10 anni dell’Art Master
25 agosto / 3 settembre 2017
di
Claudio Zanini
Roger Ballen "Window Shelf |
St. Moritz. Ci sono diverse cose per le quali è valsa la pena di visitare SAM 2017 (St. Moritz Art Master 2017). Una di queste è rappresentata dai lavori
di Roger Ballen, che abbiamo visto alla Galerie
Karsten Greve. Nato a New York nel 1950, Ballen ha trascorso gli ultimi 35
anni a Johannesburg, dove vive, documentando “il lato oscuro” della condizione umana
(come lui stesso afferma) nelle bidonville dei sobborghi sudafricani. Ballen provoca
e turba mostrando l’estremo degrado di persone costrette a una misera
sopravvivenza ai margini della società, entro fatiscenti abituri di cartone e lamiera.
L’artista americano ha realizzato filmati e installazioni (anche a Roma, nel
2016) impiegando come set diverse baracche di Johannesburg, dove umani e
animali coabitano in una promiscuità allucinante, muovendosi in una specie di
teatro dell’assurdo e della crudeltà. Definire Ballen fotografo è riduttivo,
meglio sarebbe dire: “creatore d’immagini”.
La particolarità di
queste immagini, tutte in bianco e nero, consiste nell’eterogeneità degli
elementi che le compongono. Disegni, graffiti (da Dubuffet a Brassaï a Basquiat) collage, ritagli
di foto, persone grottescamente mascherate e animali impagliati; oppure
dettagli di arti, mani, piedi, bocche; e poi, pezzi di bambole e manichini.
Tutto questo corredo di cose incongrue, assemblato in modo caotico e casuale (quasi
la mimesi d’una scrittura automatica surrealista)
converge nella potente evocazione del mondo allucinato dei “dannati della
terra”, ridotto all’incubo doloroso d’una umanità priva di redenzione.
Da Monica de Cardenas ritroviamo un artista interessante come Markus
Raetz e le sue opere pervase di giocosità e calviniana leggerezza in cui
esprime la sua poetica dell’ambiguità mostrando l’inganno della percezione.
Raetz, con notevole ironia, ci avverte che ciò che vediamo (o crediamo di
vedere) raramente corrisponde alla realtà. Che è molto complessa, spesso
contradditoria e passibile di molteplici letture. Basta mutare il punto di
vista e tutto cambia (anche lo specchio inganna!); e, spesso, tale ambiguità
viene deliberatamente impiegata per confondere e indirizzare lo sguardo del
fruitore. Raetz, con la sua opera, ci dice: attenzione, il reale è più ricco di
quanto lo si vuole far sembrare, mai
fermarsi all’apparenza.
Chiharu Shiota "State of Beng" |
Negli spazi del Kempinski Grand Hotel, foto di Lenny
Kravitz, Peter Lindbergh con i suoi intensi ritratti di donne (dai calendari
Pirelli), e gli scatti africani di Florian Wagner con magnifici paesaggi,
uomini e animali.
Al Forum Paracelsus, oltre alla collezione dei preziosi vetri di
Venini (con Rotella, Chia, Mendini, Sottsass, Pesce, Aulenti, Ando), da
sottolineare due opere di Vladimir Velickovic, artista serbo nato nel 1935, in
grado di evocare la forza visionaria ed espressiva del Goya delle incisioni.
Dusan Dzamonja, nato in
Macedonia nel 1928, è scultore d’opere di grandi dimensioni e di monumenti
commemorativi della lotta di liberazione jugoslava contro il nazifascismo. Al Kulm Hotel, presenta in particolare, una
scultura geometrica realizzata mediante una trama di catene, una delle sue
textures ricorrenti, per ricordare come il ’900, sia stato secolo di tragici
conflitti e feroci dittature.
Nello spazio austero
della Chiesa Protestante di St.
Moritz, la Galleria Robilant+Moena
presenta una selezione di artisti presenti nelle trascorse edizioni di SAM: Schnabel, Sachs, Clemente, La
Chapelle, Muniz, Wim Delvoye, Rotella, Marino Marini e Fontana. Mentre in
galleria, insieme a due smilzi disegnini di Hockney e un suo divertente collage
del ’83, appare anche Gianni Colombo con sei lavori cinetici del 1993. Comunque,
che nostalgia della potente opera di Rauschenberg e dei lavori del pirotecnico Rockwell,
dell’anno scorso!
Un gruppo di artisti
giovani, tra cui ricordiamo Sasha Berretz, espone nei lussuosi spazi all’Hotel Bernina di Samedam.
Un’installazione di vividi
drappi rossi, di Alfred ed Eka Bradler, sulla pietraia di fronte a Sils, figura
le sanguinanti ferite oggi inferte alla montagna. Peccato che da Sils non si
veda.
Il paesaggio dell’Engadina,
con le sue meraviglie naturalistiche e il fascino degli insediamenti urbani, si
mostra quale scenario perfetto per una rassegna d’arte, come dice, in
un’intervista, il direttore di SAM, Philipp
Noller; il quale si augura che gli Art Master
diventino punto d’incontro del popolo dell’arte, del business e del lusso.
Soggetti non facili da mettere insieme, in cui l’arte spesso ricopre il ruolo
di fedele ancella. Per evitare tale asimmetrico connubio, si dovrebbe
rispondere senza ambiguità alle domande: per chi si fa la rassegna? Quindi,
come la si fa? Ci auguriamo per il futuro scelte qualitative più oculate e
un’esposizione più rigorosa delle opere. L’abbiamo scritto in occasione della
passata edizione: anche quest’anno abbiamo avuto l’impressione che non si è
esposto il meglio; forse si dovrebbe privilegiare il lavoro d’un artista di
valore, giovane o inedito, oppure affermato ma con opere nuove. Molti artisti
sono presenti con un numero troppo esiguo di lavori, il che non permette il
minimo approfondimento. C’è Pipilotti Rist, ma dov’è? All’Hotel Castell di Zuoz non sanno dirtelo, la devi cercare, per poi
scoprire che è l’autrice del banco bar. La torre di James Turrel, la si vede
(da lontano) da anni; facciamola interagire con l’opera d’un altro artista, nel
suo suggestivo spazio! Lo stesso si può dire per le installazioni di Martin
Kippenberger, e di Oliver Kruse; questa, abbandonata sulla riva del lago.
Ridiamo loro vita!
Le opere dell’esposizione
lungo la Via Maistra di Pontresina,
sono di ardua identificazione e di qualità assai variabile. Ci sono anche delle
presenze che, in una rassegna come vorrebbe essere SAM, non si giustificano. Inoltre, come abbiamo
già rilevato, mancano gli spazi pubblici e privati come il Museo dell’Engadina di S.Moritz e la seicentesca Chesa Planta di
Samedan, impiegati nelle scorse edizioni. Anche la partecipazione delle
gallerie si è rivelata piuttosto scarsa. Infine, si sente l’assenza di un catalogo
generale. Gli sponsor, tutti prestigiosi, che non nominiamo per discrezione, potrebbero
(dovrebbero) spingere un po’ di più sull’acceleratore.