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domenica 5 agosto 2018

Taccuino
MUSICI ALL’AMBROSIANA
di Angelo Gaccione

Villa Simonetta

L’incisione riportata nel volume Ville di delizie o siano palagi camparecci nello Stato di Milano di Marc’Antonio Dal Re del 1726, ce la mostra isolata in una piatta pianura di campagna. “Quasi due miglia dalla città di Milano” scrive Dal Re, e a noi pare oggi incredibile che la zona dove sorgeva, e sorge, Villa Simonetta con il lunghissimo colonnato frontale, sia a poche fermate di tram dal Cimitero Monumentale e dalla Metropolitana Viola: la 5, come dicono i milanesi. Quanto sia rimasto di autentico della villa rinascimentale voluta da Gualtiero Bascapè, cancelliere di Lodovico il Moro, non lo sappiamo, passata com’è dalle mani di vari signori milanesi nel corso dei secoli. Quel che è certo è che Bascapè la godette sì e no un paio d’anni prima di lasciare questo mondo, e quella che era nota come la “Gualtiera”, già nel 1555 era divenuta proprietà dei Simonetta, nome che ha mantenuto fino ai giorni nostri. Sparita invece la facciata (almeno come la conosciamo dall’incisione del 1700 più sopra menzionata), distrutta dalle bombe dell’ultima guerra, quella che io ho più volte definito la Grande Macelleria, e come si dovrebbe più correttamente trovare scritto nei manuali di storia contemporanea. L’attuale facciata risale al restauro del 1959; per fortuna nemmeno brutta, se pensiamo agli usi e abusi che la villa ha dovuto sopportare: persino una compagnia della teppa, di balabiott (balli nudi), poi ospizio, mensa operaia, e così via. Oggi ospita la Civica Scuola di Musica dedicata a Claudio Abbado, ed è splendido che nel suo Istituto di Musica Antica si siano potuti formare e vi possano tuttora studiare, i quattro giovanissimi che questa mattina (sabato 4 agosto) ci hanno dato un saggio del loro impegno, suonando in un salone della Biblioteca Ambrosiana i loro flauti dolci. Saux, Ockeghem, Janequin, Telemann, questi sono stati gli autori proposti, in un excursus che dal 1400 è scivolato fino al Novecento più maturo. Un quartetto dalle provenienze internazionali: cileno José Manuel Fernández Bravo, cilena Ariadna Quappe, francese ma con studi anche in Cile Ninon Dusollier, giapponese Nao Kirihata. A loro e alla loro giovane bravura abbiamo tributato il nostro plauso, e naturalmente alla Cappella Musicale e allo spirito internazionale della nostra città.

Botticelli: Madonna del Padiglione

L’Ambrosiana: questo il meraviglioso contenitore del concerto. E allora come resistere per l’ennesima volta alla tentazione di percorrerne le ricche sale con le preziose collezioni, i lasciti, le donazioni... impossibile. E allora completamente soggiogato e come fuori dal tempo, ho ripercorso le 19 Sale, i Loggiati, la Sala dell’Esedra, la Federiciana, il Peristilio e quella che viene definita come Aula Leonardi dove non c’è solo quel capolavoro conosciuto come il Ritratto del Musico, ma anche un Ritratto di una duchessa di Milano di mano di Leonardo, il Cristo incoronato di spine di Bernardino Luini e un suo giovane allievo, affresco straordinario che occupa tutta una parete. Al centro della scena il Cristo affranto tormentato dai suoi aguzzini che si divertono anche a schernirlo con boccacce e smorfie grottesche. C’è una copia della Vergine delle Rocce di Andrea Bianchi (il Vespino), una Madonna con Sant’Anna e San Giovannino, sempre del Vespino, che è stato un copista straordinario, ed è sua la riproduzione dell’Ultima Cena leonardesca che corre in orizzontale sulla parte alta di una delle pareti della Sala. Leonardesco è anche il Cristo deriso da due sgherri di Giovanni Pietro Rizzoli (il Giampietrino) nella stessa sala, o la Testa di Cristo Redentore di Gian Giacomo Caprotti (il Salaì).

Leonardo: Ritratto di Musico

Con particolare emozione ho sostato davanti al tondo della Madonna del Padiglione di Botticelli, alla Canestra di frutta di Caravaggio, alle due tragiche tele di Giuseppe Vermiglio Giuditta e Oloferne e Giaele e Sisara, alle sculture del danese Bertel Thorvaldsen, e nella Biblioteca dove oltre al patrimonio librario si conserva il Codice Atlantico. Ma qui c’è il Gotha della pittura attraverso il secoli e si farebbe torto alla creatura del cardinal Federigo trascurarne artisti, secoli e ambienti geografici di provenienza. In queste Sale dovete immergere non solo il vostro sguardo, ma tutto intero lo spirito e lasciare che il tempo scorra per voi indifferente com’è successo a me. Zenale, Bergognone, Procaccini, Bramantino, Morazzone, Daniele Crespi, Tiziano, Veronese, Giulio Romano, Brueghel, Canova, Hayez... e tanti, tantissimi maestri ancora, vi faranno compagnia. È anche un modo per capire cos’è stato il genio artistico italiano, il tesoro enorme che dovremo custodire. Se non siete mai entrati nella Biblioteca Ambrosiana e nelle Sale della sua Pinacoteca, vi consiglio di farlo prima possibile. È un’esperienza memorabile, come essere stati ai Musei Vaticani, o agli Uffizi.