento sulle caratteristiche delle unità navali da sbarco e delle fregate lanciamissili, scarsamente utilizzabili in interventi di soccorso in caso di naufragi. “Si tratta di navi da oltre 3 mila tonnellate, pesantemente armate, con poco spazio a bordo per ospitare naufraghi e molto onerose”, aggiunge Il Sole 24 Ore, rilevando invece come queste unità consentano azioni militari più complesse, “da coordinare magari con il governo libico”. Anche lo schieramento dei droni e della “San Marco” risponderebbe all’intento strategico di contribuire al dispositivo di “contenimento” libico delle imbarcazioni di migranti. “Grazie alla loro autonomia di volo i droni possono sorvegliare costantemente i porti di partenza dei barconi consentendo alle navi militari di raggiungerli appena al di fuori delle acque libiche”, spiega ancora Il Sole 24 Ore. “La nave “San Marco” ospita anche mezzi da sbarco e fucilieri di Marina: mezzi e truppe idonei a riaccompagnare in sicurezza sulle coste libiche immigrati recuperati in mare sotto la scorta deterrente delle fregate lanciamissili”.
Ancora più esplicita l’analisi dell’ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare Leonardo Tricarico, neopresidente della Fondazione ICSA (ha sostituito il sen. Marco Minniti del Pd dopo la sua nomina a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e autorità delegata alla sicurezza della Repubblica). “Sul piano tecnico-operativo bisognerebbe puntare su un robusto passo diplomatico con i Paesi rivieraschi per far sì che i droni, anziché essere impiegati in una ricerca senza mèta in mare aperto (non sono mezzi di sorveglianza d’area), vengano utilizzati per il pattugliamento delle coste libiche, per individuare in maniera precoce le attività preparatorie all’imbarco e fermarle per tempo”, scrive il gen. Tricarico. “In fin dei conti con la Libia vi sono già attività di cooperazione avviate, è operante un contratto per il controllo della frontiera sud, è stato formalmente accettato un piano italiano di controllo delle frontiere terrestri e marittime, stiamo addestrando da molti mesi le loro forze di sicurezza”. La rivista specializzata Analisi Difesa, vicina agli ambienti più conservatori delle forze armate, ha fatto esplicito riferimento alla recentissima stipula di accordi tra le forze armate italiane e il premier Alì Zeidan per rafforzare la presenza di polizia nelle città costiere della Libia e “impedire nuove partenze” di migranti. “L’obiettivo di riportare in Libia i barconi, bloccandoli appena lasciano le coste nordafricane – scrive Analisi Difesa - giustificherebbe la presenza di navi da guerra come le “Maestrale” (utili a esprimere deterrenza contro le milizie libiche armate fino ai denti) e la “San Marco”.
Legittimo dunque il sospetto di alcuni giuristi e delle associazioni antirazziste e di difesa dei diritti umani secondo cui con “Mare Nostrum” si potrebbero ripetere ed ampliare le deportazioni di migranti e richiedenti asilo che furono eseguite qualche anno addietro dai Paesi NATO in accordo con le autorità governative libiche. In verità, dopo il varo del governo Letta dell’operazione militare-umanitaria, lo stesso ministro Angelino Alfano ha ammesso che i migranti fermati in mare dalle unità della Marina e dell’Aeronautica potrebbero essere “sbarcati” in alcuni porti sicuri della sponda sud del Mediterraneo. “Ci sono le regole del diritto internazionale della navigazione e non è detto che se interviene una nave italiana porti i migranti in un porto italiano”, ha precisato il ministro dell’Interno. Come sottolineato dal prof. Fulvio Vassallo Paleologo, componente del Consiglio direttivo dell’ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), con gli auspicati “sbarchi” di migranti in porti “sicuri” non italiani, “c’è il rischio fondato che si ripetano i respingimenti verso i paesi che non garantiscono la tutela dei diritti umani, come è accaduto nel 2009, quando la Guardia di Finanza italiana riportò in Libia decine di migranti”. Una pratica per la quale l’Italia è stata condannata, nel 2012, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ulteriori perplessità dal punto di vista giuridico sorgono poi dalla decisione del governo italiano di assegnare a bordo delle unità della Marina militare alcuni funzionare del Dipartimento di Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere per eseguire in alto mare le identificazioni e i foto segnalamenti dei migranti “soccorsi”. “L’attività di prima identificazione compiuta subito dopo il salvataggio non sembra che si tratti di formalità che si possa adempiere a bordo di una nave in acque internazionali, quando forse sarebbe auspicabile il più rapido sbarco a terra”, evidenzia il prof. Vassallo Paleologo. “Ancora più grave sarebbe se a bordo delle unità impegnate nell’operazione Mare Nostrum si svolgessero veri e propri interrogatori, senza alcuna garanzia procedurale, magari alla caccia di qualche nave madre, mentre potrebbero esserci altri barconi in procinto di affondare. Sui naufraghi reduci da un salvataggio traumatico non si possono esercitare quelle attività di polizia che si dovrebbero compiere negli uffici di frontiera con le garanzie procedurali previste dalla legge, con l’intervento di mediatori culturali e non solo di interpreti, con una corretta informazione sulle leggi applicate, in modo da salvaguardare il diritto di chiedere asilo ed i diritti di difesa”.
Le modalità d’impiego del personale di pubblica sicurezza a bordo delle unità navali da guerra è stato stigmatizzato dal sindacato di polizia COISP. “Tredici poliziotti sono stati impegnati dal Dipartimento della P.S. e si occupano di effettuare operazioni di foto-segnalamento di centinaia di migranti”, denuncia il COISP. “Sono stati imbarcati sulle navi della Marina Militare senza che venisse fornito loro alcun tipo d’informazione sul trattamento di missione, alloggiati in ambienti un tempo riservati al personale di leva, in condizioni inaccettabili e inimmaginabili”. Il sindacato ha poi rilevato un’“inammissibile disparità” del trattamento economico riservato al personale delle forze armate e a quello di PS. “Agli agenti della polizia di stato vengono erogati una manciata di euro per una missione ordinaria, mentre al personale della Marina viene riconosciuta una indennità giornaliera feriale di 60 euro e di 100 euro per i giorni festivi”. Tra emolumenti e indennità per il personale e costi operativi dei mezzi aeronavali, l’intervento militare-umanitario assorbirà una spesa tra i 10 e i 12 milioni di euro al mese. Il governo non ha previsto stanziamenti aggiuntivi sul capitolo “difesa” ed è presumibile che il denaro per alimentare la macchina da guerra anti-migranti sarà prelevato dal fondo straordinario di 190 milioni di euro messo a disposizione per far fronte alla nuova emergenza immigrazione. Come dire che da qui alla fine del 2013, gasolio e pattugliamenti aeronavali bruceranno il 20% di quanto è stato destinato per tutto l’anno a favore del soccorso e dell’accoglienza dei migranti. L’ennesima vergogna in un Paese sempre meno libero, democratico ed ospitale.