CLAUDIA AZZOLA
ACQUA
Non
tormentate l’acqua delle campagne
che non sarà torrente,
solo acqua del campo, pelle del seme,
pelle di animali, anche dell’istrice,
miraggio della libellula lacustre,
non ferite acqua-vena,
acqua che brilla tra odori,
acqua-fiore- pane-mangiare,
quando tutto vacilla in un’epoca
storta; mi stendo pacificante
dove la sete è ombrosa, a lume di fosso,
peso meno di tutte le mie molecole,
di tre milioni di anni di concrezioni;
fui acqua del barone, del vescovo-feudatario,
di qualsiasi uomo violento, attivo, spezzato,
perennemente alla cerca di preda,
ma non sono acqua-nazione,
acqua della carrucola,
della forza di trazione del braccio;
non tormentate con l’uso insensibile,
anch’io mi spavento al latrato dei cani,
non scorticatemi viva
nei miei fragili insondabili nervi,
non smaterializzate la mia sostanza
simbolica, di ninfa che s’accasò in me,
me risonante, me stagnante, me fossile
libertaria come animali già stati e che sono.
Per una alleanza sull’acqua.
di Emilio Molinari
La ripubblicizzazione
dei servizi idrici si è arenata in un vicolo cieco. A tre anni dal referendum solo
Napoli ha trasformato il servizio da SPA in house ad azienda speciale.
I successi del movimento stanno:
nell’aver fermato la Multiutility
del Nord, respinto a Cremona il tentativo di far entrare i privati nella
gestione in house, impedito ad ACEA di vendere altre quote, scorporato l’acqua
a Trento e si spera anche a Reggio Emilia e aperto una discussione in Toscana con
alcuni sindaci sullo scorporo da Acea....
L’ostilità dei governi e l’attacco
allo stesso referendum erano scontati. Ma ciò non spiega il perché del vicolo
cieco in cui si è arenato il movimento. Credo sia tempo di rivedere
criticamente, non il contenuto della ripubblicizzazione in se, ma la strategia con
la quale è stato perseguito, improntata al rigido spartiacque della coerenza al
vincolo quasi ideologico dell’eliminazione
delle SPA in house. Prescindendo dalla realtà, dai rapporti di forza, dalla
capacità di farsi capire dalla gente, dai limiti stessi presenti nel risultato
referendario che, al di la della volontà degli elettori, di certo è che fermava
l’obbligatorietà all’ingresso dei privati.
Non c’è stato un percorso,
dove accumulare forze, con tappe e obbiettivi intermedi da cui ripartire con le
alleanze possibili.
Anzi, alla rigidità è stata aggiunta una campagna
sulla “obbedienza civile”con relativa autoriduzione delle tariffe, che non
poteva che arenarsi.
In questa visione, oggettivamente tutti i Comuni, tutti i sindaci e tutte le aziende in house non
potevano che diventare avversari da
attaccare. E il movimento connotarsi come parte di un fronte di sacrosante “resistenze”
territoriali, ( No Tav, No Mose, No Expo, No dal Molin, No al gasificatore,No
alla precarietà, No agli sgomberi delle case, ecc…) tenuto assieme da un involucro
politico/ideologico “ il fronte antagonista dei beni comuni” . Uno recinto, nel
quale le ragioni dell’acqua, la novità della sua cultura inclusiva, si sono perse
assieme all’anima universale, il linguaggio popolare, la capacità di dare
passione a tanti e costruire ampie adesioni e alleanze.
Da qui l’impantanamento tra
radicalità e interpretazioni giuridiche, localismi, attività sindacali sulla
tariffa, ricorsi ai tribunali.
Facciamo una pausa di riflessione per ripartire.
Proviamo a pensare come
nostri interlocutori e possibili alleati tutti quei Comuni e (perché no) anche
a quelle aziende in house, che resistono ancora all’ingresso dei privati o
quelle che vorrebbero disfarsi dei privati.
C’è una relazione profonda
tra la volontà di privatizzare i servizi pubblici locali e quella di svuotare
d’ogni ruolo e credibilità i Comuni, che
dovrebbe avvicinare le due condizioni. L’alleanza non sarebbe solo una opportunità,
ma una strategia politica da perseguire.
Oggi tutte le istituzioni
sono sotto attacco e i Comuni sono la
prima linea. Vincoli economici, soppressione/privatizzazione,
Sblocca Italia, ne sono l’espressione.
E sono in prima linea a
reggere l’urto dei cittadini arrabbiati per la decadenza e la soppressione dei
servizi, il degrado del territorio.
La sottrazione di sovranità
alle istituzioni ad ogni livello è la politica di questo nostro tempo. Dalla troika
al trattato USA – UE si va prefigurando un nuovo ordine mondiale che
privatizza la politica e la trasferisce alle sedi finanziarie e ai tribunali arbitrari delle Multinazionali.
Leggete un po’ la politica di Renzi come anticipazione di questo nuovo ordine.
Un esempio sono gli
organismi extraistituzionali sull'acqua.
Le multinazionali sono
diventate soggetti decisionali e attori ufficiali della “Governance”, termine
che oggi sostituisce i “Governi politici e rappresentativi.”
Il Consiglio Mondiale
dell'acqua, partecipato dall'ONU è presieduto da SUEZ e VEOLIA ( a loro volta
controllate da Goldman Sachs).
Il CEO Water Mandate, delegato
dall'ONU, con più di 100 aziende multinazionali di tutti i comparti produttive,
impegnate ad assicurare acqua alle loro produzioni.
Da una parte c’è lo
svuotamento delle istituzioni e dall’altra la mercificazione dei beni comuni, di
tutta l’acqua, da quotare in Borsa e istituzionalizzare la compra vendita dei
diritti al suo sfruttamento.
Negli USA – Canada – Cile –
Australia, la compravendita dei diritti allo sfruttamento dell’acqua è già
operante e per darne una idea un magnate texano
ha comprato un lago in Alaska e lo rivende all'Arabia Saudita e alla
Cina.
In Cile, l'acqua dei fiumi è
lottizzata e venduta all'asta e la concessione ha la priorità sui bisogni
essenziali degli abitanti del luogo. Il Water grabbing è la realtà di tutta
l’Africa
Nella Detroit della crisi dell'auto, 90000 persone
sono private dall'accesso all'acqua perché indigenti.
In EXPO, è la multinazionale Barilla
a lanciare un Protocollo Mondiale sull'alimentazione e la politica e
l’associazionismo corrono ad aderivi, ribaltando ogni ruolo. A Nestlè viene
delegata la piazza tematica dell’acqua mentre l’acqua pubblica di Milano viene
esclusa.
C’è un contesto che correre verso il suicidio idrico.
15 milioni di persone all’anno si devono spostare nel
mondo solo per effetto di scelte tecnologiche inerenti all’acqua.
Alla domanda di acqua del 2030, verrà a mancare il
40%;
Il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città e la
metà degli abitanti dei grandi Centri vivrà in baraccopoli, con problemi
d'acqua potabile, servizi igienici, smaltimento dei rifiuti e reti energetiche.
E’ una realtà che scarica sui
Comuni e le aree metropolitane tutti i drammatici problemi di questo secolo, al
contempo privandoli di ruolo, di poteri e di risorse.
La corruzione e l’impotenza
screditano la politica e le istituzioni, dall’ONU in giù, fino ai Comuni e
cresce nei movimenti l’idea di combatterle, lasciarle affondare poi si vedrà.
Ma il nostro compito è altro. E’ quello, di riconquistarle in quanto
istituzioni, alla politica, al bene pubblico, alla fiscalità generale per le opere e i servizi di interesse generale.
Difendendone il ruolo con la stessa volontà con la quale difendiamo la Costituzione.
Ecco, ripartire dall’acqua con
i Comuni che vogliono ritrovare l’orgoglio e la volontà di “disobbedire” e non
solo sui diritti civili.
Ripartire per mettere in
sicurezza l’acqua potabile e i servizi pubblici come la raccolta dei rifiuti.
Per affermare il diritto
all’acqua potabile e ai servizi sanitari.
Per costruire una rete di
Città dell’acqua ( water policy), ma anche di imprese pubbliche e in house, che
si muovano con in testa la visione di quale città progettare. Non con
l’anarchia dei costruttori, ma con i cittadini, il territorio agricolo e
l’acqua circostante. Con i contadini veri con i loro prodotti ( food policy). Una
rete che in Italia e in Europa sia in grado di fare politica. Soggetti, capaci
di strappare ai governi leggi e direttive.
Per rimuovere assieme gli
ostacoli alla riappropriazione delle quote delle SPA in mano ai privati : A2A ACEA
IREN HERA.
Per promuovere incontri tra
sindaci di tutto il mondo affinché l’ONU concretizzi quella che è stata una
grande vittoria del movimento: la
risoluzione del 2010 con la quale l’acqua potabile e i servizi igienici, sono
diventati un diritto umano.
Per costituzionalizzare il
diritto all’acqua e promuovere Protocolli, Trattati e organismi internazionali
politici, garanti del diritto all’acqua e non del suo commercio, che fissino
regole, principi, quantità e ne sanzionino le violazioni.
Per impedire la formazione di
grandi multiutility nazionali e quotate in borsa.
Per dotarsi di una Carta dell’acqua, nella quale gli aderenti si impegnano a:
- Promuovere l’acqua pubblica
del proprio acquedotto.
- Promuovere la cultura del
diritto all’acqua.
- Fuoriuscire dalla logica
della tariffa, garantendo il diritto ai 50 litri al giorno per
ogni persona e il risparmio con una tariffa progressiva.
- Non togliere l’acqua a
nessun cittadino o immigrato, Rhom o baraccato.
- Dare vita ad un fondo con
le imprese, per progetti nel Sud del mondo attraverso partenariati pubblico/pubblico.
Il movimento dell’acqua ha
indicato a tutti un qualcosa di straordinariamente nuovo.
Qualcosa da cui partire non solo
per realizzare gli obiettivi in se, ma per riprendere a ragionare sul nostro
tempo, sulla necessità di una nuova visione della politica e dei movimenti con
al centro i diritti universali.
L’abbozzo per trovare la
strada perduta da una politica agonizzante e per chiamarla a salvarsi e a
salvare la democrazia.
SALVIAMO LA MADRE ACQUA
di Alex Zanotelli
Con questo scritto
padre Alex Zanotelli ci sprona a riprendere la battaglia
per l’acqua
pubblica, contro i farabutti che vogliono vanificare la grande
vittoria del
Referendum del Giugno 2011.
“Tra i tanti
processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso
all’acqua è il più criminale,” ha scritto l’attivista Roberto Lessio nel suo libro
All’ombra dell’acqua.
“Un progetto folle a cui possono credere solo persone
profondamente malate , ammalate del nulla”. E in questo paese sono tante le
persone ‘ammalate del nulla’, che spingono di nuovo l’Italia verso la
privatizzazione dell’acqua. E questo nonostante il referendum (11-12 giugno
2011), quando 26 milioni di italiani hanno sancito che l’acqua deve essere
tolta dal mercato e che non si può fare profitto su un bene così fondamentale .
A tutt’oggi il parlamento italiano è stato incapace di
rispondere a questa decisione popolare con un’appropriata legislazione. Eppure
lo scorso anno duecento deputati hanno preparato un disegno di legge che non si
riesce a far discutere in parlamento. La ragione è che il governo Renzi sta perseguendo
una devastante politica di privatizzazioni. Con “Sblocca Italia” e la “Legge di
Stabilità”, Renzi offrirà incentivi agli enti locali che privatizzano i servizi
pubblici. È il tradimento del Referendum.
Il governatore della Campania Caldoro ha fiutato bene
questo clima e il 31 luglio ha fatto votare al Consiglio regionale la
finanziaria con due maxi-emendamenti: uno, sul condono edilizio e l’altro sulla
privatizzazione dell’acqua. La Regione Campania affida così alle società
operanti sul territorio, soprattutto alla Gori, non solo la gestione e
distribuzione dell’acqua, ma anche la captazione e l’adduzione alla fonte. Per
di più Caldoro ha deciso di costituire presso la giunta una Struttura di
missione con grandi poteri sulla gestione dei servizi idrici, togliendoli agli
enti locali.
Abbiamo reagito con forza come comitati acqua della
Campania con una vivace campagna mediatica. Anche il governo ha impugnato il
maxi-emendamento perché in contrasto con i principi fondamentali della
legislazione statale in materia. “Troveremo un’intesa con il governo”, ha replicato
Caldoro, che è deciso a procedere sulla via della privatizzazione. Tutto questo mette in pericolo l’Abc (Acqua
Bene Comune) di Napoli, un comune che è passato da una gestione Spa ad
un’Azienda Speciale, uno strumento che non permette di fare profitti.
Napoli è l’unica grande città in Italia che ha obbedito
al referendum ed ha dimostrato che si possono gestire i servizi idrici con
un’Azienda Speciale. L’errore del sindaco De Magistris è stato che, nonostante
le pressioni dei comitati, non ha “messo in sicurezza l’Abc”. Così anche
l’acqua di Napoli potrebbe capitolare alla spinta privatizzatrice di Caldoro. A
raccogliere i frutti di questa operazione di Caldoro sarà l’Acea (Roma) di
Caltagirone che si sta espandendo in Toscana e ora tenta di prendersi l’acqua
del Meridione. L’Acea detiene il 37% delle azioni della Gori, che ha una
gestione molto contestata di 76 comuni dell’area vesuviana.
Al Nord sono in atto le stesse manovre di unificazione
fra Iren (Torino-Genova) e A2a (Milano Brescia) a cui guarda con interesse Hera
(Emilia Romagna). Rischiamo così di avere una grande multiutility, che gestirà
l’acqua del Nord. Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è di una
gravità estrema. È la negazione del Referendum. Davanti a questo scenario, mi
viene spontaneo chiedermi: “Dov’è il grande movimento dell’acqua? Dove sono i
26 milioni di italiani che tre anni fa hanno votato per la ri-pubblicizzazione
dell’acqua? Ma soprattutto dov’è la chiesa italiana, le chiese, le comunità
cristiane su un tema così fondamentale come l’acqua, la Madre di tutta la vita
sul pianeta Terra?”. La chiesa si batte contro l’aborto, l’eutanasia e la pena
di morte in nome del ‘Vangelo della Vita’, così deve oggi battersi per il
diritto all’acqua come ‘diritto alla vita’ come afferma la teologa americana
Christiana Peppard nel suo volume Just Water.
È questo il tempo opportuno per credenti e non, per
riprendere con forza l’impegno per proclamare l’acqua diritto fondamentale
umano. Per questo chiedo a tutto il movimento per l’acqua pubblica di
ricompattarsi e di rimettersi insieme sia a livello locale, regionale,
nazionale ed europeo. Mettiamo da parte rancori e scontri e continuiamo a
camminare insieme! A livello regionale dobbiamo contrastare la spinta alla
privatizzazione dell’acqua e opporci alle multiutilities.
A livello nazionale, dobbiamo fare pressione sul
parlamento italiano perché discuta subito la Legge sull’acqua, firmata da
duecento parlamentari. E’ possibile che il movimento Acqua del Lazio si impegni
a dei “sit-in” davanti a Montecitorio? Dobbiamo batterci contro le politiche
del Governo Renzi contenute in “Sblocca
Italia” e nella “Legge di Stabilità”, che spingeranno i Comuni a
privatizzare i servizi pubblici.
A livello europeo, dobbiamo fare pressione sui
parlamentari a Bruxelles, perché boccino il “Piano Acqua Europa 2027”, noto
come “Water Blueprint” e contestino la Commissione Europea che si è rifiutata
di prendere in considerazione l’iniziativa dell’Ice (Iniziativa dei cittadini
europei) sull’acqua ,che ha ottenuto oltre un milione e mezzo di firme in sette
paesi.
A livello internazionale continuiamo a sostenere come
movimento Acqua, il vasto movimento contro il T-Tip (Partenariato
Transatlantico per gli Investimenti e il Commercio tra Usa e Ue) e il Tisa
(Trattato sui servizi pubblici sotto
l’egida della Wto), che spingono verso la privatizzazione di tutti i servizi
pubblici.
Infine, in un momento così grave, chiediamo alla
Conferenza Episcopale Italiana (Cei) di dichiarare che l’acqua è un diritto
fondamentale, invitando tutte le comunità cristiane a impegnarsi a fianco del
movimento per l’Acqua pubblica in Italia e a scrivere una lettera come quella
del vescovo cileno Luis Infanti della
Mora: “Dacci oggi la nostra Acqua
Quotidiana”.
“La crescente politica di privatizzazione è moralmente
inaccettabile, scrive il vescovo Luis Infanti (che con il suo popolo ha
impedito che l’Enel costruisse 5 dighe
in Patagonia), quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come
l’acqua, creando una nuova categoria: gli esclusi! Alcune multinazionali che
cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e soprattutto dell’acqua,
possono essere legalmente padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non
sono eticamente proprietarie di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità.
È un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo
sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia
quella umana, i più poveri in particolare”.