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domenica 5 novembre 2017

BOLOGNA OH CARA!
di Angelo Gaccione

Veduta dall'alto di Piazza Maggiore

Il palazzo del Comune

Uno scrittore vive di miti e se ne crea diversi. A me succede con i luoghi. Ogni volta che vi ritorno sento il bisogno di recarmi in alcuni posti precisi (piazze, chiese, angoli, quartieri) per rivederli, sostarvi, passeggiarvi. Se ad esempio vado a Pavia, non posso fare a meno di entrare nella Basilica di san Pietro in Ciel d’Oro e fare una visita alle spoglie di Agostino e Severino Boezio. Andare a San Miche Maggiore, fare una passeggiata fino a Borgo Ticino attraversando il Ponte Coperto, entrare nei cortili dell’Università dove hanno insegnato alcuni dei più celebri letterati e scienziati italiani, sedermi sotto le sue torri medievali. A Bergamo salgo fino a Borgo Canale per la casa natale di Donizetti, una casa povera situata molto più giù del livello stradale, tanto in basso che così il musicista ne ha scritto: “Nacqui sotto terra in Borgo Canale. Scendevasi per una scala di cantina ov’ombra di luce non mai penetrò, e siccome gufo presi il volo, portando a me or tristo or felice presagio”.

Lo strano contenitore della cineteca

Questa primavera sono tornato a Bologna per un incontro su Pasolini alla Biblioteca Renzo Renzi di via Azzo Gardino, alla Cineteca, uno strano contenitore di formacircolare la cui piazzetta è stata dedicata al poeta. Le giornate erano meteorologicamente magnifiche, con il sole luminoso e un cielo carico di grosse nubi bianche su un fondale azzurro intenso. Da via D’Azeglio al n. 9 dove ho soggiornato, cuore che più cuore non si può, avevo a portata di sguardo e di passi Piazza Maggiore, Piazza del Nettuno e Piazza Re Enzo. Avete idea di quali tesori architettonici racchiude questo breve perimetro? Dalla Basilica di san Petronio dove non trascuro mai di entrare per vedere la gigantesca meridiana del Cassini riprodotta sul pavimento e che risale ad oltre la metà del 1600, e quanto in questa chiesa è contenuto. La sua facciata non finita mi ha sempre affascinato, mi evoca l’immagine di un corpo rimasto privo del suo vestito buono per l’improvvisa scomparsa del sarto che lo aveva ideato. Quasi un rispetto sacrale alla sua memoria per non far torto al suo genio. Come dire: lui lo ha iniziato, ma nessuno potrà finirlo.
Intoccabile come la Sagrada Familia di Gaudì a Barcellona.

La basilica di san Petronio

È rimasta semisvestita la domus del divus Petronius protector et pater, ma in fondo è stato un bene perché indica a noi e a quelli che verranno, che tutte le cose del mondo soggiacciono alla legge della precarietà. Al Palazzo dei Notai che fu sede di questa corporazione medievale per oltre 150 anni, al Palazzo d’Accursio sul cui frontale, proprio al di sopra dell’enorme portale e dentro una nicchia, troneggia la statua di bronzo di papa Gregorio XIII, quello del calendario gregoriano. Ha un braccio alzato ed è colto dallo scultore nell’atto di benedire la sua città. I bolognesi lo avevano spacciato per san Petronio per preservare la statua dalla furia anticlericale napoleonica. Sopra vi avevano inserito la scritta riferita al santo, e così hanno potuto gabbare le truppe francesi. Sede del Comune, questo palazzo si allunga fino alla Piazza del Gigante, ma più diffusamente conosciuta come Piazza del Nettuno, per via della statua col tridente che sovrasta la fontana del Giambologna, al Palazzo del Podestà e a quello di Re Enzo così chiamato perché vi morì il figlio di Federico II. Da un po’ di anni quella che è chiamata  Salaborsa, (funzionava da sostegno all’attività mercantile che si svolgeva sotto la Piazza Coperta), meravigliosamente ristrutturata, è divenuto un punto di riferimento e di incontri con la sua ricchissima biblioteca multimediale, la sezione dei libri per bambini, i suoi caffè, le sue strutture liberty e le sue vetrate déco. Passeggiarvi, sostarvi, o semplicemente guardarsi intorno, è un’esperienza da fare se si approda in questa città. C’è anche un piccolo passaggio interno dedicato allo scrittore alessandrino Umberto Eco che a Bologna insegnò a lungo, anche se ha sempre vissuto a Milano, città dove è morto. Insomma è un perimetro di grande suggestione e di grande armonia architettonica.

Piazza Maggiore

Piazza del Nettuno

Palazzo Re Enzo
Salaborsa

A me Piazza Maggiore piace goderla di mattina presto quando è semideserta, quando comincia appena ad animarsi, ma non è ancora nella sua piena attività; a quell’ora, se il cielo è terso e c’è una leggera brezza come ora, lo spazio che racchiude la piazza si presenta in tutta la sua maestà. Mai ho trascurato, nei miei viaggi a Bologna, una visita alle cosiddette Sette Chiese e ai loro meravigliosi chiostri di Piazza Santo Stefano. Qui ho sostato a lungo seduto sotto le volte dei colonnati dei palazzi, i portici, per cui Bologna è così bella, come scrive Pasolini, e ho assorbito finché ho potuto tutta l’armonia del luogo, l’atmosfera che mi ispira. 

Veduta di uno dei Portici 
Il complesso di santo Stefano

Piazza santo Stefano
Piazza delle sette Chiese

E sempre mi spingo fino al Ghetto Ebraico prendendo per via dei Giudei o via dell’Inferno, per ragioni che ognuno può intuire, così come vado in via dei Poeti perché lì il mio amico Roberto Roversi, anch’egli ottimo poeta, aveva la sua libreria antiquaria, e vi ha passato parte della sua vita. È il mio modesto omaggio sul filo di una memoria che non si arrende al tempo. Naturalmente percorro in lungo e in largo i portici e la zona universitaria, entro in cortili e chiese e vado a caso, sostando dove il mio intuito o le mie conoscenze mi obbligano, e ci resto tutto il tempo che mi occorre, senza fretta. Qualche volta imbocco le lunghe direttive che arrivano fino alle varie Porte: Santo Stefano, Saragozza, Porta Maggiore...

Porta Galliera
Veduta notturna con la torre degli Asinelli e Garisenda
Via Pescherie Vecchie

Via Pescherie Vecchie

Ma se sono molto stanco ed ho camminato a lungo, entro nella via dell’Achiginnasio e vado alle Pescherie Vecchie, in via Calzolerie, via Caprarie, via Orefici, via Artieri, fino a Piazza Mercanzia. Sono le viuzze medievali dell’antico mercato della città, colma di odori di ogni tipo, per i negozi e i banchetti che vendono pesce, dolci, salumi, frutta, mortadella, tortellini, formaggi di cui ci si può deliziare, sentire la cadenza tipica della lingua emiliana, parlare con chiunque, perché questo concentrato di popolarità è sempre disponibile e come tutti i luoghi del commercio è vitale ed aperto all’incontro. 

Canale delle Moline

Se posso corro in via Piella per affacciarmi dalla finestrella che guarda su uno dei rari canali rimasti scoperti e dove l’acqua scorre accanto alle fondamenta delle case come a Venezia o ad una delle tante città d’acqua italiane. Questo scorcio ci ricorda che sotto la città scorre acqua e che fino ad un paio di secoli fa anche Bologna era piena di canali. Li hanno coperti per rifare il riassetto urbano, un po’ come Milano che ora vorrebbe riaprire almeno quelli di via Sforza o della chiusa di Leonardo del Ponte delle Gabelle, nella zona tra Brera e San Marco. È quasi un appuntamento obbligato il mio, con questo piccolo pertugio bolognese. È legato a ricordi di un tempo passato, un tempo di giovane e di studente, un tempo felice fatto di volti, di contestazione, di passioni.