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mercoledì 1 gennaio 2014

CAPODANNO 2014: INFERNO ATOMICO NEL LAGO DELLA VITA
di ADRIANO PETTA

Ladispoli. Mi ero ripromesso che quest’anno non vi avrei angosciato con la mia solita pappardella di ogni Capodanno, già basta e avanza l’autorevole chiacchierata piena di “viva e vibrante soddisfazione, di supreme istanze di pace e solidarietà” a reti unificate della RAI, ma anni fa, essendo io un impenitente ateo, a seguito di un’animata discussione con Madre Natura, ricevetti l’ingiunzione che mi avrebbe incenerito con una folgore se vi avessi inviato, in quest’occasione, soltanto “un augurio di buon anno”. E allora eccomi qui, messaggero consapevole di appartenere alla temibile specie dei “bachi software”. Tsumani, cicloni, obsolete centrali nucleari che esplodono, navi piene di rifiuti radioattivi sepolte davanti ai nostri porti, mezza Italia con la terra impregnata di veleni tossici e radioattivi che stanno decimando la nostra penisola, l’inferno atomico che non è circoscritto solo alla terra dei fuochi campana, ma che va oltre, e oltre, e oltre. Questa è la vera emergenza nazionale. Quella mondiale è anche e soprattutto la temperatura media che ormai è salita di 4 gradi, e sta volando verso i 6°, i ghiacciai del polo sud hanno cominciato a sbriciolarsi, mio figlio o mio nipote probabilmente vedranno la fine del mondo. Ma tranne la nostra Europa appena un po’ meno insensibile verso questi problemi, i veri potenti del mondo (USA, Cina, Giappone, Canada, Australia, India, Brasile) sono sordi, spietati nella loro cecità.   

Chi può provare a salvarci, allora?   
Forse Lei, sempre Lei, solo Lei, la parte mancante della storia umana: la Donna.                        Concetti che vagolavano nella mia mente, hanno cominciato a trovare chiarezza nello splendido saggio “Matriarché” pubblicato da Exorma. Ho avuto la fortuna di avere al mio fianco, in occasione di alcune presentazioni delle mie Ipazia e Assiotea, una delle due curatrici di questo importantissimo libro, Monica Di Bernardo, e di ascoltarla, e di sentire le sue riflessioni sul nostro sistema di vita ch’è arrivato a un punto di non ritorno, sull’esigenza pressante  di un modo diverso di organizzare il contesto economico, sociale, di relazione in cui viviamo, un cambiamento necessario per la sopravvivenza del pianeta e dell’umanità tutta. Maria G. Di Rienzo, nella stessa opera, grida che “scuotere il dominio è un atto d’amore” mentre “il silenzio è l’arma del genocidio, dell’invasione, della distruzione, della violazione di corpi e menti. Rompere il silenzio sulla storia delle donne, significa andare al cuore del disordine che ora mette in pericolo la sopravvivenza stessa del pianeta. E’ un disordine generato dalle gerarchie patriarcali, dallo sfruttamento di natura, animali e persone, concentrato sulla morte anziché sulla vita”.
Penso che gli esseri umani di tutto il pianeta debbano sfoderare intelligenza e coraggio e mettere da parte il “baco software” della nostra specie, il maschio, “l’incidente di percorso” nel programma di Madre Natura. Il “baco software” è la forma di corruzione di un programma in modo apparentemente intatto, ma che in realtà genera un risultato altamente maligno: si può fare un’analogia fra il baco informatico e il maschio della nostra specie, che ha indirizzato il cammino dell’homo poco sapiens verso il dominio e lo sfruttamento di tutto e di tutti, utilizzando la violenza e la guerra, incurante del destino che preparava per sé e per i suoi figli, ormai sulla soglia dell’autodistruzione.
Sabato sera su LA7 hanno trasmesso il servizio “Inferno atomico”: sono state due ore agghiaccianti, che mostravano uno scenario apocalittico, eppure non era completo, perché dava l’idea che l’inferno atomico sia stato sepolto solo nella “terra dei fuochi”, in Campania. Purtroppo non è così. Nella mia terra natale (il Molise) stanno morendo tutti, interi paesi stanno scomparendo, non c’è una sola famiglia che non abbia almeno un morto o un malato di cancro, leucemie fulminanti, tumori alle ossa rapidi e mortali, tumori tipici dei disastri ambientali, fiumi in cui non c’è più vita¼ eppure molti miei compaesani si rassegnano dicendo che è il Destino. Circa dieci anni fa, al mio “natio borgo selvaggio” molisano, un paesano ci raccontava la strana apertura della caccia di quell’anno, sopra la montagna di Frosolone, a Colle dell’Orso, dove una volta c’era un laghetto dalle acque cristalline, e dove ambientai la storia della mia prima eroina letteraria, che nasceva al sole della vita proprio in quelle acque limpide. Ma il cacciatore, in quella mattina di settembre, vide arrivare un’autobotte che prese a scaricare un liquido orribile a sentirsi e a vedersi, infernale, nelle acque del laghetto dalle acque cristalline dove bevevano le mucche. Il cacciatore sparò alcuni colpi in aria, l’autobotte fuggì. Ma da quella montagna ha continuato a scendere acqua che alimenta tante sorgenti, acqua che viene bevuta, che irrora vigne, orti, campi di verdure e di grano. E di storie come questa negli ultimi dieci anni se ne sono sentite e viste tante. Noi oriundi che viviamo nella più grande città molisana, ovverosia Roma, e che siamo oltre sessantamila, manteniamo i contatti con amici e parenti che continuano a vivere nella nostra bellissima regione senza industrie, e spesso telefoniamo per avere notizie. Ma ogni telefonata ci riserva la brutta notizia di un tumore che ha colpito o stroncato una nuova vita. Anche il Molise sta scomparendo. Come la terra dei fuochi. Come accadrà in tutta la nostra penisola. Il grido isolato del nostro Roberto Saviano e di “Gomorra” sembrava aver scosso le coscienze e l’attenzione, ma nella pratica quotidiana tutto continua come se nulla stesse accadendo. Nella trasmissione de LA7 “Inferno atomico” tutti gli attori di questa apocalittica storia erano e sono maschi: camorristi, politici, mafiosi, magistrati, medici, contadini, camionisti, avvocati, sindaci. Tutti maschi. Donne erano solo loro, le giovani madri dei bambini che sono morti e che stanno per essere stroncati dall’inferno atomico che hanno seppellito a venti metri sottoterra.
Ma quelle giovani madri sono impotenti. Noi non possiamo solo caldeggiare  “quote rosa” più eque nelle prossime elezioni e votare partiti coraggiosi e rivoluzionari, ormai non basta più andare a sondare i terreni con i geomagnetometri per rilevare la quantità di radioattività , ormai siamo dinanzi a disastri ambientali forse irreversibili, solo se diamo alla donna i posti di comando nella scienza e nella direzione degli stati, forse potremo arrestare questa follia suicida.
Ecco perché anche quest’anno non ho potuto fare a meno di propinarvi la mia solita accorata utopica pappardella, che termina col mio augurio affinché Madre Natura in questo 2014 ci riservi qualche sorpresa, che ci doni ancora un po’ di tempo per cercare di salvare quegli stracci di vita che brancolano su questo pianeta che noi continuiamo a disprezzare. La nostra specie è chiaramente mal riuscita: il baco software, l’incidente di percorso, va messo in condizione di non nuocere più.
Un abbraccio fraterno con la speranza che i lembi di energia segreta e vitale ancora nascosta dentro di noi, baluginii unici d’un programma irripetibile, possano continuare ad esultare al sole della vita.