LO SGUARDO PRESBITE
di Fulvio Papi
Qualche volta, persino come filosofo, dubito
del mio modo di pensare, soprattutto mi sembra, come tutti, di non tener conto
dell’imprevisto. A questo riguardo gli atteggiamenti sono due: o non ci si
pensa nemmeno e sarà come sarà, o si proiettano nel futuro le condizioni del
presente e se ne ricavano immagini intellettuali di tipo previsionale che, al
minimo, devono condurre con sé un grande interrogativo. Confesserò che un
pensiero di tale natura continua a tornarmi nella mente e, forse,
condividendolo, con qualche lettore, finirà coll’apparirmi più chiaro.
Secondo i demografi nel giro di qualche decennio la
popolazione mondiale potrà raggiungere i nove miliardi di persone, una cifra
imparagonabile a quei due miliardi di persone scarsi che hanno costituito
l’ambiente antropologico di quella che chiamiamo comunemente “la nostra
storia”. Ora anche limitandoci al quadro europeo, molto limitato, ma quello
che, per lo più, costituisce l’elemento materiale della nostra riflessione,
questa è la situazione che si può immaginare. Il problema del lavoro sarà
probabilmente più difficile, è troppo parziale parlare solo di investimenti,
perché, in ogni caso, bisogna anche dire per produrre cosa, a che costi
produttivi, e per quale mercato. E qui le cose si complicano in un quadro in
cui mercato e produzione sono di proporzioni mondiali. D’altro canto molto
spesso abbiamo notizie intorno all’ulteriore sviluppo tecnologico delle
condizioni del lavoro. Attraverso la conoscenza di una lunga tradizione
sappiamo che quanto più l’apparato tecnologico governa le condizioni del
lavoro, tanto più è necessario un sapere operativo da parte dei lavoratori. E
nello stesso tempo gli addetti necessari sono inferiori, anche se, ovviamente
questo processo non è eguale per ogni settore produttivo. Ma nel complesso,
contrariamente a quello che si sosteneva tempo fa, gli occupati nell’insieme
dei servizi tecnologici non assorbono tutta la forza lavoro precedente,
nonostante gli eventuali processi di riqualificazione.
Herbert Marcuse |
Il filosofo tedesco-americano Marcuse, circa
quarant’anni fa, scrisse un libro in cui sosteneva che il sistema delle
macchine avrebbe richiesto meno tempo lavorativo e le persone, liberate da
quella necessità, avrebbero potuto godere di una vita simile a uno stile
ludico, per stare nei classici, di stile schilleriano. Non è successo, almeno
pare, niente del genere. A meno che non si possa prendere l’affollamento dei
giovani entusiasti ai concerti dei “poeti” popolari del nostro tempo, e paragonarlo
a quanti di essi hanno, o stiano per avere, un proprio lavoro, piuttosto che
dipendere da altre risorse lavorative o, addirittura, pensionistiche.
Un’impresa però che si può solo immaginare. In ogni caso rimane la sproporzione
tra la forza lavoro, anche qualificata, e la possibilità numerica del suo
impiego. Naturalmente ci sono lavori, visibili anche oggi, che, come altrove,
sono riservati alla popolazione povera, come quella dispersa nella “grande
Londra” o quella collocata nella periferia di Parigi. Ma non è affatto una
situazione così pacifica come venti o trent’anni fa, come tutti sanno possono
nascere situazioni esplosive. Il dislivello e la sproporzione tra lavoratori e
disoccupati sarà destinata a rimanere o ad aumentare, almeno se il disegno
tracciato è plausibile. Inoltre ricordiamo che previsioni scientifiche secondo
cui il riscaldamento globale provocherà un aumento della superficie delle
acque, renderà necessario l’esodo di un miliardo di uomini. Come pensare il
lavoro in quelle condizioni, e come pensare un equilibrio internazionale capace
di governare una crisi di quelle proporzioni, se ora, di fronte a problemi seri
ma meno rilevanti, non si riesce a trovare una equa soluzione?
Un caro amico di altri tempi mi diceva spesso che ero
presbite, vedo da lontano o credo di vedere da lontano, ma sono in difficoltà
con le cose vicine. O non sarà piuttosto che le forme dominanti di
comunicazione che sono diventate “il mondo”, hanno distrutto il tempo? ***
PER RIMANERE UMANI
A Settimo Milanese con Bracigliano
presentano Russo e Gaccione
La locandina dell'incontro |