Gaza: plastica
di riciclo contro armi vietate
di
Patrizia Cecconi
Sono le 11,30 in Palestina e tra due ore nella
Striscia di Gaza forse si cominceranno a contare morti e feriti tra uomini
donne vecchi e bambini che parteciperanno pacificamente alla “grande marcia del
ritorno” partita venerdì scorso per “la giornata della terra” e che si
concluderà il 15 maggio per la commemorazione della Naqba, ovvero la cacciata
dei palestinesi dalle loro terre il 15 maggio del 1948. Il massacro di venerdì
scorso era stato annunciato da Israele senza che nessuna organizzazione
internazionale si ponesse legalmente come ostacolo al crimine e al criminale.
Quindi Israele, potendo contare “oggettivamente” sul silenzio-assenso dell’ONU
e sull’assenso diretto degli Usa e di altri suoi sostenitori, ha raddoppiato e
per oggi ha minacciato un’ancor più dura risposta ad una marcia pacifica che
chiede soltanto il rispetto delle Risoluzioni Onu che lo stesso Israele
calpesta. Questo Stato coccolato in Occidente nonostante tutto, questo Stato
che possiede un altissimo numero di testate nucleari e che, ovviamente, non
firma il trattato relativo alla loro messa al bando, questo Stato il cui esercito usa regolarmente
armi vietate, e lo fa anche per reprimere una marcia pacifica, ha minacciato,
anzi il termine giusto è “ha garantito” di usare i suoi gas micidiali oltre ai
proiettili farfalla ma l’ONU tace e la stampa servile acconsente. Anzi fa di
peggio. Strumentalizza, dietro velina israeliana, anche il minimo aiuto che le
autorità locali hanno deciso di dare alle famiglie dei martiri definendo questo
sostegno a orfani e vedove come un incentivo al terrorismo. Per similitudine si
potrebbe dire che il sostegno italiano alle vittime della mafia è un incentivo
alla mafia! A volte ci si vergogna di pensare che nel nostro Paese, quello nato
da una Resistenza eroica e dolorosa, possa albergare un servilismo come quello
dei nostri media main stream che scade
addirittura nel ridicolo oltre che nel sostegno a forme di reale terrorismo di Stato come quello regolarmente attuato da Israele
contro il popolo palestinese. Questa marcia però, è bene ribadirlo, è nata
dalla volontà popolare di una popolazione sotto assedio. Ha scavalcato le
differenze politiche e solo per adesione strumentale alla vulgata israeliana i
media seguitano a dire che è stata organizzata da Hamas. Hamas la sostiene così
come tutte le organizzazioni politiche, sociali, religiose (compresi i
cristiani) e laiche la sostengono. Proprio perché è un’istanza di popolo. Ma i
palestinesi non hanno voci, se non quelle della poca stampa indipendente e quelle
dei social per far conoscere la verità. Non hanno neanche strumenti, ma hanno
ingegno e così vediamo che oggi hanno raccolto migliaia di vecchi pneumatici
per coprirsi con una cortina di fumo dai proiettili-farfalla, micidiali e
vietati, che i cecchini gli spareranno contro. “La marcia si farà lo stesso e
sarà pacifica e con noi ci saranno i nostri bambini”. Questo hanno detto. Ma
come proteggere i bambini dall’inalazione dei micidiali gas israeliani? A Gaza
le costose maschere antigas di cui può disporre Israele non ci sono se non in
numero ridottissimo e allora ecco che la creatività gazauna usa il riciclo
creativo. La settimana scorsa abbiamo visto bambini protetti dall’inalazione
dei gas con mascherine sanitarie in cui era inserita una cipolla. Oggi invece,
con vecchie bottiglie di plastica, come mostrato nella foto sono state
realizzare maschere protettive per i bambini che passeggeranno insieme ai loro
genitori e ai loro amici a 700 metri dal border per provare a dire al mondo che
la libertà è un bene irrinunciabile. Anche a costo della vita. La stessa che i
gazawi amano come poche altre comunità al mondo.