Condannata dalla miniera: Máxima è
innocente!
Máxima Acuña
Chaupe
accanto alla laguna (Foto: Jorge Chávez Ortiz)
La miniera
Yanacocha, la più grande in America Latina, impone il suo progetto Conga
incurante dei diritti delle popolazioni, come nel caso di Máxima Acuña Chaupe,
donna peruviana di Cajamarca, che vive con la sua famiglia nelle terre ambite
dalla miniera.
Máxima, suo marito e le sue figlie si dedicano
all'agricoltura e alla pastorizia, coltivano fave e patate che vendono al
mercato locale. Con i frutti del loro lavoro, hanno costruito una piccola casa
nella quale vivono umilmente educando le loro figlie.
La terra non si
vende
Da 10 anni, Máxima Acuña e la sua famiglia si rifiutano
di vendere le loro terre. Per questo motivo sono stati aggrediti brutalmente
dal personale della miniera che è entrato nella loro proprietà ed ha distrutto
la loro casa vicino a Laguna Azul. Máxima è stata colpita, trascinata a terra,
la sua terra invasa, i suoi cagnolini e le pecore uccisi. La famiglia Acuña
Chaupe è rimasta all'addiaccio a Jalca, e con la solidarietà di amici e familiari
ha ricostruito la propria dimora. In seguito sono stati denunciati dalla
compagnia mineraria e ora condannati.
E come se non bastasse, dopo la sentenza di condanna, l'8
agosto del 2014 la Miniera Yanacocha ha presentato nuove denunce contro la
famiglia Chaupe alla Procura di Celendían, per usurpazione dello stesso
territorio di Tragadero Grande. Nonostante la legge peruviana impedisca che una
persona venga processata due volte per lo stesso reato, il Pubblico Ministero
di Calendín ha accolto le denunce, nonostante sappia benissimo che esiste una
prima sentenza in merito. Per
favore, firmate oggi stesso la lettera che trovate a destra, completando anche
gli spazi sottostanti. La vostra firma si aggiunge alla lettera che verrà
consegnata prossimamente alle autorità peruviane competenti, da parte della Red
Latinoamericana de Mujeres.
***
Gentili Sig.re,
Egregi Sig.ri:
Nel processo penale contro Máxima Acuña Chaupe e la sua
famiglia
sono stati documentati i seguenti fatti:
La famiglia Chaupe possiede ed ha presentato in sede di
giudizio, un documeto di compravendita del terreno in disputa (Tragadero
Grande) datato 1994, così come un certificato di proprietà rilasciato dalla
comunità di Sorochuco che accredita la famiglia come membri della comunità e
proprietari del bene, anche questo documento è del 1994.
La Miniera Yanacocha sostiene che nel 2001 ha acquisto
diversi terreni (5,700 ettari) dalla comunità contadina di Sorochuco e presume
che tra questi si trovi il terreno in disputa. Durante il processo hanno
presentato i documenti di proprietà, ma tra questi non vi è il lotto di
Tragadero. La compagnia non ha per tanto provato al processo di essere
proprietaria del terreno della famiglia Chaupe.
È evidente che NON ESISTE ALCUN DOCUMENTO CHE ATTESTI CHE
LA FAMIGLIA CHAUPE HA VENDUTO LA PROPRIA TERRA A YANACOCHA, la compagnia non ha
per altro provato di essere in possesso del terreno. L'argomentazione
presentata e curiosamente accettata dal giudice, è che a 100 metri dal terreno
è stata costruita una strada - di questa non ci sono documenti probatori - che
è vigilata e a un chilometro si trova un posto di controllo.
Chi firma questa lettera sollecita lo Stato peruviano al
rispetto del diritto a vivere dignitosamente, in un ambiente sano per tutte le
cittadine e cittadini. Le violazioni dei diritti di proprietà, sicurezza, di
libero transito, del diritto alla vita e alla pacifica convivenza sono
evidenti. Di fronte alla violenza, alla persecuzione legale, giudiziaria e
psicologica che patiscono Máxima Acuña e la sua famiglia, che avvantaggia la
Miniera Yanacocha e il progetto Conga, chiediamo alla Tribunale per i Servizi
Sociali, la Commissione Pari Opportunità, i Servizi in Difesa della Donna, il
Ministero Pari Opportunità e il Tribunale Costituzionale e a tutte le
istituzioni peruviane responsabili, di proteggere la vita, l'integrità, i
diritti umani delle donne e delle loro famiglie, e chiediamo che:
- Si ponga fine alla persecuzione contro Máxima Acuña e
la sua famiglia da parte della miniera Yanacocha che si sta avvalendo di
violenza e tortura emotiva
- Si rispettino i diritti di proprietà, transito, salute
e vita di Máxima e della sua famiglia
- Ci sia un processo giusto, basato sui fatti, senza
favoritismi
- Vengano risarciti i danni di proprietà, lesioni
fisiche, sofferenze emotive e le spese sostenute.
Distinti saluti
Elisa Noiro