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domenica 11 febbraio 2018

CHI FURONO I PEGGIORI CRIMINALI?
I TEDESCHI O GLI AMERICANI?
di Luciano Garibaldi

Luciano Garibaldi

Intervento di Luciano Garibaldi al convegno “GUERRE E PACE”
organizzato dalla ANVCG a Milano il 9 febbraio 2018, Hotel dei Cavalieri.

Da una decina d’anni, disponiamo di una eccezionale fonte informativa sulle stragi di civili compiute dalle truppe d’occupazione tedesche coadiuvate dalle formazioni militari fasciste. Si tratta dell’«Atlante delle stragi naziste e fasciste», realizzato, a partire dal 2009, da una Commissione Storica congiunta, insediata dal governo italiano e da quello della Repubblica federale tedesca. Nella banca dati, consultabile sul sito www.straginazifasciste.it, è possibile conoscere tutte le stragi e le uccisioni singole di civili, compiute da reparti tedeschi e della Repubblica Sociale Italiana in Italia dopo l’8 settembre 1943.
I risultati dell’indagine hanno permesso di censire oltre 5000 episodi, per ognuno dei quali è stata ricostruita la dinamica degli eventi, inserita nello specifico contesto territoriale e nelle diverse fasi di guerra. In Italia, dal luglio 1943 all’aprile 1945 furono più di 20 mila le persone uccise in stragi nazifasciste, persone prive di una effettiva pericolosità militare e quasi tutte immuni da colpe effettive. Quindi, vere e proprie vittime civili di guerra.
Nei confronti delle popolazioni italiane i nazisti attuarono la strategia del terrore, capace di sconfinare rapidamente in ripetuti massacri. Il risultato dell' occupazione nazista è un lungo disseminarsi di eccidi avvenuti per le più diverse (e spesso anche incoerenti) ragioni. Un esempio per tutti: La strage di Marzabotto, al pari di tutti gli altri massacri, a partire da Sant’Anna di Stazzema, non solo si rivelò strategicamente inutile, ma fu eseguita in maniera indiscriminata, al di fuori di ogni ragione bellica, come testimonia l'uccisione di 216 bambini, neonati inclusi. Furono i civili, in larghissima maggioranza, le vittime di eccidi: persone segnate dalla sventura di trovarsi, non volendolo, in pieno fronte e generalmente disarmati. Le donne, gli anziani e i bambini erano le categorie più deboli; su di essi la violenza poteva essere esercitata con minori rischi e su di essi infierirono impietosamente al punto che quasi due terzi dei deceduti nelle stragi nazifasciste appartenevano a queste categorie.

L. Garibaldi a sin. al Circolo della Stampa a Milano

A partire dagli episodi nei quali sono morte più di 7 persone, sono stati individuati in Italia oltre 400 casi di eccidi di civili, con una fitta concentrazione nel Centro-Nord del Paese.
Grazie all’ “Atlante delle stragi naziste e fasciste”, dati e vicende, fino ad oggi completamente sconosciuti nelle loro dimensioni, ora possiamo visionarli on line.
In Lombardia vi furono 502 episodi di violenza e 1211 vittime. Ma il triste primato di omicidi ai danni di civili se lo conquistò la Toscana, con 4.465 vittime, seguita dall’Emilia-Romagna con 4.313. Un caso per tutti. Il 30 marzo ’44, a Torino, due gappisti, Giuseppe Bravin e Giovanni Pesce, freddarono Ather Capelli, il direttore della “Gazzetta del Popolo” che non avrebbe certo meritato quella fine, essendo tra i pochi che si battevano per la fine dell’odio e per la riconciliazione. Il 2 aprile, per rappresaglia, furono fatti fuori 32 uomini. Esecuzione senza arresto né processo. E cadaveri esposti in strada.

Devastazioni a Milano

E veniamo alla seconda parte del mio intervento, quella dedicata alle vittime civili dei bombardamenti anglo-americani. Oltre 64 mila civili italiani, in gran parte anziani, donne e bambini, furono uccisi dai bombardieri Alleati. La nostra Aeronautica, in compenso, non bombardò mai né l’Inghilterra, né meno che mai la Francia, a partire dai primi giorni di guerra, quando sarebbe stato, per noi, estremamente facile. A questi morti, possiamo aggiungere gli oltre 23 mila civili italiani vittime innocenti delle truppe Alleate (alcune truppe: in special modo i marocchini al servizio di De Gaulle) nei mesi dell’occupazione militare. Stiamo parlando del periodo compreso tra lo sbarco alleato in Sicilia del luglio 1943 e la capitolazione delle truppe tedesche e della RSI nella primavera del 1945. In quei venti mesi, gli Alleati fecero dell’Italia un «laboratorio a cielo aperto», sperimentando armi distruttive addirittura proibite dalla Convenzione di Ginevra. Le incursioni sulle nostre città furono compiute prevalentemente dopo l’8 settembre 1943, quando l’Italia «ufficiale», cioè quella di Re Vittorio Emanuele III, aveva sottoscritto il patto di cobelligeranza, e pertanto doveva considerarsi a tutti gli effetti «alleata» degli anglo-americani. Al punto che i nostri soldati combattevano eroicamente contro i tedeschi a fianco degli inglesi, degli americani, degli australiani, dei neozelandesi. Un nome per tutte: la battaglia di Montelungo.
Il contributo italiano arrivò a contare 30.000 effettivi alla fine del 1944, inquadrati nelle Divisioni "Cremona" e "Friuli", ognuna delle quali era composta da circa 10.000 uomini, e nel CIL (Corpo Italiano di Liberazione). Il che non distolse il comando supremo Alleato dal programmare una micidiale offensiva di bombardamenti aerei sul territorio italiano della RSI di Mussolini, alleata dei tedeschi.
Le città maggiormente colpite furono Torino, Milano e Genova. Milano subì un terribile bombardamento nella notte fra il 24 e il 25 ottobre 1943, con 170 edifici distrutti e oltre mille morti. Tra ottobre e novembre di quell’anno, Genova fu colpita sei volte, con 1250 edifici distrutti e seimila morti. Tra novembre e dicembre, toccò a Torino, con sette bombardamenti, 70 fabbriche, 24 edifici pubblici e 1950 abitazioni rase al suolo. Nella sola incursione del 9 dicembre, 196 aerei Alleati scaricarono su Torino 147 tonnellate di bombe e 256 tonnellate di spezzoni incendiari.
Non meno terrificanti erano stati i bombardamenti dei mesi di luglio e agosto 1943, programmati per fare pressione sugli ambienti militari e monarchici per indurli a porre fine al regime fascista, premessa indispensabile per la vittoria alleata, almeno nella penisola. Roma fu devastata due volte: il 19 luglio e il 13 agosto di quel 1943. Il più feroce attacco che mai avesse subìto, fino a quel momento, una città italiana, fu comunque quello scatenato su Milano a partire dalla notte tra il 12 e il 13 agosto 1943, e proseguito fino alla notte del 16 agosto. In quattro giorni, Milano fu martirizzata da 2.268 tonnellate di bombe, sganciate da 843 aerei della Royal Air Force britannica. Il bilancio finale fu tremendo: 239 industrie colpite, 11.700 edifici abbattuti, più di 15 mila gravemente danneggiati, migliaia i morti.

Devastazioni a Treviso

Nel 1944 le incursioni aeree sull’Italia centro-settentrionale furono oltre 4.500  e non risparmiarono alcuna città, uccidendo 22 mila civili e ferendone oltre 36 mila. Molte incursioni angloamericane furono tipicamente criminali. Basterebbe ricordare il martirio di Treviso, selvaggiamente aggredita il giorno del Venerdì Santo e distrutta con un bombardamento che causò quattromila morti. Oppure il mitragliamento del battello «Genova», di fronte a Baveno, sul Lago Maggiore, e quello del battello «Milano», carico di sfollati: una ecatombe di donne e bambini, bruciati vivi.
E arriviamo, così alla strage di Gorla, il quartiere di Milano dove il 20 ottobre 1944 una bomba americana centrò in pieno una scuola elementare uccidendo 184 bambini e le loro maestre.
Della orribile strage di Gorla va detto che mai, fino ad oggi, i poteri pubblici italiani avevano mostrato di volerne fare un capitolo fondante della malvagità della guerra. Basta considerare che né il Comune di Milano, né la Regione Lombardia, né lo Stato erano mai intervenuti per commemorare solennemente l’evento, al punto che la stessa costruzione del monumento e della cripta che raccoglie i resti dei piccoli martiri dovette essere realizzata a spese delle loro famiglie. Tutto ciò è sicuramente dovuto ad un senso di inferiorità e di timidezza verso la potenza responsabile del vergognoso massacro, cioè gli Stati Uniti, che, a loro volta, non punirono mai, nemmeno con un richiamo, i loro piloti che, per incapacità, superficialità e indifferenza, avevano scaricato le loro bombe, anziché sugli obiettivi militari (fabbriche, ponti, eccetera), sui quartieri di Turro, Gorla e Precotto, nella Milano Nord.

I piccoli martiri di Gorla a Milano

Le cose sono cambiate l’anno appena trascorso, per merito della «Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra», il cui presidente, l’avvocato Giuseppe Castronovo, ha scelto il 73° anniversario della strage dei bambini di Gorla per il lancio della grande campagna contro la guerra e a favore della pace tra i popoli.
Ho parlato dell’Italia, ho parlato di Gorla. Concludo con un numero, una cifra-simbolo della ferocia e della follia dei bombardamenti aerei sulle popolazioni civili: in tutte le nazioni dell’Asse, a cominciare, ovviamente, dalla Germania, dall’Italia e dal Giappone, il totale dei civili uccisi nei raid aerei del conflitto fu di 3 milioni e mezzo di esseri umani.