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lunedì 16 aprile 2018


IL CANZONIERE POETICO DI VELIO ABATI
di Angelo Gaccione

Velio Abati

Ogni qual volta mi capita fra le mani un libro di poesia, ho la conferma di una convinzione che il tempo ha radicato in me: per certa materia non è possibile altro linguaggio se non quello poetico, e altra modalità espressiva se non quella del verso. Lo so per esperienza diretta perché il mio rapporto con la poesia non è mai venuto meno; e nonostante volta a volta io abbia praticato la saggistica, la narrativa, il teatro, la fiaba o l’aforisma, è giunto sempre puntuale il momento del verso, spesso quando meno me lo aspettavo. È dal lontano 1964 che la raccolta inedita Una gioiosa fatica è andata strutturandosi fino ad oggi, seppure con le necessarie pause temporali. E nel 2017 mi è capitata la felice epifania di comporre in meno di una settimana, tra il 10 e il 16 gennaio, tutti i testi della piccola raccolta Spore, e nel luglio dello stesso anno, in un tempo altrettanto contratto, tutti i 30 testi di Lingua mater. Per giunta, questi, in lingua dialettale, e mai io avevo osato avventurarmi su un terreno così insidioso.
È l’ennesima riprova, questa, che al richiamo della poesia, certe sensibilità e certe anime, non possono assolutamente sottrarsi, e il verso viene loro naturale nella penna come qualcosa di estremamente familiare. A farla nascere possono essere le occasioni più disparate, così come gli argomenti più diversi.
Questo discorso sono sicuro si attaglia alla perfezione ad un autore come Velio Abati. Nel suo itinerario espressivo c’è una lunga frequentazione sperimentata sul territorio della narrativa, della critica letteraria, della saggistica, e tuttavia la poesia ritorna costantemente, fedelmente, a visitarlo. Lo ha visitato in passato, come dimostrano i suoi lavori precedenti, e ha continuato a farlo, come dimostra la pubblicazione di questa nuova raccolta dal titolo Questa notte, che Abati ci consegna con il sottotitolo di Canzoniere. È evidente che anche ad Abati un linguaggio solo non basta. Probabilmente i tre testi   “Campagna elettorale”, “Legàmi?” e “Interno” che aprono la prima sezione del libro, quelli compresi sotto il titolo “Il Mattino, avrebbero potuto senza perdita alcuna giovarsi anche di una disposizione in prosa, perché conservano interamente l’andamento e il ritmo della prosa, ma già la seconda sezione, quella dal titolo “Albe, Rese”, chiede prepotentemente l’impeto del verso:

(...) Ormai implacabile la pioggia
alle orme disfatte dei campi
la sera inabissa (...)

Verso che solo perché tale può farsi splendore memorabile e profondità piena:

(...) E quanto gli stridi
sulla terra senza odori o
movimenti
ma tracce nette di sangue
in sequenze senza
meta.

Verso a cui solo è perdonata ogni oscurità, quando la parola si fa sonora e bellezza:

(...) Tu i lenti
giorni dispersi mi mostri
il tedio del gemito
delle ultime stanze, l’inutile
precipizio del sole nel soprassalto che consuma
l’azzurro del cielo.

Non c’è niente da fare, non c’era altro modo se non questo per dire efficacemente i sentimenti che impregnano un testo come “Strage; Permanenza”; formulare una drammatica interrogazione al padre come nel testo di pagina 28 senza titolo, i cui blocchi di versi sono separati da due semplici cardinali 1 e 2, o rappresentare i giochi di rima dei testi della sezione “L’ospite Cerimonioso”, o di alcuni di quelli meravigliosamente “innamorati” della sezione “Il Vino”.
Di grande suggestione i nove testi della sezione ultima, quella che chiude il libro e gli dà anche il titolo. Sono testi bellissimi che sanno di muschio, di erba e di terra; di solidarietà e di memoria; di spazi e di luce. Un canzoniere non canonico questo di Velio Abati, fatto di versi perfetti di un poeta maturo.   


La copertina del libro


Velio Abati
Questa notte
-Canzoniere-
Manni, 2018
Pagg. 80 € 12,00