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martedì 3 ottobre 2017

La presa del potere.
Qui non si compete ad armi pari. Ottobre ’17 e oltre
di Claudio Zanini



Di recente, il teologo Vito Mancuso sosteneva, incautamente, la perfetta corrispondenza tra Nazifascismo e Marxismo (Comunismo). Quindi, rettificava la sua posizione: ammetteva la differenza sostanziale tra le due visioni del mondo affermando, tuttavia, che entrambe giungevano più o meno, ai medesimi esiti: privazione delle libertà, repressione poliziesca, tragica dittatura. E che, di questi esiti, Marx avrebbe una certa responsabilità.
Della nefasta aberrazione nazifascista è superfluo parlare, la storia ne ha dato un giudizio definitivo. Riguardo al marxismo (e Marx) vorrei fare alcune riflessioni, qui necessariamente molto schematiche. Marx ha analizzato l’alienazione e la mercificazione dei rapporti umani nella società capitalista, di quest’ultima ha svolto una critica profonda, lucida e spietata (ancora attuale); giungendo alla conclusione che la liberazione dell’uomo dalle spaventose condizioni materiali in cui versava (versa) può realizzarsi abolendo le differenze di classe e lo sfruttamento del lavoro, principalmente attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione della ricchezza, detenuti dalla classe egemone. Questo difficilmente si ottiene pregando cortesemente la classe dominante di rinunciare al proprio potere e ai suoi privilegi; ciò significa che la presa del potere (la conquista di indipendenza, libertà, uguaglianza) all’epoca in cui viveva Marx, voleva dire insurrezione armata. All’estrema prevaricazione di un potere tirannico, si ha il sacro dovere di ribellarsi con mezzi adeguatamente estremi.
Questo non implica che oggi il governo non si possa conseguire con elezioni democratiche. Però, attenzione! Importante è capire la distinzione tra potere e governo. Il potere è possesso: di denaro, finanza, capitale e mezzi di produzione; da almeno due secoli è detenuto dai grandi imperi economici globalizzati (spesso in lotta fra loro, ma saldamente uniti contro chi il potere intende sottrarglielo), che controllano i media (quindi il consenso), forze armate, chiese, lobby e partiti politici.
Il governo, seppur eletto, è, sovente, diretta emanazione del potere ed esegue una politica funzionale a esso; quando non lo è (eletto, quindi, da un’opposizione divenuta maggioranza o sorto dopo una guerra di liberazione da un sistema oppressivo), per realizzare il suo programma è costretto a patteggiare e a difendere tenacemente la sua libertà operativa.    
Dunque, che fare? Questo è il problema. (1)
La presa del potere da parte di movimenti e partiti d’ispirazione marxista, dopo l’entusiasmo d’un periodo d’importanti riforme in senso socialista e all’istituzione di un welfare state di base, è stata seguita, molto spesso, da una gestione da parte d’una classe dirigente impreparata, formata sui vecchi modelli di organizzazione burocratica (pochi hanno la fantasia e il coraggio di porsi fuori dall’opaco abbrivio della Storia) non in grado di governare una situazione nuova e imprevedibile, operando spesso delle scelte troppo radicali (l’illusione che l’economia di piano potesse funzionare, soprattutto, in un paese immenso e arretrato come l’URSS!); quindi, deludendo le aspettative e tradendo le idee ispiratrici.
Questo è accaduto soprattutto in Russia e nei paesi dell’Europa dell’est occupati militarmente dall’esercito sovietico. Paesi con governi imposti dall’occupante e ossequenti la politica del PCUS; in un periodo di Guerra fredda e dei blocchi contrapposti non è stato loro permesso uno sviluppo democratico, ma alla lunga, si sono disgregati implodendo. Questo a causa sia del costante assedio esterno e del sabotaggio interno (inducendo un clima di sospetto e una regressione in regime poliziesco), sia per l’arroccarsi in difesa dei privilegi d’una casta corrotta dedita al mero esercizio del potere (vedi La nuova classe, di M. Gilas). Tragici esempi d’un fallimento storico e ideale.
Marx e il suo pensiero, tuttavia, di questa tragica deriva, hanno tanta colpa quanta ne ha Gesù Cristo (il Vangelo) nei riguardi dei crimini (Guerra dei 30 anni: trent’anni di scannamenti tra protestanti e cattolici, tanto per fare un esempio) commessi dalla Chiesa nel corso dei secoli passati e presenti.
Tuttavia, ci sono stati dei governi, soprattutto in Africa, Medio Oriente e America Latina che, nati dalle lotte d’indipendenza (ispirate dal pensiero marxista) dal Colonialismo, e vinte le elezioni, hanno promosso mutamenti sostanziali (riforma terriera, diritti delle donne, sanità, istruzione, nazionalizzazioni delle proprie fonti di ricchezza).
Si parla di governi legittimi che sono stati spazzati via da colpi di stato della destra imperialista (ricordiamo la Spagna repubblicana, il Cile di Allende, l’Afganistan di Taraki, l’Iran di Mossadeq, il Burkina Faso di Sankara, l’Honduras di Zelaya ecc.). oppure governi costantemente minacciati e assediati dalle forze conservatrici (l’attuale America Latina, l’ossequiente “cortile di casa” degli Stati Uniti, che, dopo i governi socialisti di Lula, Chavez, Castro, e gli attuali di Morales, Moreno, Sanchez,  l’imperialismo economico statunitense vuole riprendersi).
Il filosofo statunitense Michael Walzer, in un interessante articolo del Sole 24 Ore del 14.09.2017, sostiene che tali governi (nati con ottime intenzioni), con il tracollo dell’economia, sono alla fine costretti a ripiegare in un regime autoritario e repressivo. Si può ammettere che della bancarotta sia causa l’incompetenza dei governanti (ma dove sono i governanti competenti? forse nelle democrazie occidentali?); ma, a mio avviso, ciò dipende soprattutto dalla guerra spietata condotta dalle forze economiche dominanti (embarghi e sanzioni varie, abbassamento artificioso dei prezzi delle materie prime e costi gonfiati, prestiti a tasso d’usura e manipolazioni finanziarie, ecc.) accompagnata da uno straordinario bombardamento mediatico.


Che fare, dunque? Ci si deve, da un lato difendere con mezzi adeguati alla spietata aggressione, orchestrata dal capitalismo finanziario, dall’avidità delle multinazionali e dai media planetari a loro disposizione? E dall’altro, continuare il lavoro di riforma, di sviluppo democratico, libertario, egualitario (seppure difettoso, carente, ma perfettibile) oppure si deve cortesemente cedere lasciando campo alla tirannia?
Walzer ancora afferma che, per chi considera la rivoluzione o la difesa d’un governo radicalmente riformista, libertà ed eguaglianza sono incompatibili. Poiché lo stato di costante assedio (del paese, dall’esterno; o di un casta tirannica interna) impedirebbe la libertà di parola, d’assemblea e diritto di opposizione. Questo si ricava analizzando le dittature di sinistra del ventesimo secolo. 
Tuttavia, un’osservazione: se preferiamo la libertà all’eguaglianza, ne conseguirà sempre, per chi ha meno possibilità (ed è la maggioranza), uno stato d’estrema illibertà. Quindi, libertà senza eguaglianza è condizione impraticabile.
Accantonando i concetti astratti, possiamo definire meglio un tipo d’eguaglianza raggiungibile: l’uguaglianza che significa eguali diritti fondamentali (lavoro, casa, salute, istruzione, tempo libero). Non vuol dire vestire, né pensare allo stesso modo, né il medesimo guadagno variando i tipi di lavoro, competenza e capacità; né impedire critica e dissenso. Attenzione, dissenso non sovversione; da quest’ultima, la difesa è un dovere morale e civile.
È utile, inoltre, aver sempre presente che i rapporti di forza tra questi nuovi governi (in cui si vorrebbe conciliare libertà e uguaglianza) e il mondo globalizzato dominato dalle multinazionali e dal capitale finanziario, è estremamente asimmetrico. I primi hanno una struttura fragile e subiscono un costante assedio. Il secondo ha una potenza enorme e spietata; economica, militare, mediatica. Qui non si compete ad armi pari.
Ricordiamo, en passant, che il Colonialismo, benedetto dalle varie chiese, ha depredato brutalmente Africa, Medio Oriente, America Latina e parte dell’Asia, spartendosi i territori conquistati mediante fittizie linee di confine tracciate con il righello (vedi trattato di Sykes-Picot (1916) tra Francia e Gran Bretagna), spossessando della propria dignità le popolazioni e, con le loro ricchezze, hanno abbellito le loro capitali imperiali e accumulato Capitale primitivo (la cosiddetta “civilizzazione” inglese ridusse l’India alla rovina economica). Cuore di tenebra, di Conrad, parla di questo. Il suo cuore oscuro è l’Europa (oggi è l’Occidente). D’altra parte, tale brutalità è stata levatrice della nascita di tante coscienze critiche che dall’Illuminismo, a Marx, a Nietzsche, a molti altri, hanno gridato NO! e svelato la cattiva coscienza della cosiddetta civiltà occidentale e il suo declino.     
Ricordiamo che oggi, l’Occidente, sbandierando i propri valori cristiani, volge la testa dall’altra parte e respinge chi viene a reclamare non ciò di cui è stato derubato (ne avrebbe il diritto), ma la possibilità d’una vita dignitosa per sé e i propri figli.         
A noi, arricchiti e ingrassati dalle briciole di un sistema avido, cui è stato detto che volevamo troppo, però abbagliati dal consumismo, c’è permessa una democrazia imperfetta e claudicante, che deve stare bene in riga. I parvenu della politica, nella loro mediocrità sono ben visti, da chi decide le sorti del mondo.

Note
1) Premesso che Marx non ha elaborato alcuna teoria dello stato, ne consegue che non ha nessuna responsabilità rispetto a quelle sorte in seguito. E, a proposito di marxismo, esistono molti marxismi (Gramsci, Bordiga, Bernstein, Lenin, Trotzki, Kautsky, Luxemburg, il bolivarismo, la variante asiatica, l’austromarxismo, l’eurocomunismo, ecc. ecc.), quindi è meglio sapere ciò di cui si parla, quando si parla di marxismo.