ANGELI E DÈMONI
Con questa lettera Jacopo
Gardella muove una serie di rilievi critici ai due scritti di Gaccione: “Dèi,
religione e guerra” e “Animali e Guerra”, apparsi sulla prima pagina di
“Odissea”. Gardella ci invita a riconsiderare anche gli aspetti positivi della
natura umana e della sua bontà, e non solo quelli feroci e sanguinari.
Caro Angelo,
ho letto con attenzione e partecipazione il tuo articolo
intitolato “Dèi, religione e guerra” in cui fai un quadro del mondo classico e
delle sue atrocità. Ascolto con comprensione i tuoi giudizi e li capisco ma non
li condivido giacché li trovo eccessivi e severi e soprattutto poco imparziali.
Mi sembra che tu vedi del mondo classico solo il lato negativo, cioè quello
feroce e sanguinario, e dimentichi i molti aspetto dolci, commoventi, teneri
dei protagonisti di quel mondo sia greco sia romano. I sacrifici cruenti in
onore di divinità pagane purtroppo nella storia si sono ripetuti altrettanto
cruenti in nome del dio cristiano o di altri dei di religioni contemporanee. Le
feroci carneficine in guerre contro stranieri oppure intestine si ripetono
anche ai giorni nostri a volte in forme raccapriccianti; e ne sono responsabili
sia popoli del terzo mondo sia nazioni appartenenti alla nostra tanto decantata
civiltà occidentale. Il mondo classico ed i suoi aspetti crudeli che tu così
bene descrivi e censuri sembrano appartenere non tanto al carattere di un
popolo determinato e ad un'epoca storica definita, ma alla natura dell'intera
umanità; e come tali si rivelano universali ed eterni. Universali perché
compaiono in tutti i paesi del mondo; eterni perché ritornano in tutte le
epoche della storia.
Per fortuna esistono insieme ai lati negativi anche
commoventi manifestazioni di bontà; e ricompaiono puntualmente in ogni epoca
storica. Nel mondo classico insieme alla crudeltà effettuate si hanno episodi
di commovente dolcezza: Ettore lo sfortunato troiano consapevole di affrontare
un duello mortale si rivolge con parole struggenti alla moglie Andromaca ed al
figlio Astianatte; Achille, il terribile eroe greco, piange come un bambino sul
corpo esanime dell'amico Patroclo; Eurialo e Niso, due amici del cuore, pur di
non separarsi scelgono di morire insieme.
Non diversamente esistono episodi eroici ed esemplari
anche nel mondo cristiano: martiri innocenti, santi disposti a sacrificarsi,
benefattori pronti a soccorrere poveri, miseri, derelitti. Non abbiamo soltanto
gli orrori della Inquisizione; ci sono pure gli splendori del martirio in
omaggio alla fede.
Non esistono soltanto le efferatezza della guerre,
dobbiamo essere grati anche alle conquiste della Scienza, agli splendori
dell'Arte, alle lezioni della Filosofia.
Il tuo articolo, caro Angelo, è sincero, convincente,
veritiero; ma è molto parziale, quasi tendenzioso, non sufficientemente
obbiettivo. Tuttavia lo considero un articolo utile perché risveglia la
coscienza e ci apre gli occhi. Nel denunciare i lati oscuri del mondo antico ci
fa meditare sui fatti inquietanti del mondo moderno. Soprattutto ci mette in guardia
contro la suggestione dei miti accolti senza capacità di critica, approvati
senza volontà di verifica. Ci informa che il mondo greco-romano, il mondo che
definiamo classico, non è un mondo tutto apollineo e sereno; è anche diabolico
ed infernale. Trasferita la lezione ai tempi moderni il tuo articolo scopre i
lati oscuri che presenta la nostra civiltà, erede della tanto esaltata civiltà
dei Lumi, ma colpevole degli orrori dei campi di concentramento nazisti, e
capace degli attuali crimini commessi dall’ISIS. Il tuo articolo, inoltre, ha
il merito di farci riflettere sulla storia passata e presente sia del nostro
sia degli altri continenti, e di renderci scettici sulla opinabile superiorità
di cui si vanta la razza bianca.
Il quadro
pessimista dell'essere umano che fai nel tuo secondo articolo intitolato
“Animali e Guerra” è calzante, pertinente, esatto. Ma è unilaterale. Il dominio
dell'uomo (animale-artificiale come lo chiamo tu) sulle bestie sia domestiche e
soggiogate sia libere e selvagge è un dominio indubbio e immediatamente
constatabile. Ma quello che tu esprimi non è il solo tipo di rapporto fa noi,
considerati esseri superiori, e loro, gli animali, i sottomessi, le vittime. Tu
sai quante sono le società di protezione degli animali e quante sono le persone
che tengono presso di sé e che amano gli animali più disparati, dai fedeli
cani, ai misteriosi gatti, dai docili cavalli, ai pazienti bovini. Li fanno
lavorare, è vero, tu dirai che è sfruttamento, ma è anche vero che li nutrono,
li ricoverano, li curano, e spesso anche sinceramente li amano.
Come nel discorso sulle crudeltà belliche esaltate e
decantate dalla letteratura del mondo greco-romano così anche nel rapporto
domestico con gli animali la tua visione è tendenziosa seppure vera; è parziale
seppure acuta: della realtà preferisci vedere il solo dato negativo; stenti ad
ammettere che esiste anche quello positivo.
Una
osservazione da fare sia al primo articolo sia al secondo, sia sulla ferocia
del mondo greco-romano sia sul sadismo dell'uomo moderno, è la seguente: come
mai gli stessi individui a volte sono
colpevoli di atti atroci a volte capaci di azioni sublimi? Come mai nelle
stesse persone a volte si scatena la malvagità a volte fiorisce la virtù? La
Bibbia dà di questa sconcertante contraddizione
una spiegazione non verificabile ma calzante: e inventa una favola
immaginaria ma avvincente; la favola del Peccato Originale, cioè della colpa
iniziale commessa dal primo uomo e poi trasmessa in eredità alle generazioni
successive. Sembra una fiaba ma in realtà non lo è: è invece un tentativo
profondo e convincente di spiegare la duplicità della nostra natura, la doppia
faccia dell’essere umano che è contemporaneamente buono e cattivo. Soltanto
l’uomo infatti è responsabile delle sue azioni, mentre gli animali, non
macchiati da nessun peccato originale, sono esenti da qualsiasi responsabilità,
liberi da qualsiasi colpa. La fiaba del Peccato Originale è molto più saggia e
benevola di quanto non si creda. Pur nella sua terribile severità e nella
irrevocabilità della sua condanna essa è piena di riguardo e di sollecitudine
per il Primo Uomo Creato perché non fa di quest'uomo una Entità maligna, un
emissario o generatore del Male Assoluto; fa di lui soltanto un carattere
debole, una personalità fragile e incapace di resistere alle lusinghe, di
opporsi alle tentazioni. Il Peccato Originale non è in sé un atto criminale ma
è il cedimento ad una smisurata e folle ambizione, è l'incapacità di opporsi
alla seduzione escogitata da Satana quando ha promesso ad Adamo di farlo
diventare Re del Creato. È Satana il vero Male Assoluto, non l'uomo. Il Peccato
Originale non è una colpa mortale definitiva e irrimediabile. È una colpa
grave, è vero, ma da cui ci si può redimere. La grande saggezza e magnanimità della
Bibbia è tale da lasciare all'uomo la possibilità di riscattarsi, di
risollevarsi, di riconquistare il Paradiso Perduto. La prospettiva offerta
dalla Bibbia è di un ottimismo incoraggiante, non di un disfattismo
catastrofico. L'uomo ha ceduto ed è caduto, è vero, ma è pur sempre Figlio di
Dio; viene punito per la sua debolezza ma non inviato ad una morte definitiva,
non condannato ad una esecuzione capitale. La saggezza della Bibbia è stata
compresa a fondo dal Premio Nobel per la poesia, il russo Joseph Brodsky, il
quale, in un saggio di commento e di riflessioni sul movimento studentesco
iniziato a Barkeley (U.S.A.) nel 1966 e presto degenerato, ha visto la duplice
potenzialità dell'uomo, la sua doppia natura buona e cattiva; da un lato autore
di slanci e di entusiasmi magnifici e dall’altro macchiato da errori e da colpe
atroci, Brodsky ha trovato nelle favole del Peccato Originale la spiegazione in
chiave mitica di questa drammatica ed esistenziale ambivalenza..
Caro Angelo,
questa lunga filastrocca ha il solo scopo di invitarti, da amico, ad accettare
la ambiguità della natura umana, la duplice faccia del nostro animo; e di
sollecitarti a vedere con occhi benevoli il lato positivo dell’uomo e non solo
quello, senza dubbio più evidente ed incombente, ma così spesso negativo e
scoraggiante.
Un saluto e vivissimi auguri per la tua brillante rivista
alla quale manderò fra una decina di giorni il mio commento critico sulla EXPO
2015.
Jacopo