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domenica 6 luglio 2014

LE VACCHE GRASSE DELLA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO





Ho letto che Brunetta, premio Nobel fallito, e Grillo pessimo comico e ottimo curatore, a quando dicono, dei suoi conti, hanno alzato la voce per stigmatizzare il compenso eccessivo che Fabio Fazio riceve dalla Rai. Fazio ha ribadito che lui è un personaggio pubblico e quindi buttargli addosso delle insolenze è un modo per farsi notare nel mercato mondiale delle chiacchiere. Ha aggiunto che sono vent’anni che si parla con la pancia e non con la testa. È una metafora semplice, efficace, con una sua verità ma anche con un margine di errore che si può facilmente rettificare. Non c’è infatti nessun pensiero elevato o complesso che non derivi da un’estetica (nel significato originario), così come vi sono forme di comunicazione e di persuasione che derivano da un livello sensibile volgare. I secondi, purtroppo, navigano facilmente nella comunicazione di massima, i primi appartengono, per lo più a minoranze, soggette anch’esse alla ragione e al torto quando affrontano una buona argomentazione. Resta, ora e comunque, centrale la questione dei compensi. Le società sono quelle che sono, “così va il mondo” diceva Hegel. Gli uomini spettacolo del circo romano non erano pagati, cercavano, se possibile, di salvare la vita. L’imperatore pagava il pubblico regalando lo spettacolo e altre donazioni.
Oggi lo scambio dei giocatori di calcio è un mercato di milioni poiché in tutto il mondo il danaro circola e si ferma laddove viene prodotto, e le partite di calcio hanno qualche somiglianza con l’oro dei “conquistadores”. Guadagnano molto anche i cantanti popolari che, talora con stizza delle società calcistiche, si esibiscono in stadi dall’erba preziosa, attraverso una forma di comunicazione che tocca lo stile estetico di migliaia di persone, e forma la loro stessa memoria.
Un matematico a caccia di un teorema, un ellenista che tenti una edizione critica di Callimaco, un modernista che sappia leggere Kant in originale come fosse Topolino, non chiamano denaro. Gli dèi, più che abbandonarci come diceva la poesia romantica tedesca, cambiano. Siamo, come tutti sanno in generale, nell’epoca del mercato, e lo stato che segue l’onda trova il denaro per queste attività, direi infinitamente meno (e mi costa dirlo) rispetto ai tempi di Gentile. Anche se oggi sappiamo che le proporzioni sono radicalmente cambiate. In ogni caso credo rimanga una cosa incredibile che un corso universitario valido a tutti gli effetti, può valere, in una notevole quantità di casi, il compenso di 2.500 euro lordi all’anno.  
Credo di non aver svelato niente che Fabio Fazio non sappia già. E allora è in questo contesto, tenendo presente tutti i fattori contingenti e senza auree trombe, che bisogna trovare gli argomenti, però anche senza paura. Non faccio calcoli e raffronti che sono nelle cose stesse, mi limito a dire che vi sono ruoli, posizioni, prestigi, affetti, affermazioni di autostima che non dovrebbero condurre solo a uno scambio tramite una valorizzazione monetaria. Essi sono già un valore, un onore, una identità per se stessi. Questo è un parere non la ricerca di una norma. La stessa cosa non capita né al matematico, né all’ellenista, né al modernista: “così va il mondo”.  Ma è questo il livello di discorso che merita il talento di Fabio Fazio che, se non avrà certamente il modo di leggere queste righe, gli auguro di trovare il tempo di percorrere il lungomare di Celle dove c’è ancora profumo di mare e si può riflettere meglio che in mezzo alla confusione mediatica.
Fulvio Papi  

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CONTROCORRENTE
Questa nota di Fulvio Papi mi ha suggerito questa breve riflessione sul mercato delle vacche grasse
del mondo dello spettacolo in genere: cantanti, calciatori, piloti di varie formule, conduttori televisivi, soubrettes e fauna varia. Poiché ritengo scandalosamente immorale il sistema che li alimenta (privato o pubblico che sia) con cifre umilianti per quanti tirano la carretta e tengono in piedi questo sempre più indegno Paese, sin da quando ero giovanissimo ho iniziato la mia non collaborazione attiva, il mio aperto ed ostile boicottaggio. Rifiuto di guardare il campionato e i mondiali; spengo la tivù quando c’è il Festival di Sanremo; cambio canale se appare sullo schermo uno di questi cantanti che vanno per la maggiore, e così boicottando. Ovviamente non frequento i loro stadi e i loro concerti perché non intendo contribuire ai loro guadagni milionari. Naturalmente mi indigna che la Rai (pagata coi soldi degli italiani) dia loro cifre da capogiro e poi pretende il pagamento del canone, e solidarizzo con quanti quel canone rifiutano di pagarlo. Ritengo la stragrande maggioranza di loro dannosa per il rincoglionimento di massa che operano su sprovveduti fedeli. I biglietti per concerti e partite hanno raggiunto cifre pazzesche. Molti di loro si scoprono evasori e hanno portato i loro guadagni all’estero (vedi cronache giudiziarie). Al novantanove per cento sono indifferenti a quanto accade nel Paese, stanno con i potenti e se non sono apertamente fascisti, stanno sempre con il Potere del momento, ben protetti dentro le istituzioni che li coccolano (Rai-tivù, ecc.), non li senti mai alzare la voce sullo schifo che corrode la nazione perché loro ci sguazzano bene e alla grande. Dunque non me ne entusiasmo nemmeno un po’.

Arsenico