Pagine

sabato 7 febbraio 2015

ODISSEA E LA VISIONE URBANA                                                                                                 
Continua il dibattito di “Odissea” sull’uso della città e i suoi arredi
Risponde OTTAVIO ROSSANI


1.È opinione comune che a Milano, come del resto in molte città italiane grandi e piccole, a partire dagli anni Settanta del Novecento, sono stati realizzati una serie di manufatti urbani ibridi piuttosto discutibili, ed inseriti in contesti non pertinenti o assolutamente dissonanti. Mi riferisco in particolare alle “capannette scheletriche” realizzate da Gae Aulenti in Piazzale Cadorna, che dovrebbero dare l’idea di un Foro, ma di cui quasi nessuno capisce il senso e la funzione; ai tubi attorcigliati dello svedese Claes Oldenburg (che simboleggiano un gigantesco ago, metafora del lavoro artigianale) nello stesso luogo, che non si capisce cosa ci facciano lì, a pochi passi dal Castello Sforzesco. Qual è la sua opinione in merito?
È vero. Molte volte a Milano sono state “apposte” in piazze e strade elementi di arredo urbano che avrebbero voluto essere opere artistiche, e in realtà si sono rivelate scempi del paesaggio. Credo che non ci debba porre il dilemma se il nuovo sia artistico o adeguato all’ambiente. Le opere di abbellimento, di arredo, di ornamento o sono arte o non lo sono. Credo che l’arte si riveli da sé, come del resto la musica o  la poesia. È logico che se si vuole adornare un ambiente urbano si deve commissionare l’opera a un artista contemporaneo (o semplicemente a un artigiano). Purtroppo non c’è mai la garanzia che tale opera sia veramente arte o un tentativo non riuscito. L’arredo di piazza Cadorna a firma di Gae Aulenti in effetti sembra opera mal riuscita. Rispetto all’ambiente si sente una certa stonatura. Anche se l’ago e filo di Oldenburg come idea non era male. Diverge forse l’imponenza dei due manufatti? Chissà. Resta il dubbio che magari ci vuole tempo all’occhio dell’uomo per abituarsi al nuovo, e perfino al brutto. Certo, mi è capitato spesso di vedere opere contemporanee arredare angoli e piazze di Parigi che ben si allineano alle targhe belle epoque della metropolitana. Il Beaubourg, modernissimo, si è subito amalgamato all’ambiente circostante di architettura sette/ottocentesca. Capacità creativa? Forse chi lavora per Parigi è più ispirato? Il dubbio rimane.
2.Definito da più parti particolarmente invasivo rispetto al piccolo slargo che lo contiene (di per sé alquanto armonico), il monumento alla memoria dell’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini di Aldo Rossi in via Croce Rossa (fermata Montenapoleone della Metropolitana Gialla linea 3), appare in effetti completamente decontestualizzato e dissonante, tanto che il giornale “Odissea” ne ha suggerito la rimozione per rimontarlo in un contesto più coerente, e di creare al suo posto un’aiuola fiorita da affidare alle cure dell’Emporio Armani che si affaccia sulla piazzetta. Come giudica lei quest’idea?
Il suggerimento potrebbe anche essere buono. Ma mi sembra riduttivo per caratterizzare la piazzetta. Il monumento a Pertini è effettivamente molto semplice, in forma di parallelepipedo, anche incomprensibile nella sua simbologia: alcuni scalini, leggera prospettiva, linee diritte. Eppure la sua concezione modernissima pur stridendo si adagia con morbidezza nello spazio e attira lo sguardo sorpreso del passante, che si chiede che cosa è, che cosa significa. Poi quando si conosce il senso, ci si abitua presto a unificare il monumento fisico al suo valore simbolico di rettitudine, senso dello Stato, rispetto del diritto, passione e fermezza, e speranza nei giovani dell’uomo che deve celebrare. Non lo sposterei altrove.
3.L’architetto e urbanista Jacopo Gardella in un lungo e documentato saggio pubblicato di recente su “Odissea” nella Rubrica “La Carboneria” (www.libertariam.blogspot.it), accusa principalmente amministratori pubblici e istituzioni, di quella che lui chiama “una mancata idea di città”. L’assenza di regole certe e buone per un sano governo del territorio e la sua progettualità (che da amministratori e istituzioni dovrebbero derivare), ha prodotto il caos urbano, le speculazioni e le incoerenti e dannose realizzazioni che oggi ci ritroviamo sotto gli occhi. “Colpevoli i politici e gli amministratori pubblici, ma altrettanto colpevoli i committenti ed i finanziatori privati”,  scrive Gardella. E come dargli torto? Se si guarda a quello che è successo sui terreni dell’ex Fiera Campionaria con“City Life”, sull’area di Porta Garibaldi, ecc., si rimane sconcertati. Questo delirio di grattacieli incoerenti, storti e storpi, spuntati dal nulla e senza uno straccio di progettualità complessiva, rende quei luoghi artificiali, privi di anima. Ci si è illusi che un supermercato (seppure bello vasto) interrato sotto Piazza Gae Aulenti, bastasse ad animare il luogo. È vero, i grattacieli funzionano come una calamita visiva attirando l’attenzione di chi transita da quelle parti, ma appaiono come corpi separati, luoghi blindati; mentre la Stazione ferroviaria, vale a dire il nodo strategico dell’area, ha perso ogni centralità, è divenuta marginale. Lei che opinione se ne è fatta? 
Io penso che i grattacieli in sé non sono una iattura. Devo anche dire che quelli realizzati attorno a Porta Garibaldi non sono brutti. Anzi, comunicano un senso di dinamismo continuo, non solo verso l’alto. Certamente, va sottolineato il disinteresse mostrato dal Comune a imbrigliare i nuovi grattacieli in una dimensione urbana più articolata e completa di servizi per i cittadini. Ma questa è una pecca che le amministrazioni comunali si portano addosso sin dalla Giunta Formentini, che pomposamente ha archiviato l’epoca della “Milano da bere” tanto vituperata, che però aveva uno spirito milanese, al di là di corruzioni e stramberie. Negli ultimi anni Milano è stata stravolta nella viabilità, con restringimenti dei vialoni che la caratterizzavano a vantaggio di posti auto a pagamento che hanno impoverito le visuali e il verde. Ed è stata soprattutto impoverita di spazi verdi. Certo, gli spazi sono stati tirannizzati dalle speculazioni. Non è stato quindi un valido lavoro per la scrittura della nuova identità di Milano, che risulta appunto un po’ ibrida. Ma ancora si potrebbe anche riparare qualcosa, se si volesse mettere mano a un progetto di razionalizzazione degli spazi rimasti. Completare il percorso di piste ciclabili, per evitare che i ciclisti invadano i marciapiedi, come ora fanno, senza che un vigile intervenga per multare gli abusivi che non rispettano le regole di circolazione in città. Ma come possono rispettarle, se i primi a pedalare sui marciapiedi sono i vigili urbani?
4. Se dovesse eliminare uno dei tanti controversi manufatti presenti in città, quale eliminerebbe subito e perché?
Nessuno. Cercherei di approntare attorno ad essi la più adeguata ambientazione circostante con supporti di strade decorate e un po’ di verde (aiuole o alberi) dove ancora possibile.