Da maggio a novembre:
mezzo anno a tutta politica del cambiamento
di Paolo Maria Di
Stefano
Semestre favoloso per
l’immagine del nostro fortunato Paese, questo maggio-novembre 2018! Nelle
piccole cose come in quelle che, almeno per tradizione, si considerano grandi e
dunque anche importanti: una sorgente inesauribile di quella creatività che
praticamente da sempre distingue il “bel paese” da ogni altro al mondo.
Che
non è, il bel paese, il formaggio che tutti conoscono (avvertenza necessaria
visto il livello raggiunto dalla cultura di oggi, segnatamente da quella di noi
italiani) quanto piuttosto il modo di essere di un Paese, l’Italia, che oggi
risplende per la capacità di rispondere ai cambiamenti auspicati perché
necessari anche e forse soprattutto per distinguersi nella oscura palude di una
“Europa” che ogni giorno di più somiglia ad una gora morente, prigioniera come
è di una cultura superata, fatta di ideologie, di filosofie, di politiche che
sembrano non portare da nessuna parte, segnatamente non allo sviluppo della
qualità di vita dei cittadini (e degli ospiti eventuali) e non a quello, pur
importante, della economia con quanto questo comporta sulla formazione di una
nuova e più ampia cultura dei popoli, delle nazioni e degli individui. In
quale ordine, non so dire.
Certo
appaiono speciose e strumentali molte delle critiche mosse forse troppo
affrettatamente a questo Governo giallo-verde, anche amplificate dal non essere
state specificate le tonalità dei due colori di base, e dunque dal non essere
perfetta l’armonia delle componenti.
Poiché
c’è verde e verde e c’è giallo e giallo, e dunque la scelta degli artisti è
complicata almeno quanto delicata, e forse bisogna sapere accontentarsi, anche
non dimenticando che certi giudizi sono assolutamente personali.
Val
dunque probabilmente la pena di esaminare i risultati di questi mesi di
governo, quale che sia la sfumatura dei colori scelti.
Intanto
l’aspetto forse più importante e innovativo: l’obbiettivo “cambiamento”.
Determinante almeno per due ragioni: la prima, che accortamente non meglio
definito, il “cambiamento” consente una libertà di azione quale nessun altro
obiettivo ha mai consentito, in nessuna disciplina, in una con una interessante
facilità di azione: in qualsiasi materia, basta fare diversamente da quanto
fatto da chi ci ha preceduto, e il cambiamento è lì; la seconda, che esprime,
il cambiamento, il massimo della saggezza e della filosofia operativa
Che
“solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione” - come afferma James
Russel Lowell, poeta, critico letterario, diplomatico statunitense nato a
Cambridge (Massachusetts) il 22 febbraio 1819 e ivi morto il 12 agosto 1891-
significa (anche) un elevato grado di affidabilità del Governo e del Parlamento
italiano, almeno a giudicare da quanto dimostrato nel periodo indicato. E nulla
o poco di più importa che il riferimento sia stato inconscio: quanto meno,
permette di vantare da parte dei nostri casalinghi politici una consonanza col Paese
Guida d’oltre oceano, richiamo non nuovo, comunque diverso, almeno in
apparenza, da quello che da sempre ha improntato il pensiero dei Politici
italiani, noti imitatori degli americani a fini soprattutto economici.
Con
quella che a me sembra una esaltazione del sovranismo, probabilmente
riaffiorato dalle pieghe di un indebolimento conseguente al pensiero di una
sovranità super statale spettante ad una unione - per quanto debole e
vacillante- tra più Stati, a più d’uno dei quali non passa neppure per
l’anticamera del cervello che qualsiasi accordo comporta una per quanto piccola
limitazione di sovranità. E d’altra parte, gli States e il loro Presidente non
hanno che un obiettivo, al mondo: affermare la propria superiorità e
indipendenza. Ed anche in questo il nostro Governo giallo-verde si è dimostrato
grande ed efficiente: noi siamo un Paese ed uno Stato sovrano, e dunque il
compito principale è affermare i nostri interessi. Anche per questo, nulla
importa che gli altri Stati d’Europa possano non esser d’accordo. E forse anche
per questo, l’Italia appare sempre più isolata. Che è un bene assoluto: sii
solo e sarai tutto tuo. È tra l’altro una proposizione di Leonardo da Vinci e
dunque un obbiettivo di tutto rispetto per la affermazione della cultura
italiana nel mondo ed un compito primario della Politica.
Ancora
una dimostrazione della grandezza dell’attuale Governo, capace di richiamare
principi affermati dagli Stati Uniti, per esempio, ed anche dal regime fascista
qui da noi senza per questo ricorrere a strombazzi eccessivi. Una logica ferrea
ha imposto il rispetto della improvvisazione con rinvio allo stellone d’Italia,
che è ulteriore dimostrazione di saggezza e di capacità operativa anche nelle
cose in apparenza piccolissime, là dove la politica fino a ieri brillava per
una assenza aristocratica propria della Grande Cultura. Un male assoluto questo,
al quale, ad esempio, ha cercato di porre rimedio con un tour innovativo il
Comitico – parletico di Comico Politico - per eccellenza il quale, conscio
della missione autoassegnatasi, ha impegnato se stesso e il suo tempo in un
giro in auto con telecamera rivolta all’asfalto per sostenere, con il sindaco
di Roma, che le buche null’altro sono se non bufale ignobili di un sistema di
comunicazione volto a screditare l’Amministrazione Comunale della Capitale.
La
circostanza degli incidenti talora mortali provocati dallo stato delle strade
romane dimostra solo che esistono individui disattenti.
E
l’amministrazione merita attenzione e plauso.
Anche
per la felice intuizione di lasciare che la spazzatura decori le vie della
città e favorisca la popolazione dei topi che, a Roma, sono qualche milione e
che qualcuno sostiene essere in grado -i topi- di concorrere a mantenere
pulite le strade e i parchi e i giardini, poiché si nutrono di spazzatura e di
rifiuti vari. Almeno.
E
subito qualcun altro ha proposto la sterilizzazione degli animali,
probabilmente avendo presente anche la creazione di nuovi posti di lavoro,
inevitabile per rendere sterili milioni di topi operando soggetto per soggetto.
Nel
frattempo, è anche probabile che più di un topo possa essere messo in fuga o
possa trovare la morte in uno degli incendi che distruggono gli autobus del
servizio pubblico: potrebbe ritenersi uno dei lati positivi dell’incuria e
della mancanza di manutenzione.
E
parchi e giardini trarrebbero benefici non indifferenti dall’utilizzo di capre
nell’attività di diserbo: proposta, questa, sulla quale è sceso il silenzio.
Forse non tanto perché non dignitosa la presenza di capre et similia in pieno
centro, quanto perché dispendioso remunerare i proprietari delle greggi per un
uso anche valutabile come improprio. E certamente a qualcuno è anche venuto in
mente che nel caso dovrebbero essere i pastori a pagare il Comune per la fornitura
di cibo alle greggi.
E
i pastori hanno risposto picche, e il Comune ha perso un’occasione: grande
prova di coerenza di una importante istituzione pubblica.
E la Politica anche, dal momento che dice di essere “politica del cambiamento” e le soluzioni sopra indicate del cambiamento sarebbero state certamente nobilissima e creativa espressione.
E la Politica anche, dal momento che dice di essere “politica del cambiamento” e le soluzioni sopra indicate del cambiamento sarebbero state certamente nobilissima e creativa espressione.
Una
Politica che si è spesa per oltre sei mesi a cercare di esprimere quel “Governo
del cambiamento” di cui si è parlato per tutta la campagna elettorale, solo
dimenticando che “cambiamento” in sé non significa nulla se non se ne
descrivono i contenuti , meglio se corredati dalle ragioni e dai tempi e dai costi, al di là
delle promesse elettorali che per tradizione lunghissima e non solo italiana non
sono che argomentazioni di vendita non necessariamente legate ai contenuti ed
alle realtà dei prodotti ipotizzati.
Un
nulla -questo cambiamento- al quale hanno fatto corona una serie ulteriore di
“nienti”: abbassamento delle tasse, reddito di cittadinanza, difesa degli
interessi delle famiglie, respingimento dei profughi, flat tax, giustizia
rapida ed efficiente, lavoro… e via dicendo: sono sempre stati e continuano ad
essere pure e semplici dichiarazioni di intenti, e dunque sostanzialmente un
numero sostanzioso di nulla a sostegno del nulla chiamato cambiamento. Il
cambiamento credo possa ritenersi dimostrato dalla assenza di riferimenti alla
cultura e dunque alla scuola e alla formazione e, ovviamente, agli insegnanti:
ne hanno sempre parlato tutti in genere a vuoto. Quale cambiamento più evidente
dell’ignorare l’argomento?
Un
po’ come “interessi della Nazione” o anche “interessi degli italiani”, e
“libertà” e “democrazia” la cui difesa è stata ed è strombazzata ad ogni
momento, ma i cui contenuti sono ancora una volta quanto meno avvolti nella
fitta nebbia del “dato per scontato”. E dunque, anch’essi niente nel niente. Un
niente – se così posso esprimermi- “composito” e di conseguenza un niente che
si traduce in una serie infinita di parole e di polemiche. Poiché nulla è più
facile del polemizzare sul niente e sull’ovvio.
E
in fondo, nulla è più democratico e più completa manifestazione della libertà
degli individui.
Conseguenza
immediata: la difesa della libertà è
argomentazione vincente e suggestiva, così come quella degli interessi degli
italiani e della sovranità dello Stato.
Questi
ultimi -per quanto ancora una volta sconosciuti e comunque non chiaramente
definiti- si assumono come conculcati da
quei cattivi dei tedeschi, cosa non vera, dal momento che i tedeschi si stanno
dimostrando come i più attenti utilizzatori dei vantaggi di una Europa Unita,
ed anche come i migliori gestori della economia del proprio Paese.
Forse
anche perché hanno ben chiari i rapporti tra “sovranità” e il far parte di una
Europa che, unita più o meno, è pur sempre limitatrice delle sovranità
nazionali degli stati membri.
Il
nostro attuale Governo ha comunque un vantaggio e non di poco conto: una forma
di creatività in qualche modo espressione proprio di quel cambiamento
conclamato e mai descritto nei contenuti generali. E il Governo strutturato è
certamente “diverso e creativo”, impostato come è sulla esistenza di un
Presidente del Consiglio che sembra contare poco o nulla, stretto tra due vice
presidenti che sembrano avere in mano l’esercizio della Politica e i destini
del Paese.
Che
pare sussuma il concetto di “volontà popolare”, che ha il vantaggio non
trascurabile di giustificare tutto e il suo contrario, e dunque la possibilità
di essere invocato ad ogni occasione. Con in più il disporre di un “contratto”
anche utilizzabile come alibi.
E
si badi bene: questo popolo di artisti (per il quale l’arte è innanzitutto improvvisazione)
ha espresso un Parlamento e dunque un Governo perfettamente rispondenti alla
propria natura.
“Gli artisti più grandi
sono quelli che propongono il nulla, fregandosene se qualcuno lo faccia
diventare qualcosa”
ha scritto Giuseppe Denti con perfetta intuizione per una altrettanto perfetta
descrizione dei due che a settanta giorni dalla consultazione elettorale non
erano ancora riusciti a dar vita a quel Governo che gli italiani, nella
assoluta illusione che si concreta nell’arte pensavano di meritare in cambio del
loro voto, consci almeno -gli italiani- di essere un popolo di artisti.
Un’arte
e due artisti di qualità non certamente eccelsa, non ostante il nulla da loro
esplorato sia un nulla assoluto e dunque perfetto. E non ostante la presenza di
“simil fantasmi” più o meno silenziosi dietro ciascuno di loro. Perché
la base chiamata “cambiamento” è già di per sé un nulla fatto di niente, giustificato
solo da un vago significato di novità peraltro non identificata – la novità- se
non da una lontana parentela con una “diversità” la cui natura è a sua volta
persa nella nebbia. Sempre più fitta.
Ovviamente,
se si eccettua la personale ambizione dei due artisti ad occupare la poltrona
di Presidente del Consiglio dei Ministri, garante della attuazione dei punti di
quel “contratto di governo” la cui natura è anch’essa espressione di null’altro
se non di un accordo che nulla ha da spartire con gli interessi dei cittadini
se non in via del tutto casuale.
Che
è il punto focale della “filosofia” dei due partiti al Governo (e non solo): il
caso come “deus ex machina” di tutto quanto concerne l’attività politica e che
è conseguenza logica ed inevitabile della mancanza di definizione dei contenuti
del “cambiamento”.
Tanto
che si può tranquillamente affermare che tutto quanto vien fatto è diverso,
frutto del cambiamento, e risponde alla gestione di una politica del caso, in
questi giorni concretatasi in quel DEF sottoposto alla UE, la cui valutazione
sarà comunque importante, checché ne dicano gli autori, e della quale bisognerà
tenere conto, sempre checché ne dicano i compilatori del Documento di Economia
e Finanza.
Vicende,
queste, che assieme ad altre numerose ed anche importanti mi hanno ricordato
una parabola: la storia del DEF e quella dell’Alitalia e quella della Fiat e quella
della Magneti Marelli e quella delle imprese e dell’economia italiana è simile
alla determinazione degli obbiettivi di vendita elaborati dal direttore
commerciale di quella ch’era, all’epoca, la maggiore impresa dolciaria
italiana. Il direttore attorno agli inizi di ottobre veniva illuminato da idee
di grandezza e decideva che nell’anno a venire il fatturato sarebbe salito del
25% rispetto a quello dell’anno in corso. E l’espressione di esso fatturato
descritto in valore assoluto e suddiviso per mesi compariva in numeri cubitali
sulla parete della Direzione, corredato dagli scostamenti a loro volta espressi
in assoluto e in percentuale.
E
poiché gli scostamenti erano sempre di tipo negativo, tutti e ciascuno gli
addetti alle vendite erano sottoposti quotidianamente a reprimende incredibili,
condite con valutazioni di incapacità, di mancanza di professionalità, di
scarso amore per l’azienda… e via dicendo. E il Direttore commerciale si decise
a fare da solo, perché non poteva contare su nessuno. E l’impresa fu acquistata
da stranieri e se ne salvò solo il nome ed il ricordo.
Infine
l’intervento attivo di una Provvidenza chiamata -si badi bene: non implorata,
chiamata da uno Stato Sovrano in nome di un popolo forse non altrettanto
sovrano, ma certamente d’accordo! - fin
dagli inizi della campagna elettorale, quando ad un raduno in piazza del Duomo
a Milano uno dei contendenti si presentò armato di Vangelo e Rosario, così
impegnandola (la Provvidenza) ad una collaborazione che non si è fatta
attendere.
E
almeno un cambiamento si è concretato: un tempo, si diceva “piove Governo
ladro”: oggi chi così si esprime dimostra non aver capito niente. Anche perché
qualsiasi rapporto tra l’onestà del Governo e gli eventi è saltato, “ladro”
essendo assolutamente inadeguato. Si è
trattato di bombe d’acqua, quasi una esondazione dei cieli, e di venti dalla
velocità record e di terremoti e di incendi più o meno dolosi. La pioggia e il
vento e la natura tutta hanno dato mano fattiva alla soluzione del maggiore dei
problemi italiani, la creazione di posti di lavoro: gli eventi che hanno
tormentato la Liguria -dal crollo del ponte a Genova agli allagamenti di
Rapallo e Santa Margherita all’isolamento di Portofino- e quelli di Sardegna e
di Sicilia e del Triveneto hanno dato al Governo giallo verde l’opportunità di
individuare lavori anche importanti, oltre che necessari.
Che
è cosa notevole: proprio per il cambiamento di cui la Politica di oggi si fa
vanto, che è già un risultato. Con
in più questo: la conferma che questo Governo e questa Politica dimostrano in
concreto la volontà di Dio e dunque qualsiasi cosa facciano esprimono il
massimo della positività e della fortuna. Tanto
più che nessuno propone alternative credibili e praticabili: il Governo può far
quello che crede opportuno, disturbato appena da un dissenso rumoroso (neppure
più che tanto) quanto inconcludente.
E
chi parla di crisi e di nuove elezioni peste lo colga.
E
se, oltre alla peste, si rischiasse di perdere la poltrona…
Questo
è un Governo destinato alla immortalità ed è anche quello che ci meritiamo.