ARRETRAMENTO
STORICO
di Franco Astengo
Esauriti, nei roghi di
due guerre mondiali, i cicli dell’imperialismo e dei grandi totalitarismi del
‘900, la fase della distensione come superamento graduale della morsa imposta
dai blocchi e la decolonizzazione aveva aperto all’idea di una fase di progressiva
espansione della democrazia e di una sorta di “compimento della storia” anche
laddove quella che si pensava fosse dittatura del proletariato si era
trasformata in una dittatura di una burocrazia oligarchica. Invece proprio al
momento del crollo di quel bipolarismo qualcuno cominciò a parlare di “fine
della storia”, di affermazione del pensiero “unico” del capitalismo, di un
modello da esportare sulla punta delle baionette. Principiò da lì quello che
possiamo davvero definire “arretramento storico” se intendiamo confrontarlo con
le nostre idee per l’appunto storiciste, delle “magnifiche sorti e
progressive”.
Un
arretramento che ha portato a questa fase caratterizzata dai nuovi imperialismi
(o meglio dai nuovi imperatori). Se l’elezione di Trump aveva impressionato, la
dittatura a vita confermata per XI in Cina (occasione d’attualità per scrivere
queste poche righe) e la prossima rielezione di Putin in Russia ci confermano. La
dinamica della storia sembra essersi prima arrestata e poi di aver voltato
all’indietro. Come recuperare la politica soffocata dall’imperio?
Servirebbe
forse un nuovo illuminismo ma nel pensiero dominante non se rintracciano
segnali, mentre chi cera di opporsi comunque sembra seguire un andamento anticiclico
annaspando ai margini del vorticoso affermarsi dell’Impero fondato sulla
spossessione di ormai indistinte moltitudini. Moltitudini cui certo non possono
bastare, per ritrovare identità e rappresentanza, i soli riti della democrazia
borghese e tanto meno di quella “diretta” e/o del pubblico.