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martedì 24 aprile 2018


NUMERI DAL MOLISE
di Franco Astengo



Premesso che appare assolutamente fuorviante da parte delle forze politiche far dipendere orientamenti di carattere generale come quelli riguardanti gli equilibri di governo, a circa due mesi dalle elezioni legislativa generali, da un’elezione parziale come nel caso del Molise (domenica prossima toccherà al Friuli) è il caso di scrutare velocemente le cifre assolute al fine di individuare alcuni, comunque parzialissimi, trend riferibili al piano politico complessivo. Un ulteriore punto di preventivo chiarimento riguarda la questione del voto degli iscritti nelle liste dell’estero che per il Molise rappresentano un elemento da tenere in assoluta considerazione. Andando nel merito sotto questo aspetto: alle elezioni regionali del 22 aprile erano iscritti nelle liste, infatti, 331.253 tra elettrici ed elettori ( nel 2013 in analoga situazione iscritte/i assommavano a 332.379); in occasione delle elezioni dello scorso 4 marzo iscritte e iscritte totalizzavano 254.108 unità. Ciò significa che molisane/i iscritti elettoralmente all’estero ammontano a 77.145. E’ evidente l’incidenza di questo dato (nell’occasione delle Regionali non c’è possibilità di voto all’estero come accade per le Politiche) sulla valutazione riguardante l’astensionismo.
Questi comunque i dati del numero complessivo di voti validi a partire dalla Regionali 2013: in quell’occasione si ebbero 192.107 voti per i candidati presidenti e 167.783 per le liste circoscrizionali, con una differenza a vantaggio dei candidati presidenti di 24.324 voti.  Alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo i voti validi sono stati 174.329 (il riferimento è alla Camera dei Deputati). Nelle elezioni regionali del 22 aprile il totale dei voti validi espressi a favore dei candidati presidenti è stato di 166.201, mentre quelli a favore delle liste hanno raggiunto le 144.391 unità con una differenza, a favore del voto per i candidati presidenti di 21.810 voti. Nel 2018 quindi l’86,87% ha votato sia il candidato presidente sia una lista, mentre nel 2013 era successo per l’87,33%. Una differenza del meno 0,46% che consente di affermare come questo tipo di rapporto sia rimasto inalterato. Nel rapporto fra le due elezioni regionali 2013 e 2018 l’astensione complessiva (astenuti, bianche e nulle) è passata dal 42,21 al 49,83%, rappresentando sempre la maggioranza relativa: su questo punto si può affermare, come valutazione generale, dello scemare dell’interesse per le elezioni regionali che ormai assieme alle europee rappresentano il fanalino di coda nell’attrazione di elettrici ed elettori. La riduzione dell’Ente Regione a solo soggetto di spesa (a prescindere dalle malversazioni accertate o intuite ) rappresenta sicuramente un elemento importante da questo punto di vista. Nell’occasione delle elezioni politiche del 4 marzo l’astensione complessiva aveva toccato il 31,40%. Nell’insieme dunque si può ben affermare di una robusta crescita del fenomeno del “non voto” in tutte le sue espressioni. Passiamo allora all’analisi del voto riguardante le liste e i presidenti.
Il successo del candidato presidente del centro – destra, Donato Toma,è apparso particolarmente netto.
Su Toma sono confluiti 73.229 voti , mentre le 9 liste d’appoggio hanno assommato 71.645: quota notevole quest’ultima a dimostrazione di una presenza elettorale “forte” dei diversi soggetti politici pur molto distribuita all’interno della coalizione. Forza Italia infatti è risultata prevalente con 13.627 voti ma tra questa e i 10.351 voti di Popolari per l’Italia sono da conteggiare mi voti di Orgoglio Molise (12.122) e della Lega (11.956).
Difficile nel campo del centro destra immaginare raffronti con le politiche di marzo data la presenza di liste locali che – appunto – hanno raccolto un numero considerevole di suffragi. Infatti dal punto di vista delle cifre assolute Forza Italia scende da 28.079 voti a 13.627; la Lega da 15.129 a 11.956 mentre sale Fratelli d’Italia da 5.390 a 6.461 e ottengono una notevole affermazione le due liste Popolari per l’Italia ( 10.351 voti) e UDC (7.429).
Nell’insieme se si comparano i voti ottenuti dalla coalizione di centro destra alle politiche di Marzo che furono 51.981 e quelli ottenuti dal  presidente appena eletto che sono 73.229, il centrodestra progredito di 21.248 unità.  Nel 2013, alla regionali, il candidato del centro destra Iorio aveva toccato i 49.567 suffragi.
Si può ben dire, a questo punto, che il centro destra ha avuto un effettivo incremento di voti e che l’elezione del presidente non è sicuramente avvenuta “in discesa”.
Più articolata l’analisi riguardante il Movimento 5 stelle. Prima di tutto è necessario far rimarcare come si sia verificato un ampio scarto tra il voto destinato al candidato e quello per la lista. Andrea Greco, candidato del movimento, ha infatti ottenuto 63.998 voti mentre la lista si è fermata a 45.415. Un vero e proprio solco tra i due dati di ben 18.583 suffragi.
Fenomeno questo della differenza tra i voti raccolti dal candidato presidente e quelli raccolti dalla lista che, per quel che concerne il Movimento 5 stelle, si era già verificato in occasione delle regionali 2013, quando il candidato Antonio Federico aveva raccolto 32.200 voti e la lista 20.347.
Il raffronto con il dato delle politiche 2018 risulta particolarmente negativo per il Movimento 5 stelle: si è passati, infatti da 78.093 voti delle politiche ai 63.998 per il candidato presidente ( meno 14.095) e ai 45.415 della lista ( meno 32.678). Si può sicuramente affermare che rispetto alla lista i 5 stelle hanno ceduto voti sia all’astensione sia al centro destra. Questo  dato rappresenta un segnale politico anche se forse non è il caso di ricordare la “sindrome di Castellamare” (dal primo voto amministrativo dopo le elezioni del 1976, con il calo del PCI che aveva concesso alla DC il “governo delle astensioni”).
Flessione, in voti assoluti, per il candidato del centro sinistra Carlo Veneziale: se i 28.267 voti ottenuti non sono eccessivamente distanti  dai 31.629 che il 4 marzo erano stati conseguiti dalla coalizione raccoltasi attorno al PD (ai quali però debbono essere aggiunti i 6.483 voti di LeU) appare particolarmente impietoso il paragone con le regionali 2013 :il candidato del centro sinistra, vincente, ottenne 85.881 voti. Siamo nell’arco dei 5 anni, con un numero di iscritti nelle liste più o meno simile, ad una perdita di 57.614 voti che, naturalmente, hanno preso tutte le direzioni. La candidatura Veneziale era sostenuta da 5 liste ma non si può concludere senza rimarcare il calo del PD tra marzo e oggi, da 26.499 voti a 12.762, cioè meno della metà: un altro segnale politico che ci viene dalle elezioni di questa piccola regione.
Riassumendo, esaurite le premesse in ragione delle quali è necessario esprimere il massimo della cautela data la limitatezza del test alcune considerazioni politiche possono essere sviluppate:
1) È cresciuta l’astensione, tenendo conto del “fattore Regione” come elemento di poco interesse per l’elettrice/ore medio e quindi non generalizzando il dato come di “sistema”;
2) Il centro destra ha avuto un’affermazione netta anche se per quel che riguarda la competizione interna, l’ampio spettro di forze presenti in ispecie locali non consente una adeguata valutazione;
3) Scricchiolii vengono dalla granitica impalcatura dei 5 stelle che sicuramente non capitalizzano la base di successo verificatasi alle politiche;
4) Prosegue inesorabile il declino del PD.
Tenendo ben a mente, infine, l’eccesso di tensione che sul piano generale forze politiche e media hanno mantenuto su questo appuntamento di ridotte dimensioni.