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martedì 20 giugno 2017

Morti per amianto alla BredaTermomeccanica /Ansaldo:
assolti i dirigenti
Per il Tribunale di Milano uccidere i lavoratori
per il profitto non è reato.
di Michele Michelino


Anche il processo contro i dirigenti della Breda Termomeccanica/Ansaldo di Milano, imputati della morte per amianto di 12 lavoratori, si è concluso con l’assoluzione dei manager. Per la morte di questi operai nessun manager e nessun padrone pagherà, com’è ormai prassi al Tribunale di Milano.
Il giudice dr. Simone Luerti della 9° Sezione Penale del Tribunale di Milano ha assolto tutti gli imputati, con la formula “il fatto non sussiste” e per “non aver commesso il fatto” come chiesto dalle difese degli imputati e dai responsabili civili Breda/Ansaldo/Finmeccanica, nonostante il P.M Nicola Balice avesse chiesto pene dai 2 ai 4 anni e 11 mesi.
Ancora una volta l’impunità è scattata a salvare chi non ha rispettato le misure di sicurezza in fabbrica. Questa sentenza è solo l’ultima di una serie di assoluzioni: la Franco Tosi, l’Enel di Turbigo, la Pirelli, la Fibronit (in appello), l’Alfa Romeo.
Mentre nell’opinione pubblica aumenta la consapevolezza del pericolo amianto e si chiede la bonifica dei siti e dei territori contaminati dai veleni, la magistratura, e in particolare il Tribunale di Milano, concede l’impunità e la licenza di uccidere a imprenditori, manager, faccendieri, padroni che per fare più profitti non esitano a mandare a morte consapevolmente miglia di lavoratori e cittadini.
Per la magistratura nessuno è colpevole per i morti d’amianto.
Il segnale è chiaro: l’economia capitalista è più importante della salute e della vita umana e in questo sistema uccidere i lavoratori per massimizzare i profitti non è più reato.
Dopo anni di fabbrica, costretti a lavorare in ambienti nocivi con sostanze cancerogene che hanno ucciso prima i lavoratori e poi uscendo dalle fabbriche e disperdendosi nell’aria, nell’acqua e nel territorio, anche i cittadini, abbiamo imparato sulla nostra pelle e su quella dei nostri compagni che la giustizia non esiste. In una società divisa in classi, anche se formalmente la Costituzione dice che tutti i cittadini sono uguali e nei tribunali sopra la testa del giudici campeggia la scritta LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI, questo non è vero.
Oggi abbiamo perso un’altra battaglia, ma la guerra continua, non ci arrendiamo. Siamo pieni di rabbia ma non rassegnati. Continueremo a lottare nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle piazze, nel territorio e anche nei Tribunali contro la giustizia dei padroni che offende e umilia le vittime; la lotta continua. Il nostro unico, grande, rammarico, è che intanto gli operai continuano - e continueranno - a morire in silenzio e i responsabili a godere dell’impunità, grazie anche ad una “ingiustizia” di classe.