DUE GIUGNO PATRIOTTICO
DUE GIUGNO RIVOLUZIONARIOPagine
▼
L’«ordine» del G7 è quello Nato
di Manlio Dinucci
«Un ordine internazionale basato
sulle regole, che promuova la pace tra le nazioni, salvaguardi la sovranità,
l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di tutti gli stati e
assicuri la protezione dei diritti umani»: questo dicono di volere i leader del
G7 svoltosi a Taormina, accanto alla base di Sigonella, centro strategico nel
Mediterraneo per le guerre e operazioni coperte Usa/Nato che hanno demolito lo
stato libico e cercato di fare lo stesso in Siria, accrescendo il tragico esodo
di migranti dei cui diritti umani il G7 si dice preoccupato. Le dichiarazioni ricalcano quelle del Summit
Nato di Bruxelles: il G7 è formato dai sei maggiori paesi Nato più il Giappone,
principale alleato Usa/Nato in Asia. Non mancano le divergenze economiche e
politiche, camuffate da posizioni divergenti su clima e migranti.
Al Summit Nato Trump ha
irritato la Merkel e altri, ricordando
che «gli Usa spendono per la difesa più di tutti gli altri paesi Nato messi
assieme». Ha chiesto con tono perentorio che tutti gli alleati mantengano
l’impegno, assunto nel 2014 col presidente Obama, di destinare al militare
almeno il 2% del pil. Finora, oltre agli Usa, solo Grecia, Estonia, Gran
Bretagna e Polonia hanno superato tale soglia.
L’Italia, calcola il
Sipri, spende per il militare l’1,55% del pil, ossia circa 70 milioni di euro
al giorno. Salendo al livello della Grecia (2,36%, nonostante la crisi
economica), spenderebbe oltre 100 milioni al giorno; salendo a quello degli Usa
(3,61%), spenderebbe oltre 160 milioni di euro al giorno. Il 2%, insiste Trump,
è ormai insufficente per i crescenti impegni della Alleanza.
Il Summit di Bruxelles ha
annunciato che la Nato entra nella «Coalizione globale per sconfiggere l’Isis»
(sotto comando Usa come la Nato), di cui sono già membri i
28 paesi dell’Alleanza. La Nato fornirà aerei radar Awacs e forze speciali per
operazioni che, con la motivazione di combattere l’Isis (in realtà funzionale
alla strategia Usa/Nato di demolizione degli stati), mirano a penetrare in
Siria per smembrarne il territorio e accerchiare l’Iran. Il Summit ha anche
annunciato un aumento delle truppe Nato in Afghanistan, oggi ammontanti a 13
mila uomini.
In Europa la Nato continua
la sua espansione ad Est: entra come 29° membro, già invitato al Summit, il
Montenegro che, nonostante le piccole dimensioni, è importante per la sua
posizione geostrategica e per i suoi bunker, in cui la Nato dislocherà enormi
quantità di armi, probabilmente anche nucleari, e cacciabombardieri. La Nato – ha dichiarato al Summit il
segretario generale Stoltenberg – «deve reagire», poiché ha di fronte una
«Russia che usa la forza militare per cambiare i confini in Europa con le sue
azioni aggressive contro l’Ucraina, annettendo illegalmente la Crimea e
continuando a destabilizzare l’Ucraina orientale». Scavalcando lo stesso Trump,
che ha parlato in generale di «minacce provenienti dalla Russia ai confini
orientali della Nato», il Summit ha rilanciato l’accusa alla Russia di voler
cambiare i confini dell’Europa con un uso aggressivo della forza militare.
Accusa che rinnova quella della vecchia guerra fredda, prospettando lo scenario
dei carri armati russi che invadono l’Europa.
La promessa elettorale di
Trump di voler aprire un negoziato con Mosca si infrange sul muro, invisibile
ma possente, di quei circoli dominanti statunitensi ed europei che, puntando su
una nuova guerra fredda, bloccano ogni trattativa con Mosca minacciando lo
stesso Trump di impeachment con l’accusa
di connivenza col nemico. L’ombra della
sconfitta Clinton perseguita Trump, sedendo come convitato di pietra al Summit
Nato e al G7.
di Guido Rossi
L’ultimo consiglio
dei ministri ha approvato ddl di ratifica del trattato di libero scambio con il
Canada, un provvedimento dalle nefaste ripercussioni di cui nessuno dei grandi
e piccoli media nazionali ha dato notizia.
È arrivato il CETA, ma non ditelo in giro. Il
governo ha approvato il disegno di legge per la sua ratifica ed attuazione,
ossia per l’accordo economico e commerciale tra l’Unione europea e il Canada.
Ma piano – per favore! – non strillatelo. Eh già, perché il temuto trattato,
firmato lo scorso 30 ottobre a Bruxelles e ratificato dal parlamento europeo
questo febbraio sta per approdare al parlamento italiano per seguire l’iter
legislativo ed essere votato. Chi lo dice? Il consiglio dei ministri che si è
riunito mercoledì sera in fretta e furia e senza neanche un minuto di
preavviso; quel cdm di cui i rappresentanti solitamente si affrettano a
propagandare i risultati e per il quale invece non è stata convocata neanche
l’ombra di una conferenza stampa. E come mai, c’è da chiedersi, neanche il più
ridicolo e scarso dei media (provare per credere? Fatevi un giro su google) ha
dato questa notizia di epocale importanza? Perché è meglio farlo passare in
sordina, o perché forse questo “gran valore” economico non lo ha? Per entrambi
i motivi.
Scopo dell’Accordo – si legge nel comunicato del governo
– “è stabilire relazioni economiche avanzate e privilegiate, fondate su valori
e interessi comuni, con un partner strategico”. Si creano nuove opportunità per
il commercio e gli investimenti tra le due sponde dell’Atlantico – si legge
ancora – “grazie a un migliore accesso al mercato per le merci e i servizi e a
norme rafforzate in materia di scambi commerciali per gli operatori economici”.
Accidenti, che grande occasione, addirittura la sola Italia potrebbe beneficiare
in termini di maggiori esportazioni verso il Canada “per circa 7,3 miliardi di
dollari canadesi”. Ripetiamolo insieme: sette miliardi. Per avere un’idea,
l’IMU che noi italiani abbiamo pagato sui nostri immobili, nel solo 2016, è
costata 10 miliardi di euro; circa la stessa cifra è stata spesa dal governo
Renzi per pagare i famigerati “80 euro”. Il governo Gentiloni ha recentemente
“salvato” il sistema bancario creando con estrema facilità un fondo da 20
miliardi di euro. Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe, ma il concetto è
chiaro: questo accordo economicamente non vale la carta su cui è stampato, e il
problema maggiore è che a fronte di un così ridicolo guadagno – nemmeno sicuro,
considerato che si tratta di stime – stiamo per svendere completamente la
nostra nazione, e non è un esagerazione. Perché ciò che più fa male è che i
nostri governanti si affrettino a specificare come l’accordo “garantirà
comunque espressamente il diritto dei governi di legiferare nel settore delle
politiche pubbliche, salvaguardando i servizi pubblici (approvvigionamento
idrico, sanità, servizi sociali, istruzione) e dando la facoltà agli Stati
membri di decidere quali servizi desiderano mantenere universali e pubblici e
se sovvenzionarli o privatizzarli in futuro”. Peccato che la cosa, oltre a
suonare palesemente come una “escusatio non petita”, è oltremodo falsa.
Spieghiamoci. E’ vero che “espressamente” il testo del
Ceta – nelle sue premesse – “riconosce” agli Stati membri il diritto di
prendere autonome decisioni in materie di interesse pubblico come appunto la
sanità e il resto, ma in maniera altrettanto precisa descrive il funzionamento
del “dispute settlement”, ossia di un arbitrato internazionale cui una “parte”
(che può essere uno Stato ma anche un’azienda che opera sul suo territorio) può
fare ricorso in caso sia in disaccordo con decisioni prese da altre parti.
Tradotto, un’altra nazione o peggio una semplice società, spesso
multinazionale, può impugnare una decisione di uno Stato anche quando adottata
“nel diritto di legiferare nel settore delle politiche pubbliche”, qualora
questa vada a “discriminare” il business dell’azienda. Il funzionamento di
questo “tribunale privato” fa diretto richiamo al DSS, identico strumento
previsto dall’Organizzazione Mondiale del commercio (o “WTO”, accordo simile al
Ceta ma su scala globale). Quest’ultimo prevede la selezione di un “panel” di
giudici, composto da esperti provenienti solitamente dal mondo della consulenza
privata (esatto, delle multinazionali) o da atenei altrettanto privati. Il
panel redige un rapporto contenente la propria opinione circa l’esistenza o
meno di un’infrazione alle regole del WTO.
Esso non ha la forza legale di una vera e propria
sentenza eppure la procedura di appello ha una durata massima prevista in novanta
giorni, e la sentenza, dopo l’approvazione, è definitiva. Sintetizzando:
l’Organizzazione Mondiale del Commercio (cui l’Europa e l’Italia hanno aderito
da più di vent’anni, nel 1995) ha fini prettamente economici e finanziari; gli
Stati, si dice, sono sovrani, eppure i principi che regolano gli scambi
internazionali sono al di sopra delle leggi nazionali, ed internazionali; in
caso di controversie, le parti (non gli Stati in realtà, quanto le società
multinazionali “discriminate”) possono rivolgersi al WTO e chiedere se sia
giusto o meno non applicare il suo regolamento; il WTO, privato e- sicuramente
-imparzialissimo, emette la sentenza, che, per carità, non ha forza legale vera
e propria (non essendo un vero tribunale), però è ad ogni modo inappellabile e
definitiva. Democraticamente. E quel che è previsto per il Wto vale per il
CETA. Il tribunale del WTO è stato mai adito per questioni sugli scambi
internazionali? Oh sì! Solo gli Stati Uniti sono stati coinvolti in più di 95
casi contro società private, e di questi processi gli USA, in qualità di
nazione, ne ha persi 38 e vinti appena 9. Gli altri o sono stati risolti
tramite negoziazioni preliminari oppure sono ancora in dibattimento. In circa
20 casi il Panel addirittura non è mai stato formato, e la maggior parte dei
processi che hanno perso riguarda livelli di standard ambientale, misure di
sicurezza, tasse e agricoltura.
Questo panegirico forse può risultare oscuro pertanto è
utile fare una semplificazione: lo Stato italiano, al contrario di quanto dice
il governo Gentiloni, non può decidere autonomamente alcunché, prima di tutto
perché fa parte dell’Unione europea e ha siglato accordi comunitari come il
Patto di stabilità e il fiscal compact, oltre a far parte di un’unione
monetaria, quindi di partenza non ha alcun potere decisionale in termini di
politiche monetarie, fiscali, economiche e sociali. Secondo poi, pur godesse di
una simile sovranità, comunque rischierebbe di trovarsi contro cause
miliardarie– private –e di perderle, con tanti saluti al “potere politico”.
Quel che allora il misero comunicato stampa del consiglio dei ministri dice in
parte è vero, ossia che il governo può “decidere quali servizi mantenere
universali e pubblici e se sovvenzionarli o privatizzarli in futuro”. Scopo dell’accordo
è infatti di liberalizzare completamente qualsivoglia tipo di merce o servizio,
inclusi quelli che teoricamente uno Stato soltanto dovrebbe garantire, e che
invece già stanno finendo in mano ai privati (cliniche sanitarie, scuole, ecc.
ecc.), in un mondo che sempre più sarà alla portata di poche persone e tasche.
Ed ecco che la nostra carta Costituzionale si trasforma in carta igienica.
Quanto alle “potenzialità” di esportazione la nostra
bella Penisola, da sempre caratterizzata da una grande vocazione all’export,
già da tempo ha incrementato la vendita dei propri beni all’estero. Siamo più
competitivi? Facciamo cose migliori? Ne più ne meno come prima, semplicemente
gli italiani non hanno più una lira (i consumi domestici sono drasticamente
calati, grazie a politiche iniziate da Mario Monti che in una celebre
intervista ammise di “distruggere la domanda interna”) e quindi le imprese
(quelle che non hanno chiuso) si sono arrangiante puntando ancor più sui
mercati forestieri; solo pochi giorni fa l’Istat ha registrato nei suoi dati la
“morte” della classe media italiana. Nel frattempo, visto che le merci di
qualità come quelle nostrane non ce le possiamo permettere, nei nostri negozi
arrivano tonnellate di merce a basso costo ma di pessima qualità che viene
assoggettata a controlli scarsi o addirittura nulli, poiché già siamo in
un’unione di libero scambio, l’Unione europea, che stiamo per estendere al
Canada. Inutile dire che simili politiche danneggiano direttamente le nostre
imprese, dunque il lavoro e in generale il benessere del nostro popolo. Tutto
questo per – forse – sette miseri miliardi. Neanche i 30 denari di Giuda.lunedì 29 maggio 2017
MOBILITARSI CONTRO LA GUERRA
Viviamo,
nell’area Pisa-Livorno, in una delle zone più militarizzate d’Italia.
Sul nostro territorio vi
sono: Camp Darby, la base logistica dell’Esercito Usa che rifornisce le forze
terrestri e aeree statunitensi nell’area mediterranea, africana, mediorientale
e oltre. Nei suoi 125 bunker vi è l’intero equipaggiamento e munizionamento di
due battaglioni corazzati e due di fanteria meccanizzata. Vi sono stoccate
anche enormi quantità di bombe e missili per aerei. Non si esclude che tra
queste possano esservi anche bombe nucleari. Da qui sono partite le bombe usate
nelle guerre Usa/Nato contro l’Iraq, la Jugoslavia e la Libia. Il porto di
Livorno, collegato a Camp Darby dal Canale dei Navicelli recentemente allargato
per permettere il transito di maggiori carichi di armi. Esse vengono inviate in
Medioriente – per le guerre in Siria, Iraq e Yemen – per mezzo di grandi navi
statunitensi che fanno scalo ogni mese a Livorno. Quello di Livorno è porto
nucleare, dove possono approdare unità militari a propulsione nucleare e anche
recanti armi nucleari a bordo. L’Hub aereo nazionale delle forze armate,
nell’aeroporto militare di Pisa, da cui transitano gli uomini e i mezzi per le
missioni militari all’estero. Questo aeroporto, che prima aveva un ruolo
tattico circoscritto al territorio nazionale, ha assunto un ruolo strategico,
proiettato nei teatri operativi fuori dal territorio nazionale. Dall’Hub
nazionale di Pisa transitano anche materiali militari della limitrofa base di Camp
Darby.
Il Comando delle forze
speciali dell’esercito (Comfose), il primo del suo genere in Italia, costituito
alla caserma Gamerra di Pisa, sede del Centro addestramento paracadutismo.
Attraverso l’Hub aereo nazionale, i commandos delle forze speciali e i loro
armamenti vengono inviati nei vari teatri bellici per operazioni segrete,
condotte con forze speciali Usa/Nato. Queste e altre attività militari, che si
svolgono sul nostro territorio, violano il principio fondamentale della nostra
Costituzione: L'Italia ripudia la guerra
come strumento di offesa alla libertà
degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali (Art. 11); ci espongono al crescente pericolo di essere oggetto di ritorsioni da parte di chi è
esposto ad attacchi con armi e forze provenienti
dal nostro territorio; contribuiscono all’aumento della spesa militare, che oggi supera in media i 70 milioni
di euro al giorno, pagati con denaro pubblico, ed è destinata a crescere
ulteriormente a scapito delle spese sociali per il lavoro, la sanità e la
scuola.
La lotta contro la guerra,
che ci danneggia e minaccia sempre più, deve partire dalla lotta per la
smilitarizzazione del nostro territorio. Per questo lanciamo la Campagna
Territoriale di Resistenza alla Guerra, invitando chiunque sia consapevole della
sua necessità a farne parte attiva.
GRUPPO PROMOTORE (primi partecipanti):
Giovanni Altini, Mohamed
Ambrosini, Ciccio Auletta, Luisella Bachini,
Guglielmina Bertolucci,
Alessandro Bocchero, Giovanni Bruno,
Ettore Bucci, Franco
Busoni, Franco Dinelli, Manlio Dinucci,
Federico Giusti, Barbara
La Comba, Andrea Luigi Mazzola,
Giovanni Mostardi,
Giovanna Pagani, Antonio Piro
CONTATTI
comitatoterritorialenoguerra@inventati.org
https://www.facebook.com/Campagna-Territoriale-di-Resistenza-alla-Guerra-Area-PisaLivorno-
1553518498032252/?fref=ts
https://www.facebook.com/Rete-Civica-Livornese-contro-la-Nuova-Normalità-della-Guerra-
279033179134699/?fref=ts
LA PACE COME PRIORITÀ ASSOLUTA
di Franco Astengo
La
drammaticità della situazione internazionale impone la pace come priorità
assoluta nell’impegno politico e culturale, come del resto accade sempre nella
storia e senza bisogno di eccessive analisi di dettaglio in quest’occasione,
tanto sono evidenti i pericoli che si stanno correndo. Colpisce, invece, una
sorta di inanità delle forze politiche della sinistra, in Italia come in
Occidente, su questo tema. Inanità che pare impedire due sviluppi di azione politica
che, invece, risulterebbero quanto mai necessari:
1)Dimostrare
immediatamente la contrarietà a qualsiasi ipotesi bellica contestando,
attraverso grandi manifestazioni da svolgersi nelle più importanti capitali, il
quadro così come si sta delineando. Manifestazione che abbiamo appunto al loro
centro lo slogan della “Pace come priorità assoluta”;
2)
Recuperare, attraverso il tema della pace, un terreno di azione comune tra le
diverse forze politiche di sinistra, sia quelle ancora legate all’eredità del
socialismo, sia quelle legate all’eredità del comunismo (in particolare di
quello italiano) sia di espressione dei nuovi movimenti sorti negli ultimi
decenni. Si tratta di formare nuovi collegamenti e nuove coalizioni a livello
internazionale (un vero e proprio ritorno all’internazionalismo della pace, che
ebbe un grande ruolo nei decenni passati).Nella stessa campagna elettorale
francese questo tema non sembra essere affrontato con il vigore e la chiarezza
necessaria. Forse perché la candidatura di Malenchon sovrasta ormai il ruolo
dei partiti (come scrive lo stesso “Monde diplomatique”) e l’impegno sembra
essere rivolto a un populismo sub-nazionalista. Tanto è vero che l’obiettivo
principale sembra essere quello di sottrarre voti a una declinante Le Pen. E’
evidente che non siano sufficienti gli attuali collegamenti internazionali e in
particolare il Partito della Sinistra Europea che pure andrebbe stimolato nel
senso che si è cercato di indicare. Ci troviamo sull’orlo del baratro e la
situazione delle forze di pace è molto simile (a proposito di “arretramento
storico”) a quella nella quale si trovarono le minoranze socialiste in Europa
all’epoca delle conferenze di Zimmerwald e Kienthal nel corso della prima
guerra mondiale. E’ necessario recuperare la stessa lucidità e coraggio di
allora.
LA PIETANZA GOLOSA DEGLI SCALI FERROVIARI
TUTTI I NUMERI
VERI (o quasi)
di Luigi Caroli
Caro
lettore,
allego il mio intervento
al Convegno sugli SCALI promosso da Michela Corallo presso lo spazio
CHIAMAMILANO di via Laghetto 2. Spazio che MILLY MORATTI mette a disposizione
dei cittadini dal 2002.
F.S. Sistemi Urbani,
società posseduta totalmente dallo Stato, è “formalmente”padrona di 1.250.000
mq. di terreno “non edificabile”. Terreno che è stato donato dai milanesi varie
decine d’anni orsono perché F.S. provvedesse al trasporto su binario di persone
e, soprattutto, di merci. Negli anni sono diminuiti i passeggeri e sono quasi
scomparse le merci.
Se non fossimo a Milano
quei terreni varrebbero ZERO. Anzi, meno di zero, perché soggetti ad oneri di
custodia e di manutenzione e perché bisognosi di bonifiche.
Credo che pochi di voi
sappiano quale valore attribuisca nel suo bilancio F.S. Sistemi Urbani a questi
terreni.
Chi lo sa alzi la mano ma
taccia (in tre hanno alzato la mano).
Chi non lo sa provi a
indovinare (nessuno ha provato).
1.250.000 mq. sono a
bilancio per 220 milioni (corrisponde a un valore di 175 euro/mq.). Vi assicuro
che non è poco:
a) A quel
prezzo ho acquistato 2300 mq. di terreno (con una vecchia cascina) fra le ville
del più grazioso e ordinato Comune (7 km da Bergamo e 6 km dall’aeroporto di
Orio al Serio) della bergamasca. Potrei costruire (ma non ho i soldi per farlo
perché sono troppo vecchio per ottenere il fido dalle banche) 1500 mq. di SLP
ed ottenere 1800 mq. di superficie commerciale.
b) Citylife
ha pagato 200 euro/mq. al Comune di Milano per un pezzetto di terreno di cui
aveva bisogno. Aveva pagato 8 volte tanto
all’ENTE FIERA. Mi permetto di ricordare che anche quelli erano soldi dei
milanesi. Come i dirigenti dell’ENTE li abbiano amministrati è stato
evidenziato dai diffusi e recenti arresti. Senza il consenso del
Comune quei terreni valgono zero.
Perché F.S. Sistemi Urbani
si permette di ricattare – auspice il farabutto toscano – i CONSIGLIERI COMUNALI
pretendendo la firma di un ACCORDO DI PROGRAMMA che non porterebbe il benché
minimo vantaggio ai milanesi? I consiglieri eletti dai milanesi DEVONO fare gli
interessi dei milanesi. Il “nuovo” accordo
l’assessore MARAN vorrebbe partorirlo entro la fine di luglio 2017 ma la
maternità è di DAMANERA. Questo accordo è fratello – quasi gemello – di quello
abortito in Consiglio Comunale nella primavera 2016, tenuto per una settimana
in sala rianimazione da RE TRAVICELLO e poi affossato. I cittadini non sono
stati “veramente” informati. Non bastano, a questo scopo, i RENDERING fatti
preparare da F.S. Sistemi Urbani con l’ausilio di 5 ARCHISTAR (di cui due
italiani). Come tutti i rendering –
che hanno sempre scopo commerciale – sono ingannevoli e, come ha dichiarato un
valente e informato cittadino presente a questa riunione, uno è INATTUABILE! MARAN HA SOLO FINTO DI
INFORMARE.
Perché Maran ha tanta
fretta? Teme forse che il farabutto toscano venga defenestrato?
Gliel’ho chiesto a
dicembre in Sala Alessi. Non ha risposto.
Come ho già raccontato ai
miei lettori, il 19 luglio 2016 – nello studio Battisti – gli chiesi se era
stato eletto per fare gli interessi dei milanesi o se lavorasse per F.S.
Conoscete tutti il
proverbio: LA GATTA FRETTOLOSA PARTORISCE I MICINI CIECHI.
DAMANERA esige consiglieri
comunali ciechi. Ma siete voi che dovete indignarvi e gridare. Io lo faccio
normalmente. Questo accordo non s’ha da fare! Né in luglio, né in settembre, né
mai. Sarebbe un disastro per i milanesi e la morte in fasce della Città
Metropolitana. Non si può lasciar fare a una SOCIETA’ NATA PER SPECULARE quello
che vuole(se ne sbatterà delle linee guida approvate quasi all’unanimità dal
Consiglio Comunale) in zone così importanti di Milano.
METTIAMOLI SUL BINARIO
MORTO.
F.S. Sistemi Urbani ha
come oggetto sociale la valorizzazione dei beni posseduti da F.S. ottenuta
anche speculando e quotandosi in Borsa. Gli azionisti privati faranno poi i
loro comodi.
Ricordate quanto vi dico:
una volta firmato questo accordo nessuna decisione del Consiglio Comunale, o
del Sindaco, o della Giunta potrebbe impedire agli azionisti privati di fare
quello che vogliono. Nell’accordo sono sicuramente nascoste pillole avvelenate.
Basta vedere i commercianti che stanno chiudendo perché si è scelto di fare la
M4 con il sistema previsto dalla società AMICA DI MARAN e soprattutto del suo
mentore, salvato dalla prescrizione.
Passo ai numeri (se vorrai
precisare qualcosa ne terrò conto e correggerò la prossima edizione che ti
prego di diffondere) : i milanesi dovranno essere informati:
l’accordo di programma
prevede l’edificazione di 650 mila mq. (come SLP-superficie lorda di
pavimento). Corrisponde – considerando anche la “premialità” per un “risparmio
energetico”(che ormai tutti prevedono) a una superficie commerciale – cioè
vendibile – di 870 mila mq.
Per 650 mila mq. di SLP il
Comune incasserebbe 130 milioni(oneri di urbanizzazione e costruzione).
Il costo per costruire 870
mila mq. di superficie commerciale è (costo 880 euro/mq) uguale a 760 milioni.
RIEPILOGO COSTI (in
milioni):
220 VALORE BILANCIO DEI
TERRENI
50 COSTO BONIFICA (poi –
mentendo – direbbero di averne spesi 160)
130 ONERI DOVUTI AL COMUNE
50 ADEGUAMENTO STAZIONI
(promesso nell’accordo – con centri commerciali senza posti a sedere
gratis per i viaggiatori in attesa)
760 COSTO PER COSTRUZIONE
50 PROGETTO E DIREZIONE
LAVORI
30 ONERI FINANZIARI
80 COSTI COMMERCIALI
ATIPICI (spiegherò più avanti cosa sono)
1370 COSTO TOTALE
Ipotizzando un prezzo
medio di vendita di 2.770 euro/mq. l’incasso prevedibile è 2410 milioni.
Donati 40 milioni al nuovo
CARDINALE – per grazia ricevuta – da impiegare per la manutenzione delle chiese
e la costruzione di un paio di nuove, l’utile lordo di F.S Sistemi Urbani
sarebbe di UN MILIARDO tondo tondo.
Vi chiedo e vi prego di
trasferire il quesito ai consiglieri comunali che contatterete:
“PERCHE’ IL COMUNE-CON UN
INDENNIZZO DI 195 MILIONI (25 milioni saranno il contributo del 50%
all’esecuzione dovuta delle bonifiche)- NON ESPROPRIA PER PUBBLICA UTILITA’
(mentre F.S. Sistemi Urbani è una società fondata per speculare ed era pronta
nel maggio 2016 a quotarsi in Borsa) TUTTI I TERRENI DEGLI SCALI?
Perché non si è più
quotata dopo la doppia bocciatura del Consiglio Comunale?
Non è obbligatorio che gli
espropri vengano fatti tutti insieme. Prima il Comune dovrà fare un accurato
progetto generale (ingegneri e architetti comunali verranno coadiuvati da studi
di architettura scelti con bandi “veri”).
Si procederà per gradi per
realizzare il tutto in dieci/dodici anni.
Si considereranno
naturalmente le “nuove” strade, il rifacimento delle fognature, le nuove linee
elettriche, le nuove tubazioni dell’acquedotto, la sistemazione del verde, gli
spazi comunali e quelli dei servizi sociali…eccetera.
Notate bene che quasi
tutte queste cose il Comune dovrebbe farle comunque!
A fronte di un incasso di
soli 130 milioni.
IL NOCCIOLO DELLA MIA
PROPOSTA
Invece di 870 mila mq. se
ne possono costruire 670 mila (aumentando lo spazio destinato al verde fruibile
da tutti – non quello sfoggiato dei balconi della famosa ARCHISTAR).
Invece di regalare UN
MILIARDO a una società che sembra non averne bisogno dal momento che fa
acquisti a destra e a manca (in Italia e all’estero) si potrebbe alleviare uno
dei maggiori problemi della città. Si possono dedicare 280
mila mq. di superficie commerciale a “CASE POPOLARI” e a “CASE PER GLI
STUDENTI”.
Basta con l’housing
sociale dove l’inglese serve agli intrallazzi della finanza! Parliamo italiano
e manteniamo le promesse.
Sono 4800 alloggi di cui
800 serviranno ad ospitare – con canoni d’affitto moderati – 3200 studenti.
Sto per dimostrare che, se
i responsabili non ruberanno, CI SARANNO I SOLDI PER FARE TUTTO. Come? Vendendo
390 mila mq. commerciali (circa 3800 appartamenti) a un prezzo medio onesto:
2850 euro/mq. in classe A, con costi di gestione accettabili.
INCASSO: 1112 milioni.
IL DETTAGLIO DEI COSTI PER
IL COMUNE (in milioni)
590 COSTO COSTRUZIONE (670 mila x 880)
25 BONIFICA (altri 25 sono a carico di F.S. –
contributo del 50%)
190 STRADE, VERDE, RETI E SPAZI COMUNI
42 PROGETTI ESECUTIVI (assegnati con regolari
gare tra architetti)
45 ONERI FINANZIARI
220 INDENNIZZO (195 versati più 25 contributo
per bonifica)
1112 COSTO TOTALE
Se per la terza voce ci
vorrà (quasi certamente) un importo maggiore si chiederà un contributo al
VATICANO, alle BANCHE resuscitate e ai MILANESI BENESTANTI (sono certo che
saranno generosi). Decisivo sarà l’entusiasmo
delle persone oneste. Diversi ingegneri e architetti pensionati collaboreranno
gratis.
Luigi, ma tu pensi che si
possa realizzare davvero quanto hai ipotizzato?
Se questo – o qualcosa di
simile – non verrà realizzato il motivo è uno solo:
TRE PARTITI E UNA DOZZINA
DI LOSCHI PERSONAGGI SONO ANSIOSI DI SPARTIRSI “80 milioni di costi commerciali
atipici”.
PREPARIAMOCI A
SPERNACCHIARLI.
Scenderemo in piazza se il
TRIO NERO obbligherà i consiglieri comunali ad approvare l’accordo.
Stiamo già preparando i
ricorsi legali. In Italia e in Europa.
Ing. Luigi Caroli – 24
maggio (anche la data è significativa)
L’approvazione
dell’accordo sarebbe la CAPORETTO del PD.
AFORISMI
di Laura Margherita Volante
La strategia
di chi prova invidia è di far sentire sbagliato chi è giusto.
L’ambiguità
è la strategia dell’essere irresponsabile.
Chi ha la
schiena retta ammira senza invidia e servilismo.
Ieri quattro
amici al bar per cambiare il mondo. Oggi dopo aver litigato
se ne vanno ognuno
a farsi un selfie…
La
solitudine dei coraggiosi cammina alla ricerca di vicoli giusti e non cerca di
svicolare…
Falcone: “Gli
uomini passano, restano le loro idee…”. Oggi dopo venticinque anni
le idee
stanno camminando su deboli gambe prive di ideali e di tensioni morali.
Corrispondenza
d’amorosi sensi… Ieri i morti parlano ai vivi di idee.
Oggi i vivi parlano solo
di morti senza idee…
Resilienza?
Qualità di chi è forte per forza, perché talmente solo non ha altra scelta.
La
delegittimazione altrui è la peggior forma di crimine vile e silenzioso.
Le persone
oneste pagano il loro essere perbene
con la solitudine: sono uno scandalo per gli stolti
che li abbandonano e che da
vili li onorano da morti con un bel funerale…
Chi vince
con disonestà è un perdente secondo natura.
Il denaro è
il dio minore di chi ha perso di
vista il senso di umanità.
Self
control? Nel volere tutto sotto controllo l’uomo perde facilmente il controllo
di sé.
Chi ama solo
se stesso è alla ricerca di conferma della propria nullità!
Chi ha
bisogno di costruire la propria immagine ne ha già distrutto l’anima.
Dignità. Non
la perde chi si fida mettendo la propria storia nelle mani altrui,
ma chi
ricevendo tale dono ne fa un libro di pagine stropicciate.
Violenza.
L’incubo attraversa l’anima lasciando buchi neri, dalla cui profondità sorge
una luce a largo raggio.
L’emotività
è una ballerina che cade per instabilità…
L’emozione
ha con sé un raggio di vibrante commozione.
La
diffidenza nega ogni possibilità di conoscenza.
La mente
universale non ha problemi di relazione.
Disabile. Il
cervello funziona anche per il corpo alla ricerca del limite.
Educazione.
Quando si urla arriva l’urlo non il messaggio educativo.
Genuflessioncella?
Meglio un poeta o un artista sconosciuto con onore
di chi ottiene successo
con vergogna…
L’uniformità
sta alla divisa come la diversità sta alla originalità.
Chi uccide
un proprio simile è già morto, ha solo spostato l’orologio indietro per sé
e
avanti per la vittima.
Le diverse
esperienze sviluppano il linguaggio dell’inconscio che legge l’anima altrui
al
primo sguardo.
L’amore
cresce nel ricordo di chi ha dato amore.
venerdì 26 maggio 2017
mercoledì 24 maggio 2017
CORTILI
APERTI
di
Angelo Gaccione
Milano. Balcone del Palazzo Belgioioso |
Queste
giornate dei “Cortili Aperti” sono divenute ormai canoniche qui a
Milano, un po' come l'apertura di musei, castelli, magioni nobiliari,
siti archeologici e beni del patrimonio culturale in genere, in ogni
parte d'Italia, visitabili gratuitamente in alcuni periodi dell'anno. Sabato 20 Maggio, a Milano era una calda, magnifica, giornata più che
primaverile ed era una di queste “giornate aperte” alla visita
dei cortili di alcune tra le più blasonate dimore altoborghesi e
nobiliari. Si trattava dei soli cortili per le case abitate, ma per
le case museo come ad esempio Bagatti-Valsecchi di via del Gesù,
palazzo Morando di via sant'Andrea, o il Poldi Pezzoli di via
Manzoni, si potevano vedere, pagando una quota contenuta, palazzi e
arredi, ambienti e collezioni. L'area compresa tra quella che oggi
viene definita “quadrilatero della moda” (un tempo oramai lontano
borgo delle arti e delle cospirazioni), offriva ben 9 possibilità:
palazzo Belgioioso, casa Bergamasco, casa Marchetti, casa Del Bono,
palazzo Morando, palazzo Borromeo D'Adda, palazzo Anguissola Antona,
casa museo Bagatti Valsecchi, palazzo Vidiserti. Alcuni di questi
luoghi li conosco a memoria e non so quante volte li ho visitati, di
altri ho anche scritto. Le vie che li contengono fanno parte della
mia mappa mentale per ovvi motivi e percorrerli è per me sempre una
grande emozione. Tra la via Manzoni e la via Montenapoleone questi
luoghi mitici hanno sede e hanno una forte presa sulla mia
immaginazione. Al numero 8 della via Manzoni è nato lo scrittore
Carlo Emilio Gadda nel 1893, come indica la lapide semisbiadita,
anche se è morto a Roma dove sono andato a fargli visita molti anni
fa, al cimitero acattolico, vicino alla Piramide Cestia di Porta San
Paolo. Al numero 29 c'è il Grand'Hotel et de Milan con la suite 105
dove Giuseppe Verdi morì nel 1901 e dove si conserva intatto
l'arredo, nella stessa disposizione del fatale, gelido gennaio di
quell'anno. Ho avuto la fortuna di poter visitare in privato quelle
stanze, qualche tempo fa, grazie alla liberalità della Direzione, di
esserne sufficientemente edotto ed infine omaggiato di un raffinato
volume stampato da Franco Maria Ricci, che attraverso gli ospiti più
illustri racconta un secolo di storia milanese. Avrei voluto
presentare il mio libro Milano
città narrata edito
dalla Meravigli, in uno dei saloni di quest'albergo, ma poi si optò
per la Galleria Vittorio Emanule II.
Milano. Cariatidi in via degli Omenoni |
Una
delle anguste traverse di via Manzoni conduce, attraverso via Morone,
alla casa dello scrittore de I
promessi sposi,
e la cui singolare facciata si apre sulla piazza Belgioioso dove c'è
l'omonimo imponente palazzo, ma sulla via Morone ci sono ora Casa
Bergamasco (al n. 2) e casa Marchetti (al n. 4). I cortili aperti di
questi palazzi, sobriamente neoclassici e dotati di colonne, sono
appartenuti a patrizi, a patrioti, a letterati. D'Azeglio che aveva
sposato la sfortunata figlia del Manzoni, abitava proprio di fronte
alla casa dell'augusto suocero. Un'altra traversa gronda anch'essa di
storia e di memorie, la via Bigli. Al numero 21 abitò la contessa
Clara Maffei, il cui celebre salotto accoglieva letterati, artisti,
musicisti, patrioti, cospiratori. Rivoluzionari che si battevano
ardentemente per l'indipendenza della patria dal dominio austriaco.
Questo stesso palazzo vide il soggiorno giovanile (dal1894 al 1900)
di Albert Einstein, a cui questa città fu sempre cara, e più
avanti, al numero 15, visse il poeta Eugenio Montale che vi morì nel
1981. Ma via Bigli è importante perché al numero 10 c'è palazzo
Vidiserti, dove il 18 marzo del 1848 i capi dell'insurrezione
stabilirono il loro quartier generale, per dare vita a quelle che
passeranno alla storia come le
eroiche
Cinque Giornate di Milano. L'uscita opposta affaccia sulla via
Montenapoleone, oggi dominata dal lusso sfacciato e dalle griffe di
stilisti e marchi di ogni genere. Un tempo quei palazzi videro altre
temperie ed altri scopi. Al numero 23, quasi a ridosso del quartier
generale, c'è la casa in cui visse tra il 1840 e il 1848, il più
acuto teorico della rivoluzione, Carlo Cattaneo.
Milano. Lapide commemorativa per Leopardi |
Ma
oggi chi se lo ricorda più? Le lapidi diventano via via illeggibili
e chi entra nei cortili di questi palazzi o percorre queste vie, è
più sedotto dalle merci esposte nelle vetrine scintillanti, dal
lusso e dalle Ferrari parcheggiate, che centinaia di telefonini
immortalano come totem divenuti trionfali, piuttosto che dalle
memorie patrie o letterarie. Segno dei tempi. Feticci di una
modernità avviata spensieratamente al suo declino.
LIBRI
Uscire dal partito
della morte:
la letteratura e
l’impegno
di Fabrizio Migliorati
La copertina del libro |
Uscito
recentemente per i tipi di Tra le righe libri, il carteggio inedito tra Carlo
Cassola e l’intellettuale cosentino Angelo Gaccione rappresenta un importante
momento di riflessione che si pone la volontà di riaprire il dibattito sulla
questione del disarmo, mostrando l’urgenza di un intervento fattuale al
riguardo. E proprio questa urgenza è stata al centro della
presentazione-discussione di “Cassola e
il disarmo. La letteratura non basta. Lettere a Gaccione 1977-1984” che ha
avuto luogo venerdì 19 maggio scorso presso la sala Romania al Salone
internazionale del libro di Torino. Andrea Giannasi, direttore di Tra le righe
libri, ha introdotto l’incontro ponendo l’accento sull’estrema attualità del
libro e del dibattito sul disarmo. Se l’Italia, negli ultimi due anni, ha
aumentato la produzione, la vendita e la spesa inerenti gli armamenti, in una
prospettiva drammatica che vede diminuire sempre di più gli investimenti per la
cultura, a livello internazionale noi
assistiamo, tra le altre cose, al posizionamento dei missili e delle portaerei
americane al largo delle coste nordcoreane. La situazione, tanto quella
nazionale che quella mondiale, si dimostra estremamente critica ed inquietante:
non solo le guerre in atto non sembrano volersi fermare, ma stiamo assistendo
ad un momento storico particolarmente teso che rischia di aprire nuovi fronti e
tragici scontri mortali.
Torino, Salone del Libro al centro Gaccione, fra Migliorati (a sinistra e l'editore Giannasi (a destra) |
Mai come ora è necessario, ha ricordato giustamente
Giannasi, lanciare un dibattito non solo sulla pace, ma sulla riduzione degli
armamenti. È seguito l’intervento di Federico Migliorati, curatore, insieme a
Gaccione stesso, della pubblicazione e che ha voluto ricordare, in particolar
modo, l’uomo Cassola prima che il letterato. L’intervista che Migliorati ha
condotto con Gaccione, e che apre l’ampio carteggio, permette al lettore di
incontrare un uomo impegnato per la costruzione della “casa della Pace”, una
casa aperta a tutti, attraverso la creazione di quello strumento volto a
distruggere la tara del militarismo che vide la sua concretizzazione nella “Lega
per il disarmo”. Questa Lega doveva completare la missione finale che, come
scrisse Cassola in “Storia di una maturazione”, la Resistenza non portò a
termine: ll disarmo della nazione
italiana. La Resistenza combatté il fascismo, lo vinse, ma non eliminò le forze
armate e non estirpò ciò che giace immediatamente sotto: il nazionalismo. Ecco
che questa pubblicazione rappresenta un appello, che è anche una proposta vitale,
ai governanti di oggi: un altro mondo, un mondo senza armi è possibile. Ecco la
linea di fuga posta in seno a quella metafora con la quale Cassola illustrò la
situazione dell’epoca, quella di una Guerra Fredda sempre sul punto di esplodere:
i due scorpioni chiusi in una bottiglia. Questi due insetti, identificazione
dei due grandi blocchi contrapposti degli Stati Uniti e dell’URSS, per quanto
timorosi l’uno dell’altro, sono per loro
natura portati a intraprendere uno scontro che non può che essere mortale.
Federico Migliorati durante il suo intervento |
Ecco che la situazione mondiale non può solamente essere osservata dalla torre
eburnea nella quale l’artista si richiude, ma è necessario uscire dal luogo
sicuro dal quale osservare la catastrofe e scendere in campo, impegnandosi direttamente
nel lavorio quotidiano per un mondo migliore: no, la letteratura non basta. L’uscita
del volume “Cassola e il disarmo” non è casuale ma cade nel
centenario della nascita dello scrittore romano. La pubblicazione, che ha avuto
grande eco su tutta la stampa nazionale, mostra tutta l’attualità della lezione
morale dell’autore de “La ragazza di Bube”.
Il disarmo non è una questione datata e sorpassata, ma è ancora un’emergenza
che richiede un ampio dibattito che non deve essere solamente intellettuale. Se
lo sforzo di Cassola, come ha ricordato Angelo Gaccione nel suo intervento,
attraversò tutta la sua opera fino ad oltrepassarla, con la creazione della
Lega per il disarmo, questa sua poetica impegnata fu un grido di allarme e di
condanna verso ciò che la scienza ha fatto nel Novecento: consegnare ai
governanti la possibilità di annullare l’esistenza. E lo vediamo, purtroppo,
ancora oggi con la situazione tesissima della Corea, oppure in Giappone (che,
per la prima volta dal dopoguerra, ha ripreso le spese per gli armamenti), ma
anche nella stessa Italia dove si spendono circa 70 milioni di euro al giorno
per la propria “difesa”.
Gaccione durante il suo intervento |
Una priorità assurda che non ha nulla a che spartire
con la letteratura e la cultura ed il fatto che il Ministero della Difesa patrocini
il Salone è stato ampiamente criticato dallo stesso Gaccione nel suo
intervento. Cassola come riferimento per un certo modo di far letteratura ma,
soprattutto, per la sua strenua resistenza dell’uomo, che è uscito sempre
degradato dalle guerre, ma che deve ritrovare la forza non di combattere, ma di
disarmare il combattimento, giungendo ad una “deposizione” di ogni guerra. Lo
sforzo dell’intellettuale romano è quindi quello di cambiare l’uomo
invertendone le priorità in funzione della vita, sopprimendo la violenza
mortifera che si materializza negli strumenti di offesa e di morte. Gaccione ha
citato anche il caso concreto che vide protagonista il frate e poeta pacifista
padre David Maria Turoldo: quello di un fabbricante bresciano di armi che, toccato
dalla critica dell’ecclesiastico, trasformò la produzione di ordigni di morte a
carrozzine per disabili, passando da produttore di morte a aiutante della vita.
Un momento della conversazione sul libro |
La pubblicazione del carteggio inedito tra i due intellettuali lancia un monito
a tutti i governanti, ambendo a divenire uno strumento per combattere ogni
guerra, proprio come fa Emergency disinnescando la violenza dei governi che
attaccano, grazie al proprio intervento che non guarda in faccia nessuno ma che
si dona apertamente e in maniera indifferenziata a tutti quelli che necessitano
di un aiuto. “Cassola e il disarmo” a
cura di Federico Migliorati e Angelo Gaccione,
è la celebrazione di un Cassola uomo di pace, intellettuale aperto alle
drammatiche problematiche della propria contemporaneità, indefesso fautore
della pace che deve, necessariamente, passare dal disarmo universale. Una
pubblicazione che incide la carne del quotidiano e che rimette l’uomo, e non la
macchina, al centro della propria riflessione. Un libro vitale.
Trump
verso il G-Nato di Taormina
di Manlio Dinucci
di Manlio Dinucci
Trump col papa |
Quali sono gli scopi del suo primo viaggio all’estero? Principalmente tre, spiega il generale McMaster, consigliere del presidente per la sicurezza nazionale: lanciare un «messaggio di unità» a musulmani, ebrei e cristiani; costruire relazioni con i leader mondiali e proiettare la potenza americana all’estero.
La visita a Roma è la terza tappa di quello che viene descritto come un «pellegrinaggio religioso nei luoghi santi delle tre grandi religioni». Il «pellegrino» ha iniziato il viaggio firmando a Riyadh l’accordo per la vendita all’Arabia Saudita di armi Usa per il valore di 110 miliardi di dollari, che si aggiungono a quelle già fornite dal presidente Obama per il valore di 115 miliardi. Armi impiegate, tra l’altro, nella guerra della coalizione a guida saudita, sostenuta dagli Usa, che fa strage di civili nello Yemen.
Al «Summit arabo islamico americano» del 21 maggio a Riyadh, Trump ha chiamato a un rinnovato impegno contro il terrorismo l’Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo, ossia quelle che hanno finanziato e armato l’Isis e altri gruppi terroristi nelle operazioni sotto regia Usa/Nato, dalla Libia alla Siria e all’Iraq.
In questa grande «battaglia tra il Bene e il Male», Trump include Hezbollah e Hamas nella lista dei «barbari criminali», insieme a Isis e Al Qaeda. Denuncia l’Iran di essere responsabile della instabilità del Medioriente, accusandolo di «finanziare, armare e addestrare terroristi e milizie che seminano distruzione e caos nella regione», di destabilizzare la Siria dove «Assad, sostenuto dall’Iran, ha commesso crimini indicibili».
Una vera e propria dichiarazione di guerra all’Iran, che annulla di fatto gli accordi conclusi, massimamente gradita in Israele. Qui il presidente Usa è in visita il 22-23 maggio per rafforzare la cooperazione strategica. E mentre nelle carceri israeliane è in corso da 40 giorni lo sciopero della fame di migliaia di prigionieri politici palestinesi, Trump incontra Mahmoud Abbas per «sollecitare i leader palestinesi a fare passi costruttivi verso la pace».
Portando questo «messaggio di unità», Trump discute con papa Francesco, il 24 a Roma, «una serie di questioni di mutuo interesse». Dopo l’incontro col presidente Mattarella, che ribadirà l’«ancoraggio storico» dell’Italia agli Stati uniti, Trump parteciperà al Summit Nato di Bruxelles.
Qui sosterrà il piano del Pentagono per l’Europa (il manifesto, 9 maggio), ossia l’escalation militare Usa in Europa e il rafforzamento della Nato a fronte di «una Russia risorgente, che cerca di minare l’ordine internazionale a guida occidentale».
Piano che Trump deve eseguire, rimangiandosi la sua affermazione di una «Nato obsoleta» e la sua promessa elettorale di aprire una trattativa con Mosca: pende infatti sulla sua testa la spada di Damocle dell’impeachment, con l’accusa di connivenza col nemico. Dal Summit Nato, Trump andrà al G7 formato dai sei maggiori paesi della Nato – Stati uniti, Canada, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia – più il Giappone, il principale alleato Usa/Nato nella regione Asia/Pacifico, dove il Pentagono schiera crescenti forze anche nucleari contro «una Cina aggressiva e una Russia revanscista».
Il presidente degli Stati Uniti visiterà infine la limitrofa stazione aeronavale di Sigonella, principale base delle guerre aperte e coperte Usa/Nato in Medioriente e Nordafrica, presentate quale «proiezione di stabilità nel Mediterraneo».
Il mare invaso dalla plastica
di Dalia Hashad
Un mare di plastica |
100 MILIONI di bottiglie
di plastica vengono gettate ogni giorno e stanno soffocando i nostri mari. Ma
tra pochi giorni i governi di tutto il mondo si incontreranno per trovare un
accordo per fermare la marea di plastica. Se arriviamo a 1 milione di firme su
questa petizione rivolta ai paesi che inquinano di più, il direttore del
Programma ONU per l’Ambiente la leggerà davanti a tutti i governi, affinché il
nostro grido disperato aiuti l’oceano a respirare di nuovo.
Entro il 2050, negli
oceani ci sarà più plastica che pesci.
È una vergogna. Metà della
plastica la usiamo una volta sola e poi la buttiamo, soffocando i mari e tutti
gli animali che ci vivono. Ma tra pochi giorni i governi di tutto il mondo si
incontreranno e potrebbero fermare la marea di plastica, prendendosi l’impegno
epocale di ripulire gli oceani. La pressione pubblica ha già obbligato
l’Indonesia, secondo più grande produttore di rifiuti plastici, a impegnarsi a
ridurli del 70%! Ora dobbiamo fermare anche gli altri. Se arriveremo a un
milione di firme per questo appello globale, il direttore del programma ONU per
l’ambiente annuncerà la nostra campagna davanti a tutti i governi mondiali e
lavorerà con noi per arrivare al divieto della plastica usa-e-getta e a far
respirare di nuovo il mare.
Non importa dove viviamo,
ogni respiro ci collega al mare. Gli oceani producono gran parte dell’ossigeno
sulla Terra. Regolano il clima e il meteo, generano le nuvole e quindi la
pioggia. E danno una casa all’80% delle forme di vita del Pianeta. Noi non
possiamo vivere senza oceani.
E ora sono gli oceani a
non poter sopravvivere senza la nostra azione.
Abbiamo devastato la
salute dei mari e dobbiamo rimediare. La buona notizia è che più della metà dei
rifiuti di plastica viene da soli 5 Paesi. Se concentriamo tutta la pressione
su di loro, possiamo cambiare l’intero sistema mondiale per liberare gli oceani
dalla plastica. Manca la volontà politica ma questa è proprio la cosa che noi
possiamo influenzare meglio.
Lanciamo un enorme appello
perché i nostri governi smettano di soffocare gli oceani. Raggiunto il milione
di firme aumenteremo la pressione su questi 5 paesi con campagne specifiche per
spingerli ad agire. Abbiamo fatto grandi
battaglie per proteggere le foreste pluviali e mettere in sicurezza enormi aree
marine. Ora siamo in lotta contro il tempo per eliminare i rifiuti plastici
prima che siano loro a far fuori noi.
Su Internet è possibile firmare la petizione.
Con speranza e determinazione,
Dalia, Lisa, Alice, Carol, Danny
e tutto il team di Avaaz
MAGGIORI INFORMAZIONI
La grande minaccia per la
salute del mare si chiama plastica (Repubblica)
http://www.repubblica.it/ambiente/2017/05/19/news/la_grande_minaccia_per_la_salute_del_mare_si_chiam...
Nel 2050 nei mari ci sarà
più plastica che pesci (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/ambiente/16_gennaio_20/plastica-oceano-peso-maggiore-pesci-2c73cafa-bf71-11e5...
L’Artico è invaso da un
mare di plastica che viene da lontano (Internazionale)
http://www.internazionale.it/scienza/claudia-grisanti/2017/04/22/artico-mare-plastica
In Riviera la plastica è
il principale “imputato” per l’inquinamento in spiaggia e in mare (La Stampa)
http://www.lastampa.it/2017/05/09/edizioni/imperia/in-riviera-la-plastica-il-principale-imputato-per...
Nel Tirreno un mare di
plastica, dossier-choc di Marevivo (La Nazione)
http://www.lanazione.it/livorno/cronaca/inquinamento-mar-tirreno-1.3108142
LINGUE
MADRI
Non è
poi così vero che le lingue dialettali non abbiano appassionati e difensori,
come si vede da questa segnalazione giuntaci dalla poetessa Laura Margherita
Volante, nostra corrispondente dalle Marche. La Sicilia ha il suo difensore e
il suo cantore nello studioso Marco Scalabrino.
Marco Scalabrino è nato a Trapani nel 1952, è stato componente della equipe regionale del progetto L.I.R.e.S.
promosso dal Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca - Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia , per lo studio del
Dialetto Siciliano nella Scuola. Lo studio del dialetto siciliano, la
poesia siciliana, la traduzione in Siciliano e in Italiano di autori
stranieri contemporanei, la saggistica sono tra i suoi principali interessi
culturali, ha collaborato con periodici culturali, cartacei e in rete,
nazionali e internazionali. Come traduttore si evidenziano testi scelti di Duncan
Glen pubblicati in Three Translators of
poems by Duncan Glen (Akros Publications, Scotland 2001); ha pubblicato poesie
in dialetto siciliano con traduzioni in Francese, Inglese, Italiano, Latino, Spagnolo,
Tedesco; nella narrativa il racconto breve in dialetto siciliano A
sua disposizione tradotto in
Francese da Jean Chiorboli e pubblicato in Francia (Albiana, CCU 2002); ha scritto
anche un saggio su Giovanni Meli pubblicato nel volume Giovanni Meli la vita e le
opere (Edizioni Drepanum, Trapani 2015). Le copertine qui riprodotte sono
dei suoi più recenti lavori.
(Laura
Margherita Volante)
Per
Rimanere Umani
CHIARA
PASETTI CONSIGLIA AI LETTORI DI ODISSEA
Alla
Piccola Corte di Genova (Corte Lambruschini),
dal
24 maggio al 3 giugno 2017
Alberto Giusta, regista dello spettacolo |
La
XXII Rassegna di drammaturgia contemporanea curata dal Teatro Stabile
di Genova apre mercoledì 24 maggio alle ore 20.30 con L’arbitro
di Dio di Robert Farquhar (irlandese, classe 1960) per la
regia di Alberto Giusta, uno dei più interessanti e brillanti
attori e registi della scena contemporanea. Sul palco, Andrea
Di Casa, Massimo Rigo e Marco Zanutto. La versione italiana è di
Carlo Sciaccalunga. Produzione Teatro Stabile di Genova.
Dalla
sinossi dello spettacolo:
«Quel
gol non era gol». Degsy e Cliff sono due amici uniti dalla passione
per la loro amata squadra, condannata alla retrocessione da una
decisione arbitrale dubbia. Alla ricerca di vendetta, decidono così
di rapire l’arbitro. Il riscatto? Ammettere il proprio errore e far
rigiocare la partita. Il piano va storto e ben presto si rendono
conto che l’arbitro, fuori dal campo, è ancora più
insopportabile. Il duo riuscirà ad ottenere il risultato sperato o
segnerà, invece, un clamoroso autogol? Con uno sguardo molto
divertente amore, passione e amicizia mostrano il cartellino rosso a
tutti i sognatori, delusi da quello che sarebbe potuto essere e non è
stato.
Orari:
da merc a sab alle 20.30, giov ore 19.30.
Domenica
e lunedì riposo. Biglietti posto unico a 5 euro.
Seguirà
recensione dello spettacolo nei prossimi giorni.