NUMERI DAL
MOLISE
di Franco Astengo
Premesso che appare
assolutamente fuorviante da parte delle forze politiche far dipendere
orientamenti di carattere generale come quelli riguardanti gli equilibri di
governo, a circa due mesi dalle elezioni legislativa generali, da un’elezione
parziale come nel caso del Molise (domenica prossima toccherà al Friuli) è il
caso di scrutare velocemente le cifre assolute al fine di individuare alcuni, comunque
parzialissimi, trend riferibili al
piano politico complessivo. Un ulteriore punto di preventivo chiarimento
riguarda la questione del voto degli iscritti nelle liste dell’estero che per
il Molise rappresentano un elemento da tenere in assoluta considerazione.
Andando nel merito sotto questo aspetto: alle elezioni regionali del 22 aprile
erano iscritti nelle liste, infatti, 331.253 tra elettrici ed elettori ( nel
2013 in analoga situazione iscritte/i assommavano a 332.379); in occasione
delle elezioni dello scorso 4 marzo iscritte e iscritte totalizzavano 254.108
unità. Ciò significa che molisane/i iscritti elettoralmente all’estero
ammontano a 77.145. E’ evidente l’incidenza di questo dato (nell’occasione
delle Regionali non c’è possibilità di voto all’estero come accade per le
Politiche) sulla valutazione riguardante l’astensionismo.
Questi
comunque i dati del numero complessivo di voti validi a partire dalla Regionali
2013: in quell’occasione si ebbero 192.107 voti per i candidati presidenti e
167.783 per le liste circoscrizionali, con una differenza a vantaggio dei
candidati presidenti di 24.324 voti.
Alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo i voti validi sono stati
174.329 (il riferimento è alla Camera dei Deputati). Nelle elezioni regionali
del 22 aprile il totale dei voti validi espressi a favore dei candidati
presidenti è stato di 166.201, mentre quelli a favore delle liste hanno
raggiunto le 144.391 unità con una differenza, a favore del voto per i
candidati presidenti di 21.810 voti. Nel 2018 quindi l’86,87% ha votato sia il
candidato presidente sia una lista, mentre nel 2013 era successo per l’87,33%.
Una differenza del meno 0,46% che consente di affermare come questo tipo di
rapporto sia rimasto inalterato. Nel rapporto fra le due elezioni regionali
2013 e 2018 l’astensione complessiva (astenuti, bianche e nulle) è passata dal
42,21 al 49,83%, rappresentando sempre la maggioranza relativa: su questo punto
si può affermare, come valutazione generale, dello scemare dell’interesse per
le elezioni regionali che ormai assieme alle europee rappresentano il fanalino
di coda nell’attrazione di elettrici ed elettori. La riduzione dell’Ente
Regione a solo soggetto di spesa (a prescindere dalle malversazioni accertate o
intuite ) rappresenta sicuramente un elemento importante da questo punto di
vista. Nell’occasione delle elezioni politiche del 4 marzo l’astensione
complessiva aveva toccato il 31,40%. Nell’insieme dunque si può ben affermare
di una robusta crescita del fenomeno del “non voto” in tutte le sue
espressioni. Passiamo allora all’analisi del voto riguardante le liste e i
presidenti.
Il
successo del candidato presidente del centro – destra, Donato Toma,è apparso
particolarmente netto.
Su
Toma sono confluiti 73.229 voti , mentre le 9 liste d’appoggio hanno assommato
71.645: quota notevole quest’ultima a dimostrazione di una presenza elettorale
“forte” dei diversi soggetti politici pur molto distribuita all’interno della
coalizione. Forza Italia infatti è risultata prevalente con 13.627 voti ma tra
questa e i 10.351 voti di Popolari per l’Italia sono da conteggiare mi voti di
Orgoglio Molise (12.122) e della Lega (11.956).
Difficile
nel campo del centro destra immaginare raffronti con le politiche di marzo data
la presenza di liste locali che – appunto – hanno raccolto un numero
considerevole di suffragi. Infatti dal punto di vista delle cifre assolute
Forza Italia scende da 28.079 voti a 13.627; la Lega da 15.129 a 11.956 mentre
sale Fratelli d’Italia da 5.390 a 6.461 e ottengono una notevole affermazione
le due liste Popolari per l’Italia ( 10.351 voti) e UDC (7.429).
Nell’insieme
se si comparano i voti ottenuti dalla coalizione di centro destra alle
politiche di Marzo che furono 51.981 e quelli ottenuti dal presidente appena eletto che sono 73.229, il
centrodestra progredito di 21.248 unità.
Nel 2013, alla regionali, il candidato del centro destra Iorio aveva
toccato i 49.567 suffragi.
Si
può ben dire, a questo punto, che il centro destra ha avuto un effettivo
incremento di voti e che l’elezione del presidente non è sicuramente avvenuta
“in discesa”.
Più
articolata l’analisi riguardante il Movimento 5 stelle. Prima di tutto è
necessario far rimarcare come si sia verificato un ampio scarto tra il voto
destinato al candidato e quello per la lista. Andrea Greco, candidato del
movimento, ha infatti ottenuto 63.998 voti mentre la lista si è fermata a
45.415. Un vero e proprio solco tra i due dati di ben 18.583 suffragi.
Fenomeno
questo della differenza tra i voti raccolti dal candidato presidente e quelli
raccolti dalla lista che, per quel che concerne il Movimento 5 stelle, si era
già verificato in occasione delle regionali 2013, quando il candidato Antonio
Federico aveva raccolto 32.200 voti e la lista 20.347.
Il
raffronto con il dato delle politiche 2018 risulta particolarmente negativo per
il Movimento 5 stelle: si è passati, infatti da 78.093 voti delle politiche ai
63.998 per il candidato presidente ( meno 14.095) e ai 45.415 della lista (
meno 32.678). Si può sicuramente affermare che rispetto alla lista i 5 stelle
hanno ceduto voti sia all’astensione sia al centro destra. Questo dato rappresenta un segnale politico anche se
forse non è il caso di ricordare la “sindrome di Castellamare” (dal primo voto
amministrativo dopo le elezioni del 1976, con il calo del PCI che aveva
concesso alla DC il “governo delle astensioni”).
Flessione,
in voti assoluti, per il candidato del centro sinistra Carlo Veneziale: se i
28.267 voti ottenuti non sono eccessivamente distanti dai 31.629 che il 4 marzo erano stati
conseguiti dalla coalizione raccoltasi attorno al PD (ai quali però debbono
essere aggiunti i 6.483 voti di LeU) appare particolarmente impietoso il
paragone con le regionali 2013 :il candidato del centro sinistra, vincente,
ottenne 85.881 voti. Siamo nell’arco dei 5 anni, con un numero di iscritti
nelle liste più o meno simile, ad una perdita di 57.614 voti che, naturalmente,
hanno preso tutte le direzioni. La candidatura Veneziale era sostenuta da 5
liste ma non si può concludere senza rimarcare il calo del PD tra marzo e oggi,
da 26.499 voti a 12.762, cioè meno della metà: un altro segnale politico che ci
viene dalle elezioni di questa piccola regione.
Riassumendo,
esaurite le premesse in ragione delle quali è necessario esprimere il massimo
della cautela data la limitatezza del test alcune considerazioni politiche
possono essere sviluppate:
1) È cresciuta
l’astensione, tenendo conto del “fattore Regione” come elemento di poco
interesse per l’elettrice/ore medio e quindi non generalizzando il dato come di
“sistema”;
2) Il centro destra ha
avuto un’affermazione netta anche se per quel che riguarda la competizione
interna, l’ampio spettro di forze presenti in ispecie locali non consente una
adeguata valutazione;
3) Scricchiolii vengono
dalla granitica impalcatura dei 5 stelle che sicuramente non capitalizzano la
base di successo verificatasi alle politiche;
4) Prosegue inesorabile il
declino del PD.
Tenendo
ben a mente, infine, l’eccesso di tensione che sul piano generale forze
politiche e media hanno mantenuto su questo appuntamento di ridotte dimensioni.