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lunedì 28 gennaio 2019

ETICA DEI PRINCIPI, ETICA DELLA RESPONSABILITÀ
di Franco Astengo


“L’utopismo non è più un’accusa che dovrebbe costringere in un angolo l’avversario, ma una risorsa essenziale per una politica dotata di senso. La politica non è l’arte del possibile, e soltanto l’etica dell’intenzione conferisce all’agire politico la capacità di praticare una condotta il cui valore possa essere affermato contro ogni realtà e ogni realismo”.
Max Weber “La politica come professione” Einaudi, Torino 2004.
Il 28 gennaio 1919 Max Weber tenne a Monaco una conferenza “Politik als Beruf. La politica come professione” nell’ambito di un ciclo d’incontri dedicati al “lavoro intellettuale come professione”.
A Weber erano stati affidati due interventi, uno sulla scienza e uno sulla politica, pubblicati poi qualche mese dopo e riuniti in un testo che è diventato un classico della sociologia politica. Micromega  ha dedicato al centenario uno dei suoi “Almanacchi di Filosofia” esprimendo la convinzione che, a distanza di tanto tempo, le questioni poste da Weber in allora risultino ancora di straordinaria attualità.
Una motivazione sicuramente valida proprio in un momento in cui la tensione della folla verso “l’uomo forte” appare egemonica (si è scritto “folla” e neppure “massa” non casualmente).
Max Weber
Così Weber concludeva quella  sua conferenza: “La politica consiste in un lento superamento di dure difficoltà da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. E’ certo del tutto esatto, e confermato da ogni esperienza storica, che non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse all’impossibile”.
Si è così pensato di riproporre tre brevi passaggi di quel testo, giudicandoli molto aderenti alla situazione attuale e confermando, come scrive Joan Subirats nel suo “Weber ai tempi del populismo” come quella del filosofo tedesco fosse una lezione da tenere a mente proprio nei tempi in cui sembra prevalere” la perdita di orizzonti di valore e l’incapacità di guardare più in là del proprio naso.”
Ecco di seguito i tre passaggi annunciati che sicuramente meritano di essere letti con attenzione:


1) “Quali gioie la politica è dunque in grado di offrire e quali attitudini personali presuppone in chi vi si dedica? Ecco, essa procura in primo luogo il sentimento del potere. Anche quando occupa posizioni formalmente modeste, la coscienza di esercitare un’influenza sugli uomini, di partecipare al potere su di essi, ma soprattutto il sentimento di tenere tra le mani il filo conduttore di eventi storicamente importanti, permette al politico di professione di elevarsi al di sopra della quotidianità”.
2) Si può dire che sono tre le qualità decisive per il politico: passione, senso di responsabilità e lungimiranza. “Passione” nel senso di votarsi a qualcosa, di un impegno appassionato verso una causa. La passione non trasforma una persona in un politico se, come servizio della causa, non fa della responsabilità la stella che indica la rotta del suo agire. E per tal fine ha bisogno della “lungimiranza”: la qualità psicologica decisiva per il politico, la capacità di lasciare che la realtà agisca su se stessi con serenità e raccoglimento interiore”.
3) La “mancanza di distanza”, semplicemente in quanto tale, costituisce uno dei peccati mortali di ogni uomo politico ed è una di quelle qualità che, coltivate presso la nuova generazione dei nostri intellettuali, li condannerà all’inettitudine politica. L’uomo politico deve dominare in se stesso, ogni giorno e ogni ora, un nemico del tutto banale e fin troppo umano: la vanità.