Raccomandazioni dei Vescovi USA e UE
sui negoziati del TTIP
di Reinhard Cardinal Marx e Joseph Edward Kurtz
Usa. Manifestazione contro il TTIP |
Prima
che il TTIP venga completato, concordato e ratificato, è essenziale intraprendere
un esaustivo esame costi/benefici sotto l’aspetto sociale ed ambientale. Tale
riesame dovrebbe prendere in considerazione non solo la teoria economica, ma
anche un’analisi obiettiva dei reali effetti del trattato sui cittadini, le
società e il pianeta. Questa disamina deve tener conto del potenziale impatto
del TTIP sui bisogni essenziali, sugli elementi fondamentali del benessere di
tutti i cittadini e sui diritti che offrano accesso ed opportunità per tutti.
Il TTIP deve contribuire al benessere di tutti i cittadini, specialmente di
quelli poveri. Tutti dovrebbero partecipare alle decisioni che impattano sulle
proprie vite. I presunti benefici devono essere equamente distribuiti, in modo
da non esacerbare le diseguaglianze. In sintesi, il TTIP deve portare ad un
mondo più sicuro e pacifico, piuttosto che accrescere le tensioni economiche e
politiche.
È pur vero che il
perseguimento di una politica per un futuro migliore per tutti, rispettoso dei
diritti delle generazioni presenti e future, non può realizzarsi mediante
un’eccessiva regolamentazione né attraverso una drastica deregolamentazione.
Accordi e trattati debbono sostenere il dinamismo sociale sia incoraggiando le
potenzialità creative della mente e del cuore, sia promuovendo una equa
partecipazione di tutti i membri dell’unica grande famiglia umana.
Quello che Papa Francesco
ha scritto ai paesi del G-8 nel 2013 si applica anche al TTIP: “Il fine
dell’economia e della politica è di servire l’umanità, a partire dai più poveri
ed indifesi” (Lettera al Right Honourable David Cameron, 17 giugno 2013). La
storia fornisce evidenza di come una crescita dei commerci e degli investimenti
possa realmente risultare benefica a condizione che venga strutturata in modo
da contribuire a ridurre, non ad esacerbare, le disuguaglianze o le
ingiustizie. Le politiche commerciali devono basarsi su criteri etici centrati
sulle persone nel perseguimento del bene comune per le nostre nazioni e per
tutte le genti sparse per il mondo. La negoziazione e l’applicazione di accordi
commerciali deve conformarsi ai principi che promuovono e difendono la vita e
la dignità umana, che tutelano l’ambiente e la salute pubblica e che promuovono
la giustizia e la pace nel mondo.
Certi principi devono
essere adottati per valutare qualsiasi proposta di trattato commerciale,
incluso il TTIP:
Sostenibilità e precauzione. I vescovi degli USA e dell’UE desiderano sottolineare
i principi di sostenibilità e precauzione. Una delle implicazioni del principio
di precauzione è che deve essere assegnata priorità alla prevenzione del danno.
Si deve pazientare nell’adozione di prodotti o procedure fino a quando non ci
sia evidenza scientifica che questi non causino danni significativi alle
generazioni presenti e future e non mettano a rischio l’ecologia della natura.
Tutela del lavoro. La dignità umana richiede quale priorità la tutela dei lavoratori e
dei loro giusti diritti. Sosteniamo i diritti dei lavoratori, incluso il
diritto ad auto-organizzarsi, così come la conformità agli standard lavorativi
concordati a livello internazionale. Qualsiasi accordo deve essere accompagnato
dall’impegno per l’impresa di assistere i lavoratori in malattia, così come le
loro famiglie e comunità, di far fronte alle tensioni sia sociali che
finanziarie legate alle delocalizzazioni che possono essere causate dal libero
commercio. Particolare attenzione deve essere posta nelle condizioni di
sicurezza nel lavoro, in un ragionevole orario di lavoro, nelle ferie, nel
salario familiare minimo, nonché in altri riconosciuti benefici sociali.
Popolazioni indigene. In ogni parte del mondo i vescovi cattolici
esercitano estensivamente il loro ministero tra i gruppi indigeni. Nel rispetto
del loro patrimonio culturale e in vista del loro sviluppo economico, il TTIP
deve rispettare il patrimonio di queste comunità indigene e condividere con
equità i benefici di qualsiasi commercio con gruppi nei quali si originano
saperi tradizionali e risorse naturali.
Migrazioni.
La nostra Chiesa ha da lungo tempo difeso il diritto delle persone a migrare
quando le condizioni nel paese di origine non sono sicure o non permettono di
provvedere a loro stesse e alle proprie famiglie. Se si vogliono ridurre le
migrazioni, siamo convinti che ciò deve essere attuato alleviando le condizioni
che spingono le persone a lasciare le loro terre natali. Qualsiasi accordo
commerciale o sugli investimenti dovrebbe essere definito in modo da assicurare
una riduzione della necessità ad emigrare.
Agricoltura.
I nostri fratelli vescovi qui e all’estero, assieme ad altri partner coi quali
lavoriamo, hanno espresso pesanti timori circa la vulnerabilità dei piccoli
produttori agricoli quando sono posti di fronte alla concorrenza di prodotti
agricoli che beneficiano di notevoli vantaggi grazie alle vigenti politiche e
ai sussidi dei loro governi. Qualsiasi accordo dovrebbe promuovere il settore
agricolo dei paesi in via di sviluppo e proteggere chi vive in aree rurali,
specie nel caso di piccoli produttori agricoli.
Sviluppo sostenibile e cura del Creato. La crescente integrazione economica a livello globale
contiene potenziali benefici per tutti i partecipanti, ma dovrebbe fare
qualcosa di più della semplice regolazione del commercio e degli investimenti.
Il legame essenziale tra la preservazione dell’ambiente e uno sviluppo umano
sostenibile richiede di porre attenzione prioritaria alla protezione
dell’ambiente e della salute delle comunità, inclusa l’assistenza a paesi
poveri che spesso mancano di conoscenze tecnologiche o di risorse sufficienti a
mantenere un ambiente sicuro. Gli accordi dovrebbero prevedere l’alleggerimento
dal peso dirompente del debito a carico di paesi poveri e il supporto ad uno
sviluppo che accresca l’affidamento su se stessi ed un’ampia partecipazione nei
processi decisionali. Il TTIP non dovrebbe consentire il commercio e
l’investimento in merci che possano compromettere il bene comune (quali le armi
illegali o le droghe).
Diritti di proprietà intellettuale. Siamo anche preoccupati per le clausole sui diritti
di proprietà intellettuale riguardo ai farmaci e all’agricoltura. Dobbiamo
tenere in conto la necessità di assicurare l’accesso ai medicinali e i
progressi nell’agricoltura per le popolazioni più esposte. La Chiesa colloca i
diritti di proprietà intellettuale all’interno del più vasto contesto del bene
comune ed è convinta che questi diritti debbano essere bilanciati con i bisogni
dei poveri. Il principio del bene comune non richiede solo la legittima tutela
dell’interesse privato ma anche che si tenga in conto il bene comune a livello
locale e globale. Gli accordi non possono essere instaurati od accettati
esclusivamente sulla base dei benefici per i contraenti nel quadro bilaterale.
Vanno anche tenuti in conto i benefici e i costi per soggetti terzi, in
particolare i poveri, gli indifesi, i giovani, gli anziani e gli infermi.
Meccanismi di risoluzione delle dispute. Ci poniamo interrogativi sul merito di richiedere per
le parti sovrane nei trattati internazionali di aderire ad un arbitrato
internazionale vincolante quale il forum per la risoluzione delle dispute, o
mediante il meccanismo di strutture per la risoluzione delle dispute
investitore-stato (ISDS) o attraverso corti internazionali sugli investimenti,
proposte di recente. Ambedue questi percorsi possono portare a vantaggi
indebiti per interessi commerciali disposti a sfruttare le regole dell’arbitrato
o dei sistemi giudiziari e ad un indebolimento di importanti standard sui
diritti ambientali, lavorativi e umani. Gli interessi privati non dovrebbero
far eclissare i beni pubblici. L’impatto sulla legislazione ambientale e
sociale, o sulle politiche per la salute, l’istruzione e la cultura deve essere
attentamente studiato. Una sproporzionata attenzione per l’armonizzazione o la
semplificazione regolatoria non possono costituire la base per arrivare a
compromettere adeguate normative sulla sicurezza, il lavoro, la salute e
l’ambiente adottate localmente da organismi confederali, statali o regionali.
Partecipazione.
È cruciale che tutte le persone abbiano voce in capitolo in decisioni che
riguardano le loro vite. La dignità umana richiede trasparenza e il diritto
delle persone a partecipare a decisioni che impattano su di loro. La
partecipazione va in particolare applicata per i negoziati del TTIP e per altri
accordi commerciali. Questi dovrebbero svolgersi in sedi pubbliche e attraverso
processi che assicurino che le voci provenienti dai settori più colpiti della
società possano essere ascoltate e i loro interessi riflessi in qualsivoglia
accordo dovesse venir fuori. Giustizia va applicata in ogni fase dell’attività
economica; i canoni della giustizia devono essere rispettati sin dall’inizio,
non appena il processo economico e politico viene alla luce, e no giusto in
conclusione o per caso.
In questa esortazione
apostolica, Evangelii Gaudium, Papa Francesco osserva: “La grande crisi
mondiale che colpisce la finanza e l’economia mette allo scoperto i loro
squilibri e, soprattutto, la loro mancanza di reale preoccupazione per i
bisogni umani; l’uomo è ridotto ad un unico bisogno: il consumo” (no. 55).
Il Papa Emerito Benedetto
XVI, nell’enciclica Caritas in Veritate, ha dichiarato: “L’economia ha bisogno
di un’etica per funzionare correttamente — non qualsivoglia etica, ma un’etica
che sia centrata sulle persone” (no. 45). Il nostro insegnamento pone le
persone — specialmente i più poveri ed indifesi — al primo posto. L’accordo
TTIP attualmente proposto deve essere giudicato con questi standard di alto
livello.
[per i
Vescovi della UE - Reinhard Cardinal Marx]
[per i
Vescovi degli USA - Most Rev. Joseph Edward Kurtz]