Paracadutisti italiani nell’inferno
centrafricano di Antonio Mazzeo
Nuovo
intervento delle forze armate italiane in terra africana. Nei giorni scorsi si
è concluso a Bangui, capitale della martoriata Repubblica Centrafricana, lo
schieramento di una cinquantina di militari dell’Esercito che saranno integrati
nella forza multinazionale dell’Unione Europea, attivata in loco lo scorso
giugno (EUFOR RCA). Il personale italiano proviene dall’8° Reggimento genio
guastatori della Brigata paracadutisti “Folgore” di Legnago (Verona) ed è stato
schierato presso la base “Ucatex” di Bangui, mentre due ufficiali saranno
impiegati presso il Comando generale operativo di Larissa (Grecia). La missione
italiana nella Repubblica Centrafricana non si concluderà prima del 15 dicembre
2014 ed è stata finanziata con 2.987.065 euro grazie al decreto legge n. 109
dell’1 agosto scorso che ha prorogato sino alla fine dell’anno le sempre più
numerose missioni internazionali delle forze armate e di polizia.
Secondo quanto comunicato
dal Ministero della difesa, i parà avranno il compito di “garantire il supporto
della mobilità delle forze europee, la ricognizione e il mantenimento degli
assi di comunicazione, la bonifica di residuati bellici e la realizzazione di
lavori infrastrutturali di base in favore di EUFOR, della popolazione e del
governo locale”. Ai militari sarà affidato inoltre il monitoraggio delle
attività di ricostruzione di un ponte, progetto finanziato dall’Ue e affidato a
imprese locali. Il contingente italiano disporrà di un importante parco
macchine operatrici del genio e di un congruo numero di veicoli blindati
multiruolo “Lince” (Iveco), dotati di torretta remotizzata “Hitrole”.
La Repubblica
Centrafricana, uno dei paesi più poveri del continente africano, è vittima da
due anni di una sanguinosa guerra civile che ha già causato migliaia di vittime
e più di un milione e trecentomila sfollati. Nel marzo 2013, una coalizione di
forze a prevalenza islamica, denominata “Séléka”, che accusava il governo di
non aver rispettato gli accordi di pace firmati nel 2007 e nel 2011, occupava
Bangui e costringeva alla fuga il presidente (ex golpista) Francois Bozizé. Da
allora il conflitto tra le diverse fazioni si è esteso a tutto il paese, mentre
il nuovo governo di transizione guidato da Catherine Samba-Panza evidenzia
fragilità e divisioni interne.
La componente militare
dell’Unione Europea nella Repubblica Centrafricana è costituita attualmente da
750 unità di diverse nazioni e comprende anche una forza di polizia. Le
attività di EUFOR RCA vengono svolte nel quadro della risoluzione Onu n. 2134
del 28 gennaio 2014 e della decisione del Consiglio Europeo del 10 febbraio,
che hanno autorizzato un’operazione militare transitoria di “stabilizzazione
interna” in vista del pieno dispiegamento della missione MISCA (Mission
internationale de soutien à la Centrafrique), varata dal Consiglio di Sicurezza
dell’Onu nel dicembre 2013 e posta sotto l’autorità dell’Unione Africana. Entro
la fine di quest’anno MISCA conterà su un contingente di circa 4.000 militari e
150 membri civili, provenienti principalmente da Burundi, Camerun, Ciad, Gabon
e Repubblica del Congo. Secondo gli accordi assunti internazionalmente, il governo
di transizione dovrebbe fissare lo svolgimento di nuove elezioni politiche
entro il febbraio 2015, mentre la missione Onu-Ua dovrebbe assicurare lo
stazionamento nella Repubblica Centrafricana di 12.000 effettivi entro la fine
del prossimo anno.
Questo, almeno, sulla
carta. In realtà è possibile che Bruxelles decida di estendere EUFOR RCA a
buona parte del 2015, rafforzando il numero dei reparti impiegati. Come ammesso
dall’ex Alta rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza dell’Unione
europea Catherine Ashton, “EUFOR RCA è stata voluta per sostenere lo sforzo
politico-militare del governo francese, che ha inviato prontamente a Bangui più
di 1.600 militari nell’ambito dell’Operazione Sangaris”. Un intervento, quello
francese, che ha il merito di non occultare le sue reali finalità neocoloniali
mentre invece l’Ue ha scelto l’ipocrita formula della “missione umanitaria”. La
task force francese ha infatti come obiettivo chiave la protezione dei
giacimenti di uranio di Bakouma (prefettura di Mbomou), di proprietà della
transnazionale parigina Areva e della China Guandong Nuclear Power Company. Si
tratta della principale miniera mondiale per l’estrazione del prezioso
minerale, utilizzato in Francia per la produzione di energia e testate
nucleari.
L’Unione Europea sta pure
rafforzando gli aiuti economici-finanziari a favore delle autorità di governo
di Bangui. Ad agosto, a conclusione del meeting dei ministri Ue della
Cooperazione allo sviluppo di Firenze, è stato approvato un fondo
pro-Repubblica Centrafricana di 64 milioni di euro che si aggiungono agli 84
milioni stanziati in precedenza dalla Commissione europea. Altri “aiuti”
giungeranno da Stati Uniti (43 milioni di dollari), Banca Mondiale (100 milioni
di dollari) e African Development Bank (75 milioni di dollari). Nel corso del
2014, l’Italia ha destinato complessivamente 2 milioni di euro per far fronte
all’emergenza umanitaria nel paese centrafricano e finanziare due progetti, il
primo nel settore della “protezione dell’infanzia e dell’istruzione” affidato
all’UNICEF, e il secondo nel campo della “sanità e della sicurezza alimentare”,
che sarà realizzato dalle ONG italiane già attive nella Repubblica
Centroafricana. A febbraio, inoltre, il Dipartimento per la Cooperazione allo
Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri ha inviato a Bangui un aereo cargo
contenente kit sanitari per un valore complessivo di centomila euro, da
destinare agli sfollati dai combattimenti. Buona parte delle attrezzature e
degli “aiuti” a favore delle missioni Onu e Ue nella Repubblica Centrafricana,
sono stati inviati dallo scalo aeroportuale di Brindisi, dove è ospitato dal
1994 il Centro Servizi Globale delle Nazioni Unite (UNGSC) che supporta le
operazioni di “peacekeeping” e, dal 2000, la Base di pronto intervento umanitario
(UNHRD), che opera a favore del World Food Program. Nello specifico,
l’Aeronautica militare italiana, grazie al proprio distaccamento di Brindisi,
ha fornito appoggio tecnico ai velivoli cargo “Boeing 747” della compagnia
saudita Saudia Airlines e agli “Antonov 12” della compagnia Ukraine Air
Alliance, che hanno fatto la spola tra l’aeroporto pugliese e quello di Bangui.
Dopo i farmaci e il cibo, per l’Italia e l’Ue arriva l’ora d’intervenire
nell’inferno centrafricano con i blindati e i parà.