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sabato 13 agosto 2016

MONTREAL, CANADA: LE ALTERNATIVE 
AL LIBERISMO SI DISCUTONO
NELLA TANA DEL LUPO
di Vittorio Agnoletto

Montreal, 12 Agosto 2016.
Riflessioni sul Forum Sociale Mondiale che si sta svolgendo a Montreal.

Carissimi,
in questi giorni si sta svolgendo in Canada, a Montreal, il Forum Sociale Mondiale, il primo che si realizza nel nord del mondo. Il Canada ha rifiutato i visti d'entrata a molti attivisti; questo ha fatto scrivere a qualche giornalista di "scommessa persa". A mio parere invece, pur con i suoi limiti, il Forum al quale sto partecipando è di estremo interesse ed in particolar modo proprio per noi cittadini del nord del mondo. Buona lettura.
Vittorio

“Queste sarebbero le nazioni che pretendono di darci lezioni di democrazia? In verità l’occidente ha paura del confronto sulle idee e sulle nostre proposte. Noi siamo portatori di idee non di bombe” Questa la dura reazione di Aminata Traore’, attivista dei diritti umani, già  ministra della cultura del Mali. Sono oltre 250 gli attivisti e i dirigenti sindacali e dei movimenti sociali ai quali è stato rifiutato il visto per entrare in Canada per partecipare a Montreal al 12° Forum Sociale Mondiale. Nonostante una dichiarazione di protesta firmata da centinaia di associazioni di tutto il mondo non è pervenuta alcuna reazione da parte del governo canadese che mostra assoluta indifferenza alle critiche ampiamente riprese dai media.
Il numero esiguo di rappresentanti del sud del mondo sta modificando sensibilmente l’andamento del Forum; non c’è  dubbio che il tentativo di costruire, attraverso il primo Forum realizzato nel nord del mondo, un ponte tra le emergenze sociali dei due emisferi abbia subito un arresto. Tuttavia questo non significa il fallimento del Forum che si sarebbe trasformato in una “scommessa persa” come viene sostenuto ad esempio da Sara Gandolfi sul Corriere, uno dei pochi media mainstream di casa nostra che ha scritto sull’argomento. Anzi, paradossalmente questa obbligata e imposta pausa di riflessione, può aiutarci a riprendere il cammino con maggior forza.


Il Forum si trasforma
Il Forum nato a Poro Allegre 15 anni fa, nel 2001, pur dentro un approccio globale, leggeva il mondo attraverso uno sguardo al cui centro c’era il rapporto nord/sud con i temi della solidarietà  e della cooperazione internazionale, la denuncia delle politiche del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale in Africa, tutto questo letto con una forte sensibilità terzomondista. Sullo sfondo la discussione e l’analisi si ampliava al crescente dominio della finanza e al ruolo delle nuove istituzioni internazionali quali il WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Oggi la drammatica crisi sociale ed economica che investe tutto il mondo e in particolare modo l’emisfero nord-occidentale ci obbliga, se vogliamo essere realisti e credibili anche per i nostri concittadini, a puntare lo sguardo innanzitutto sui nostri territori, a sforzarci di trovare soluzioni idonee ad affrontare la pesante realtà del nostro quotidiano con proposte capaci di porre al centro anche nelle nostre nazioni i temi della redistribuzione della ricchezza, della giustizia sociale, della democrazia reale e quindi dell’accesso libero e generalizzato al sapere e alle nuove tecnologie.
Nel 2001 il 20% della popolazione possedeva l’80% della ricchezza, oggi l’8,7% possiede, secondo Credite Suisse l’85% della ricchezza globale. Questa concentrazione del potere economico sempre più nelle mani di pochi testimonia certamente un ulteriore impoverimento dei Paesi del sud del mondo, ma anche i tanti &sud& che si sono sviluppati nel ricco nord del paneta.
Questo non significa assolutamente ignorare la catastrofe economica, sociale ed umanitaria che travolge intere regioni del mondo, ed infatti i temi dell’emigrazione, dei rifugiati, dell’accapparramento delle risorse, delle terre e delll’acqua hanno grande spazio nelle discussioni che si sviluppano qui a Montreal. Significa avere uno sguardo globale ma partendo dalla consapevolezza della propria situazione.E questo oggi è l’unico modo serio per poter contribuire a modificare la situazione anche nel sud del mondo. Il Forum che si sta svolgendo a Montreal ci può,  seppure con i suoi limiti, aiutare a compiere questo percorso.


Da “Occupy Wall Street” al Forum
I soggetti che oggi hanno organizzato il Forum sono molto diversi da quelli che lo hanno fondato nel 2001: allora i protagonisti indiscussi erano la CUT, il grande sindacato brasiliano, i Sem Terra e via Campesina, le grandi organizzazioni contadine diffuse in America Latina, in Africa e in Asia; in collaborazione, ma in seconda fila, con Attac, l’organizzazione nata nel nord del mondo, in Francia, con l’obiettivo di tassare le speculazioni finanziarie. Era la fotografia di due attraversamenti, quello a cavallo dell’Equatore e quello tra i due millenni. 
Questa complessità permane tutta ed infatti  qui nel Forum vi sono importanti incontri sugli accordi commerciali internazionali tra via Campesina, e le organizzazioni dei coltivatori del Quebec e perfino le associazioni dei nativi di queste terre; ma gli organizzatori di questo Forum hanno alle spalle un’altra storia: provengono da “Occupy Wall Street”, dalle lotte studentesche contro la privatizzazione del sapere e per un web libero, dalla lotta contro i grandi oleodotti, contro le pipeline, dall’impegno per un’energia pulita, contro un modello di sviluppo energivoro fondato sui combustibili fossili.


Cambiare il pianeta partendo dalla nostra condizione
Sono giovani tra i 20 e i trent’anni, frequentano assiduamente il mondo del web, non portano sulle loro spalle il ‘900 ma conoscono, hanno sperimentato da sempre, il dominio della finanza e dei mercati sulle loro vite e hanno piena consapevolezza dell’assenza di una qualunque tutela sul loro futuro. Conoscono forse meno la storia coloniale, ma sanno tutto del WTO, del TTIP, degli accordi TRIPs sulla proprietà intellettuale e sui medicinali, organizzano campagne per la chiusura dei paradisi fiscali e per la messa al bando nella finanza dei &derivati&.
Frequentano le università ed hanno trascinato centinaia di loro professori al Forum dove li troviamo impegnati in dibattiti complessi. Cresciuti in un mondo dominato dalle multinazionali, hanno chiuso rigidamente la porta a qualunque offerta di sponsorizzazione avanzata da compagnie telefoniche, da catene distributive ecc.; consapevoli dell’importanza del ruolo delle istituzioni – sia da un punto di vista democratico che nella redistribuzione della ricchezza e nella gestione del welfare, il sistema di sicurezza sociale – hanno fatto di tutto per coinvolgerle nella preparazione e nella partecipazione ai dibattiti.
Ecco perché pur con tutti i limiti, il Forum che si sta svolgendo a Montreal, rappresenta comunque un’opportunità per chi, anche nel nord del mondo, non rinuncia a cercare delle alternative al dominio del sistema liberista.
Una pausa di riflessione con un profondo lavoro su noi stessi, per riprendere, con maggior forza un percorso condiviso con tutti coloro ai quali, qui a Montreal, è stata chiusa la porta in faccia.
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mercoledì 10 agosto 2016

TRA SOFFERENZA E MONNEZZA
di Fulvio Papi

Barbari a Roma
Come filosofo non ho certamente la conoscenza dei testi poetici che hanno gli esperti, tuttavia mi sento di azzardare che nella poesia là dove la rima appartiene alla stessa struttura del genere, o in quella, più prossima al nostro tempo, dove la rima può apparire secondo differenti occasioni, la parola “sofferenza” non compare facilmente. “Dolore” occupa di solito lo spazio poetico. Una ragione mi pare nel fatto che la rima di “sofferenza” è facilissima, ma ha un inevitabile suono cacofonico. Nel parlare comune “sofferenza” ha un ampio circuito semantico che, senza minimamente voler imitare le esplorazioni sulle parole di Joyce, evoca situazioni dell’esistenza che provocano pena, compassione, partecipazione. Quindi una grande ricchezza emotiva, per lo meno nel senso che Hume assegnava ai sentimenti. Mi pare che la parola “sofferenza” abbia due caratteristiche, complementari l’una all’altra: per un verso ha come prevalente un valore referenziale (sofferenza per), contemporaneamente ha un significato certo e plausibile quando si riferisce a un essere vivente in ogni suo aspetto. C’è una sofferenza umana per mille ragioni, c’è quella degli animali (dei quali gli studiosi hanno mostrato comportamenti assimilati a quelli di gruppi e tradizioni antropologiche), e vi è sofferenza nei vegetali come sanno bene tutti coloro che si occupano delle potature delle piante. Ma in tutti i casi occorre che la sofferenza abbia una relazione con un essere vivente, o, possiamo dire, con una forma di soggettività, anche se in questo caso il discorso diviene difficile.

Il fiero pasto...

Tuttavia i “padroni del linguaggio” possono fruire di un campo metaforico ad altri escluso, e quindi estendere l’uso di “sofferenza” a strutture inanimate con l’effetto di diffondere cognizioni strane, inesatte, o addirittura tali da rendere impossibile una comprensione a chi non abbia una grande esperienza dei giochi linguistici. In questo caso l’effetto ignoranza diviene una potentissima ideologia, tanto per dare torto a quelli che vedono il mondo ripulito da tutte le ideologie.
Adesso è comune per i “media” (che poi non sono “media” per niente poiché sono la forma diffusa della realtà) parlare di “sofferenza delle banche”. So che è un idioletto per esperti. E tuttavia dalle banche fiorentine, che hanno costruito una forma di civiltà, a quelle di cui parliamo oggi, ci sono state trasformazioni. Tuttavia l’essenziale è rimasto: le banche possono guadagnare e possono perdere.
Scendiamo al linguaggio realistico più comprensibile. Le banche “in sofferenza” sono quelle che hanno perduto parti cospicue del loro capitale che poi sono denari che le persone hanno affidato alla loro esperienza. Ora stando sempre all’essenziale, i casi delle banche che soffrono (ma la vera sofferenza è di altri) paiono tre. Questo è un elenco e non una teoria, e i tre casi possono essere accaduti nell’identità di luogo e di azione.
Pantheon, gli spiriti magni e la monnezza
1). Alcuni dirigenti, quale che sia il loro livello e i loro rapporti operativi, sono un club di incapaci. Non c’è da meravigliarsi più di tanto perché oggi vi è una proliferazione di incapaci che investe un’ampia area professionale, cui, va detto, corrisponde una parte esperta e impegnata, probabilmente meno nota. Nel caso delle banche si tratta di un uso imprudente dei prestiti, un’attività finanziaria da dilettanti o da qualcosa che assomiglia allo stile del “circolo dei nobili”. Costoro dovrebbero ritirarsi a vita privata, consentita di solito da liquidazioni che sembrano premi di una lotteria nazionale.
2). I dirigenti hanno dato denaro a personaggi privilegiati, poiché l’Italia è piena di potentati locali che sono uniti e solidali come non lo furono mai i nobili dal tempo delle signorie. È una questione di inciviltà che peggiora gravemente il mondo degli onesti che devono riparare, in un modo o nell’altro, questi soprusi con il proprio denaro (di chi è all’origine quello dello Stato?).
3). I dirigenti hanno gettato i denari del prossimo secondo elevate concordanze, interessi, sottintesi, ammiccamenti invisibili ma fulminanti, abitudini interiorizzate come l’obbedienza nell’esercito. Tutto un sistema di relazioni politiche e sociali che si riproduce spontaneamente.

Un quartiere di Roma

Tifosi bielorussi a Piazza di Spagna
Il più bello è che tutto questo è evidente, ci sono giovani giornalisti della tivù che fanno farfugliare scemenze a vecchi abituati da una volgare giovinezza alla falsità. E, allora, dov’è la scopa? A proposito di scopa, ormai da giorni la retorica elevata è dominata dalle immondizie che, a quanto pare, inonda le strade di Roma, senza che a nessuno o a nessuna azione si possa subito attribuirne la causa. Nella teologia classica siamo alla “causa sui” che, nel caso della spazzatura, vuol dire che essa cresce da sola, senza che alcuno ne provochi la causa. Un bel quesito logico da riportare sulla terra. Ma come e a chi?


martedì 9 agosto 2016

DESENZANO. IL TIGLIO E LA FOGLIA
di Angelo Gaccione


Un tiglio del lungolago di Desenzano mi ha regalato una foglia. Mi è caduta delicatamente in grembo, ero seduto su una panchina sotto la sua ombra a mirare i volteggi dei gabbiani. Era il 7 di agosto del Duemilasedici dell’Era post Volgare. Un’Era decisamente post e molto, molto volgare, in verità.
Erano le 15 e 20, come annotava la “cipolla”, e il cielo azzurro era spennellato qua e là da strisce bianche dalle forme più curiose.
Il lago cullava gli anatroccoli, la brezza muoveva le fronde e le chiome, i barchini gonfiavano le vele. Lo sguardo inseguiva i monti lungo l’intero profilo, e l’arco delle due penisole che si aprono per accogliere i traghetti. Virava, lo sguardo, fino alle punte estreme di Sirmione e Manerba, da sponda a sponda.
È di un giallo caldo la foglia. Rovesciata pare un cuore. La terrò dentro i fogli del taccuino come si usava una volta. Foglia fra i fogli.
“Grazie” io dissi al tiglio “per questo dono”.
Non c’è quasi più nulla di gratuito a questo mondo.

[Desenzano, 7 agosto 2016]

venerdì 5 agosto 2016

TURCHIA: FORSE NON TUTTO È COME CI VIENE RACCONTATO
di Vittorio Agnoletto


Ieri sera mentre seguivo in tv il tentato golpe in Turchia, una mia amica turca che vive tra l'Italia e Istanbul mi diceva, mentre ancora tutte le televisioni parlavano della disfatta di Erdogan; " Vedrai che il golpe fallirà. I militari avversari di Erdogan sono stati spinti ad uscire allo scoperto, sono stati illusi di potercela fare, finiranno sconfitti e sommersi da una marea di folla. Quelle immagini daranno ulteriore forza ad Erdogan che in tal modo potrà procedere ulteriormente ad un repulisti nell'esercito, ad una modifica della Costituzione e ad instaurare un sistema ancora più autoritario togliendo qualunque legittimità a chi tenterà di opporsi". In sostanza Erdogan avrebbe giocato d’anticipo stroncando un’opposizione che stava crescendo di giorno in giorno dentro all’esercito; l’ha bruciata e ora la annienterà. Un gioco complicato, ma che se così fosse, alla fine si sta mostrando vincente. Non so se quanto affermato dalla mia amica si realizzerà, so che quanto aveva predetto ieri sera, completamente controcorrente, fino ad ora si è realizzato. Per la Turchia il futuro prossimo appare sempre più nero e il destino dei curdi e di tutti i democratici che si oppongono al regime di Erdogan diventerà ancora più difficile, già nelle prime ore dopo il golpe sono stati rimossi oltre 2.700 giudici e il primo ministro non ha escluso l’introduzione della pena di morte; tutto questo nell’indifferenza e anzi con la complicità dell’UE che concede qualunque cosa ad Erdogan purché blocchi i disperati in cammino verso l’occidente. Ieri sera, come era già avvenuto in Egitto, abbiamo assistito allo scontro tra militari e forze autoritarie legate all’integralismo religioso; sembrano essere gli unici due protagonisti in grado di occupare tutta la scena, ovviamente con le alleanze e gli appoggi che ognuno dei contendenti si è garantito, di volta involta, tra i Paesi occidentali. La voce dei democratici non si sente, o comunque è sempre più flebile, repressa e ridotta ad un tragico, disperato lamento. La crescita dell’integralismo religioso con il corredo del suo spietato terrorismo, lo sviluppo dei populismi di destra in gran parte dell’UE hanno trovato spazio nella sconfitta dei movimenti altermondialisti e democratici che si sono sviluppati dal 2000 al 2011, dai Forum Sociali Mondiali, passando attraverso i movimenti del luglio 2001, alle grandi manifestazioni contro la guerra del febbraio 2003, fino ad arrivare alle primavere arabe del 2010/2011.



Noi siamo stati sconfitti. Chi, per difendere un mondo profondamente ingiusto dominato da una finanza rapace e da un enorme accumulazione di ricchezza nelle mani di un numero sempre più ristretto di persone, ha fatto di tutto per reprimere quei grandi movimenti di libertà, ha contribuito a determinare la situazione odierna. Che potrà essere modificata in profondità solo da nuovi, grandi movimenti di cittadini e di società civile organizzata sulle diverse sponde del Mediterraneo. Movimenti dei quali oggi non si vede nulla all’orizzonte. Ma è questo l’unico obiettivo per il quale ha senso lavorare. Se vogliamo uscire dall’inferno odierno.
NICOLINO LONGO
Poesie inedite


LA GIOIA PIÙ GRANDE

Se dopo morto  Un giorno assai lontano
sentissi
alla porta del Paradiso
una voce calda e suadente
che con birignao mi dicesse:
“Nìicolìiinooo/   Sòono Màarìiiaa”

Iooo
per la troppa gioia
cadrei fra gli angeli per terra:
sarebbe il cuore ad aprirti
e a farti entrare     E  a sette chiavi
a chiuderti in sé  per  sempre


SIAMO APPENA DEGLI UOMINI

Persino il geco che a dorso in giù
riesce a muoversi
orizzontalmente
nel cielo d’una stanza

ci ricorda
che lui sta sopra
noi sotto
nella gerarchia   degli esseri viventi


NELLA VITA

Prima ci si sposa
Poi ci si spossa


RAMI IN FESTA

Sono sempre le foglie e i fiori
sui rami     
a ricordare all’albero

che la sua
Durante l’inverno
è stata solo una morte apparente

LA MIA FAMIGLIA

È ormai da lungo tempo  
che la mia famiglia
è stata fatta a pezzi
dalla morte

Ma
a breve
sarà la morte stessa
a ricomporla facendone
dei pezzi l’assemblaggio al cimitero

martedì 2 agosto 2016

TISA (Accordo sul commercio dei servizi)
di Alex   Zanotelli   

                                                          

L’IDRA DALLE SETTE TESTE
Il profeta dell’Apocalisse descrive la Roma Imperiale come la BESTIA dalle sette teste che rappresentano i sette imperatori. Anche il nostro Sistema economico-finanziario è una Bestia dalle sette teste che sono i sette importanti trattati internazionali (NAFTA, TPP,TTIP, CETA, TISA, CAFTA, ALCA), siglati per creare un mercato globale sempre più liberista sotto la spinta delle multinazionali e della finanza che vogliono entrare nei processi decisionali delle nazioni.
I trattati che ci interessano più direttamente ora sono il CETA (Accordo Commerciale tra Canada e Europa), il TTIP (Partenariato Transatlantico per il commercio e per gli investimenti) e il TISA (Accordo sul commercio dei servizi). Il CETA sta per essere ormai approvato, nonostante le tante contestazioni soprattutto per certe clausole pericolose che contiene. Abbiamo però ottenuto una vittoria: il Trattato dovrà passare al vaglio dei Parlamenti dei 28 paesi della UE, prima di entrare in funzione. E questo ci fa sperare che venga così sconfitto.
Anche per il TTIP sia gli USA che la UE vorrebbero concluderlo entro la fine dell’anno. Infatti nell’ultimo round  di negoziati tenutosi a Bruxelles dall’11 al 13 luglio, i delegati erano concordi nel voler firmare il Trattato prima della fine del mandato di Obama. Ma l’opposizione al TTIP è forte negli USA sia da parte di Trump che di Hillary Clinton, ma anche in campo europeo, da parte di F. Hollande. La posizione del governo Renzi invece è sempre più schierata a favore dell’accordo. Ma è in crescendo in tutta Europa la resistenza all’accordo, soprattutto in Germania. Ma anche in Italia si sta rafforzando l’opposizione popolare, come abbiamo visto a Roma nella bella manifestazione del 7 maggio scorso. Questa resistenza al TTIP trova una nuova forza nell’intervento dei vescovi cattolici degli USA (USCCB) e delle Conferenze Episcopali Europee (COMECE) che hanno invitato i cattolici a valutare l’accordo sulla base di una serie di principi etici. “È cruciale che tutte le persone abbiano voce in capitolo in decisioni che riguardano le loro vite, scrivono i vescovi. La partecipazione va in particolare applicata ai negoziati del TTIP e per altri accordi commerciali. Questi dovrebbero svolgersi in sedi pubbliche e attraverso processi che assicurino che le voci provenienti dai settori più colpiti della società, possano essere ascoltate e i loro interessi riflessi… In qualsivoglia accordo devono venire fuori. “ È l’opposto di quanto avviene con il TTIP. Possiamo dunque sperare in una vittoria: è troppo presto per dirlo. Dobbiamo continuare a rimanere vigili.
Mi fa invece ancora più paura l’altra testa dell’idra: il TISA, il Trattato sul Commercio dei servizi, come scuola, acqua, sanità! Si vuole la privatizzazione di tutti i servizi. Purtroppo si conosce poco di questo trattato e se ne parla poco. I negoziati sono in corso a Ginevra in grande segretezza. Vi partecipano i delegati delle 28 nazioni della UE e di 22 altre nazioni tra cui USA, Canada, Australia e Giappone. Gli interessi e gli appetiti sono enormi perché solo negli USA i servizi rappresentano il 75% dell’economia. Mentre la UE è il più grande esportatore di servizi nel mondo con milioni di posti di lavoro. Ora sappiamo qualcosa di più delle trattative in atto tramite le rivelazioni di Wikileaks. Tra i documenti troviamo una lettera dell’ambasciatore USA M. Punke, vice presidente per il commercio degli USA che propone ai negoziatori delle regole per la gestione dei documenti TISA i quali dovrebbero rimanere segreti per cinque anni a partire dall’entrata in vigore dell’accordo. In base ai documenti rilasciati da Wikileaks le nazioni che aderiranno al TISA potranno darsi le loro regole per il ‘mercato dei servizi’, ma dovranno pubblicare con dovuto anticipo queste regole. Questo permetterebbe alle multinazionali di fare i loro giochi. Sulle aziende di Stato, il TISA prevede che queste non possono dare la preferenza ai fornitori locali. Per di più ogni Stato dovrà fornire agli altri una lista di tutte le sue aziende di Stato con tutta una serie di informazioni su di esse. Lo scopo fondamentale di tutto questo è quello di permettere alle multinazionali e alla finanza di mettere le mani sui servizi, dall’acqua alla scuola. “I negoziati stanno procedendo a passo veloce e le parti del negoziato sono impegnate a concludere le trattative entro quest’anno”, così afferma Viviane Reding, attuale relatore della UE ai negoziati TISA. Ho molta paura che con il TTIP in difficoltà per il momento (e questo anche grazie alla forte resistenza popolare), la Bestia non alzi l’altra testa , il TISA, il più pericoloso e minaccioso dei trattati in discussione. Rischiamo che i servizi fondamentali come quelli idrici, sanitari, educativi… finiscano nelle mani dei poteri economico-finanziari mondiali. Sarebbe la più grande vittoria del mercato globale. Non lo possiamo accettare. Dobbiamo tutti, credenti e laici, metterci insieme per dire No a questa Bestia dalle sette teste che vuole imporre il mercato globale neoliberista.
(Per informazioni: www.stop-ttip-italia.net)
Insieme ce la possiamo fare.


                                                                             
MERCATI BANDITI
Il mercato della sicurezza dei confini Ue vale 15 miliardi di euro all'anno. I profitti armati lungo le frontiere dell'Europa

La crescente militarizzazione dei confini dell'Unione europea ha alimentato i ricavi delle principali aziende di armamenti, da Airbus a Leonardo-Finmeccanica. Le stesse che sono impegnate nella vendita di sistemi militari in Medio Oriente. È il paradosso rivelato dal report "Frontiera di guerra. Come i produttori di armamenti traggono profitto dalla tragedia dei rifugiati in Europa" promosso dalla ong “Stop Wapenhandel”

Armi e dollari

Le frontiere europee hanno bloccato i migranti ma non i profitti delle principali aziende di armamenti. Anzi, la crescente militarizzazione dei confini dell’Unione europea -un mercato stimato in 15 miliardi di euro nel 2015 e che nel 2020 toccherà quota 29 miliardi di euro- ha alimentato i ricavi di quelle imprese già coinvolte nella vendita di sistemi militari al Medio Oriente. A rivelare il paradosso è il report “Border Wars: The Arms Dealers profiting from Europe’s Refugee Tragedy” (Frontiera di guerra. Come i produttori di armamenti traggono profitto dalla tragedia dei rifugiati in Europa) promosso dalla Ong olandese “Stop Wapenhandel”, pubblicato dal Transnational Institute (Tni) e rilanciato in Italia dalla Rete Italiana per il Disarmo. Nelle 60 pagine del report, l’autore Mark Akkerman, membro di Stop Wapenhandel, va oltre la retorica degli annunciati di programmi di “contrasto all’immigrazione clandestina” e misura, nome per nome, affare per affare, gli interessi dei colossi della sicurezza dei confini dell’Ue. Tra questi spiccano come detto aziende che producono sistemi militari del calibro di Airbus -64 miliardi di euro di ricavi nel 2015-, Leonardo-Finmeccanica (13 miliardi di euro il fatturato dello scorso anno), Thales, francese, 14,1 miliardi di euro a bilancio 2015, Safran e del gigante del settore tecnologico Indra. “Tre di queste imprese (Airbus, Finmeccanica e Thales) -evidenzia il rapporto- sono anche tra le prime quattro aziende europee esportatrici di sistemi militari: tutte sono attive nel vendere i propri sistemi ai paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, alimentando i conflitti che sono all’origine della fuga di intere popolazioni in cerca di rifugio. 



Tra il 2005 e il 2014, gli Stati membri dell’UE hanno autorizzato a queste ed altre aziende oltre 82 miliardi di euro di licenze per esportazioni verso Medio Oriente e Nord Africa”. Il sostegno economico alla Fortezza Europa non conosce austerità. Tra il 2004 e il 2020, infatti, l’Unione europea ha stanziato circa 4,5 miliardi di euro a favore di misure di sicurezza dei confini degli Stati membri. E l’agenzia di controllo delle frontiere Frontex, nata nel 2005, ha visto crescere il proprio bilancio del 3.688% al 2016, portato da 6,3 milioni a 238,7 milioni di euro. Inoltre, all’industria degli armamenti e della sicurezza sono state destinati gran parte dei finanziamenti di 316 milioni di euro messi a disposizione dall’Ue per la ricerca in materia di sicurezza. In materia di finanziamenti per la ricerca, peraltro, le aziende non europee ritenute meritevoli di riceverli sono tutte israeliane, in forza di un accordo del 1996 tra l’Unione europea e Israele. “Queste aziende hanno svolto un ruolo nel fortificare i confini di Bulgaria e Ungheria, promuovendo il know-how sviluppato con l’esperienza del muro di separazione in Cisgiordania e del confine di Gaza con l'Egitto -spiega l’autore del rapporto-. L’azienda israeliana BTec Electronic Security Systems è stata selezionata da Frontex a partecipare al laboratorio svolto nell’aprile 2014 su ‘Sensori e piattaforme di sorveglianza delle frontiere’: l’azienda vantava nella sua domanda di applicazione via mail che le sue ‘tecnologie, soluzioni e prodotti sono installati sul confine israelo-palestinese’”.




E intorno alle “frontiere di guerra” si sarebbe condotta anche una costante operazione di lobby. “L’industria degli armamenti e della sicurezza ha contribuito a definire la politica europea di sicurezza delle frontiere con attività di lobby e per mezzo delle abituali interazioni con le istituzioni europee per le frontiere e anche delineando le politica per la ricerca -si legge nel report-. L’Organizzazione europea per la Sicurezza (EOS), che comprende Thales, Finmecannica e Airbus, ha fatto pressioni per una maggiore sicurezza delle frontiere. Inoltre, molte delle sue proposte, come ad esempio la spinta ad istituire un’agenzia europea per la sicurezza delle frontiere, sono diventate politiche europee: è il caso, ad esempio, della trasformazione di Frontex in ‘Guardia costiera e di frontiera europea’ (European Border and Coast Guard - EBCG). Infine le giornate biennali di Frontex/EBCG e la loro partecipazione a tavole rotonde sul tema della sicurezza e ai saloni fieristici dedicate ai sistemi militari e alla sicurezza garantiscono una comunicazione regolare e una naturale affinità per la cooperazione”.


 “Purtroppo non è stupefacente vedere anche Finmeccanica-Leonardo tra i principali destinatari di questa enorme massa di fondi -riflette Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo– grazie ai quali l'azienda controllata dallo Stato italiano può accrescere il proprio fatturato. Mentre, al contrario, sarebbero necessari investimenti di tutt'altra natura per ottenere soluzioni vere alle dinamiche migratorie attuali. Fin da subito la nostra Rete ha commentato negativamente la crescita dei fondi per una risposta meramente muscolare e di controllo (comunque impossibile) delle frontiere. Una scelta che è ancora più miope ed insensata se si va a considerare l'enorme numero di profughi che stanno scappando dalle guerre alimentate dalle armi prodotte e vendute da queste stesse industrie militari”.



PER RIMANERE UMANI
CHIARA PASETTI SEGNALA AI LETTORI DI ODISSEA


La Tosse di Genova sotto il cielo stellato di Apricale
Dal 5 al 15 agosto, ogni sera alle ore 21 nel suggestivo scenario del borgo medievale di Apricale (Imperia), la 27ª edizione del Festival  “… e le stelle stanno a guardare” ospiterà in prima nazionale La macchina del tempo, uno spettacolo di Emanuele Conte e Amedeo Romeo (da un’idea di Marco Lubrano, che ha collaborato ai testi insieme a Alessandro Bergallo); regia di Emanuele Conte, in scena gli attori del Teatro della Tosse di Genova. Fra le bellissime piazze e le vie del borgo di Apricale lo spettacolo itinerante porterà gli spettatori a viaggiare nei secoli alla scoperta dei momenti cruciali della storia e dei protagonisti geniali e bizzarri che l’hanno segnata in modo indimenticabile. I vicoli di Apricale, che da tante direzioni affluiscono alla piazza, saranno trasformati in magiche porte che si apriranno sul passato. Quando, d'estate, il tempo del lavoro e della vita frenetica si ferma per un istante, quale occasione migliore per una riflessione e un viaggio nel tempo, insieme ai bravi attori della Tosse?...

Per info e prenotazioni: ufficiostampa@teatrodellatosse.it. 
AMORE CIECO


Per me non esistono le stagioni, i colori dei fiori, il verde novello delle foglie a primavera o il candore bianco della neve che ricopre i tetti a gennaio. Un’estate ho vissuto una favola, il meglio delle favole: la storia di noi due. L’estate stupenda si sa è un breve gioco e mi ha regalato un settembre malinconico. È finita la canzone di due amanti. La strada della vacanza ci ha divisi; è calata l’oscurità sui miei occhi e nell’anima. Sono cose che succedono.
Improvviso un vivo bagliore, come il grigiore temporalesco di giornata agostana, tutto mi è chiaro, mia nonna e mia moglie, le donne che più ho amato nella mia vita, in un tutt’uno solido e indissolubile d’amore.
Tiziano Rovelli