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giovedì 16 febbraio 2017

PER UNA BIOGRAFIA MATERIALE
di Fulvio Papi

Più di settecento sono le opere pubbliche pagate, iniziate e mai finite, con uno sperpero di denaro prelevato dal sangue dei cittadini e che hanno contribuito a dissanguare e mettere in ginocchio il nostro Paese, che si ritrova in una deriva senza precedenti. Nessuno dei responsabili, veri farabutti, paga di tasca propria o con la galera: una impunità scandalosamente disgustosa. Eppure per il danno arrecato alla Nazione andrebbero dichiarati traditori e consegnati nelle mani di quanti  aspettano una visita medica per un anno e mezzo, non si riescono a curare o viaggiano su treni simili a carri bestiame, e ricevono una pensione da fame. Siamo convinti che saprebbero bene come rendere loro giustizia. 

Incompiuta 1


Gli attori di Canale 5 nella trasmissione “Striscia la notizia” nel loro stile sono molto bravi e gradevoli. Spesso mostrano le opere iniziate e incompiute disperse per l’Italia al vento, alla pioggia, alle mani dei ladroni, monumenti della spesa pubblica sprecata o per ottusi vanti locali, o per necessità poi obliate, o per assicurare, con condivisi vantaggi, il dominio sul territorio di onoratissimi personaggi. Un tempo Winkelman consigliava chi voleva conoscere l’arte classica di trasferirsi a Roma per ammirare quello che ancora viveva di quel periodo d’oro. Oggi, oltre i segni che restano nel nostro tempo, consiglierei di visitare i monumenti dispersi come solitarie tristezze nel territorio, agli esperti della nostra storia. Negli ultimi decenni gli storici delle nostre vicende sono stati molto bravi: dai problemi istituzionali, a quelli politici, alle glorie e alle vergogne, ai temi economici, alle mutazioni del costume sociale, alle mitologie pubbliche, ai personaggi degni di lunga memoria, ci hanno offerto uno scenario molto ricco e convincente, anche per tivù. Ne farei oggetti d’esame per non pochi passeggiatori di piazza Montecitorio che hanno l’aria di fuori corso o di ostinati ripetenti. Dei nostri scheletri invece si potrebbe fare un uso che mi pare convincente, al di là delle risposte che, a questo proposito, danno gli amministratori in carica che (non sarà così) ma hanno l’aria, come dicevano le nostre nonne, di promesse da marinai. 

Incompiuta 2...

Una certa nostalgia per l’Università mi suggerisce di fare ai colleghi di storia contemporanea, di discipline sociologiche, di storia economica, di etnologia, di dare tesi e tesine ai loro allievi che, lavorando sugli archivi idonei, ci regalino non solo l’apparizione, ma anche la storia di questi monumenti incompiuti: le delibere, i costi, gli appalti, gli argomenti privati e pubblici, le responsabilità, i profitti. Le carte forse direttamente non dicono tutto, ma i ricercatori sanno leggere tra le righe e trovare le corrispondenze. Perché non fare un’opera collettiva di questo tipo, senza pregiudizi e senza timori, proprio come vuole la ricerca storica? Gobetti, giustamente molto citato, parlava dell’autobiografia della nazione a fronte della violenza fascista e dell’assenza di uno stato liberale, noi potremmo parlare di una autobiografia materiale della nazione che dovrebbe comprendere anche le attrezzature che mancano agli enti locali per fronteggiare casi calamitosi. Sarebbe una conoscenza che getterebbe luce sulla spesa pubblica, e anche sul costume del ceto dirigente nel rapporto con i cittadini. E persino sugli storcimenti di naso di Bruxelles (che danno fastidio anche a me). Che cosa ne pensate, giovani, intelligenti e valorosi colleghi?