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domenica 24 gennaio 2016

UN DECRETO DEL GOVERNO DEPENALIZZA LA GUIDA SENZA PATENTE
di Fulvio Papi

L’incomprensibile decisione del Governo di depenalizzare la guida senza patente, ha indignato l’opinione pubblica nel suo insieme. La carneficina che ogni giorno insanguina le strade italiane non è servita da freno. Non si capisce perché la Presidenza del Consiglio continui a fare spot televisivi sugli incidenti stradali, quando poi gli esiti sono questi. La decisione ha giustamente indignato anche il filosofo Fulvio Papi che ha scritto per “Odissea” questa nota di buonsenso. 
 

Dalla tivù, per quel poco che interessa guardare, si è appreso che la guida delle auto senza patente è stata depenalizzata. Devo dire in prima battuta poiché si possono fare considerazioni più approfondite, che solo degli irresponsabili potevano prendere in considerazione una decisione del genere. Ci si rende conto che qualsiasi ragazzo, anche senza essere ubriaco o drogato (come spesso accade) può prendere l’auto di famiglia e, per vanagloria infantile, può mettersi a correre per le strade. E se poi uccide delle persone? Come del resto accade già adesso con una certa frequenza. Come va a finire la faccenda non solo come tragico fatto umano, ma come reato penale? Ho usato la parola “irresponsabili” e qui mi fermo perché altrimenti sarei costretto a unirmi al coro di recriminazioni e di improperi che comunemente vengono lanciati contro “coloro”.                         
Ripensateci subito, cassate questa decisione che è dello stesso genere o peggio, perché più pericolosa, della depenalizzazione del falso in bilancio. La misura appare di una impudenza e di una volgarità morale nella considerazione della vita sociale da lasciare senza parole. È una protezione in più per chi può delinquere. Mi domando persino se non voglia essere una misura demagogica che sbaglia completamente il segno. Aggiungerò che la scolarità per la patente automobilistica è del resto sbagliata. Il problema non è quello della tecnica di guida, ma è quello di conoscere la capacità del candidato a guidare un’auto dal punto di vista della sua attitudine psicologica. È su questo punto che occorre essere certi quando si affida a qualcuno un mezzo che può essere mortale. Chiunque abbia percorso tratti di strade comunali, provinciali, autostradali, ha avuto modo di accorgersi che con una certa frequenza si possono notare modi di condurre l’automobile non pertinenti alla sicurezza collettiva. La domanda, anche per legislatori poco perspicaci, dovrebbe essere questa: come mai? Anche coloro che di psicologia sanno poco, sanno però che l’automobile è spesso un “simbolo di stato”, sia sociale che individuale. E questa considerazione non diviene ulteriormente aggravata in relazione al modo di condurre il mezzo? Qui ci troviamo di fronte al caso dello “stupidissimo io” di cui parla Gadda, solo che questo “io” non è solo stupido ma criminale.   

       

Con una prova attitudinale (che è come chiedere la luna, allo stato della superficialità e della corruzione esistente) queste “bravure” potrebbero essere evitate. Ma chi, contraddicendo magari poteri transoceanici, se la sente di parlare in nome di un bene comune? Quello che personalmente posso dire è che dal primo disastro che certamente verrà compiuto da un guidatore senza patente, considererò corresponsabili coloro che hanno preso quella decisione. Capisco che l’ebbrezza del potere, la dovizia dei privilegi, l’assoluzione dalle scemenze intellettuali sono tutti fattori che contribuiscono a infischiarsene di un parere avverso. Ma così non abbiamo passato la soglia di un sistema democratico con poche possibilità di ritorno?