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mercoledì 16 gennaio 2019

L’URBAN CENTER: UNO SFRATTO ALLA LIBERTÀ                                 
Foto e testo di Paolo Maria Di Stefano

La Sala dell'Urban Center in Galleria

È il 14 gennaio 2019, lunedì. Inizia un’altra delle settimane di agonia di quell’Urban Center che da anni esprime l’anima di Milano all’angolo più prestigioso della città, non a caso quello che unisce la Galleria a piazza della Scala; e non a caso in quel suo salotto, pulsante di vita, destinato, oramai, a diventare uno shopping center, vetrina di prodotti di lusso o ritenuti tali. La qual cosa, a parere dei geni del marketing urbano che se ne occupano, non potrà che migliorare la qualità di vita dei milanesi, anche aumentandone il livello. Suggestive espressioni - quelle di “qualità della vita” e di “livello” la cui relazione con la realtà appare almeno discutibile e certamente non facilmente afferrabile. A me è riuscito due giorni orsono di compiere un’impresa sempre ritenuta se non impossibile certamente di grande difficoltà: documentare in una sequenza fotografica apparentemente banale l’attuazione pratica e quotidiana di un aspetto importante proprio della “qualità di vita” di cui noi milanesi andiamo orgogliosi e che l’Urban Center ha reso non solo possibile, ma anche concreta e accessibile a tutti. Questa è la sequenza: alle 16 e 20, la sala al piano terra consente ad uno di noi un rifugio tranquillo per leggere il giornale. La sala è tutta per lui. 


Cittadini si incontrano all'Urban Center
Alle 16 e 45 altre persone occupano un paio di sedie, senza provocare neppure un minimo di rumore, così dividendo la tranquillità dello spazio senza turbarne il silenzio. Poi, alle 17 e 22, un gruppo più numeroso si dispone in modo da poter scambiare opinioni su qualche tema di comune interesse, ancora una volta rispettando la “sacralità” del silenzio del luogo. Poco più in là, una signora scrive la propria opinione sulla mostra in atto. Il centro vivo del salotto di Milano è anche il nostro salotto di casa, della casa di ciascuno e di tutti. Banale?
Forse, ma è la realizzazione di quello che con i tempi che corrono può senza dubbio considerarsi un miracolo: l’esercizio della propria libertà nell’assoluto rispetto della libertà degli altri. E di questa libertà l’Urban Center è stato ed è patria e promotore. E l’occhio vigile, la competenza e dal cortesia della signora alla reception, pronta ad intervenire con la massima discrezione, sempre quando richiesta e quando opportuno.
Almeno fino ad oggi.

Urban Center

È una esagerazione sostenere che chiudere l’Urban Center in Galleria per fare spazio ad un negozio somiglia ad un vero e proprio delitto? E che la qualità della vita dei milanesi non migliorerà certo, quando in quello spazio si parlerà soltanto di prezzi e di sconti e di promozioni eventuali?
E, tanto per concludere: se è vero che in Galleria esiste ed è bene che esista una alternanza di negozi, e dunque esiste ed è bene che esista una alternanza di sfratti e di nuovi contratti, non vi pare che la cosa non sia applicabile all’Urban Center, che un negozio (almeno nel comune sentire) non è?

Una cittadina a una mostra all'Urban Center
 

Sempre che la libertà e il suo esercizio non siano una merce qualsiasi. Perché anche se di prodotti si tratta e di scambio, dal momento che tutto è prodotto e tutto è scambio, esiste una scala precisa tra i prodotti e il prodotto libertà non è certo paragonabile al prodotto abbigliamento, per esempio.
Ma con la politica e i Politici che ci affliggono non si sa mai….