EXPO E LE “VIE
D’ACQUA”:
STORIA DI UNA
BATTAGLIA CIVILE
Di
Beatrice Anton Rossetti
Fiaccolata No Canal 13 marzo |
Del canale si
mormorava con una sorta di inquietudine già da un anno ed anche più.
Per
quello che ci riguardava, era un fazzoletto di terra ricolmo di alberi ad
essere messo in pericolo, il Parco Pertini, che è una vera risorsa nel
quartiere Gallaratese, zona 8, con i suoi alberi: robinie e ciliegi o pruni per
lo più, molti dei quali di almeno cinquant’anni. Alla loro ombra,
quotidianamente, centinaia tra anziani, bambini festanti, sportivi in
bicicletta o di corsa e padroni di cani con i loro animali hanno circolato
negli ultimi trent’anni e, magari, nella tristezza e nello stress quotidiano,
hanno ritrovato un sorriso, soprattutto quando, dalla primavera fino a giugno,
sbocciano i fiori bianchi e rosa degli alberi da frutto, inondando di piccoli
petali l’aria.
Confusamente
sapevamo che l’orribile canale di cemento avrebbe devastato, dopo il Pertini,
il Parco di Trenno e poi via, più lontano, verso la zona 7, attraverso il Bosco
in città, il Parco delle Cave fino ad un'altra minuscola oasi di verde, il
Parco di Cividale del Friuli.
Pochissimi
si erano informati a fondo, sperando che la nostra raccolta di mille firme
contro l’attraversamento del canale sarebbe stata risolutiva, come promessoci
solennemente da alcuni consiglieri di zona. L’estate passò ed anche l’autunno,
senza che nulla accadesse e voci dichiaravano per certa la cancellazione del
progetto delle “Vie d’acqua” per mancanza di fondi.
E
che fondi: scoprimmo poi che il progetto delle “vie d’acqua” nella tratta nord
e sud avrebbe avuto un costo complessivo di 89 milioni di euro.
Oltretutto
il termine vie d’acqua è ingannevole e improprio perché dell’iniziale progetto
di creare un naviglio navigabile non si era potuto far nulla, per mancanza di
adeguata portata di acqua e di necessarie pendenze. Avrebbe più sinceramente
dovuto cambiare il suo nome in “canale di scolo del laghetto artificiale del
sito Expo”, ma probabilmente al dott. Acerbo, sub commissario di Expo, ed al
dott. Sala, super commissario di Expo, unitamente agli ingegneri di MM Stefani
e Recalcati e all’architetta Rossi, questa più realistica definizione non
piaceva; soprattutto avendo un costo così elevato da giustificare.
Tutte le notizie fummo
costretti a raccoglierle in fretta e furia, che era già novembre, e le ruspe
stavano per entrare in azione: il canale avrebbe avuto una larghezza di almeno
otto metri – con sponde discendenti a trapezio - per condurre però solo 2 mc /sec
di acqua: in pratica, le ruspe avrebbero divelto quasi mille alberi su tutto il
tracciato per far transitare un rivolo di trenta cm d’acqua che poi forse,
finito Expo e svuotato il laghetto artificiale, avrebbe cessato di scorrere, lasciando
a noi un canale di cemento vuoto, da tenere pulito e libero da pantegane e
rifiuti.
A
questo punto, qualcosa di inaspettato accadde: si crearono tra noi cittadini,
di solito passivi e distratti nell’accettare le decisioni calate dall’alto, dei
momenti di incontro, all’inizio molto informali: in giro, nei parchi stessi, al
bar come alle sedute del consiglio di zona dove, riflettendo tra noi, non
potevamo che ripetere: “No, stavolta è troppo grossa, non possiamo accettare in
silenzio la distruzione dei nostri parchi, con la loro microfauna: ricci,
minilepri, uccelli…”, e così, giorno per giorno, si formò una coscienza
profonda ed una volontà precisa e con un sussulto di orgoglio e ribellione
organizzammo un presidio fisso, con raccolta di firme e distribuzione di
volantini esplicativi con lo slogan:
“Non vogliamo un canale di cemento al posto dei nostri alberi, a spezzare in
due il territorio e rendere pericolosi i nostri parchi.”
Ben
presto gli abitanti del parco Pertini si unirono agli abitanti di Trenno e si
creò un ponte anche con le associazioni di Baggio che vigilavano sul Parco
della Cave, anche grazie all’intervento generoso di Luca Trada con i NO Expo,
che agirono da collante ed aiutarono a promuovere le varie iniziative. Dopo un
paio di assemblee pubbliche si era già formato il movimento No Canal, di chiaro
intento apolitico e libero da qualsiasi influenza, che raccoglieva sotto questa
sigla un insieme di associazioni, comitati di quartiere e semplici cittadini
che si ponevano come unico obiettivo quello di non vedere i loro parchi
sventrati dalle ruspe, lo stesso movimento che è ora seguito da migliaia di
persone.
Intanto
emergevano altre criticità a sfavore del progetto: alcuni dei terreni
attraversati dal canale risultavano inquinati. Grazie al nostro intraprendente
ingegnere, Luciano Mura, ed a un ottimo consigliere di zona contro corrente,
Luigi Caroli, recuperammo, con fatica, le tabelle delle analisi relative ai
terreni Quarenghi Castellanza (vicino al Pertini e Trenno), scoprendo che quei
terreni, zeppi di inquinanti tossici e pericolosi, come il piombo, gli
idrocarburi e l’arsenico, erano stati declassati da tabella A (zone verdi) a tabella
B (zone industriali) poiché quest’ultima tabella tollera naturalmente la
presenza di inquinanti in quantità molto maggiori, e cambiando i riferimenti,
Expo poteva fingere di avere una presenza di inquinanti nella norma, senza
bisogno di fermare i lavori e fare le bonifiche necessarie. Ma è davvero
ridicolo pensare che i nostri parchi possano rientrare nella categoria di “zona
industriale”.
Inoltre,
per rischiare ancor meno il blocco dei cantieri, i carotaggi (i prelievi del
terreno) non erano stati fatti nelle aree che a memoria d’uomo erano le più
inquinate ma nei punti esterni a quelle che erano state le cave riempite di
rifiuti tossici da Ligresti e dall’impresa Grassetto.
Per quanto
riguarda il Parco delle Cave esso prende addirittura il nome dalle storiche
grandi cave inquinate su cui è sorto, la Cabassi e la Calchi-Taeggi e su alcune
delle sue aree poste ai margini, non vincolate, pende anche il rischio di un
tentativo di speculazione edilizia.
La
mobilitazione spontanea della gente iniziò, come ho detto, con un punto di
informazione sulla via Lampugnano, dove organizzammo due eventi, con palloncini
azzurri, clown e dove fummo intervistati la prima volta da RAI 3. Poco dopo
iniziarono i presidi, quando, dalle sette della mattina, a partire dai primi di
dicembre, in mezzo alla nebbia, negli unici giorni davvero rigidi di questo
inverno, centinaia di persone si sono avvicendate, ogni mattina fino alle prime
ore del pomeriggio, per mettersi pacificamente davanti alle ruspe e vigilare
che i lavori non prendessero avvio. Nei giorni più freddi si accendeva un
fuoco, qualcuno portava the e caffè caldi, dolcetti e focaccine. Ed, intorno al
fuoco ed a una tazza di the, i cittadini, forse per la prima volta dopo molti
anni, hanno ricominciato a confrontarsi sulla politica e la gestione della
città di Milano, a mettere in comune le proprie angosce, ridere dei propri guai
e finalmente conoscere persone del proprio quartiere con cui non avevano mai
parlato.
Striscioni
di contestazione iniziarono a invadere le transenne che segnavano il tracciato
del canale, e poi il presidio giunse in via Caldera a Quinto Romano, dove i No
canal, insieme agli altri movimenti formatisi, No Via d’Acqua e Cambia Canale,
vestiti con tute bianche da operai, distribuivano volantini informativi ai
guidatori. Poi fu la volta di via Cancano, all’inizio del Parco delle Cave e,
malgrado la diversa estrazione di ognuno, la diversa appartenenza politica, la
diversa età – nei presidi si trovavano insieme ventenni, trentenni,
quarantenni, e via fino agli ottantenni -, l’obiettivo comune ha impedito che
ci dividessimo.
Tanti
sono i volti ed i sorrisi che hanno animato questi quattro mesi di lotta sempre
pacifica:
Val,
che una mattina, con capelli tinti color prugna, sigaro e cappello avana, si
presentò in giacchino catarifrangente come operaio Valtauro (la società che
svolge i lavori si chiama Maltauro); Santino che ha disegnato i nostri
cartelloni, con bellissimi rospi, ricci e civette che chiedono di continuare a
vivere in pace nei parchi; Cecilia e Francesca, instancabili presidiatrici che
ornavano le ruspe di palloncini azzurri; Alberto, il nostro fotografo
onnipresente; Stefano che ha fatto giungere la lotta in tv; Giacomo e M. che si
svegliavano all’alba per arrivare, giungendo dall’altra parte della città;
Giorgino con la sua allegria; Fabiola, Barbara, Luca, che cercavano di
presenziare prima di andare sul posto di lavoro; Liliana, Stefano, Tiziano,
Mattia, Luigi, Silvio, Claudio, Pasquale che, pur appartenendo a diversi
partiti venivano ai presidi a titolo personale; Luciano, Sergio, Marco e Marco
i nostri super tecnici; Marianna, la vedetta di Cividale; e Agostino, Luciano, Gianni,
Massimo, Diego, Gianfranco, Agnese, la sottoscritta Beatrice, Andrea, Abo,
Mimmo, Marta, Giovanni, Alain, Gianluca, Ambra, Marta, Elvira…
In
una delle prime giornate di protesta, il 9 dicembre 2013, alcuni di noi No
canal, erano stati ricevuti a Palazzo Marino, prima da Basilio Rizzo, poi da
alcuni capigruppo e infine, costretto anche dalla presenza di una
manifestazione massiccia in P.zza della Scala, dal sindaco Pisapia, il quale, scarabocchiando
nervosamente su alcuni fogli, ci ripeteva che, non essendo lui tecnico, non
poteva discutere con noi del perché al posto di questo canale di scolo non si
potessero utilizzare i fontanili e canali già esistenti e ora asciutti, presenti
in gran quantità nei vari parchi, che se riqualificati sarebbero potuti
divenire un vero museo a cielo aperto; del perché i tubi di cemento dovessero
essere larghi 2,5 metri e alti 1,8 metri, dal momento che la quantità d’acqua
da trasportare era irrisoria; non sapeva dirci perché fosse stato scartato un
progetto iniziale che sarebbe passato da Molino Dorino nei campi, senza toccare
Parco Pertini e Parco di Trenno; non sapeva dirci perché questa poca acqua proveniente
dal canale Villoresi dovesse con grande necessità arrivare alla Darsena, visto
che anche l’acqua del Naviglio, come il Villoresi, parte dalla diga del
Panperduto prendendo la stessa acqua, quella del Ticino: Il Naviglio Grande ha
una portata di 64 mc/sec per cui non si vede come l’aumento di 2 mc/sec possa
servire a qualcosa. Da notare che la Consulta di cittadini con competenze
tecnico-scientifiche, che Pisapia aveva voluto all’inizio del suo mandato per
attuare i famosi 5 referendum che promettevano l’aumento del verde cittadino e
la riduzione del consumo di suolo, aveva contestato questo progetto delle “vie
d’acqua” anche con diffide formali.
Visita dei parlamentari 5Stelle |
Dopo
quell’incontro deludente fummo riconvocati a Palazzo Marino da Confalonieri,
indicato come delegato del sindaco, in riunioni con gli ingegneri di Expo ed
MM. Confalonieri cercò in ogni modo di convincerci della bellezza paesaggistica
del progetto, cercò di spaccare il movimento, portando avanti le trattative
solo con la parte più conciliante di esso, mirando ad ottenere un documento
firmato di accettazione del canale (anche se interrato in alcuni tratti).
Fu
convocata un’assemblea per votare la possibile accettazione dell’interramento
ma la sostanza della proposta – e cioè che con l’interramento si sarebbe avuto
uno scavo ancora più invasivo - non fu comunicata in maniera esaustiva, ma la
proposta fu presentata come il male minore a cui dovevamo piegarci e la
votazione avvenne solo all’una di notte quando solo poche persone erano
rimaste, perciò si ritenne che il risultato, e cioè l’accettazione
dell’interramento, ottenuto in questo modo, non rispecchiasse il volere del
movimento nel suo insieme; per questo motivo i presidi, invece di
interrompersi, aumentarono, mentre le trattative con Confalonieri vennero
disconosciute ed anzi i successivi incontri con lui ed Expo furono un rifiuto a
muso duro di qualsiasi attraversamento del canale nei parchi.
Altre
grandi iniziative continuarono nei parchi, culminate nel doppio corteo del 16
febbraio 2014 che contava mille persone e nella fiaccolata per le vie del
centro del 13 marzo a cui hanno partecipato quasi cinquecento persone. I giornali,
le televisioni e le radio hanno dovuto in questi mesi, a volte controvoglia,
darci spazio.
Nel
frattempo un’amica dell’associazione AIDAA (Associazione Difesa Ambiente e
Animali) abituata a queste battaglie, riusciva con grande fatica a recuperare
del materiale molto importante, che è stato ora allegato ad un esposto contro
il progetto di Expo depositato in Procura. In questo faldone vengono riportati
i pareri negativi o comunque molto critici verso il progetto espressi dalla
Regione, dalla Provincia e dal Consiglio Superiore dei lavori Pubblici.
La
Regione, in data 21/12/12 dava parere favorevole a patto che si ponesse rimedio
alle seguenti criticità: il numero degli attraversamenti ciclopedonali è
eccessivo, a volte tortuoso, con piste ciclopedonali larghe 5 metri (adatte più
per i camion che per le biciclette), quando di solito le stesse sono larghe 3,5
metri; l’attraversamento del canale del Parco Pertini ottiene un effetto
artificioso, per nulla estetico; troppi sono i ponti di attraversamento
all’altezza del Naviglio pensati, soprattutto la scala elicoidale sul ponte
Giordani è di impatto negativo a livello paesaggistico oltre che costare 3
milioni di euro; gran parte delle sponde originali del Naviglio andrebbero
distrutte.
La
Provincia, il 7/1/2013, è ancora più dura, sottolineando come sia assente la
ricognizione dei vincoli relativi a zone boschive e di brughiera (presenti
soprattutto del Parco delle Cave), manchi una valutazione di inserimento
urbanistico, e sia assente la ricognizione dei vincoli cimiteriali.
Non
siamo infatti riusciti ad impedire un inizio dei lavori nella striscia tra il cimitero
Maggiore cattolico e quello ebraico, dove le ruspe stanno scavando addossate letteralmente
al muro di cinta, con grave rischio di crollo o allagamento delle tombe e degli
ossari.
Non
siamo neanche riusciti a bloccare la distruzione del laghetto dei Tigli, posto
dietro lo stesso cimitero, nel quale sono stati sotterrati dalla terra quintali
di pesci agonizzanti e tagliati molti alberi di pregio.
Questi fatti
dimostrano l’assoluta mancanza di rispetto sia verso la natura sia verso i
nostri morti: non possiamo accettare che per motivazioni economiche e di
speculazione edilizia vengano profanate le cose più care e sacre che abbiamo e
speriamo che la Procura punisca questa mancanza di rispetto verso i cimiteri
che, come già detto, hanno vincoli precisi che li proteggono.
Il
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel 11/2012 dichiara espressamente che
la documentazione non corrisponde a quanto richiesto dalla normativa, mancando
lo studio di impatto ambientale e di fattibilità ambientale ed il parere delle
Autorità Idrauliche; manca addirittura un elenco preciso dei prezzi; non si
specifica come il territorio storico accoglierà i cambiamenti; i materiali
costruttivi mal si adattano con la storicità dei luoghi; assenza delle analisi
geologiche; non ci sono assicurazioni per la circolazione dei vari tipi di utenti,
soprattutto bambini e persone con capacità motoria ridotta, in quanto in alcuni
tratti, la corrente supera i 1,5 m/s.
Ora,
mentre sto finendo di scrivere questa seppur parziale memoria di una lotta
cominciata, ma non certo finita, il super commissario di Expo, Sala, ha
promesso ufficialmente ai comitati e a tutta la città di Milano, un piano B, cioè
un’opera puramente idraulica che porti l’acqua fuori dal sito Expo senza
toccare i Parchi della corona Ovest della città.
La
speranza è che questo esperimento vissuto da noi No Canal possa servire anche
ad altri gruppi di cittadini e comitati; la fatica e l’ostinazione nel
combattimento e nel recupero dei vari documenti non sono stati vani. Hanno
smosso le coscienze dei cittadini e portato alla luce i tanti nodi di un’opera
che si voleva compiere ad ogni costo.
Scrivendo
quest’ultimo rigo guardo dalla mia finestra i ciliegi in fiore del Parco
Pertini ed auguro a tutti noi di poterci godere i nostri Parchi lungo tutta
l’estate che sta ormai giungendo e per tutta la vita.