RISCHIO CATASTROFE
di Fulvio Papi
Gunther Anders |
Era la prima volta che un’iniziativa umana
poteva cancellare dall’universo la storia dell’uomo. Questa “possibilità della
fine” acquistava il suo spazio nell’essere
nel mondo della figura umana. O, posso aggiungere, era il nostro conclusivo
atto della volontà di potenza. Comunque pensato, l’allarme di Anders fu
percepito in tutta la sua incommensurabile drammaticità. Anche se era un
pensiero comune ritenere che non vi sarebbe stata nessuna catastrofe poiché era
certo che in un conflitto nucleare sarebbero stati distrutti entrambi i
contendenti. La famosa crisi di Cuba mostrò che questa valutazione poteva
essere troppo superficiale, tuttavia nonostante il clima di grande tensione,
era un’opinione diffusa quello che poi accadde veramente con la decisione di
Kruscev. Anche in un clima meno teso, era ancora diffusa l’opinione secondo cui
un errore nell’interpretazione dei segni dell’attacco da parte delle rispettive
difese era sempre possibile. E infatti sarebbe accaduto, non fosse stato per
l’intelligente prudenza di un militare sovietico, Stanislav Evgrafovič Petrov.
Il riarmo atomico di India e Pakistan, se pure oggettivamente pericoloso, fu
valutato come rischio che ci riguardava poco. La dotazione di armi nucleari da
parte di Israele fu considerata una dimostrazione politica della capacita
estrema di reazione, poiché non si poteva ripetere la guerra dei sei giorni.
L’opinione pubblica considerò in genere che quella situazione estrema non vi
sarebbe stata. Poi le trattative Usa- Urss sul parziale disarmo atomico, fecero
pensare che la distruzione della terra rimanesse nelle possibilità
“prometeiche” terrorizzanti, ma solo teoriche.
Ora la situazione politica
internazionale con le esibizioni e le minacce nucleari della Corea del Nord,
sottraggono Günter Anders dal suo luogo nella filosofia contemporanea, e lo
collocano un’altra volta in primo piano. Nello scenario della storia possibile
è già più che allarmante la certezza che, se l’emergenza climatica (nonostante
gli accordi di Parigi) dovesse procedere con i ritmi attuali, “il pianeta
conoscerà un riscaldamento superiore ai +3°C, ovverosia la temperatura del
Pliocene, 3 milioni di anni fa” (Göel Giraud). Siamo destinati a convivere con
il pensiero della catastrofe. Ora tutti sanno che il dittatore della Corea del
Nord è certamente un paranoico delirante tenuto in piedi anche da una folle
religione che lo qualifica come discendente da una divinità. E con un paese
dall’identità fanatizzata: almeno da quello che si vede. Diventa difficile
attribuirgli in queste condizioni una qualunque strategia politica che dipenda
da un calcolo razionale che vada al di là della “volontà di potenza”. D’altro
canto il suo nemico americano, lasciando perdere altre valutazioni, è un
personaggio inidoneo, come sostiene la maggioranza degli americani, a gestire
la politica degli Stati Uniti non solo di fronte alle folli minacce, ma anche
nel quadro della politica interna e internazionale. Dal nostro punto di vista è
un altro fattore di pericolo. Basti pensare che Trump ha suggerito ai suoi
concittadini di preparare rifugi atomici con provviste. Non ci vuole uno
specialista per sapere che i rifugi atomici sono teorici. E che, anche nel caso
funzionino come rifugio, all’uscita i superstiti non possono che andare a
morire. La perdita del senso della realtà come delirio, e l’abitudine alla
menzogna come strumento politico sono altri elementi che portano con sé i semi
di tragedie. Mi auguro quello che tutti si augurano, ma sono persino costretto
a non tentare una ragionevole conclusione. Del resto le analisi degli
specialisti non sono confortanti. Ma è già una catastrofe che il nostro
pensiero sia tornato alla cognizione di dover convivere con il timore di una
fine. Siamo al punto di prima.