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martedì 10 gennaio 2017

LA RICCHEZZA COME DISORDINE E COME CRIMINE
di Angelo Gaccione

Dietro ogni grande fortuna c’è il delitto
Honoré De Balzac




Non c’è rapporto internazionale che non ci riveli, crisi o non crisi, come la ricchezza mondiale sia cresciuta in modo impressionante. Il rapporto Oxfan già nel 2013 annunciava che la ricchezza finanziaria nel mondo, era arrivata a 152 mila miliardi di dollari, mentre il Credit Suisse alla fine del 2015, fissava l’ammontare a 250 mila miliardi di dollari. Tutti i dati a nostra disposizione ci dicono che la ricchezza cresce e cresce in modo smisurato, e che ad avvantaggiarsene è una ristretta aristocrazia. Di questa, appena 85 privilegiati, che sono i più ricchi dell’intero pianeta, possiedono una ricchezza pari al reddito di 3,5 miliardi di persone, vale a dire, alla metà della popolazione più povera del mondo. Circa la metà della ricchezza mondiale è già in mano all’1% della popolazione del mondo, e nel 2016 l’1% della popolazione mondiale era più ricca del restante 99%. Se volete rendervi conto di che cosa stiamo parlando e volete farvi due calcoli alla svelta, potete rapportare questo 1% di ricchi che ha in mano metà della ricchezza del mondo, ai 7 miliardi e 470 mila persone che costituivano la popolazione mondiale a fine dicembre del 2016, quando ho cominciato a mettere mano a questo scritto. Nel 2030, allorché il flusso demografico mondiale arriverà a 8 miliardi e mezzo (a tale cifra è stimata la crescita per quella data, ma c’è da scommettere che sarà ancora più alta per effetto della revoca del figlio unico in Cina), i poveri subiranno un ulteriore incremento e un ulteriore spaventoso incremento subirà la ricchezza saldamente concentrata in poche mani, alimentando il criminale divario. Per darvi un’idea di che cosa è avvenuto, vi basti questo esempio: in Russia il 35% della ricchezza del Paese è in mano a 110 persone. Questo vale per tutti i grandi paesi sviluppati dell’Occidente, ed il rapporto diventa ancora più stridente se si prendono in esame nazioni come la Cina, l’India, i paesi cosiddetti emergenti e quelli produttori di petrolio. Ricchezza che non riguarda esclusivamente la liquidità finanziaria (già di per sé smoderata), ma il possesso di impianti produttivi e industriali di ogni ordine e natura, il monopolio nei settori fondamentali e strategici (estrattivi, energetici, telematici, militari, farmaceutici e della ricerca più avanzata), e in quelli più odiosamente speculativi: bancari, assicurativi, ecc. 


Questa oscena vampirizzazione privatistica, si estende persino a beni e risorse che dovrebbero essere protetti dal sigillo della inalienabilità, tanto sono consustanziali alla natura primigenia degli esseri umani e alla loro esistenza: sto parlando di terre coltivabili, pascoli, boschi, bacini fluviali e così via. Questi dati ci dicono in maniera inequivocabile che una esigua minoranza si è impossessata delle risorse di gran parte del genere umano, e che questa tendenza è inarrestabile. Che miliardi di persone sono tenute in ostaggio. Che tutto questo si è verificato in un tempo relativamente breve. Che nessuna delle rivoluzioni che si sono succedute, da quella francese in poi, ha funzionato da monito e da deterrente. Che nessuna delle dottrine egualitarie e dei credi religiosi di fraternità, hanno potuto impedirlo. Che gli Stati nazionali, i Parlamenti e le élites politiche, hanno funzionato da semplici sovrastrutture giuridiche conniventi o impotenti, di fronte alle ristrette lobbies delle economie mondiali. Che se una tale spaventosa ricchezza ha potuto concentrarsi in così poche mani, e se un’altrettanta spaventosa miseria ha potuto diffondersi in maniera così vasta, è segno che il popolo come entità storica, come citoyen cosciente della sua forza, ha abdicato alla sua volontà e alla sua sovranità, per farsi spettatore passivo della sua spoliazione e della sua miseria. Resta da fare un’ultima messa a punto: una doverosa correzione lessicale che attiene agli ambiti intellettuali e della cultura. È da questi ambiti che il vocabolo anarchia ha subìto la connotazione negativa di disordine. Occorre rimediare: è il vocabolo ricchezza che si è rivelato invece fattivamente e fattualmente il più spregevole, e che, nella sua più tangibile verità, si connota come disordine e come crimine. 
Se ne prenda atto.