MILANO
PIAZZA DEL DUOMO
I
FUNERALI LAICI DEL “GIULLARE”
di Angelo Gaccione
“E sempre allegri dobbiamo stare
ché il nostro
piangere fa male al Re,
fa male al Re e al
Cardinale
diventan tristi se
noi piangiam…”
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Milano. Piazza del Duomo. Veduta dei funerali di Dario Fo |
Ha avuto i funerali
laici che aveva predisposto e che di sicuro si era immaginato. Forse non aveva
previsto solo che la sua bara sarebbe stata esposta sul sagrato della
Cattedrale, lui dichiaratamente ateo, di quella piazza dove aveva più volte
parlato. Un funerale pubblico com’era doveroso, perché non c’è stato in questi
ultimi sessant’anni, personaggio più pubblico di Dario Fo. Si può dire, senza
tema di essere smentiti, che la sua vita sia appartenuta quasi interamente allo
spazio pubblico, a quanto dentro lo spazio pubblico si muoveva e si determinava.
Dunque è stato giusto che la sua morte fosse quanto di più pubblico possibile.
Nessuna parola alle autorità, che pure erano presenti: la coerenza prima di
tutto e fino in fondo. Ma la musica quella sì, lui l’avrebbe voluta, la musica
allegra, scanzonata, da circo, da teatro popolare, quella che anche lui spesso
usava nei suoi spettacoli, quella surreale, ironica, canzonatoria, apparentemente
illogica, e a cui prestava le sue parole, perché di parole messe in musica ne
ha scritte tante. E il canto: quello di dolore e di rivolta, e li ha avuti
tutti e due. Alla “Banda degli ottoni a scoppio” con i loro strumenti a fiato
che alle manifestazioni milanesi non mancano mai, anche loro un po’ surreali,
un po’ clown e un po’ lunari, abbiamo unito le nostre voci e i nostri canti
allegri, irriverenti, politici.
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Lo striscione de "Cantiere" per Dario Fo |
Gli abbiamo dato l’ultimo saluto come da noi si
aspettava, e la pioggia che ci ha flagellati per tutto il tempo della
cerimonia, nulla ha potuto contro la nostra caparbia volontà di stringerci
attorno alle sue spoglie. Una fetta significativa della Milano antifascista e
non moderata, era in quella piazza. Non ho visto bandiere rosse, ne ho visto un
paio rosse e nere degli anarchici, e non c’erano striscioni, se non quello dei
giovani del “Cantiere” e quello dei “Compagni del Movimento”. Ma dei giovani
hanno distribuito un volantino con questa sua frase: “Il moderato chiude un occhio sulle speculazioni edilizie” e sotto
un hashtag con la firma “Io non sono
moderato”. I milanesi sanno quanta speculazione edilizia c’è stata in questa
città, e quanto suolo si sono divorati le grandi lobbies del cemento per
convertirlo in capitali. Noi non l’abbiamo dimenticato, noi continueremo ad essere
“non moderati”. Come lui.