Foto e testo di Paolo
Maria Di Stefano
La Sala dell'Urban Center in Galleria |
È il 14 gennaio 2019,
lunedì. Inizia un’altra delle settimane di agonia di quell’Urban Center che da
anni esprime l’anima di Milano all’angolo più prestigioso della città, non a
caso quello che unisce la Galleria a piazza della Scala; e non a caso in quel suo
salotto, pulsante di vita, destinato, oramai, a diventare uno shopping center,
vetrina di prodotti di lusso o ritenuti tali. La qual cosa, a parere dei geni
del marketing urbano che se ne occupano, non potrà che migliorare la qualità di
vita dei milanesi, anche aumentandone il livello. Suggestive espressioni - quelle di “qualità della vita” e di “livello” la cui relazione con la realtà
appare almeno discutibile e certamente non facilmente afferrabile. A me è
riuscito due giorni orsono di compiere un’impresa sempre ritenuta se non
impossibile certamente di grande difficoltà: documentare in una sequenza
fotografica apparentemente banale l’attuazione pratica e quotidiana di un
aspetto importante proprio della “qualità di vita” di cui noi milanesi andiamo
orgogliosi e che l’Urban Center ha reso non solo possibile, ma anche concreta e
accessibile a tutti. Questa è la sequenza: alle 16 e 20, la sala al piano terra
consente ad uno di noi un rifugio tranquillo per leggere il giornale. La sala è
tutta per lui.
Cittadini si incontrano all'Urban Center |
Alle 16 e 45 altre persone occupano un paio di sedie, senza
provocare neppure un minimo di rumore, così dividendo la tranquillità dello
spazio senza turbarne il silenzio. Poi, alle 17 e 22, un gruppo più numeroso si
dispone in modo da poter scambiare opinioni su qualche tema di comune
interesse, ancora una volta rispettando la “sacralità” del silenzio del luogo.
Poco più in là, una signora scrive la propria opinione sulla mostra in atto. Il
centro vivo del salotto di Milano è anche il nostro salotto di casa, della casa
di ciascuno e di tutti. Banale?
Forse,
ma è la realizzazione di quello che con i tempi che corrono può senza dubbio
considerarsi un miracolo: l’esercizio della propria libertà nell’assoluto
rispetto della libertà degli altri. E di questa libertà l’Urban Center è stato
ed è patria e promotore. E l’occhio vigile, la competenza e dal cortesia della
signora alla reception, pronta ad intervenire con la massima discrezione,
sempre quando richiesta e quando opportuno.
Almeno
fino ad oggi.
Urban Center |
È
una esagerazione sostenere che chiudere l’Urban Center in Galleria per fare
spazio ad un negozio somiglia ad un vero e proprio delitto? E che la qualità
della vita dei milanesi non migliorerà certo, quando in quello spazio si
parlerà soltanto di prezzi e di sconti e di promozioni eventuali?
E,
tanto per concludere: se è vero che in Galleria esiste ed è bene che esista una
alternanza di negozi, e dunque esiste ed è bene che esista una alternanza di
sfratti e di nuovi contratti, non vi pare che la cosa non sia applicabile
all’Urban Center, che un negozio (almeno nel comune sentire) non è?
Una cittadina a una mostra all'Urban Center |
Sempre
che la libertà e il suo esercizio non siano una merce qualsiasi. Perché anche
se di prodotti si tratta e di scambio, dal momento che tutto è prodotto e tutto
è scambio, esiste una scala precisa tra i prodotti e il prodotto libertà non è
certo paragonabile al prodotto abbigliamento, per esempio.
Ma
con la politica e i Politici che ci affliggono non si sa mai….