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domenica 10 dicembre 2017

GERUSALEMME
Testo e foto di Paolo M.Di Stefano


E così il Presidente Trump ne ha pensata un’altra, già definita formalmente (pare) ma in concreto ancora da realizzare: Gerusalemme è stata riconosciuta come capitale di Israele, ed è a Gerusalemme che avrà sede l’ambasciata degli Stati Uniti. Naturalmente, si è trattato di un atto obbligato. Non solo la realizzazione di una promessa elettorale, ma anche -e soprattutto- una decisione destinata a rilanciare il processo di pace tra lo Stato di Israele e la Palestina.
Trump è un essere superiore, e proprio perché tale i processi del suo pensiero non sono semplici da seguire. Per esempio: per noi comuni mortali, “rilancio del processo di pace” significa più o meno che il cammino verso la pace o almeno verso la tolleranza reciproca dovrebbe accelerare e dunque avvicinare quell’accordo senza il quale la pace in medio oriente sarà pura utopia. Per il Presidente degli Stati Uniti, il rilancio sembra significare “maggiore presenza nella comunicazione internazionale”: l’importante è che se ne parli, non importa come, ma che se ne parli. Qualcosa accadrà. Che è vero. E sotto questo aspetto, il Presidente ha perfettamente ragione: il riconoscere Gerusalemme capitale di Israele genererà eventi di cui nessuno oserà non parlare, e la questione tornerà in primissimo piano e vi rimarrà a lungo. Con conseguenze assolutamente benefiche, almeno per gli Stati Uniti, la cui industria delle armi avrà notevole impulso e, probabilmente, notevole impulso potrebbe avere -magari in momenti successivi- anche il mondo degli affari che gira attorno alla ricostruzione di quanto distrutto dalla resistenza degli arabi e dalla conseguenza attività di difesa degli israeliani. Con in più la possibilità di dimostrare che il popolo israeliano è da centinaia di anni vittima di ogni possibile aggressione ed è dunque legittimo che si difenda; e che le aggressioni vengono da tutto il mondo arabo, che non accetta -per ignoranza e per intolleranza- che la Città Sacra alle tre religioni monoteiste e riconosciuta come capitale della Palestina sia, invece, la capitale di Israele.





La chiesa della Dormizione

Trump ha ragione: bisogna che gli arabi si rassegnino alla sconfitta della Palestina e alla creazione dello Stato promesso da Dio in persona ad Israele secoli orsono. E se qualcuno dovesse nutrire dubbi circa la storicità di quella promessa (oltre che sulla sua realtà), si informi e tragga le debite conseguenze. E su di un altro punto essenziale il Presidente ha ragione: se la città è sacra per le tre religioni monoteiste, la sola soluzione possibile sarà il farne la capitale di uno “Stato dello Spirito”, il primo (almeno per quanto io ne so) in tutto il mondo. Ed è, questa, assoluta lungimiranza: le guerre, le guerriglie, gli attentati che si scateneranno non avranno risultato alcuno, se non quello di distruggere la stabilità (precaria) dell’area. E dunque, il mondo (e per il mondo, l’ONU) non potranno non intervenire, e dovrà essere l’ONU a “inventare” uno Stato dello Spirito con capitale Gerusalemme. E pensate: Trump provocando e pianificando tutto questo (e quanto per ovvie ragioni non detto) dà prova di una generosità senza paragoni, rinunziando ad una buona parte del mercato delle armi e ad una altrettanto notevole parte dei guadagni prevedibili con la ricostruzione.
Nel frattempo, avrà onorato uno dei principi fondamentali di quello che gli americani chiamano marketing ed ai quali gli imprenditori illuminati si inchinano: cogliere le occasioni per fare profitto e se possibile crearle. Perché non c’è dubbio che Trump sia un imprenditore illuminato, di successo e dunque anche ricco e potente.