Tremestieri.
Il grande porto
dall’insostenibile
impatto ambientale
di Antonio Mazzeo
Come realizzare un’opera
insostenibile dal punto di vista ambientale, convertendo le legittime
aspirazioni di una città di liberarsi dal transito dei mezzi pesanti in un business
milionario per le aziende post-tangentopoli e i progettisti del consumo di
territorio. Accade a Messina con la “Piattaforma logistica
intermodale con annesso scalo portuale di Tremestieri” (la prima tranche
di lavori, già appaltati, prevede una spesa pubblica di 73 milioni di euro): un
intervento con devastanti effetti sui fondali e la fragile costa a sud della
città peloritana, ultrasensibile ai sismi e alle correnti marine e che
ripropone quasi tutte le criticità e le vulnerabilità dello scongiurato Ponte
sullo Stretto. E non poteva essere diversamente, del resto, dato che ad
occultarne o mistificarne la violenza sul territorio ci sono stati anche certi
teorici della sostenibilità della megainfrastruttura per l’attraversamento
stabile tra Scilla e Cariddi.
“La
Valutazione di Impatto Ambientale già effettuata per il costruendo porto di
Tremestieri è da ritenersi datata, carente ed inidonea ad affrontare i problemi
di un’opera complessa e costosa in un territorio di alta fragilità, terrestre e
marina”, scrivevano i rappresentanti di tre tra le maggiori associazioni
ambientaliste nazionali (Man - Associazione Mediterranea per la Natura, Italia
Nostra e Wwf) in un documento inviato il 28 luglio 2015 ai ministri dei
Trasporti e infrastrutture Graziano Delrio, e dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
“Condividiamo la necessità di spostare il traffico pesante fuori dall’area
urbana, ma non possiamo condividere scelte non ponderate, quale quella
dell’ampliamento del porto di Tremestieri. In attesa di una corretta e
approfondita verifica dei suoi reali costi ambientali, sociali ed economici,
nel breve, medio e lungo termine, ci preme chiedere che venga riavviata una
nuova e approfondita istruttoria sull’impatto ambientale del nuovo progetto:
senza di essa, saranno vanificate le notevoli somme che si intendono investire
senza risolvere il problema dell’attraversamento del traffico pesante”. Alla
richiesta di Man, Italia Nostra e Wwf veniva allegata un’accurata
documentazione scientifica con le numerose osservazioni critiche al progetto
che le tre associazioni avevano già inviato nei mesi di aprile, luglio e
settembre 2014 alla Commissione VIA-VAS (valutazione impatto ambientale e
valutazione ambientale strategica) del Ministero dell’ambiente, ma che tuttavia
veniva colpevolmente e integralmente ignorata dalle autorità di governo, dalla
stramaggioranza delle forze politiche e sociali e dalla stessa amministrazione
comunale guidata dal NoPonte Renato Accorinti.
“Il
porto attuale di Tremestieri che oggi si vorrebbe ampliare, è stato realizzato
in procedura di emergenza, ha rivelato oggettivi limiti di praticabilità e ha
innescato fenomeni di erosione costiera estremamente gravi”, spiegavano Man,
Italia Nostra e Wwf. “Si interra ad ogni forte sciroccata e per riattivarlo si
investono ingenti somme pubbliche, fino alla successiva sciroccata che interra
nuovamente il bacino portuale. Il nuovo porto verrebbe realizzato in un’area ad
alto rischio idrogeologico (un aspetto gravemente sottovalutato dai
progettisti), a sud dello scalo attuale che si è dimostrato inidoneo ad
assorbire il traffico dell’attraversamento dello Stretto. L’infrastruttura
interferisce con lo sbocco di ben tre fiumare (Guidara, Canneto o Palummara,
Farota), nell’ambito territoriale interessato dalla drammatica alluvione del 1°
ottobre 2009, dove è altissimo il rischio di nuove alluvioni, per conformazione
geomorfologica ed esposizione. Per le tre fiumare, sono previsti ulteriori
regimazioni e intubamenti, oltre a vasche di raccolta, a monte, del materiale
detritico che precipiterebbe con le piogge dai monti sovrastanti”.
Le
associazioni evidenziavano inoltre come nella stesura del progetto definitivo
dell’impianto portuale di Tremestieri non si sia tenuto conto delle mappe
prodotte dall’ENEA nel febbraio 2013 (su commissione del Comune di Messina) e
relative al rischio di erosione, suscettibilità a innesco di crolli, colate
rapide, scorrimenti rotazionali e traslazionali nella zona sovrastante l’area
di progetto. “Nessuno, nell’iter del 2014, ha poi preso in considerazione
quanto già riportato nel parere del 2011, in relazione alla possibilità che la
discarica illegale a monte della fiumara Guidara (materiali e rifiuti
pericolosi) possa riversarsi sul torrente e arrivare alla foce”, aggiungono
Man, Italia Nostra e Wwf. “Nessuno può escludere che possa piovere come e/o più
del 1° ottobre 2009, che le vasche di raccolta del materiale detritico siano
insufficienti e che dove si vorrebbe realizzare il nuovo porto, non possa
riversarsi una valanga di fango e detriti”.
Cambiano gli ingredienti
ma i disastri son gli stessi
All’indice
degli ambientalisti pure le notevoli differenze nei materiali previsti per la
realizzazione del nuovo porto, proposte il 30 luglio 2014 dalle imprese che si
sono aggiudicate la gara d’appalto (l’associazione temporanea guidata dalla
Nuova Coedmar Srl di Chioggia, mandante il Consorzio Cooperativo Costruzioni
CCC di Bologna). “Sono subentrate modifiche dei materiali in termini di
percentuale e tipologia, senza una verifica approfondita, nonostante si
intervenga in una zona a rischio sismico di livello 1”, spiegano le
organizzazioni. “Per il molo foraneo il nuovo progetto prevede un incremento
del conglomerato cementizio del 12,33% e del 100% del materiale di scogliera e
del conglomerato bituminoso (nel progetto 2011 non era riportato nulla in
proposito); per le banchine di riva, si riduce del 78,71% l’impiego di acciaio,
mentre il conglomerato cementizio cresce del 31,73%, il materiale di scogliera
del 43,22% e il conglomerato bituminoso del 100%. Per gli interventi sui
torrenti si registra una diminuzione rispetto al 2011 del 393,73% del
conglomerato cementizio, del 144,92% dell’acciaio e del 43,14% del materiale
arido e, di contro, un lieve aumento del pietrame (11,84%). Chi può escludere
che il cambio di materiale proposto spontaneamente dal proponente, può essere
sufficiente a garantire che nulla accada in ambito portuale in caso di piogge
eccezionali, stante quanto già affermato nel parere del 2011 e quanto riportato
dalle mappe dell’ENEA del 2013?”.
Le
associazioni ambientaliste lamentano pure l’elevata criticità in termini di
approvvigionamento delle risorse idriche necessarie sia in fase di cantiere che
di esercizio (a regime, secondo i progettisti, il porto di Tremestieri
consumerà 500 m/c d’acqua al giorno), quantità difficilmente reperibili senza
che si aggravi ulteriormente la situazione nei siti di prelievo per l’area
urbana di Messina dell’Alcantara e Fiumefreddo. “I dati sulla dinamica costiera
non sono aggiornati (risalgono al 2008), nonostante già poco tempo dopo la
realizzazione del porto attuale (2006) vi fossero, anno dopo anno, evidenti
correlazioni tra l’erosione gravissima sia a sud che a nord della nuova
infrastruttura portuale”, denunciano Man, Italia Nostra e Wwf. “E’ del tutto
evidente che un nuovo porto avrà l’effetto di deviare l’energia dell’onda,
abbattendosi altrove e innescando anche a distanza effetti drammatici per le
popolazioni (attualmente a Galati, a sud del porto attuale, il mare è arrivato
dentro le case). Nel parere del 2011, si legge tra le diverse prescrizioni
della Regione Sicilia relative alla costa che lo studio dell’evoluzione
morfologica della linea di costa in fase di progettazione esecutiva dovrà
essere aggiornato tenendo conto delle proposte progettuali formulate dalla
società proponente. Nell’istruttoria 2014, non risulta alcun aggiornamento e
per quanto non si tratti ancora di progetto esecutivo, ci si sarebbe aspettati
che quanto accaduto negli anni potesse indurre a richiedere un corretto e
necessario aggiornamento della situazione, portando alla non esclusione da
nuova procedura VIA”.
Valanghe di detriti da
scaricare in mare
Pesantissimi
i rilievi inerenti la movimentazione dei materiali di scavo e il loro
successivo utilizzo per gli interventi di “ripascimento” della costa. I
progettisti prevedono di utilizzare l’intero quantitativo di materiale di
dragaggio, stimato in 711.200 mc per il ripascimento nello Ionio (Stretto di
Messina). In precedenza era stato previsto di riversare i materiali di scavo
(stimati in 850.000 mc) in entrambi i versanti, ionico e tirrenico (in località
Santo Saba), ma la seconda opzione è abbandonata nel 2014 per la gravità degli
effetti ambientali previsti nell’area. Con il progetto definitivo di Nuova
Coedmar e CCC di Bologna, tutti i materiali di risulta saranno collocati nella
zona in erosione a nord del costruendo porto (la lunghezza dell’area di
ripascimento si estende così a circa 2.900 metri contro i 2.000 di prima),
mentre il quantitativo di massi in calcestruzzo passa da 293.937 a 327.596
tonnellate. “Come già evidenziato nel parere rilasciato nel 2011, già dopo tre
anni lo stesso intervento non sarà più in grado di trattenere il materiale
solido accumulatosi e quindi, a porto nuovo realizzato, si dovrà continuare a
dragare e a buttare a nord, il materiale dragato”, rilevano gli ambientalisti.
“Non è chiaro a carico di chi sarebbe un intervento ineludibile e necessario
sia per il funzionamento del porto che per la salvaguardia della costa a nord,
non considerando al momento quanto sta ancora accadendo a sud, in termini di
erosione”.
Ovviamente
anche relativamente agli impatti sulle delicatissime biocinesi e sulle specie
marine protette che deriveranno dal raddoppio della quantità dei materiali di
scavo, non c’è traccia negli “studi” accettati dalla Commissione tecnica
VIA–VAS del Ministero dell’ambiente. “Inevitabili gli effetti a breve, medio e
lungo termine anche nel settore della pesca, oltre ad un possibile incremento
dell’erosione costiera, per l’inevitabile scomparsa anche a distanza, delle
praterie di Posidonia oceanica, unica vera difesa naturale contro il potere
erosivo dell’energia dell’onda”, spiegano Man, Italia Nostra e Wwf. “Solo per
far comprendere l’enorme impatto che avrebbe la previsione di gettare in mare
711.000 mc, si ricorda che il materiale caduto in occasione dell’alluvione del
2009 è stato stimato in 80.000 mc e ha distrutto interi tratti di mare anche a
grandi distanze. Nel caso del nuovo porto, si tratterebbe di quasi 10 volte la
quantità di materiale caduta per eventi naturali, con l’aggravante ulteriore
che verrebbe dispersa per mesi e mesi di lavorazione e con l’aggiunta di
ingentissimi quantitativi di massi per il ripascimento protetto”.
“In
ultimo, preme segnalare che per il progetto che ha effetti diretti e indiretti
su un sito protetto dalla Ue (ZPS ITA030042) è stato sottoposto nel precedente
iter, solo la procedura di Screening e non a corretta Valutazione di Incidenza,
contrariamente a quanto affermato nel parere della Commissione VIA-VAS del
Ministero dell’ambiente del 2014”, scrivono le associazioni. “Non si
considerano ovviamente le specie di uccelli nel formulario Natura 2000 che
svernano sullo Stretto di Messina (che subirebbe effetti negativi) o che lo
utilizzano come area trofica tutto l’anno. Così nella valutazione non v’è
traccia del flusso migratorio imponente, notte e giorno (4 milioni e 300 mila
individui censiti da radar, di notte in un solo mese e mezzo nel 2006), di
habitat fondamentali per la loro sosta, di impatto di luci, di alterazione
delle catene trofiche come conseguenza del particolato, delle torbide, dei
sedimenti, dell’alterazione delle biocinesi marine a seguito e della fase di
cantiere e di esercizio”.
Dopo
che nell’agosto del 2010 fu aggiudicata la gara d’appalto per la realizzazione
del primo stralcio funzionale della Piattaforma logistica intermodale e dello scalo di Tremestieri, la
società vincitrice Sigenco SpA ha proceduto a sottoporre a VIA il proprio progetto
definitivo; lo studio di impatto ambientale fu esaminato ed approvato con
alcune prescrizioni dal Ministero dell’ambiente il 18 luglio del 2011. La
valutazione di impatto ambientale dell’opera fu eseguita in realtà dalla
Interprogetti Srl di Roma (presidente l’ing. Sergio Pittori, amministratore
delegato l’ing. Marco Pittori), società d’ingegneria con un ampio portafoglio
lavori per conto della CMC di Ravenna, dell’Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare e dell’Autorità portuale di Gioia Tauro e che nel 2012 si è
aggiudicata la gara per la progettazione esecutiva del porto di Sant’Agata di
Militello (Messina). Interprogetti, nello specifico, nel 2010 commissionò alla
S.I.A. Società Italiana per l’Ambiente Srl (società di consulenza in campo
ambientale attiva in Italia e all’estero, presidente l’ing. Giuseppe Marfoli)
lo “studio della possibilità di ripascimento tramite materiale dragato nei siti
di Tremestieri e San Saba”. Due anni più tardi, ancora Interprogetti e Sigenco
affidavano a S.I.A. il progetto di “monitoraggio ambientale relativo alla costruzione
della piattaforma logistica intermodale e del nuovo scalo marittimo di
Tremestieri”.
A
seguito di un ricorso in sede amministrativa, la gara d’appalto fu assegnata
all’associazione temporanea Nuova Coedmar – CCC. Nell’estate 2013, le nuove
aggiudicatarie furono invitate dall’amministrazione comunale di Messina ad
acquisire la valutazione di impatto ambientale sul proprio progetto definitivo.
La procedura di assoggettabilità a VIA veniva avviata nel marzo 2014; sette
mesi più tardi, però, il Ministero dell’ambiente giudicava non necessario
l’espletamento di una nuova procedura integrale di valutazione ambientale per
le “minime” differenze tra i due progetti presentati da Sigenco e Nuova
Coedmar. Peccato però che lo stesso Ministero rilevava come il progetto
predisposto dalle nuove società aggiudicatarie presentasse “modifiche
progettuali e strutturali rispetto al progetto definitivo già reso oggetto di
giudizio favorevole di compatibilità ambientale con decreto n. 402 del
18/07/2011, in particolare: la viabilità di accesso, le opere marittime (molo
foraneo, banchine di riva e opere a scogliera), le opere di regimazione
idraulica dei torrenti Farota e Guidari, ed il ripascimento delle aree a nord”.
Nel provvedimento di esclusione della procedura di impatto ambientale del 13
ottobre 2014, il Ministero dell’ambiente si limitava a richiedere ai
progettisti una serie di prescrizioni meramente simboliche: interventi di
carattere paesaggistico ambientale, opere di rinaturalizzazione delle dune
nelle zone di ripascimento, plantumazioni e mitigazioni nella zona del porto,
rinaturalizzazioni di alcune zone campione nelle aste dei torrenti, campagne di
controllo e monitoraggio di componenti antropiche e biotiche pre-durante e post
operam.
Nel
frattempo, l’Autorità portuale di Messina si è incaricata di integrare
nell’approvando nuovo Piano regolatore portuale (PRP), il completamento della
piattaforma logistica e del nuovo porto di Tremestieri. Il rapporto per la
valutazione ambientale strategica (VAS) applicata al PRP è stato redatto nel
giugno 2016 da un gruppo di lavoro diretto dagli architetti e docenti
universitari Francesco Karrer e Francesca Moraci, due professioni molto noti
nella città dello Stretto per aver concorso a quasi tutte le fasi progettuali
e/o di valutazione a favore del famigerato Ponte di collegamento tra Scilla e
Cariddi.