di Franco Astengo
Mosso da una forte
preoccupazione ho preso spunto dalla ricorrenza riguardante la conclusione
della prima guerra mondiale per compilare questo appunto, dai contenuti
meramente didascalici.
Il
tema che mi sta a cuore è quello del sorgere di un evidente pericolo di
scivolamento su posizioni nazionaliste (oggi definite “sovraniste”) di alcuni
dei settori della sinistra italiana che, in questi ultimi anni di grande
confusione, hanno comunque mantenuto non facili posizioni di coerenza e di
relativa conseguenza politica al riguardo dell’emergere di una nuova qualità
delle contraddizioni sociali e di un feroce attacco di destra. E’ vero che
siamo di fronte ad un fallimento epocale come quello dell’UE e al “ritorno
all’indietro” di quello che era stato definito come processo di
“globalizzazione”.
L’idea
della “cessione di sovranità” dello stato – Nazione è stata incautamente
accelerata mentre emergevano, ed emergono, da parte delle grandi potenze
posizioni di tipo imperialista.
In
questo quadro è però necessario rifiutare uno scontro di taglio manicheo tra
gli “ortodossi” europeisti - globalismi e i “neo - nazionalisti”, chiaramente
orientati a destra.
A
questo punto emerge la necessità di rivisitare la nostra storia, soprattutto
dei socialisti e dei comunisti italiani, nei suoi punti più alti tornando anche
a studiarne tutte le complesse sfaccettature.
Si
celebrano dunque i 100 anni dalla fine della Grande Guerra mentre sembra
risorgere il nazionalismo, vera matrice di quell’immane conflitto. C’è un solo
motivo per ricordare quell’immane strage che, tra il 1914 e il 1918, avvolse la
vita delle nostre madri e dei nostri padri: combattere oggi come allora il
nazionalismo. Ed è questo: Oggi il rosso si colora inopinatamente di bruno,
dopo essersi acconciato all’arcobaleno.
Rosso
- bruno e rosso - arcobaleno rappresentano i due punti, opposti tra di loro,
attorno ai quali si è smarrita l’identità delle idee di riscatto sociale che
avevano - al tempo -potentemente contrassegnato gli anni d’inizio ‘900 e poi si
erano tradotte nel concreto prima nel voto ai crediti di guerra da parte
dell’SPD e del PSF e successivamente nella “Rivoluzione contro il Capitale” in
Russia. Era così mutato tremendamente di segno il lascito di decenni di lotte
operaie. Il pericolo maggiore per la sinistra, adesso, ritorna a essere quello
del nazionalismo. Il nazionalismo racchiude in sé tutte le chiusure che si
stanno verificando sia sul piano culturale sia dello sviluppo politico che si
stanno verificando anche qui in quell’Occidente che continuavamo a considerare
il punto più avanzato nel quale il pensiero del progresso politico poteva
ancora continuare a esprimersi. E’ necessario allora tornare a far capire che
tutte le lotte: contro il razzismo, il militarismo, la sopraffazione di genere,
portano in sé una matrice comunque che è quella dello sfruttamento. Lo
sfruttamento che nasce dall’imposizione della logica del profitto sull’insieme
delle attività umane. E’ proprio per affrontare questa situazione che, molto
modestamente, si é cercato in questa occasione di presentare una riflessione
quanto mai sintetica sui due termini opposti di nazionalismo e di
internazionalismo. Il nazionalismo
rimane l’arma più forte in mano a chi intende perpetuare le logiche di
sfruttamento e l’internazionalismo deve essere considerato ancora lo strumento
più importante per chi vuole opporsi e proporre un’alternativa insieme di
sistema e di società.
NAZIONALISMO
Un’assoluta
identificazione con la nazione e l’interesse nazionale ha rappresentato il
tratto tipico del nazionalismo che si era imposto come ideologia dello Stato di
potenza.
Il
nazionalismo entra in campo sulla scena della storia al tempo della seconda
rivoluzione industriale e della società di massa.
Le
forme nelle quali il nazionalismo si è storicamente espresso possono essere
così riassunte:
1) Autoritarismo
2) Interventismo armato
3) Apologia della guerra
In
sostanza sono stati questi i criteri di politica interna ed estera assunti
dalle maggiori potenze europee nel ciclo della crisi internazionale.
Gli
elementi appena sovra esposti rappresentarono i vettori ideologici per il
disciplinamento delle masse e per la loro completa identificazione nel
patriottismo fanatico (da cui il termine sciovinista).
La
competizione politica, a questo punto, si era trasferita sul terreno delle
ideologie autoritarie e di origini biologiste (vedi antisemitismo) e della
vocazione imperialista. Insomma: i punti salienti sui quali si sono innestate
le catastrofi del ‘900 e che oggi, in veste modernizzata dalla tecnologia e
dalla velocità di comunicazione, sembrano riproposte dalle maggiori potenze
mondiali (affari militar - energetici compresi).
INTERNAZIONALISMO
L’internazionalismo
il concetto di base si fonda sul carattere universale dei principi di
emancipazione sociale, presupposto indispensabile per il superamento dei
conflitti tra le diverse nazioni.
L’internazionalismo
ha trovato alimento nella necessità di coordinare le diverse organizzazioni
operaie nazionali nella lotta comune contro l’applicazione universale delle
logiche di sfruttamento (queste definizioni appartengono all’800, ma mantengono
una stringente attualità nella sostanza dell’analisi delle dinamiche sociali).
Purtroppo, sempre con riferimento alla prima guerra mondiale, la Seconda
Internazionale non si formò sulla base
di principi internazionalisti ma si configurò come una federazione di autonomi
partiti nazionali. Fu questo il punto, già richiamato poco sopra, che ne causò
il crollo nel 1914 a causa della vicenda dei crediti di guerra votati nei
rispettivi parlamenti.
In
Italia non ci fu bisogno di quel voto perché Monarchia e Governo decisero
l’entrata in guerra scavalcando il Parlamento, i cui membri erano per la
maggioranza contrari.
Il
Partito Socialista, unico tra i partiti europei, assunse ufficialmente una
posizione di “né aderire, né sabotare”, ma il principio internazionalista ormai
era stato superato in negativo e non sarebbe stato recuperato neppure
attraverso l’esito della Rivoluzione d’Ottobre.
La
fondazione della Terza Internazionale, infatti, concluse la sua parabola (ben
prima dello scioglimento, avvenuto nel cuore della seconda guerra mondiale) con
la subordinazione degli interessi dei lavoratori alle esigenze dettate dalle
scelte del “socialismo in un solo Paese” (cioè l’URSS).
In
effetti, l’internazionalismo considerato come principio – guida è finora
mancato sulla scena della storia moderna: non è il caso però di considerarlo
soltanto come un aspetto di un’utopia ormai dimenticata.
Serve
mantenere la memoria e restare comunque preparati.