LE BOMBE DI SAVONA E LA
RISPOSTA POPOLARE
AL TERRORISMO. IN RISPOSTA AI FATTI DI MACERATA
AL TERRORISMO. IN RISPOSTA AI FATTI DI MACERATA
di Franco Astengo
Scrivo questa nota allo scopo di rievocare un
passaggio storico di fondamentale importanza del quale si sta ormai smarrendo
la memoria per indicare come, un tempo, la mobilitazione popolare
rappresentasse il solo antidoto al veleno fascista e terrorista. Quanto è accaduto intorno alla
vicenda di Macerata, lo sconcerto che essa ha creato, le indicazioni che ne derivano
di vero e proprio arretramento sul piano culturale, l’incredibile atteggiamento
del sindaco della Città e del Ministro dell’Interno che oggi manda gli agenti
in tenuta anti sommossa ad una manifestazione democratica (prima ancora che
antifascista) la dicono lunga sul grado di perdita totale del minimo di senso
comune del da che parte stare in frangenti del genere.
Non si parli per carità di
divisione della sinistra come speculano certi giornali: chi esita su questo
piano, magari per timori elettorali, non merita alcun appellativo è soltanto un
ignavo e un pavido che pensa al proprio tornaconto. Mi auguro che rievocare il
passaggio storico che si verificò a Savona, come esempio sulla base del quale
ricostruire un minimo di dignità democratica, non di più intendiamoci, almeno
quello.
Questo il racconto di quei drammatici giorni.
Questo il racconto di quei drammatici giorni.
Tra il mese di Maggio 1974 e
quello di Febbraio 1975, Savona visse uno dei momenti, insieme più drammatici
ed esaltanti della sua Storia.
Il riferimento, ovvio e naturale,
richiama alla serie di attentati dinamitardi che si succedettero, in varie parti della Città. Savona era una città
dalla forte tradizioni democratiche e di lotta operaia, avrebbe ricevuto la
medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza: un città contrassegnata
dalla presenza di una forte classe operaia e amministrata da sempre dalle forze
della sinistra ( nel ’21 gli amministratori comunali socialisti erano passati
in blocco al PCd’I e il sindaco Mario Accomasso, reduce dai moti spartachisti
di Berlino era diventato così uno dei primi sindaci comunisti d’Italia) e
direttamente dai rappresentanti di quella classe operaia cui si faceva cenno,
capaci di dismettere finito il turno in fabbrica la tuta da operaio e vestire i
panni dell’amministratore pubblico (senza compensi) con sagacia e senso di
responsabilità proprio nel momento difficile della ricostruzione della Città
dagli eventi bellici.
Torniamo però al maggio 1974.
La situazione generale del Paese
vedeva l'avviarsi della strategia della tensione (strage di Piazza Fontana,
treno Italicus, Piazza della Loggia ecc) ed il manifestarsi dei primi episodi
di terrorismo (attentato alla Sit – Siemens, rapimento del giudice Sossi :
stagione del terrorismo che culminerà, quattro anni dopo, con il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro),
nel tentativo di arrestare l'intenso e tumultuoso processo di democratizzazione
del Paese, che aveva ricevuto un forte e decisivo impulso dalla vittoria del
“NO” all'abrogazione della legge su divorzio, nel referendum del 13 Maggio 1974
: un successo sostenuto da un ampio schieramento laico, di sinistra, dei
cattolici democratici. L'asse politico del Paese
appariva davvero, allora, spostato in direzione di una alternativa possibile
all'ormai trentennale predominio democristiano e, al di là del giudizio che si
può oggi esprimere sul comportamento di questo o di quell'altro partito, non è
azzardato affermare che, in quella fase, si respirò sul serio l'aria del
cambiamento. La stessa crisi economica, culminata nell' “shock” petrolifero
dell'inverno 1973, parve rappresentare una occasione per mettere in discussione
le coordinate stesse del modello di sviluppo, basato sul consumismo
individualistico. Le bombe di Savona rappresentarono così uno dei tasselli,
poste da mani oscure, per frenare questo tentativo di rinnovamento e porre un
freno al processo di avanzamento democratico. Ancora oggi il mistero regna
sull'origine, le forme di attuazione, gli autori, gli scopi di quegli
attentati, anche se, alla luce di successive esperienze, appare avere un
qualche plausibile fondamento l'ipotesi della pista neo – fascista, con il
connubio di settori deviati dei servizi segreti italiani ed esteri, con lo
scopo, appunto, di estendere , proprio a Savona città fieramente antifascista,
protagonista della Resistenza, forme specifiche della già citata “strategia
della tensione”.
Tutte le ricerche della verità
furono inutili: quelle compiute dalla Magistratura, arrivata poi alla completa
archiviazione del caso e quelle della Commissione Stragi, che pure nel 1994
grazie all'iniziativa dell'onorevole Del Gaudio, aveva acquisito tutti gli atti
dell'inchiesta.
Il tentativo più importante,
nella direzione di stabilire i nessi, le complicità, le origini dei mandanti di
quei tragici episodi fu però compiuto dall'avv. Carlo Trivelloni,
indimenticabile figura di democratico, che
nel 1982 redasse una propria relazione sull'argomento, avendo come
oggetto le eventuali connessioni riscontrabili tra la “massoneria coperta” (in
particolare la loggia P2 e le sue diverse filiazioni: non a caso tra i
protagonisti della vicenda P2 si ritrovano, anche, coloro che pochi mesi più
tardi furono investiti dal ciclone della “questione morale savonese”) e gli
attentati terroristici di cui stiamo scrivendo.
La ricerca dell'avv. Trivelloni
ricorda tutto questo, collegandosi puntualmente con i grandi misteri
dell'Italia dell'epoca e vale la pena, ancor oggi, riprenderla e rifletterci
sopra.
La vicenda delle bombe di Savona
non può però essere ricordata a dovere, senza segnalare, ancora una volta, lo
splendido comportamento, mantenuto dalla popolazione della nostra Città in quel
drammatico frangente. L'attacco rivolto alla nostra vita democratica fu
respinto unitariamente con grande dignità, compostezza, senso di partecipazione
popolare. Una partecipazione che culminò nel grande moto della vigilanza di
massa, diretta dai Consigli di Quartiere che ebbero una funzione determinante,
purtroppo non più ripetuta in seguito in una forma così incisiva. Ad imperituro ricordo di quello
slancio vivo di presenza popolare rimane, al largo di Corso Mazzini, il piccolo
monumento a memoria di Fanny Dallari, vittima innocente di quella tragedia. Ho già accennato allo sviluppo
intenso che la vita democratica della Città aveva segnato negli anni
immediatamente precedenti ai fatti appena ricordati. Ebbene, in
quell'occasione, accanto al potenziale di democrazia dal bassa espressasi
attraverso la vigilanza di quartiere, si affermò anche tutta l'autorevolezza e
la capacità di mobilitazione delle istituzioni e del sindacato. Chi vi partecipò ha ancora negli
occhi l'eccezionale manifestazione di Piazza Saffi, svoltasi alla presenza di
30.000 persone, con la partecipazione del segretario nazionale della CISL,
Luigi Macario, quale momento irripetibile di capacità popolare di prendere in
mano il destino di tutti e cambiare il corso della storia.
Questa la cronologia dello stillicidio di
attentati in quei mesi terribili:
CRONOLOGIA
DELLE BOMBE
APRILE 1974. A Savona, Spotorno, Varazze e Torre del Mare
vengono date alle fiamme numerose auto. Gli attentatori lasciano bene in vista
messaggi firmati “BRIGATE ROSSE”. Si tratta di un primo campanello precedente
alle vere e proprie bombe.
30 APRILE.
In via Paleocapa, nel cuore della città, a poche decine di metri dal cinema
“Astor”, dove è in programmazione il film “Mussolini ultimo atto”, viene fatta
esplodere una potente carica di esplosivo al plastico. La bomba era stata
collocata nel portone del caseggiato in cui abitava il Senatore democristiano
Franco Varaldo. L’esplosione, avvenuta alle 21, non provoca vittime, ma ingenti
danni all’edificio, le cui scale crollano in parte, mentre il pesante portone
dello stabile è proiettato all’esterno e sfascia un’auto in sosta. Tra gli
abitanti si diffonde solo una grande paura a cui fa immediatamente riscontro
l’indignazione e la protesta di tutte le forze democratiche e antifasciste.
L’attentato si configura come una provocazione, nella ricorrenza del primo
maggio, per la vicina scadenza del referendum sul divorzio e sembra voglia
evocare il clima e lo spirito di tensione che precedettero le elezioni
nell’aprile del’48. Pochi giorni dopo si attribuisce la paternità
dell’attentato a “Ordine nero”. In questi giorni a Varese è processato il
neofascista Daniele Zani, 21 anni, che avrebbe confessato di essere l’autore
materiale dell’azione terroristica. (Da due articoli, uno del Secolo XIX e uno
del Lavoro del 1° maggio ’74)].
9 AGOSTO.
Attentato al plastico alla centrale Enel di Vado Ligure. Il disastro viene
evitato, forse per caso, forse per un errore di calcolo: due bombe al plastico
di mezzo chilogrammo l’una vengono gettate da una piazzuola di sosta
dell’autostrada dei Fiori ed esplodono a pochi metri di distanza da un grosso
autotrasformatore di tensione. Se l’attentato fosse andato a segno, le
conseguenze sarebbero state di enorme portata: la centrale avrebbe anche potuto
saltare in aria o, comunque, i danni sarebbero stati ingentissimi. Inoltre i
cavi dell’alta tensione, cadendo sulla sede autostradale, avrebbero potuto
provocare una vera e propria strage. (da un articolo del Secolo XIX del 10
agosto ’74).
9 NOVEMBRE.
Esplode una bomba a Palazzo Nervi. Un ordigno di quasi dieci chili di esplosivo
scoppia nel locale caldaie e si sfoga quasi completamente verso il basso,
distruggendo le cantine, mentre le persone presenti nell’edificio vengono
scagliate a terra dallo spostamento d’aria. I danni alle persone sono limitati
al custode che viene ricoverato all’Ospedale San Paolo in stato di choc, ma l’esplosione
tuttavia è impressionante e crea un panico notevole nella popolazione, tanto
che gli abitanti, temendo una catastrofe, si riversano nelle strade in tutti i
quartieri della città. I danni sono molto ingenti e vengono fatti ammontare a
decine di milioni: oltre ai vetri in frantumi e alla rovina subita dalla
caldaia e dalle suppellettili dei primi piani, si temono anche danni alle
strutture portanti dell’edificio. Le prime dichiarazioni considerano il gesto
terroristico come una criminale risposta alla cerimonia svolta al mattino
all’Italsider con lo scoprimento del cippo dedicato alla memoria di sei
partigiani fucilati dai nazifascisti; viene programmata una manifestazione di
protesta per il giorno seguente. Alla condanna unanime di tutta la cittadinanza
fanno seguito operazioni di controllo, da parte delle forze dell’ordine delle
zone di Via IV Novembre, via Venezia, Piazza del Popolo e via Don Bosco. Il
traffico rimane pressochè paralizzato in seguito alla situazione di emergenza e
ai provvedimenti conseguenti sul piano della sicurezza. (da un articolo del
Secolo XIX del 10 novembre ‘74).
12 NOVEMBRE. Cinque chili di tritolo esplodono nell’atrio
della Scuola Media “B. Guidobono” in Via Macchiavelli. Intorno alle ore 18,
terminata una riunione del Collegio dei Docenti e dopo che gli ultimi
insegnanti si sono attardati a parlare al piano terra dell’edificio, scoppia la
quarta bomba. La sera stessa si svolge una imponente manifestazione di protesta
che parte dalla sede della Camera del Lavoro, all'epoca sita in via Giusti, a
pochi metri dal luogo dell'attentato. L'indomani migliaia di Savonesi si
riuniscono, dalle ore 8.30, in Piazza Saffi, per manifestare con centinaia di
striscioni, bandiere e cartelli. Molti giungono dai centri della provincia,
dalla Valle Bormida, da Finale Ligure, da Albenga, da Vado Ligure e dalle due
Albisole; ci sono anche delegazioni di Arenzano e Cogoleto. Una manifestazione
di protesta si svolge anche ad Albenga. A Savona l’atmosfera è carica di
tensione; proseguono senza sosta le indagini per scoprire i responsabili
dell’azione criminale che, solo per un caso fortuito, non ha avuto tragiche
conseguenze. (da un articolo del Secolo XIX del 13 novembre 74).
16 NOVEMBRE ore 15.50. Tra le stazioni ferroviarie di Stella ed
Altare, sulla strada ferrata, una potente deflagrazione trancia di netto un
metro e mezzo di binario della linea Savona-Torino a circa 7 Km dalla città.
Proprio in quel momento deve transitare
un convoglio proveniente da Alessandria. Due persone che avevano sentito lo
scoppio lo hanno fermato correndogli incontro e agitando disperatamente le
braccia per dare l’allarme. Il macchinista ha azionato i freni rapidi e ha
bloccato il treno a circa 60 metri dal punto in cui era saltato il binario.
Poteva essere una strage. In quel tratto la strada ferrata corre su un
altissimo viadotto e non vi sarebbero state speranze per oltre quaranta
passeggeri ed il personale del treno. In quel momento Quinto Quirini, 44 anni,
si trovava in auto quasi sotto la ferrovia. Nella cava di fronte al viadotto
Giuseppe De Luca, 26 anni, capisce tutto al volo e corre sul ponte. Nel corso
della stessa serata comincia la vigilanza popolare sulla città: su iniziativa
spontanea di molti cittadini, poi coordinati dai Consigli di Quartiere, ed ai
quali successivamente giungerà l'appoggio delle Istituzioni, dei Partiti e dei
Sindacati. Si tratta di un fatto di grande importanza sociale ed assolutamente
unico, nel panorama della lotta al terrorismo in Italia. (da due articoli, uno
del Secolo XIX e uno del Lavoro del 17 novembre ‘74).
16 NOVEMBRE ore 17.45. All’interno di uno stabile di Via dello
Sperone, davanti alla porta di un appartamento situato al primo piano, si ha
un’ulteriore esplosione. Lo scoppio, un vero boato, mette in allarme tutta la
città. Anche qui il dramma è stato evitato solo per un caso: l’unica inquilina,
una donna di 71 anni, Bianca Lasse, vedova Nuvolone, era in casa ma è
fortuitamente rimasta illesa. (da un articolo del Secolo XIX del 17 novembre
‘74).
20 NOVEMBRE. Lo scoppio avviene alle ore 17.25 in un
portone di Via Giacchero, ed è avvertito in tutta la città ed anche a Vado
Ligure e ad Albisola. Il portone dell’attentato è contrassegnato dal civico
numero 22. L’esplosione, violentissima, sventra gli appartamenti al piano terra
e al primo piano dello stabile (un vecchio edificio di cinque piani che si
affaccia sui giardini pubblici), polverizza le scale, divelle porte e finestre,
scaraventa mobili nella strada, catapulta auto da un lato all’altro della
strada. Il bilancio di sangue è pesante: tredici feriti, tra cui due
soccorritori, e un morto. Tra i feriti ricordiamo Dino Dallari, 76 anni, cui
furono riscontrate ferite alla testa, frattura del femore destro, contusioni e
sospette lesioni ossee alla gamba, oltre allo stato di choc; Stella Pittamiglio
Sardi, 73 anni, trauma toracico, trauma cranico, frattura polso sinistro,
frattura bimalleolare, ferite al viso; Maria Giusto, 67 anni, ferite alla
testa, trauma cranico, contusioni ed escoriazioni agli arti; Agostino Ciarlo,
32 anni, dipendente ospedaliero, sospette fratture costali, Giovanna Caporossi,
66 anni, trauma cranico, ferite alla gamba sinistra; Maria Caporossi, 58 anni
cugina di Giovanna Caporossi, ferite alle gambe, trauma cranico, choc; Virgilio
Gambolati, 70 anni, ferite alla testa, trauma cranico; Sergio Pescio, 30 anni,
dipendente ospedaliero, ferite alle mani e alle gambe; Rina Bosio, 40 anni,
stato di choc; Amelia De Salvo, 62 anni, stato di choc; Giovanna Capurri, 56
anni, fortunatamente quasi illesa. Fanny Dallari, 82 anni, muore alle ore 19.45
del giorno dopo. I medici si sono prodigati per 24 ore per cercare di
strapparla alla morte. Il primario della divisione chirurgica, prof. Renzo
Mantero, ha fatto il possibile, ma le lesioni provocate dall’esplosione, dalla
caduta dal primo piano in seguito al crollo del pavimento e dal peso delle
macerie che avevano semisepolto la vittima, non hanno concesso scampo. Gli
inquilini dei piani superiori hanno vissuto un allucinante pomeriggio.
Sconvolti dall’esplosione, impossibilitati ad abbandonare l’edificio
pericolante per il crollo delle scale, sono stati posti in salvo solo con
l’intervento dei vigili del fuoco, che li hanno calati dalle finestre con funi
e sacchi di salvataggio. Le opere di soccorso, difficili per il timore di nuovi
crolli, sono state avversate dalla pioggia battente; vi ha assistito una folla
muta ma dura, di uomini e donne, giovani e vecchi che parevano impietriti;
qualcuno aveva le lacrime agli occhi: lacrime di rabbia, esasperata dalla
tremenda “escalation” di violenza e dalla consapevolezza di essere impotente di
fronte ad un’azione vile nel senso più completo della parola. Soltanto dei
vigliacchi possono arrivare a colpire degli innocenti nell’intimità familiare.
(Da due articoli, uno del Secolo XIX e uno del Lavoro del 21 novembre ‘74).
23 NOVEMBRE Varazze. Esplode un’auto-bomba collocata a Varazze,
in Via Accinelli, in mezzo agli alti piloni del viadotto Teiro dell’autostrada
Genova-Savona, a pochi metri di distanza dalla caserma dei carabinieri. La carica,
secondo quanto è emerso, è stata posizionata sotto il sedile anteriore destro
dell’auto, una Seicento Fiat. L’ordigno era costituito da circa mezzo chilo di
polvere nera ad alto potenziale. Non è stato invece possibile appurare se la
bomba era collegata ad una miccia a lenta combustione (ipotesi più probabile)
oppure a un congegno elettrico o ad orologeria. Un pezzo di lamiera della
Seicento è andato ad abbattersi nel giardino del Signor Sebastiano Giusto,
posto quasi nella parte opposta dello stesso edificio. Un altro pezzo si è
incastrato fra le antenne della TV del condominio, mentre alcune vetture in
sosta nei paraggi sono state danneggiate e una bicicletta è stata distrutta . A
Varazze molti genitori si sono recati al Palazzo del Comune per esprimere la
propria indignazione e chiedere che gli edifici scolastici siano adeguatamente
protetti e sorvegliati in questi momenti di grave pericolo. Durante la riunione
è stato deliberato di potenziare l’illuminazione nei dintorni delle scuole, predisponendo un servizio di vigilanza “24 ore su 24”, portato avanti dai
genitori e, per quanto concerne gli edifici scolastici, dai ragazzi di Varazze.
È stata promossa inoltre una manifestazione pubblica dal Comitato Unitario
Antifascista che si svolgerà nel piazzale antistante l’ex stazione ferroviaria.
(da due articoli, uno del Secolo XIX e uno del Lavoro del 24 novembre ‘74).
23 NOVEMBRE Cadibona. Una bomba è esplosa nel pomeriggio
sull’autostrada Savona Torino, al chilometro 75 nei pressi di Cadibona. Per un
vero miracolo l’ordigno ad alto potenziale non ha provocato vittime. Lungo la
strada vi è infatti un costante movimento di veicoli e camion con rimorchio.
L’esplosione è avvenuta mentre l’auto più vicina era a una distanza di almeno
trecento metri. Se non si fosse verificata questa fortunata coincidenza sarebbe
stata una strage. Basti pensare che la deflagrazione, avvenuta in un tratto di
terra battuta al di là del “guard-rail”, sulla direttrice Savona- Torino, ha
divelto una decina di metri della ringhiera d’acciaio. Rottami di ferro di
ampie dimensioni sono volati dappertutto. Un pezzo lungo 4 metri si è piantato
ad una trentina di metri più in là, dall’altra parte della carreggiata, fra due
alberi. Se avesse “incocciato” un’auto questa sarebbe stata tranciata come da
una specie di una gigantesca mannaia. Questa ennesima esplosione crea nuove e
giustificate apprensioni nei savonesi. (da un articolo del Secolo XIX del 24
novembre ‘74).
26 FEBBRAIO 1975. Dopo quasi tre mesi di tregua Savona si
ritrova di colpo in guerra: la bomba scoppiata in questo lunedì alle 18.40
dietro la Prefettura col suo bilancio, per fortuna non gravissimo ma sempre
drammatico, di feriti, di spavento e di drammi ha riaperto le ostilità con un
nemico che si firma "Ordine Nero" ma che punta decisamente a creare
il caos nella nostra città. Un ragazzo, Massimo Fassio, mentre saliva le scale
del portone di via Cava ha visto la bomba, così è corso ad avvertire due
appuntati in questura; mentre si perlustrava il luogo scoppia la bomba: otto
sono le persone ferite. Il Vescovo è accorso sul luogo per assicurare le solidarietà della Chiesa savonese. (da un articolo
del Letimbro del 27 febbraio ‘75).
27 FEBBRAIO. Oggi alle 17.56 altro attentato: un
traliccio dell’Enel salta alla Madonna degli Angeli e lascia senza energia la
FIAT di Vado Ligure e la Sarpom di Quiliano. Alle 19.10 viene captato un
messaggio sul Canale 3 della “Banda
Cittadina”: “Qui Ordine Nero. Vi faremo a pezzi”. (da un articolo del
Letimbro del 28 febbraio ’75).
31 MAGGIO.
Bomba al forte di Monte Ciutto. Fortunatamente l’esplosione si è verificata
lontano dal centro abitato. La tecnica è sempre la solita: una miccia e lenta
combustione collegata all’esplosivo. (da un articolo del Letimbro del 1 giugno
’75).
Una serie di fatti come si può
ben notare dall’episodio di un pazzo fascista che spara come indice di un
imbarbarimento generale: ma era ben diverso allora il clima politico e culturale,
e la capacità di reazione delle masse popolari.