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venerdì 31 luglio 2015

DÈI, RELIGIONE E GUERRA
di Angelo Gaccione


Un dato è incontrovertibile: che si prendano in mano i poemi di Omero, la “Teogonia” di Esiodo, la “Biblioteca” di Apollodoro, gli scritti di Eschilo e di Pindaro, o si vanno a considerare i miti precedenti della tradizione orientale - per esempio il mito ittita di Ullikummi - la nascita degli dèi e l’Olimpo, si fondano sulla guerra e sullo sterminio. La guerra spietata che li vede contrapposti per il dominio e la supremazia, non si esaurirà con il conseguimento dello scettro e il ristabilimento della gerarchia dell’ordine divino imposto da Zeus. Tutte le vicende, sia olimpiche che terrene, vedranno gli dèi in una ininterrotta contesa armata diretta, o attraverso i cosiddetti eroi mortali e terreni, fomentando fra costoro discordie, rivalità, guerre, e ogni sorta di mostruosità. L’Olimpo non nasce né pacifico né tollerante, e tanto meno la religione che ne discenderà; e pacifici e tolleranti non lo saranno gli uomini sulla terra. 
C’è conflitto in Cielo come c’è conflitto in Terra. Sono dèi spietati ed esigenti dotati delle stesse passioni umane e dei peggiori difetti. Richiedono continui sacrifici umani; sgozzamenti ai piedi dei loro altari e dentro i loro templi, pretesi addirittura dalla mano amorevole degli stessi padri costretti a sgozzare figli innocenti; ecatombe di poveri animali inconsapevoli della follia e del fanatismo religioso degli uomini delle società antiche. Misere creature immolate in un disgustoso bagno di sangue. Riconsiderate sotto l’aspetto criminale della guerra e dei sacrifici umani e animali, quelle società, con l’impianto religioso che le sorregge, appaiono disgustose, feroci,  fanatiche, vendicative. L’esaltazione mitica dei cosiddetti eroi, celebra in realtà una genia di portatori di morte, sadici ed efferati, che non ha nulla a che fare con la pietà. Basta analizzare gli episodi salienti dei conflitti e il comportamento dei singoli eroi, per rendersi conto del loro odioso modo di procedere. Non ci si ferma neppure davanti agli infanti ancora in fasce, messi a morte senza scrupolo alcuno; straziati nel corpo e mutilati nel più bieco dei modi. Né davanti agli anziani indifesi e senza forze. Gli stupri sulle donne inermi sono diffusissimi e si arriva persino ad impedire la sepoltura dei cadaveri, lasciati all’oltraggio e alla voracità delle fiere. Vista dall’ottica delle vittime innocenti, l’epica omerica è barbara e feroce come tutte le guerre; e come tutte le guerre rivelano la loro criminale follia. Con un aggravante in più: il coinvolgimento dell’Olimpo e di una religione altrettanto spietata che le giustifica. I poemi omerici e quelli degli scrittori successivi, non sono soltanto alta poesia, sono soprattutto un ammasso spaventoso di carneficine perpetrate con il contributo e il consenso degli dèi. L’abilità poetica dei cantori può rendere tutto più scintillante, ma il sangue resta sangue. 

giovedì 30 luglio 2015

Deforestare per Knorr, Algida e Carte D’Or? NO GRAZIE!
I gorilla della foresta di Cross River rischiano l'estinzione
di Salviamo la foresta


Germany. In Nigeria, il gigante dell’olio di palma Wilmar distrugge le foreste e la biodiversità, persino nelle zone protette. Esigiamo che Unilever, la multinazionale che commercializza marchi come Knorr, Algida e Carte D’Or non compri olio di palma da Wilmar. La disperazione lascia il posto alla rabbia tra gli abitanti della regione di Cross River, in Nigeria. “La Wilmar ha firmato la nostra condanna a morte, prendendosi le nostre terre”, esulta il capo villaggio Aning Oja . Qui, la terra veniva coltivata per garantire il necessario per la sussistenza. Ora molti sono in miseria. Difensori dei diritti umani stimano che siano almeno 20.000 le persone che soffrono per la presenza della Wilmar in Nigeria. L'azienda, che non ha realizzato una consulta previa e non ha mantenuto le promesse, "distrugge la vita delle persone con i bulldozer" afferma Godwin Ojo  di Environmental Rights Action. L'organizzazione ha pubblicato uno studio che documenta l’operato della Wilmar in Nigeria. Le immagini satellitari mostrano che a partire dal 2011, tutte le concessioni nelle quali Wilmar opera sono sempre più deforestate. Il produttore di olio di palma vuole chiaramente implementare piantagioni all'interno del Parco Nazionale del Cross River e Forest Reserve Ekinta. Le foreste del Cross River ospitano una notevole biodiversità composta da scimpanzé e gorilla delle pianure occidentali, una specie fortemente minacciata di primati che consta di soli 300 esemplari. Leopardi, leoni e tartarughe sono scomparsi dalla zona, secondo gli abitanti locali. Antilopi ed istrici potrebbero presto scomparire.
INFOR­MAZIONI
La Wilmar ha un cliente importante: la Unilever. La multinazionale agroalimentare che in Italia commercializza marchi come Knorr, Algida, Carte D’Or, Dove e altri. Riteniamo che i suoi clienti debbano essere informati rispetto alla provenienza dell'olio di palma usato da Unilever. Esigiamo che la Wilmar si astenga dal deforestare e che Unilever smetta di comprare olio di palma da Wilmar. Unitevi alla nostra petizione che troverete in Rete.


PIANETA A RISCHIO
di Oli MacColl

Il cambiamento climatico sta devastando il nostro Pianeta, gli scienziati sono ormai letteralmente alle lacrime. Ma tra 4 mesi esatti ci sarà il vertice sul clima più importante della nostra generazione: se riempiremo le piazze di tutto il mondo con la più grande mobilitazione della storia, potremo convincere tutti i capi di governo a mettere fine per sempre all’era dei combustibili fossili. 

Aumentano le inondazioni

Cari avaaziani,
Un’importante scienziata è scoppiata a piangere in diretta, durante un’intervista. Stava descrivendo un futuro in cui i suoi amati oceani saranno devastati per sempre. Ma se questo incubo diventerà realtà o meno, saremo noi a deciderlo. Il vertice sul clima più importante della nostra generazione è tra 4 mesi esatti, e lì i capi di stato potrebbero trovare finalmente un accordo rivoluzionario per dire basta, per sempre, ai combustibili fossili. Questo accordo può salvarci dalla catastrofe climatica e far capire a politici, multinazionali e borse di tutto il mondo che l’era delle energie inquinanti è finita. Vincere non sarà facile. Ma se dimostriamo ai governi del Pianeta la forza del movimento contro il cambiamento climatico, allora potremo farcela. L’anno scorso, la nostra comunità ha contribuito a creare la Marcia Globale per il Clima, la più grande mobilitazione per il clima della storia. Quest’anno, il 29 novembre, poche ore prima del vertice di Parigi, dobbiamo fare qualcosa di ancora più grande. Clicca qui per dire “sì, ci voglio essere” alla Marcia Globale per il Clima di quest’anno e ti aggiorneremo man mano sugli eventi organizzati nella tua città o regione:
https://secure.avaaz.org/it/save_the_date_loc/?bhvKTcb&v=62571
Parigi non sarà l’ultima delle battaglie per fermare il cambiamento climatico, ma ci sono motivi sufficienti per sperare che diventi una tappa fondamentale per superare la fase di stallo attuale: il Papa ha appena chiesto di fare sul serio, gli Stati del G7 si sono impegnati ad abbandonare i combustibili fossili e le energie rinnovabili costano sempre di meno. E in tutto il mondo il movimento per il clima sta vincendo molte battaglie, obbligando i politici a tenerlo in considerazione, e facendo crollare gli investimenti nelle energie inquinanti. La tecnologia per iniziare la rivoluzione “pulita” ce l’abbiamo già, ed è con questa tecnologia che possiamo cambiare rotta ed evitare una catastrofe climatica. Ma i nostri leader si piegano da anni agli interessi delle multinazionali, e c’è il rischio che continuino a farlo se non dimostreremo che tutto il mondo è determinato a combattere per dare un futuro al Pianeta. Il nostro movimento, formato ormai da 42 milioni di persone, è nato per queste lotte! Le marce per il clima in tutto il mondo l’anno scorso hanno fatto capire alla politica che sta arrivando una nuova era. Ora, con una mobilitazione gigante per Parigi, insieme a migliaia di altri eventi in tutte le città del mondo, dobbiamo dimostrare che non lasceremo che gli interessi sui combustibili fossili vengano prima del futuro della nostra specie. Clicca qui sotto per dire che ci vuoi essere! CI SARÒ

https://secure.avaaz.org/it/save_the_date_loc/?bhvKTcb&v=62571

Oppure, se fai parte di un’organizzazione interessata a partecipare, clicca qui per metterti in contatto con Avaaz e collaborare con noi per rendere ancora più bella e decisiva questa mobilitazione in tutto il mondo:
https://secure.avaaz.org/it/pcm_2015_org_sign_on/
Con speranza e gratitudine,
Oli, Morgan, Ricken, Iain, Emma, Ari
e tutto il team di Avaaz 

I ghiacciai si sciolgono

MAGGIORI INFORMAZIONI
Non ci sarà nessun piano B se Parigi fallirà (Consulta Europa)
http://www.consulta-europa.com/IT/NEWS/news98?print 
Apple, Google e Microsoft, impegno per il clima (Macitynet)
http://www.macitynet.it/apple-google-microsoft-le-societa-si-impegneranno-clima/ 
Papa a sindaci: così si distrugge il pianeta (ANSA)
http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/07/21/papa-a-sindaci-prendere-coscienza-distruzione-pianeta_d6b0fa55-6d3d-40f5-bc71-3f26f6b43b08.html
Clima, un milione in marcia nel mondo (Corriere della Sera)

http://www.corriere.it/foto-gallery/ambiente/14_settembre_21/clima-milione-marcia-mondo-63c9949a-419a-11e4-a55b-96aa9d987f34.shtml

mercoledì 29 luglio 2015

Sebastiano Vassalli. Non è vero che il nulla sia nulla
di Giovanni Bianchi

La rivista “Pianura” e Sebastiano Vassalli in un ricordo di Giovanni Bianchi
Sebastiano vassalli

"Pianura"
Un'amicizia che risale alla metà degli anni Settanta è indubbiamente una lunga amicizia. Anche vasta, perché si tratta di un'amicizia di gruppo: quello della rivista "Pianura". Le date sfumano e non hanno davvero importanza quando si tratta di uno scrittore vero e incredibilmente disarmato come Sebastiano Vassalli. A tirare il gruppo erano Sebastiano, Adriano Accattino, Raffaele Perrotta. Un terzetto più affiatato e diverso non si sarebbe potuto immaginare. A partire da Sebastiano, che mostrava per l'impresa tutto il disinteresse possibile, eppure ci ospitava per le riunioni nella sua casa di Novara, provvedendo ad annaffiarle con bottiglie di bonarda. Probabilmente, forse mai, nella mia non più breve esistenza, mi è capitato di incontrare un connubio così stretto tra disincanto e passione. Come se le due cose stessero insieme in armonia davvero sponsale e fossero fatte l'uno per l’altra. Per questo mi apparivano simbolo vivente di Sebastiano Vassalli.
Sicuro di sé ed autoironico, quasi un leader dissimulato. In grado perfino di mediare in quella trinità così assortita che vedeva accanto a lui Adriano Accattino di Ivrea, uno –l'ho già scritto– che fa di professione il commercialista, si occupa di pittura istantanea e poesia visiva, e ha compitato pagine di una saggistica assolutamente profonda, assolutamente accattivante, fuori da tutti gli schemi.
Sebastiano aveva un volto antico e scolpito nell'antropologia delle vaste pianure. I capelli e il tono della voce che, chissà perché, mi rimandavano all'amatissimo Dino Campana, su cui ha scritto il romanzo più bello.
A completare il terzetto Raffaele Perrotta. Coltissimo (senza nasconderlo), dolcissimo e insieme professorale, che quando emigrò in Australia a insegnare italianistica mi scriveva da Sidney: "Ho mal d'anima".
C'era anche Mussapi, il poeta, e tutta una serie di altri richiamati dalla calamita letteraria dai quattro punti cardinali. Ovviamente anche dal Mezzogiorno, dove le Muse sono più corteggiate che da noi, e quindi non hanno bisogno di vezzi da sciantosa.
"Pianura" pubblicò qualche numero, come accade a tutte le riviste riuscite. Si dovette rifare la copertina del primo per una imprevista discussione sulla grafica. Ma ha lasciato il segno. Perché questo è il destino delle riviste: raccogliere un gruppo che pensa di avere intenti letterari e insieme politici, consentire esperimenti e prove d'autore, sparire e chiudere, lasciando intorno figli naturali.
Sebastiano non era il più vecchio della compagnia, anzi, ma già lo avvertivamo come il più navigato, l'esperto. Gli conferiva quest'aura una precoce appartenenza al "gruppo 63". Così lo vivevamo come apripista e guru. Riservato a Raffaele Perrotta il ruolo di critico e professore. Il grande piemontese Accattino, financo un poco sabaudo, appariva il risolutore, il bomber incaricato di risolvere la situazione andando in pubblicazione piuttosto che in goal.
Ogni tanto Sebastiano mi chiamava "l'assessore" (ero presidente delle Acli regionali della Lombardia), ma con divertita simpatia.
Riuscimmo a mettere in piedi anche qualche convegno presso amici periferici e amatori d'arte, convegni che regolarmente includevano una parte conviviale. "Pianura" non mancava di umori materiali, e fu proprio Sebastiano Vassalli a estrarre da Rabelais un'invocazione che alludeva a un programma:
"Amo l'ortolano, perché ha un piede per terra e l'altro non molto lontano".

Giovanni Bianchi con Adriano Accattino

Un corpo a corpo con il nulla
C'era a mio avviso una modalità del credere in Sebastiano Vassalli che si esercitava a sua insaputa. Della cultura sessantottina condivideva senz'altro l'ansia di liberarsi del padre. Una figura addirittura esecrata e bistrattata. In una delle ultime interviste su "la Repubblica" lo definì, con un ritratto alla Ligabue, "Il Merda". Un modo per prendere congedo dai legami e dalle loro ipocrisie, che tuttavia, pur accompagnandosi a un'attitudine scorbutica, non lo sequestrò all'amicizia e agli affetti. Quel che lo interessava era la parte concava e nascosta della realtà. Quella faccia che non piace e che a lui piaceva indagare.
Si può guardare anche all'eden partendo dal serpente, senza esprimere per questo un giudizio affrettato sull’eden. Per questo mi aveva affascinato il suo primo libro pubblicato da Einaudi, Tempo di màssacro, con l’accento colto e opportuno al punto giusto. Vi avevo letto un ritorno al tempo di Machiavelli e alla sua tragica grandezza. In fondo Sebastiano non ha più mutato da allora il punto di vista. A questo è rimasto fedele con una fede, sempre nuda, e comunque accompagnata ogni volta da un nuovo corteo di ombre.
Il ritorno alla storia, alla ricerca dell'antropologia di questi italiani messi a vivere su una penisola troppo lunga e troppo bella, è stato l'itinerario fortunato ed eloquente (perfino magisteriale) di tutto il lavoro narrativo di Sebastiano Vassalli.
Non si scrive per pubblicare e per prendere parte in qualche modo alla Repubblica dei dotti. Si scrive per scavare, per capire, per autointerrogarsi, avendo chiaro che, neppure nella stagione della società liquida e della politica gassosa, la vigilanza della critica può essere manomessa e soprattutto l'autocritica non può venire ridotta, neppure dalle giovani e vincenti generazioni, a critica delle auto.
Ovviamente Sebastiano Vassalli non è stato il solo a subire il fascino e il risucchio del nulla. Già il Turoldo ermetico lo inseguiva e, non riuscendo neppure in questo caso a nascondere la sua fame di assoluto, lo scriveva maiuscolo nei primi versi.
Sebastiano il suo nulla (rigorosamente minuscolo) lo ha inseguito tutta una vita, abitando costantemente in campagne periferiche e buttandosi ogni volta in polemiche metropolitane, usando il sarcasmo a gogò sui giornali, e arrivando perfino a prendere le distanze da don Lorenzo Milani, probabilmente colpevole di ricaricare, con grande cultura semitica, la figura del padre, e soprattutto di un padre riuscito e innovatore.
Il nulla di Sebastiano Vassalli è dunque ogni volta accompagnato dal suo corteo di ombre. Ombre storiche. Ombre rese sanguigne, macerate o corpulente non importa. Sofferenti. Enigmatiche. Perché anche le ombre soffrono e costruiscono e risolvono enigmi esistenziali. Si tratti di Dino Campana o si tratti di una strega di nome Antonia.


Sebastiano le sue ombre le cercava soprattutto nella storia del Seicento italiano del Settecento. Le rivestiva di fantasmi credibili. (Hanno un'ombra propria anche i fantasmi?) A suo modo dunque credeva nel nulla. Per questo lo inseguiva e gli dava il gesto e le voci, non raramente esagerando. Ma ci sono pagine e c'è una letteratura di indagine che volutamente ignora la misura. E anche quando nel rush finale di una malattia troppo crudele e troppo veloce ha concluso i suoi giorni all'hospice non ha smesso di sorprendersi e di dirlo. Perché intorno all'odio aveva molto scritto. E adesso la cura e la bontà gli venivano incontro.
Perché i volti non sono mai fissati una volta per tutte in un'istantanea e neppure nel corso delle pagine di un corposo romanzo. E non è vero che la ricerca è inutile. Neppure per chi crede nel regno delle ombre, le cose non è detto si acquietino.
C'è sempre una svolta inattesa. Una sorpresa che lo fa arrabbiare. Neppure la rabbia è sempre triste. Così pure si danno lezioni di vita anche non volendolo. Come lezioni di scrittura. Come pure non c'è un galateo assegnato né per la pagina, né per la vita.
Con lui molti anni fa avevo condiviso una plaquette poetica dal titolo "belle lettere". E ricordo ancora come bonariamente mi canzonasse e insieme invidiasse scrivendomi: "Tu che credi ancora nella poesia".
E però anche lui non aveva mai ceduto all'idea moraviana che la parola dovesse farsi standard per inserirsi in prodotti commerciabili. Per Sebastiano Vassalli la Parola restava maiuscola, come nel Vangelo di Giovanni. La Parola sconfigge il nulla.


                                                                                



STUPIDO E CRIMINALE
Hanno esagerato. Ora referendum
di Luca Nicotra   

In poche settimane il Governo ha autorizzato 10 nuove folli trivellazioni, ma hanno esagerato e tra 24 ore 6 presidenti di regione si incontreranno per decidere se indire uno storico referendum nazionale per fermare le trivelle. Firma subito: FIRMA ORA

Cari avaaziani,

Il Governo Renzi è impazzito e in poche settimane ha approvato trivellazioni ovunque dall’Adriatico, al Mar Ionio, al Canale di Sicilia, con un pericolo enorme per ambiente e turismo.
Ma questa volta hanno esagerato. E sei presidenti di regione stanno decidendo in queste ore se indire un referendum nazionale che potrebbe fare la storia: mettere fine all’era delle trivelle esattamente come abbiamo fatto con il nucleare. Non perdiamo questa occasione storica.
Tra 24 ore i 6 presidenti saranno a Roma, dove il Governo farà di tutto per convincerli a fermarsi. Facciamoci trovare lì anche noi, con 100mila firme, le telecamere di tutta Italia e le bandiere di tutti i movimenti con un‘unica richiesta: basta rinvii, referendum subito per fermare le trivelle. Firma subito e condividi con tutti:

http://www.avaaz.org/it/italy_no_oil/?bhvKTcb&v=62449

Sono oltre 100mila ormai i chilometri quadrati dei nostri mari letteralmente regalati alle multinazionali petrolifere. Una politica senza senso: anche se estraessimo tutto il petrolio dai nostri mari, basterebbe per solo 8 settimane dei nostri consumi energetici!
Ma dopo che, poche settimane fa, oltre 60mila persone sono scese in piazza contro le trivelle, i presidenti di Abruzzo, Marche, Molise, Puglia, Calabria e Basilicata si sono incontrati venerdì scorso per discutere una proposta shock: un referendum per abolire la legge che ha permesso questa nuova corsa al petrolio, con trivellazioni anche a pochi chilometri dalla costa. In molti sono agguerriti, ma tocca ai cittadini spingerli a trovare un accordo definitivo sul referendum.
Tra 24 ore, a Roma, incontreranno il Governo. Facciamogli trovare  tutta l’Italia, con 100mile firme raccolte in poche ore, i media, e i movimenti delle loro regioni, di fronte ai quali si trovino costretti a dover annunciare forte e chiaro: Referendum. Affinché gli italiani possano dire uno storico “NO” alle trivelle, firma subito:

http://www.avaaz.org/it/italy_no_oil/?bhvKTcb&v=62449

La nostra comunità è in prima linea a livello mondiale nello spingere i governi verso una conversione al 100% di energie rinnovabili. Che protegga l’ambiente, e ci protegga dai disastri climatici sempre più frequenti. In Italia solo pochi mesi fa abbiamo convinto il Governo ad intervenire per tentare di bloccare le trivellazioni croate. Ora sono i nostri mari in pericolo, ma se convinciamo le regioni ad agire, possiamo davvero fare un pezzo di storia: l’Italia uno dei primi paesi al mondo senza trivelle.

Con speranza e determinazione,
Luca, Francesco, Riccardo, Luis, Danny
e tutto il team di Avaaz


ULTERIORI INFORMAZIONI

Stop trivelle, sei regioni pronte a referendum (ANSA)
http://www.ansa.it/mare/notizie/rubriche/ambienteepesca/2015/07/25/stop-trivelle-sei-regioni-pronte-a-referendum-_a8bf834e-4c8a-4b57-a068-a74a90bc54cb.html

60mila in marcia a Lanciano per dire "no" al petrolio (Il Centro)
http://ilcentro.gelocal.it/chieti/cronaca/2015/05/22/news/ombrina-l-abruzzo-si-ferma-per-dire-no-al-petrolio-1.11473323

Bandiera nera al premier Renzi (Legambiente)
http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/bandiera-nera-al-premier-renzi

Trivelle in mare, sei Regioni ribadiscono il no all'unanimità (La Gazzetta del Mezzogiorno)
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/homepage/trivelle-in-mare-sei-regioni-ribadiscono-il-no-all-unanimita-no835869

Referendum per bloccare le trivelle in mare (Pressenza)
http://www.pressenza.com/it/2015/07/no-triv-e-a-sud-alle-regioni-referendum-per-bloccare-le-trivelle-in-mare/

Tornano le trivellazioni in Emilia: venti nuove richieste di concessioni (Corriere della Sera)

http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/economia/2015/30-marzo-2015/tornano-trivellazioni-emilia-venti-nuove-richieste-concessioni-2301183197933.shtml
RENZI IL TRIVELLATORE
Fermare questo idiota


Ciao Angelo,
Greenpeace Italia in azione all'ombra della piattaforma Sarago Mare A per dire STOP TRIVELLE!
Ii nostri "turisti del petrolio" sono andati in vacanza a Civitanova Marche - all'ombra di una "romantica" piattaforma a soli 3 km dalla spiaggia - per lanciare un chiaro messaggio al Governo Renzi: STOP TRIVELLE. Il Governo ha infatti sferrato un attacco in piena regola ai litorali dell'Adriatico, dello Ionio, del Canale di Sicilia e della Sardegna... Ma noi staremo a guardare mentre si svende il mare ai petrolieri! Abbiamo già visto gli effetti devastanti degli incidenti petroliferi, dalla Exxon Valdez in Alaska alla Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. In un mare chiuso come il Mediterraneo, le conseguenze sarebbero ancora peggiori, anche perché in Italia il rischio di uno sversamento grave non è neppure contemplato nelle valutazioni di impatto ambientale.
Airgun, trivelle e piattaforme, oltre ad essere pericolosi a livello ambientale, non sono un progetto conveniente neanche per l'economia, l'occupazione e il turismo. Ma solo per il profitto di una manciata di aziende. Da qualsiasi punto di vista lo si guardi, il gioco non vale la candela.
Aiutaci a liberare il mare dalla minaccia del petrolio. Speriamo di averti al nostro fianco,
insieme possiamo ridare un futuro al nostro mare.
Greenpeace Italia

Oltre 45.000 persone hanno già firmato la petizione su TrivAdvisor, E TU?
Guarda cosa rischia il nostro mare e FIRMA PER FERMARLI, FIRMA ORA.  


martedì 28 luglio 2015

SCOMPARE UN NARRATORE DI RAZZA
di Angelo Gaccione

Lo scrittore Sebastiano Vassalli è morto, avrebbe compiuto 74 anni il prossimo 24 ottobre, era nato a Genova nel 1941, ma aveva vissuto praticamente sempre nel novarese.

Sebastiano Vassalli nella sua casa di Biandrate

Nel 2011, in occasione dei suoi settant’anni, gli avevamo dedicato un numero monografico di “Microprovincia”; il numero 49 per l’esattezza, con questo titolo:  
La parola e le storie in Sebastiano Vassalli”. Di sicuro il lavoro più dettagliato e completo sulla parabola di scrittore, poeta, artista, editore, dell’autore di Biandrate.  
In quel numero, presentato a Stresa nel tardo pomeriggio di sabato 22 ottobre 2011, nella Sala del palazzo dell’Azienda del Turismo della città, ci sono scritti di autori come Bàrberi-Squarotti, Franco Cordelli, Roberto Cicala, Giuseppe Lupo, Andrea Kerbaker, Dante Maffia, Fulvio Papi, Giovanni Tesio, il sottoscritto, la sua traduttrice tedesca Veronika Strehlke, e tanti altri. Il direttore della rivista e poeta Franco Esposito, aveva caparbiamente voluto quel numero monografico, ed era andato a trovare Vassalli nella sua casa di Biandrate con Cicala. Franco al telefono mi descrisse entusiasta l’incontro, il clima amichevole, la buona bevuta, la casa affascinante e incredibile di Vassalli e il pullulare di zanzare che lì, nella pianura novarese, come da noi in questa lombarda, “le allevano”, come dico spesso, e che sono il più manifesto errore della creazione divina. 
Copertina del numero monografico di "Microprovincia"

Della cena, seguita all’incontro con Vassalli, al “Ristorante Piemontese”, conservo alcune foto; non sono particolarmente belle, le luci “sparavano” troppo e ne hanno alterato i colori, ma in una Vassalli beve di gusto. Franco ne ha certamente di migliori, non del ristorante, ma della sala dove avvenne l’incontro (in quella che ho io, quasi al fondo della sala si vede un altro amico scomparso: il saggista e poeta Tiziano Salari). È quasi sicuro che Franco Esposito abbia registrato l’intera serata su uno dei suoi taccuini-diari, di cui mi ha parlato tempo fa. Come tutte le cene amichevoli e numericamente ristrette, il clima fu allegro e colloquiale. C’era Kerbaker con la moglie, c’era Cicala, la traduttrice Strehlke, il medico e giornalista Ercole Pelizzone, la giovane ricercatrice dell’Università Cattolica Velania La Mendola, il sindaco Canio Di Miglia con la moglie, l’assessore alla cultura Albino Scarinzi, e naturalmente, la moglie di Vassalli. Franco, come sempre tenne banco, ed è, come sanno gli amici, un buon bevitore e conoscitore di vini. Curiosamente con Vassalli finimmo per parlare di Calabria. Aveva apprezzato il mio dramma sul massacro dei valdesi nella Calabria cosentina, e conservava un vivido e affettuoso ricordo di alcune giornate passate ad Acri, dove lo avevano invitato per degli incontri. Ne era così entusiasta che nella dedica che mi fece sul pieghevole dell’incontro stresiano, così scrisse: “Ad Angelo Gaccione ricordando Acri”.

Villa Mases (secoli XVI e XX) la casa-cascina di Vassalli a Biandrate

Riceveva regolarmente “Odissea” e si trovava in sintonia con molte delle cose che scrivevamo. In una lettera del 23 agosto 2012 parlando del giornale dice: “Grazie di Odissea: ci ho ritrovato persone che conosco bene, come Sanesi e la Lagorio”. Mi sarebbe piaciuto che avesse affrontato il discorso Nord/Sud dal suo punto di vista per le nostre pagine, sicuro che ne sarebbe venuto fuori un documento molto pepato, ma ricusò la proposta: “Circa quell’idea di scrivere sulla querelle Nord/Sud, ce l’ho in testa da trent’anni e probabilmente non ne farò mai niente, perché: 1) non servirebbe a niente, c’è gente che se gli togli di sentirsi vittima o di sentirsi sfruttata gli hai tolto tutto, e poi cosa resta?; 2) per farlo seriamente ci vorrebbero 10/15 giorni, e chi li ha? Aggiungi che con l’età sono sempre più pigro.(…)”. Però non aveva abbandonato del tutto l’idea di scrivere qualcosa che sulla nostra testata avrebbe trovato la sua naturale collocazione, ben conoscendo lo spirito che ci animava. Nel post scriptum di una lettera del 3 settembre di quello stesso anno annota: “Il mio rapporto con la scrittura è ormai di tipo alimentare; scrivo con fatica e sono in crisi, perché i giornali di carta sono in crisi e pagano poco. Idealismo zero e meno male, perché sto anche diventando reazionario (come Gadda). Ma per ‘Odissea’ prima o poi qualcosa farò, te lo prometto. Devi solo avere un po’ di pazienza”.            
Le cose poi vanno come vanno, perché forse davvero: “Il tempo, purtroppo, è un assassino…” (è un passo di una sua lettera). Subentrano angustie di vario genere ed io sono stato accorto, in questo senso. Poco tempo dopo ci fu la svolta di “Odissea” in Rete, ed anch’io ebbi una profonda crisi, quasi una paralisi. Non avrei avuto più cuore di ricordargli quella promessa.







lunedì 27 luglio 2015

OGNI BENE VIENE DALLA TERRA
di Angelo Gaccione

Ho un profondo rispetto per la civiltà contadina e per il lavoro della terra. Quando ero ancora un ragazzino, mia madre mi lesse qualcosa che non avrei mai più dimenticato (forse un racconto, forse una poesia) e il cui titolo era il seguente: “Ogni bene viene dalla terra”. Da adulto ho sempre tenuto presente questa incontrovertibile verità. Una volta, in occasione di un incontro pubblico piuttosto animato, dissi più o meno questo: ogni civiltà che si sarebbe susseguita nel corso del divenire storico, avrebbe apportato la sua dose di utile e necessario vantaggio, e prodotto molte e rivoluzionarie modifiche, ma non avrebbe potuto in alcun modo cambiare le basi su cui si fonda la nostra esistenza di esseri umani. Saremmo, cioè, sempre dipesi dalla terra.
Se ci pensate, noi potremmo fare a meno del petrolio e delle macchine; del laser e dei computer, ma non possiamo fare a meno del cibo per nutrirci. Cibo che in tutte le sue componenti ed elaborazioni, ha una sola e assoluta provenienza: la terra. Potremmo fare a meno di tutte le invenzioni più complesse e sofisticate nate dalla nostra fervida intelligenza ed immaginazione, ma non ci è possibile fare a meno di due semplici elementi della nostra sopravvivenza umana: acqua e aria. E anche questi due elementi hanno una sola e unica provenienza: la terra. L’acqua nutre la terra che a sua volta nutre le piante e che a loro volta nutrono ogni essere presente sulla terra. Respirare, bere e nutrirsi, sono le basi indiscutibili della natura e dunque della terra.
Provo molta tristezza quando mi capita di imbattermi in certi atteggiamenti da snob; si tratta generalmente di giovani o di professionisti le cui origini affondano nella civiltà contadina. Hanno mutato la loro condizione e ora il nuovo status di piccoli borghesi (in genere piuttosto ignoranti) li fa vergognare di ciò che sono stati, di ciò da cui provengono, come se essere nati da una famiglia o da antenati contadini, da gente che ha sopportato la grande fatica della terra, fosse un marchio di infamia. Tentano disperatamente di lavare questa “infamia”, per far dimenticare quelle origini e farsi accettare nel consesso della nuova classe verso cui sono approdati. Ridicoli. Semplicemente ridicoli e gretti. Verga ci ha dato un ritratto esemplare di questi ridicoli parvenu, nel suo “Mastro don Gesualdo”.
Io credo, invece, che bisogna andarne fieri. Senza gli uomini votati al duro lavoro della terra, non ci sarebbe disponibilità di alcun nutrimento per il genere umano, e questo sarebbe in pericolo. Senza il loro prezioso lavoro, gli stessi stupidi superficiali snob che guardano al mondo contadino e della terra con sufficienza e superiorità, morirebbero di fame. Se improvvisamente i lavoratori della terra decidessero di produrre solo per il loro unico fabbisogno: governanti, ministri, teste coronate, ambasciatori, cancellieri e cacasenno di ogni tipo, si ritroverebbero a domandare l’elemosina sui cantoni delle vie. Disavvezzi all’arte della coltura e della semina; incapaci di sopportare la fatica dei campi; tutti costoro non avrebbero scampo. Il loro denaro non gli servirebbe più, come non gli sarebbero di aiuto alcuno aerei, auto o computer. Non potrebbero mangiare le ruote delle loro belle macchine, i titoli che esibiscono nelle loro case, gli oggetti preziosi di cui si circondano. In casi di carestie, nulla è più importante di un tozzo di pane, di una giara d’olio, di un sacco di umili patate. Nessun diamante vale quanto un tomolo di legumi, uno staio di cereali o una forma di caciocavallo. Dipendesse da me, farei in modo che i beni della terra, tutti i beni della terra, compreso l’acqua e gli alberi che ci danno l’ossigeno, avessero il costo maggiore in assoluto e fossero considerati gli unici veri beni incommensurabili della vita. Svaluterei diamanti e computer, auto e televisori, ponendoli al più infimo gradino del valore monetario. E a chi ponesse obiezioni gli direi: “Ecco, ingoia questo saporitissimo telecomando. Assaggia un pezzo di questo gustoso pneumatico. Spalma sulle tue fruscianti banconote una fetta di questo magnifico personal computer”.   
Dite che cambierebbe opinione?   



sabato 25 luglio 2015

Mac Mahon: anguriata anti taglio


Il progetto esecutivo di ATM per il rifacimento dei binari del tram, che il Comune ha approvato, prevede l’abbattimento subito di 29 olmi e poi chissà di quanti altri dopo il taglio delle radici per la posa dei binari. Gran parte dei 29 olmi che verranno tagliati subito sarebbero abbattuti per pretese ragioni di sicurezza. Ma in settant’anni in Mac Mahon non è caduto un albero e improvvisamente ben 23 sono considerati a così alto rischio da non poter risolvere il problema con una semplice potatura? Incredibile! Il Comitato per la salvaguardia degli olmi ha deciso di organizzare da subito la vigilanza contro questo atto distruttivo, anche durante il mese di agosto. E per far sentire la nostra protesta ci troviamo tutti insieme
Martedì 28 luglio ore 21 in via Mac Mahon angolo Principe Eugenio
Taglieremo insieme l’anguria per impedire che taglino gli olmi!
Il comitato civico per la difesa degli olmi di Mac Mahon
Luigi Caroli


Contro le piantagioni di palma e caucciù


In Africa e in Asia, i lavoratori presidiano le piantagioni dell’azienda Socfin, accusata di aver rubato la terra per avviare piantagioni di palma. Gli abitanti del luogo esigono che il principale azionista, il gruppo francese Bollorè, rispetti i loro diritti e restituisca le loro terre. Noi li sosteniamo.
In Camerun, contadine e contadini hanno presidiato e bloccato le piantagioni della Socfin, una filiale del gruppo Bollorè. La Socfin ha piantato 43.700 ettari di palma da olio e alberi di caucciù. Circa 6.000 persone hanno perso le loro terre: “Ci hanno rubato le nostre terre. Siamo venuti a recuperarle”, dice il contadino Michel Essonga a Dibomari.
La bramosia di terra è impressionante. Nel 2014, la compagnia aveva, in diversi paesi africani, circa 116.000 ettari di terra coltivati con palma da olio, il che comporta un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente.
“La popolazione è indignata” dice Emmanuel Elong, presidente della International Alliance of Plantation Communities. I manifestanti sperano in una negoziazione, sebbene temono che la polizia intervenga con la forza in qualsiasi momento. La Socfin respinge le accuse e definisce le piantagioni come “pioniere del progresso sociale”. Il gruppo multimilionario Bollorè, che conta con il 39 per cento delle azioni in Socfin, ha detto ai contadini di non avere alcuna influenza in merito. Emmanuel Elong percepisce che lo stanno raggirando: “il gruppo Bollorè incassa i dividendi e nega le sue responsabilità”.
In Liberia, Costa d’Avorio e Cambogia, dove la Socfin ha implementato piantagioni, sono sorte svariate proteste. Migliaia di contadini hanno manifestato nelle ultime settimane.
I piccoli agricoltori pretendono dalla Socfin e dal gruppo Bollorè, i risarcimenti che hanno loro promesso, il rispetto dei loro diritti e la restituzione delle loro terre. Le persone dipendono dalle loro terre. Per favore, appoggiate la loro petizione.
Salviamo la Foresta

venerdì 24 luglio 2015

La Grecia siamo noi. Economia & Lobby
di Vittorio Agnoletto 


“Ci troviamo davanti a un vero scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati. Questi subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato. Per le loro attività non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun Parlamento e di nessuna istituzione che rappresenti l’interesse collettivo. In poche parole la struttura politica del mondo sta per essere sconvolta… Le grandi imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei Paesi industrializzati in cui hanno sede.”
Queste le parole di un celebre discorso tenuto nel 1972 all’Onu da Salvator Allende, presidente del Cile, a capo di un governo di sinistra democraticamente eletto. Parole tragicamente profetiche; un anno dopo Allende e il suo governo caddero sotto il sanguinoso colpo di Stato del generale Pinochet, golpe realizzato con l’appoggio della Cia e della Itt, una delle più grandi compagnie telefoniche al mondo.
Il Cile divenne subito il Paese cavia dove furono sperimentate le teorie economiche liberiste elaborate proprio allora all’Università di Chicago; José Piñera, il ministro dell’Economia della dittatura cilena si circondò infatti dai “Chicago Boys” che avviarono un vasto processo di privatizzazione, compreso il sistema pensionistico, smantellando le riforme attuate dal governo socialista. Le politiche liberiste della scuola di Chicago divennero in seguito il riferimento delle politiche attuate da Reagan, dalla Thatcher e dal Fmi, il Fondo Monetario Internazionale e sono quelle che ancora oggi vengono imposte alla Grecia dallo stesso Fmi, dalla Bce e dalla Commissione Europea.
Per capire le conseguenze a livello globale di quelle politiche è sufficiente leggere il rapporto annuale di Credit Suisse, una delle principali banche finanziarie del mondo. L’8,6 % della popolazione mondiale controlla oltre l’85% della ricchezza del pianeta, mentre al 69,8% ne resta meno del 3%, esattamente il 2,9%. Non solo, secondo i dati di Credit Suisse, che non è certo un organo d’informazione dei movimenti aderenti al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi aumenta ogni anno.
Nel 2001 Susan George, presidente di Attac Francia,  intervenendo a Genova, all’assemblea di apertura del Forum Sociale, spiegava che se non si fosse fermata la finanziarizzazione dell’economia una spaventosa crisi economica e sociale avrebbe travolto l’Europa; nella stessa occasione Walden Bello, sociologo filippino, dirigente di importanti movimenti sociali, sostenne la stessa tesi rifacendosi alla crisi che qualche anno prima aveva travolto le economie delle “tigri asiatiche”. Ma furono e tutti noi fummo Cassandre inascoltate.
Oggi in Grecia lo scontro centrale non è tra due Paesi, la Grecia e la Germania, ma tra la grande maggioranza di un popolo e il potere delle grandi banche e dei fondi finanziari dei quali i governi europei, Merkel in testa, sono espressione e complici, come lo sono stati i governi greci che hanno preceduto Tsipras. Troppi si dimenticano che nel 2001, per fare quadrare i conti al fine di entrare nell’euro, i governi liberisti greci si affidarono alla banca d’affari Goldman Sachs che attraverso complesse operazioni finanziarie (fece “sparire” un debito di 2,8 miliardi di euro) truccò i conti; nel 2005 quel debito di 2,8 miliardi riemerse, ma erano ormai diventati oltre 5 miliardi che pesavano sulle spalle della popolazione greca. Ovviamente Goldman Sachs non subì alcuna conseguenza, né dovette pagare alcuna penale, anzi Mario Draghi che poco dopo divenne il vice presidente della Goldman Sachs con specifica delega alle politiche europee, ha ampiamente contribuito in questi mesi a colpevolizzare, in relazione al debito, il popolo greco e il governo Tsipras, ignorando le responsabilità della sua casa madre, la Golman Sachs che peraltro aveva realizzato significativi guadagni con le commesse ricevute dai governi greci di allora.


In queste settimane a Bruxelles è stata formalizzata la fine di quella fase della storia umana iniziata nel 1789 con la Rivoluzione francese. Parole come “una testa un voto”, “democrazia e cittadinanza” perdono qualunque senso. Gli strumenti di partecipazione democratica, dalle elezioni ai referendum, appaiono sempre più come vuote celebrazioni di riti ormai superati.
Dobbiamo aver chiaro che in queste ore stiamo subendo una sconfitta storica destinata a pesare su tutta l’Europa per i prossimi anni. Non è facile capire come si possa rendere efficace la nostra solidarietà col popolo greco; è necessario impegnarsi in tutti i campi, come cittadini, come lavoratori, consumatori e risparmiatori per contrastare un sistema nelle mani delle lobby finanziarie globali. Siamo il 90% della popolazione mondiale ma siamo divisi e non consapevoli della nostra potenziale forza.

[“Odissea” ringrazia V.A. per averne concesso la pubblicazione per i nostri lettori. Il testo è apparso sul suo blog: ilfattoquotidiano.it]
CAFONARIA 4
di Angelo Gaccione

La cafoneria è ovunque e Londra non è immune. Da qualche tempo un’orda di ridicoli e arroganti rampolli figli di quel volgare “zurrume” composto da governanti e ceti ricchi degli emirati arabi, scorrazza impunemente per le strade della capitale londinese con fuoriserie di lusso sfacciatamente kitch, e con a fianco, manco a dirlo, le solite immancabili puttane. Vanno a velocità folle e spericolata, mettendo a rischio l’incolumità dei passanti. Si permettono in questa parte di “tollerante” occidente, ciò che a tutti gli altri è legalmente proibito. Insomma, fanno quello che vogliono e le autorità fingono di non vedere. Potenza del denaro: i rampolli portano moneta pregiata, spendono e spandono nei locali più esclusivi e non è prudente inimicarseli.
E così davanti alla prosaicità dell’argent, anche il proverbiale, ipocrita bon ton inglese, si adegua alla cafoneria. Va, in altre parole, a farsi…
Scegliete voi il verbo più appropriato.     


MA CHE RAZZA DI MONDO È?
di Tristram Stuart*

Un terzo del cibo prodotto nel mondo viene buttato. Ma un enorme movimento ha appena ottenuto in Francia una legge che obbliga a donare ai poveri i prodotti invenduti, e l'Europa ha aperto una consultazione su nuove regole: raggiungiamo al più presto 1 milione di firme e portiamo il nostro appello all’UE e ai politici di tutto il mondo.  


Amiche e amici di Avaaz,
possiamo davvero nutrire l'intero pianeta, se smettiamo di sprecare un terzo di tutto cibo che produciamo, costringendo milioni di persone alla fame. In Francia un enorme movimento ha vinto una incredibile campagna per obbligare i supermercati a donare i prodotti invenduti ai poveri e ai senzatetto, e in Italia si discute finalmente di una legge. Perfino l’Onu sta spingendo per un piano per dimezzare lo spreco mondiale entro il 2030. È arrivato il momento per questa rivoluzione. C'è un'intera rete di politici in Europa e in Italia, pronti a combattere per nuove leggi contro lo spreco, ma hanno bisogno di un enorme sostegno da parte dell'opinione pubblica per poterle ottenere. Raccogliamo un milione di firme e partecipiamo alla consultazione pubblica dell’UE sullo spreco alimentare prima che chiuda. Firma ora e manda questa campagna a tutti quelli con cui, almeno una volta, hai condiviso del cibo:

https://secure.avaaz.org/it/food_waste_loc/?bhvKTcb&v=61698

Per 15 anni, assieme all'associazione che ho fondato, Feedback, ho lottato contro gli scandalosi sprechi dei supermercati. A partire dal Kenya, che è obbligato a buttare fino al 50% delle verdure prodotte perché sono della forma o del colore "sbagliati", fino alla pratica di cancellare interi ordini quando sono già pronti per partire, che porta a enormi sprechi… Ho conosciuto persone che lavorano per meno di 2 euro al giorno e che quando gli ordini vengono cancellati non vengono nemmeno pagati. Rimangono senza niente per mandare a scuola o dar da mangiare ai loro figli. Alcuni contadini sono addirittura costretti a firmare accordi che gli impediscono di donare cibo a chi ne ha bisogno. Oggi in Gran Bretagna queste pratiche sono diventate illegali. Si possono fare segnalazioni anonime e i supermercati vengono multati fino all’1% dei loro ricavi. E anche in Italia ci si sta organizzando per rendere più facile per i supermercati donare le eccedenze e ridurre gli sprechi. Finalmente c’è ovunque una forte attenzione sullo spreco di cibo, dall'ONU all’Unione Europea che vuole impedire ai supermercati queste pratiche scorrette contro i contadini. Paesi come la Francia e la Gran Bretagna stanno già dimostrando che si può fare. Tocca a noi ora, anche in Italia e in Europa, dare un enorme sostegno popolare affinché si approvino leggi per mettere fine a questo assurdo spreco di cibo. Firma ora:

https://secure.avaaz.org/it/food_waste_loc/?bhvKTcb&v=61698

Trovare il modo di sfamare tutti è una sfida cruciale e centrale per l’umanità. Se saremo capaci di unire l’entusiasmo del movimento contro lo spreco di cibo con l’enorme comunità mondiale di Avaaz, potremo davvero avviare una rivoluzione, liberare i contadini degli abusi delle grandi aziende e contribuire a salvare l’ambiente e il clima mondiali.
Con speranza,
Tristram Stuart*
insieme a Feedback e a tutto il team di Avaaz
*Fondatore di Feedback, da 15 anni si batte contro lo spreco di cibo nel mondo

Lo spreco di cibo in Italia e nel mondo (Lifegate)
http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/spreco-di-cibo

Lo spreco di cibo costa 2.060 miliardi nel mondo. oltre 8 in Italia (ADNkronos)
http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2015/06/06/expo-spreco-cibo-costa-miliardi-nel-mondo-oltre-italia_wZJhclwPcAF4vemXMsAQdL.html?refresh_ce

Spreco Zero: la legge in Italia arriva entro il 2015 (ONU Italia)
http://www.onuitalia.com/2015/06/12/spreco-zero-la-legge-in-italia-arriva-entro-il-2015/

Spreco Alimentare (CESVI)
http://foodrightnow.it/spreco-di-cibo/

A Nairobi ministri mangiano cibo scartato da supermercati europei (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2013/02/19/scienza/ambiente/a-nairobi-ministri-mangiano-cibo-scartato-da-supermercati-europei-j7w2ViDoF5pZuXv6alkBDL/pagina.html

La legge francese contro gli sprechi alimentari dei supermercati (Il Post)
http://www.ilpost.it/2015/05/23/legge-francia-sprechi-supermercati/

Verso un'economia circolare: la Commissione chiede ai cittadini di presentare nuove idee (Commissione Europea)
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5049_it.htm

e in inglese
Fermiamo lo spreco globale di cibo (Feedback)
http://www.feedbackglobal.org/stopdumping


Estate all'Archivio-Museo CSAC
Centro Studi e Archivio della Comunicazione
dell’Università di Parma 12 milioni di materiali visivi


Per il periodo estivo all’Archivio-Museo CSAC dell'Università di Parma il sabato e la domenica alle 16.00 e alle 18.00 sono in programma le visite guidate senza necessità di prenotazione, mentre la visita guidata interattiva per le famiglie aspetta genitori e figli ogni seconda e quarta domenica del mese. Saranno aperti anche il bookshop, dove è possibile acquistare i cataloghi delle mostre che lo CSAC ha realizzato a partire dal 1969, la Locanda Abbazia con la foresteria allestita nelle antiche celle dei monaci e il bistrot, dove sarà possibile fermarsi per un brunch o un pranzo.
L’Archivio-Museo CSAC osserverà una settimana di chiusura estiva da lunedì 10 a domenica 16 agosto compresi. Per tutte le informazioni potete consultare la pagina: http://www.csacparma.it/visita/
Lo CSAC raccoglie e conserva materiali originali della comunicazione visiva, della ricerca artistica e progettuale italiana a partire dai primi decenni del XX secolo. Uno straordinario patrimonio di oltre 12 milioni di pezzi suddivisi in cinque sezioni: Arte (oltre 1.700 dipinti, 300 sculture, 17.000 disegni), Fotografia (con oltre 300 fondi e più di 9 milioni di immagini), Media (7.000 bozzetti di manifesti, 2.000 manifesti cinematografici,  11.000 disegni di satira e fumetto e 3.000 disegni per illustrazione), Progetto (1.500.000 disegni, 800 maquettes, 2000 oggetti e circa 70.000 pezzi tra figurini, disegni, schizzi, abiti e riviste di Moda) e Spettacolo (100 film originali, 4.000 video-tape e numerosi apparecchi cinematografici antichi).
Fondato nel 1968 da Arturo Carlo Quintavalle e in seguito diretto da Gloria Bianchino fino al 2014, lo CSAC dal 2007 ha sede nella Abbazia cistercense di Valserena, tradizionalmente identificata come la stendhaliana “Certosa di Parma”. Gli spazi dell’abbazia sono stati oggi rinnovati attraverso un importante progetto architettonico promosso e sostenuto dall’Università di Parma.
Il nuovo CSAC si propone come un nuovo spazio multifunzionale, una macchina vivadove si integrano un Archivio, un Museo e un Centro di Ricerca e Didattica, con una partecipazione attiva da parte della comunità scientifica e del circuito dei ricercatori, dei dottorandi e degli  studenti, anche a livello internazionale (nel primo mese di apertura ha ospitato per tre settimane gli studenti della Pontificia Universidad Católica del Ecuador).
Una formula unica in Italia, che mantiene e potenzia le attività sino ad ora condotte di consulenza e di supporto all’istruzione universitaria con seminari, workshop e tirocini, di organizzazione di mostre e pubblicazione dei rispettivi cataloghi (oltre 120 dal 1969 ad oggi), e di prestito e supporto ad esposizioni in altri musei (tra quelli internazionali citiamo il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Tokyo Design Center e il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid). Il percorso espositivo del nuovo Archivio-Museo, attraverso gli spazi della grande Chiesa cistercense, della Sala delle Colonne, della Sala Ipogea e della Corte delle sculture, rappresenta la complessità e la ricchezza delle collezioni dell’archivio con oltre 600 opere in mostra. Un’esposizione permanente in grado di rinnovarsi potenzialmente all’infinito attingendo allo straordinario repertorio visivo dell’Archivio, i cui materiali saranno esposti a rotazione.
Le sedici sezioni della Chiesa sono dedicate a temi che faranno emergere la complessa natura di questo Archivio/Museo, attraverso le interazioni trasversali delle sue collezioni: dall’Arte alla Moda, dal Design alla Fotografia, dall’Architettura alla Pubblicità fino al Disegno della satira, con opere e progetti, solo per citarne alcuni, di Lucio Fontana, Giorgio Armani, Gianfranco Ferré, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Nizzoli e Bellini per Olivetti, Man Ray, Luigi Ghirri, Dorothea Lange, Giò Ponti, Pier Luigi Nervi, Giuseppe Samonà, Armando Testa, Tullio Pericoli, Vincino.
Chiude questo percorso la mostra monografica dedicata alla cultura figurativa e progettuale degli anni ’60 e ’70 con opere di artisti entrate nelle collezioni dello CSAC sin dai primi anni di attività, come quelle di Enrico Baj, Mario Ceroli, Luciano Fabro, Emilio Isgrò, Enzo Mari, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Mario Schifano, Ettore Sottsass, Emilio Tadini.
La Sala delle Colonne espone il lavoro di raccolta e studio delle opere conservate nell’archivio della Sezione Arte con un percorso crono-logico dai disegni di Mario Sironi alla Poesia Visiva, insieme a documenti progettuali e di lavoro. Ai visitatori sarà offerta anche la possibilità di consultare, su prenotazione, i materiali degli archivi conservati nelle aree dell’Abbazia non aperte al pubblico
La Sala Ipogea, introdotta da Il Sentimento della Rivoluzione di Fausto Melotti, integra l’itinerario della scultura creato nella corte dell’Abbazia, che comprende numerose sculture di grandi dimensioni. Il nuovo CSAC è dotato di servizi di accoglienza e ospitalità, come un bistrot e una foresteria allestita in quelle che un tempo erano le celle dei monaci.
Presente anche un bookshop dove sarà possibile acquistare i cataloghi delle mostre che lo CSAC ha realizzato a partire dal 1969.
Lo CSAC ha in programma progetti didattici per le scuole primarie e secondarie, iniziative speciali per i visitatori e aperture straordinarie con eventi a tema.

CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione
Università di Parma
Abbazia di Valserena
Strada Viazza di Paradigna, 1

Orari
dal martedì al venerdì dalle 10 alle 15
sabato e domenica dalle 10 alle 20

Ingresso
10 euro
Riduzioni per gruppi, giovani sotto i 18 anni, studenti, docenti e persone con disabilità.
Gratuità per i bambini sotto i 12 anni.

Per informazioni sull’Archivio
www.csacparma.it
info@csacparma.it
+39 0521 033652

Per informazioni sul Museo e prenotazioni
www.csacparma.it
servizimuseali@csacparma.it
+39 0521 607791

Per informazioni su eventi e utilizzo spazi
www.csacparma.it
info@csacparma.it
+39 0521 033652

Ufficio stampa
Irene Guzman
press@csacparma.it

+39 349 1250956

giovedì 23 luglio 2015

Sedurre o governare?
di Giovanni Bianchi


Sedurre?
Sedurre è diventata una funzione da tempo interna e centrale al politico. Non è una novità. Delle capacità seduttive del generale De Gaulle si occuparono politologi non frivoli. Del carisma del generale si giovò la Resistenza francese e l'intera Repubblica dopo la crisi d'Algeria. Charles De Gaulle, uscito dal suo sdegnoso riserbo, chiuse la vicenda algerina in senso contrario rispetto alle aspettative di Salan e Massu, fece scrivere a Debré una nuova costituzione in una settimana e rimise la Francia e i francesi sul binario repubblicano. L'operazione fu indubbiamente consentita dal suo fascino seduttivo. E tuttavia seduzione e governo non coincidono. Giolitti, nella famosa lettera alla figlia, non solo non cercava di sedurre la Bella Italia, ma si spingeva a dire che il suo Paese aveva la gobba, e che lui a Palazzo Chigi si era dovuto industriare a confezionare un abito da gobbo…
Se ho evocato questa strana coppia del politico odierno è perché le esigenze mediatiche della leadership hanno di molto aumentato il tasso di seduzione necessario per governare. Con tutta una serie di insidie, di problemi e perfino di aporie. Altro infatti è sedurre e altro governare. Cosicché dai tempi del Generale molti hanno cercato di imitarlo senza averne la statura. Vale ancora la pena di osservare che la seduzione si giova di blandizie, di bugie, di sogni a occhi aperti raccontati agli spettatori.

Bonus o riforme?
Uscendo rapidamente di metafora si può per esempio dire che il seduttore politico odierno (le cose viaggiano così in Lombardia da qualche decennio) preferisce elargire bonus piuttosto che impegnarsi in riforme di struttura, in particolare per quel che riguarda il welfare e la sanità.
Il guaio palese è che il bonus crea affezione e tifo, mentre le riforme del welfare creano, in tempi un poco più lunghi, cittadinanza. Lo stesso vale circa il discorso sulle tasse e in generale sui temi che alludono alle riforme che interessano la gente, a partire dal fisco. Ho richiamato elementi che stanno sotto gli occhi di tutti perché il discorso sugli annunci si è fatto ancora una volta insistente, dal momento che tutti i leaders e i partiti appaiono più interessati a inseguire il consenso che a riformare il Paese. Insomma, non si mira a raddrizzare la gobba italica, ma dire che non c'è, che si può nascondere con un atto di felice sartoria o con un intervento chirurgico di tipo estetico, più acrobatico che possibile.
E gli italiani, o gli italici, come scrive Piero Bassetti?  Si tratta di vedere fino a quando staranno al gioco, perché la fine della credulità e del gioco segnerà, difficile dire quando, la fine delle arti seduttive. O almeno la fine di queste arti seduttive.

Confusione elettorale
E infatti grande sotto il cielo è la confusione non soltanto elettorale.
La Lega cresce, ma ancora ancorata alla divisione sinistra/destra. Il Movimento 5 Stelle è riuscito a far passare l'idea che loro non sono né a  destra né a sinistra, ma sono da qualche altra parte. Di volta in volta si tratterà di stabilire quale. Nel frattempo, nelle ultime tornate elettorali, il PD ha palesatto scarsa capacità di mobilitare il proprio elettorato. Dopo il grande risultato conseguito con un pieno di voti imprevisto alle europee giocate tutte su temi casalinghi, una scarsa capacità di sfondare a destra lo ha invece penalizzato nelle ultime elezioni regionali. Detto alle spicce, il PD si conferma comunque partito di centrosinistra.
Contemporaneamente si sta riorganizzando il centrodestra, che tenta disperatamente di diversificare la propria offerta politica. Tutto ciò ripropone il problema degli appelli e della capacità di far sognare -qui la seduzione- il proprio elettorato potenziale.
Renzi annuncia una "rivoluzione copernicana" del fisco nella direzione auspicata dalla maggioranza degli italiani, ma abbonda di etichette più che di contenuti, e imbocca una strada troppe volte indicata e incominciata dai suoi predecessori di diverso orientamento.
Problema. Intorno a che cosa si unisce un partito? Basta la leadership? Basta la leadership mediatica? Non è forse vero che alla fine anche la leadership deve dare un'idea e un orizzonte, e non degli spot?

Il programma
Siamo alle solite: senza un pensiero capace di programma e di orizzonte, c'è qualcosa che drammaticamente e malinconicamente assomiglia troppo al tifo sportivo. Michele Salvati evocava al convegno di val Tartano un programma di governo per il PD. Non posso che concordare: questa è l'idea di fondo e fondante di Luigi Sturzo. L'idea di programma, anzi il programma in sé caratterizza il Partito Popolare. Solo che dopo l'esaltazione del programma, Luigi Sturzo fa un'esortazione molto precisa: "Programmi, non persone". Valeva solo per la sua stagione politica? Un brillante dirigente del partito democratico lombardo ha osservato con molta franchezza nella sua analisi che "Renzi ha preso a sberle troppo persone".
Si tratta evidentemente di un benefico errore. Ma credo che il mio punto di vista sia diametralmente opposto allo spirito dell'osservazione dell’onesto dirigente lombardo. Perché? Perché ho sempre considerato e valutato i comportamenti del giovane leader democratico seguendo i canoni tradizionali del pensiero politico e non quelli dell'età evolutiva di Piaget. La giovane età non tragga in inganno. Napoleone Bonaparte aveva solo 27 anni quando intraprese la Campagna d'Italia. Quindi anche per Renzi, che è politico non solo di successo, più Machiavelli e meno Piaget. E infatti cosa diceva l'autore del Principe? Che gli avversari e le posizioni contrarie si spengono: "tale che la più sicura via è spegnerle". Verbo forte, deciso, violento, mortuario, col sentore di pugnali e di veleni che accompagna il governo nella stagione di Machiavelli. E siccome debbo smentire che un sortilegio notturno mi abbia trasformato improvvisamente in Jack lo squartatore o in un Renato Curcio di ritorno, mi sento obbligato a chiarire che il verbo spegnere in questo caso indica un'azione risolutiva: quella che spetta cioè al vero decisionista. L'icona c'è, vincente e precisa. In un pomeriggio Renzi porta il PD nella famiglia socialista europea. Bindi e Fioroni non emettono un lamento. Renzi dunque come Alessandro Magno ha tagliato il nodo gordiano? Non esageriamo e cerchiamo di essere in circostanziati. Matteo Renzi ha vista politicamente acutissima e si era da tempo accorto che il nodo, lasciamo perdere il gordiano, non c'era proprio più. L'azione è stata netta, rapida, risolutiva. Qui il corrusco verbo di Machiavelli, spegnere, s'è mostrato e ha funzionato.
Il dubbio allora è semmai un altro. Perché questo inseguimento costante, e non poco fastidioso, alle posizioni di Bindi, Bersani, Cuperlo, Speranza? Perché non li invita mai a togliere finalmente il disturbo, anziché minacciarlo continuamente, ed anzi afferma che non è nelle sue intenzioni metterli fuori dal partito? Credo che questa volta lo "stai sereno" di Matteo sia assolutamente sincero e motivato. Finché le scelte e le convinzioni del leader dei rottamatori e della velocità hanno come termine di confronto quelle degli avversari richiamati, il profilo renziano non solo risulta vincente, ma accattivante e in qualche caso perfino "gigantesco". E invece tolti di mezzo Bersani e la Rosy, il capo carismatico del PD apparirebbe probabilmente assai meno convincente e politicamente aitante. Il sano relativismo della politica risulta comunque un fattore ineliminabile di comparazione e di forza. Renzi ovviamente lo sa. Per questo si tiene stretti avversari, concorrenti e denigratori.


 Capacità di visione
Renzi insomma non deve abbassare la narrazione, ma dimostrare che la capacità di visione e di decisione non è troppo lontana dal suo mito mediatico. Di questo ha bisogno il Paese molto più del partito. È lo scarto troppo evidente tra il mito di Renzi (non c'è politica senza mito) e il decisionismo reale di Renzi che è troppo grande. La vicenda europea del confronto tra la Germania di Merkel e Schӓuble e la Grecia di Tsipras ha detto questo. E devo dire che il giudizio assolutorio di alcuni commentatori (Stefano Folli) non mi ha convinto. Non credo sia stata furbizia strategica la cautela e tantomeno la latitanza del nostro Premier. Chi ha visto che l'acqua può essere bassa può incamminarsi la prossima volta nel mare italiano, senza bisogno del costume da bagno, semplicemente risvoltando i pantaloni o la gonna. Altri interrogativi ovviamente si affollano, in particolare quelli che si interrogano sul passaggio da una democrazia consociativa a una democrazia dei leaders. Dal partito ideologico al partito programma? Non bisogna fare le cose troppo complicate. Diciamo il luogo, la natura, la sostanza del problema: Renzi ha saputo sedurre il Paese, ma adesso c'è bisogno di convincerlo di una missione e della capacità di farcela con il governo. Sullo sfondo evidentemente la sfida europea, che ci riguarda molto da vicino. Sedurre va bene, ma governare necesse est. Una necessità che con un altro verbo era dichiarata da quella Hansa Alemanna che pare viaggiare nell'inconscio e nello sfondo delle proposte europee della strana coppia di Berlino. Le cose vanno migliorando per la congiuntura globale ed europea anche nel nostro Paese. Viaggia positivamente la svalutazione introdotta. Il debito è molto grande, ma i tassi molto bassi. Ci stiamo anche avvantaggiando di un prezzo dell'energia a sua volta basso. Ma un interrogativo da tempo mi rode: la squadra di governo è in grado di affrontare la sfida? È in grado di farlo se l'Europa non è una soluzione, ma è diventata il problema? So benissimo, e mi fa piacere, che in termini di voti assoluti il PD è il più grosso partito in Europa. Ma si tratta anche di fare i conti con forze produttive sottoutilizzate. E poi: quali le competenze nella squadra di governo? Qualcuna c'è e non si può non vederla, ma la squadra è in troppi settori decisamente oratoriana, e non in nome della cultura cattolica del Paese o del leader. Le stesse ingegnerie che si affannano intorno al partito non paiono in grado di convincere. E allora? Andiamo ancora una volta per rimpasti? Nulla deve essere tralasciato...

Oltre la noia quotidiana
Ma siccome questa politica alla fine annoia non soltanto me con la sua quotidianità, voglio concludere con un riferimento al giubileo indetto da papa Francesco. L'uomo più impolitico che fa più politica nella nostra lunga penisola e nel mondo globale malamente globalizzato. Tutti sappiamo che, quasi ad aggredire alle fondamenta l'avidità che domina il mondo, papa Francesco ha intitolato il giubileo imprevisto alla misericordia. Il cardinale Martini amava ripetere che "la Bibbia non dà mai una definizione di misericordia". Forse per questo il Papa in carica ha moltiplicato le prove e gli esperimenti. A partire dal primo viaggio a Lampedusa.
Ha detto che la Chiesa non è un ospedale da campo e che è inutile fare diagnosi a chi sta morendo: più saggio provvedere a nutrirlo in fretta. La misericordia appare semanticamente e biblicamente legata a un moto delle viscere, non al calcolo delle statistiche. È un legame che genera popolo: non solo con un contratto, ma con qualcosa di antropologicamente viscerale.
Implica una visione universale. Non solo un legame, ma il rispetto radicale di tutti. (Quel rispetto da cui è attraversata tutta l'enciclica ecologica.) Come si lega tutto ciò con il programmato giubileo? Si tratterà di trovare dispositivi concreti. Anzitutto per ridare speranza a ogni generazione. Ricordava il solito Martini: "Il nostro è un Dio che non può sopportare che quanti ha amato e liberato siano ancor oppressi".
Già nella Evangelii gaudium il criterio di giudizio sono i poveri. Un forte pensiero sociale attraversa tutto il magistero di papa Bergoglio. Un atto d'accusa contro il paganesimo individualista. Un invito a costruire legami solidali all'interno della "società liquida".
A essere operatori di pace in un mondo in cui si sta combattendo la terza guerra mondiale "a pezzi". L'insistenza nel ripetere che "l'economia uccide". Ovviamente non si tratta di un invito a ritornare a baratto. Un invito piuttosto alla ecologia integrale. A riflettere sull'importanza dei processi partecipativi e a provare a metterli in atto. E, ribadito che Dio non è cattolico, si tratta di pensarlo come agente in tutti gli uomini. A tutto ciò allude e può alludere il giubileo della misericordia. Oltre un'Expo che altrimenti rischia di essere bella ma vuota. E soprattutto senza dimenticare che l'ecologia integrale è legata al bene comune. Ma allora, fino a quando dovremo leggere il Papa per dare qualche contenuto ai troppi discorsi politici che ci affliggono a reti unificate?