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venerdì 4 marzo 2016

La Pinotti in Israele per rafforzare il patto con militari
e industrie d’armi
di Antonio Mazzeo

Missili, per un massacro sicuro

Come risponde il governo Renzi all’appello di 168 accademici italiani che invitano a boicottare le università israeliane coinvolte nella ricerca e produzione di sistemi di guerra impiegati contro il popolo palestinese? Inviando la ministra della difesa Roberta Pinotti a rendere omaggio alle maggiori autorità israeliane e rafforzare la partnership tra le forze armate e il complesso militare-industriale di Italia e Israele.
Il 29 febbraio scorso Roberta Pinotti è giunta a Tel Aviv per un vertice con il ministro alla guerra israeliano Moshe Ya’alon. “Una maggiore collaborazione fra Italia e Israele rappresenterebbe un fattore di innovazione e tradizione”, ha spiegato la ministra. “Israele è un Paese tradizionalmente vicino all’Italia con il quale esiste da tempo una elevata collaborazione nel campo della Difesa, così come il comune interesse di creare uno spazio di pace e sicurezza durevole in Medio Oriente”. Il patto di cooperazione militare tra Italia e Israele, firmato nel 2003, è finalizzato “all’interscambio di materiali di armamento, alla formazione e all’addestramento del personale e alla ricerca e sviluppo in campo industriale”. In particolare, le forze armate dei due paesi collaborano fattivamente nei settori dell’intelligence e dell’addestramento aereo, marittimo e subacqueo. L’ultima grande esercitazione bilaterale (Rising Star) risale all’ottobre 2015, quando l’unità “Anteo” e un commando del Comsubin (il Comando Subacquei e Incursori della Marina militare italiana) si sono addestrati con le forze speciali israeliane nel porto di Haifa.
Come riportato dal sito del ministero della difesa italiano, durante l’incontro con Moshe Ya’alon, la Pinotti ha espresso la “piena disponibilità del governo italiano a consolidare la collaborazione in atto tra le forze armate dei due Paesi al fine di contribuire a migliorare il livello di interoperabilità anche in relazione alla condivisione del medesimo scenario geostrategico”. La titolare del dicastero ha inoltre ricordato “la pluriennale e radicata presenza militare italiana in Israele, con la partecipazione alle missioni UE, multinazionali e bilaterali, indirizzate sia a monitorare la situazione della sicurezza, sia a favorire la formazione di reali capacità palestinesi nei settori del controllo dei confini e, soprattutto, delle forze di polizia (con la missione MIADIT Palestina)”.
I due ministri della difesa si sono confrontati anche sugli attuali scenari di crisi in Siria, Libia, Libano e sull’impegno italiano nella coalizione anti-Daesh. “Occorre impedire l’avanzata dell’Isis in Libia ed evitare che si ripeta quanto accaduto in Iraq e Siria”, ha dichiarato la Pinotti. Molto più gravi e minacciose le parole dell’omologo israeliano. “Siamo profondamente preoccupati di una presenza iraniana più forte in Siria perché essa rafforzerebbe in modo negativo l’asse sciita”, ha spiegato Moshe Ya’alon. “Ciò potrebbe incoraggiare l’Iran a continuare ad attivare il suo fronte terroristico contro di noi dalle Alture del Golan. L’Iran continuerà ad investire il denaro che riceverà dall’abolizione delle sanzioni per sviluppare e acquistare nuovi sistemi d’arma, rafforzare la presenza dei terroristi mandatari in Medio oriente, Europa e America e diffondere il terrorismo nel mondo intero. L’Iran non ha smesso di trasferire armi alla Striscia di Gaza in vari modi”.
Come riportato pure nel comunicato stampa emesso dallo Stato Maggiore della difesa italiano, il ministro Ya’alon ha concluso il suo colloquio con Roberta Pinotti “sottolineando l’uso da parte dell’aviazione israeliana dell’aereo di addestramento (simulatore di volo) italiano M-346, non escludendo una possibile estensione”. Espressione criptica e assai ambigua quella della possibile estensione nell’uso dei 30 caccia M-346 “Master” acquistati dall’italiana Alenia Aermacchi (Finmeccanica) per formare i piloti dei cacciabombardieri dell’Aeronautica israeliana. “All’inizio i piloti apprendono come ingaggiare un singolo aereo nemico, poi si addestrano nel combattimento aria-aria contro caccia multipli e ad affrontare i missili terra-aria posseduti dagli Hezbollah, dalla Siria e dall’Iran”, ha spiegato il comandante della base aerea di Hatzerim, nel deserto del Negev, dove sono giunti i primi velivoli. “Il secondo stage addestrativo con gli M-346 ha affrontato scenari di guerra ancora più complessi, come l’intercettare un aereo passeggeri sequestrato o jet siriani che sono venuti a bombardare Tel Aviv o gli attacchi a lungo raggio che impongono tempi di volo prolungati”. All’orizzonte c’è di sicuro l’intenzione di convertire il caccia-addestratore made in Italy in velivolo d’attacco con tanto di bombe e missili aria-terra. “Dall’inizio del programma – spiegano i manager di Alenia – il velivolo M-346 è stato concepito con l’aggiunta di capacità operative, con l’obiettivo di fornire un aereo da combattimento multiruolo molto capace, particolarmente adatto per l’attacco a terra e di superficie o anti-nave, nonché le missioni di polizia aerea”.
Per suggellare l’amicizia bellica italo-israeliana, la ministra Pinotti si è incontrata pure con alcuni esponenti della società israeliana, docenti universitari e imprenditori, e ha visitato a Tel Aviv gli stabilimenti di IAI- Israeli Aerospace Industries, la principale holding industriale israeliana del settore aeronautico, missilistico e spaziale. Con un fatturato record nel 2014 di 3,8 miliardi di dollari, IAI ha progettato e prodotto i droni-killer “Heron”, molto simili ai famigerati “MQ-1 Predator” che gli Usa hanno trasferito nella base siciliana di Sigonella; il sistema missilistico superficie-aria a lungo raggio “Barak” e il sistema anti-missili balistici “Arrow”, elaborato quest’ultimo congiuntamente ai gruppi statunitensi Boeing, Lockheed Martin e Raytheon.
Successivamente Roberta Pinotti si è recata alla Knesset dove ha incontrato il presidente della commissione esteri-difesa Tzachi Hanegbi. L’1 marzo, a Gerusalemme, la ministra ha reso omaggio al Presidente dello Stato d’Israele, Reuven Rivlin. Tema del colloquio la lotta al terrorismo internazionale, su cui “Italia e Israele condividono la stessa veduta”, come ha dichiarato la ministra. A margine dell’incontro con Reuven Rivlin, la Pinotti si è soffermata con i giornalisti sull’emergenza immigrazione. “Non esiste una soluzione nazionale al problema della immigrazione in Europa, né si possono creare muri o barriere”, ha esordito. “Sono convinta che questo problema sia ancora gestibile nei suoi numeri rispetto alla grandezza dell’Europa, ma se non si sceglie una soluzione condivisa allora diventerà drammatico”.
Ue, agenzia Frontex e governo italiano guardano con molto interesse alla variegata produzione israeliana di sistemi militari-sicuritari di controllo e contrasto anti-immigrazione. Grazie alle risorse del Fondo europeo per le frontiere esterne, programma quadro 2007-08 contro i flussi migratori, la Guardia di finanza ha acquistato una decina di impianti fissi e mobili  EL/M-2226 ACSR (Advanced Coastal Surveillance Radar) realizzati dall’azienda Elta Systems Ltd. di Ashdod. Già impiegati dalle forze armate israeliane per la “vigilanza” di alcuni porti mediterranei, questi radar hanno una portata di oltre 50 chilometri e sono appositamente progettati per individuare imbarcazioni veloci di piccole dimensioni. La Guardia di finanza li ha destinati a implementare la Rete di sensori di profondità per la sorveglianza costiera in funzione anti-sbarchi di migranti in Sicilia, Puglia e Sardegna, ma sino ad oggi l’installazione delle postazioni fisse è stata bloccata in Sardegna grazie alle azioni di lotta e ai ricorsi al TAR dei Comitati No radar ed Italia Nostra. In Sicilia, il radar anti-migranti installato a Melilli (Siracusa) non ha ancora ottenuto l’autorizzazione all’accensione per l’alto pericolo di inquinamento elettromagnetico; di contro, due impianti EL/M-2226 ACSR sono stati attivati da qualche anno nell’isola di Lampedusa.