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martedì 27 maggio 2014

TRIBUNA LIBERA E SOPRATTUTTO APERTA
Con questo scritto apriamo un dibattito sull’esito
del recente voto elettorale. Ogni contributo è ben accetto.




26 maggio 2014: un’ode in prosa

Voglio iniziare questo 26 maggio commettendo un errore: scrivere di Politica e farlo di getto, prima di esser fuorviato dai milioni di distinguo che grandineranno durante la giornata e proseguiranno per molto tempo ancora, e che saranno in gran parte finalizzati soprattutto dall’assalto al carro del vincitore. Alle cinque del mattino, le prime luci dell’alba hanno lasciato intravedere la grandezza di un popolo, gli italiani, che è riuscito a scuotersi dal giogo pesantissimo delle urla, degli insulti, degli interessi personali, delle pezze a colori gabellate per programmi, delle vivisezioni, delle comunicazioni di delinquenza, del razzismo, dell’ignoranza, dell’assenza di ogni valore e di quant’altro di incivile, di incolto, e anche di stupido lo abbia bombardato da anni, ormai, con crescendo viscerale e incontrollato in questo ultimo mese.
Ai capelloni bercianti, magari anche truccati da seriosi e silenziosi manager di qualcosa non bene identificato; agli interessati miliardari ondivaghi (almeno in politica), forti di un successo anche basato sull’egoismo e sull’utilizzo personale delle leggi, come i primi impresentabili in Europa e non solo, è stato inviato un segnale a mio parere più che preciso: gli italiani non sono quegli stupidi creduloni ignoranti ai quali molti si sono rivolti ed ai quali molti continueranno a rivolgersi.
Forse veramente esiste quella “maggioranza silenziosa” che riesce a reggere un Paese difendendolo dalla incoscienza e dalla onestà relativa di tutti coloro che inseguono il potere per il potere e quindi per se stessi e per i sodali, e che si costruiscono partiti e movimenti su misura.
Magari anche riuscendo a conquistare una poltrona da ministro.
Il quaranta per cento degli italiani manda al vincitore di queste europee un messaggio altrettanto chiaro: vogliamo premiare chi, finalmente e dopo lustri perduti, ha dimostrato di “ voler fare” e di volerlo rapidamente. E chi crede nell’Europa. In estrema sintesi, chi pensa che se le cose vadano male o non così bene come si vorrebbe, il sistema migliore non è distruggerle, non è cancellarle, ma lavorare per cambiarle.
Ed è qui che nasce il problema.
Andare di corsa e fare qualcosa ha dimostrato che l’abbandonare “il non fare” è una forte argomentazione per ottenere il consenso. Ora è a mio parere assolutamente necessario che si pianifichi con estrema attenzione il “che cosa”, il “quando”, il “come”, il “perché”, “il dove” bisogna cambiare ed ovviamente “il chi” deve provvedere.
E altrettanto ovviamente, “quanto costa” e “dove si reperiscono” le risorse necessarie.
Questo è il compito che Renzi e il Governo hanno dinanzi a sé. Un compito immane, anche perché forse le risorse culturali a disposizione sono più limitate del sopportabile.
E oltre a dover “pianificare”, occorre che il Governo comunichi correttamente e compiutamente ai cittadini. Si tratta di portare a conoscenza della comunità ciascuna pianificazione di gestione. E farlo nei dettagli. E farla accettare.
Che mi pare sia proprio quanto è sempre mancato, in Italia certamente, in Europa forse: la pianificazione e la gestione degli “scambi politici”.
Le priorità? La scala di Maslow è una indicazione affidabile, perché ci dice quali bisogni vanno soddisfatti con priorità e quali prodotti sono in grado di farlo. E se i Valori ai quali ci si ispira sono a loro volta chiaramente identificati e comunicati in modo da poter essere condivisi…
Vuol dire rivedere il concetto stesso di Politica e quello di Democrazia.

Paolo Maria Di Stefano