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venerdì 22 marzo 2019

AMERICA
di Ilaria, Vito, Adamo

PLAYOFF 


Suona la sveglia. La sento dentro l'orecchio. Faccio un salto dallo spavento e mi accorgo di aver il telefono sotto il cuscino. Mi sono addormentata mentre stavo parlando con Ry.  Apro subito snapchat per scusarmi, ma trovo un suo messaggio. “Hei, ti sei addormentata mentre ti raccontavo una storia. Buonanotte, ci vediamo domani". Sorrido e gli mando un messaggio, poi vado a fare colazione.
Appena finisco di fare il fiocco alle scarpe da cheer, sento due colpi di clacson. Guardo l'ora, sono le 7.50am. Mom mi chiede se avevo pianificato di non andare a scuola con Joe. Apro la porta e faccio segno con la mano, per dirgli che in due minuti sarei arrivata.
Hei, ragazzo, sei pronto!" Chiudo la porta e mi abbraccia. Arriviamo a scuola e parcheggiamo, la neve è ancora fresca e il gelo mi entra nelle ossa. "Porco cane, che frio". Mi lascio scappare questa frase in italiano. Stranito mi guarda e urla "What?”  Gli rispondo dicendo che ho freddo e lui prova ad imitarmi.
Salutiamo il Principale della scuola e lo aiutiamo a organizzare i pullman e le magliette per gli studenti. La hall della palestra è piena di studenti con cappelli, sciarpe, calze e giubbotti della scuola. Siamo tutti super gasati e non vediamo l'ora di andare a vincere questo game e passare alle semi-finali. Dopo due ore a segnare gente, distribuire maglie, caricare sul pullman gli strumenti della banda, siamo pronti a partire.
Ry sta dormendo con la musica nelle orecchie e la sua testa sulla mia spalla. Mi fa quasi tenerezza. Sento che si muove. Tolgo una cuffietta: “Buon giorno! Come mai hai dormito sulla mia spalla?" Si strofina gli occhi e mi fa la linguaccia. Lo prendo ancora un po' in giro e lui inizia a farmi il solletico. Dalla mia bocca esce un acuto e tutti si girano verso di noi. Sembriamo due bambini, ma in fondo un po' lo siamo! 
Dopo che tutti i bus sono arrivati all'università dove si giocherà il game, ci dividiamo in gruppi, le cheer sono le prime ad entrare. Siamo quasi pronte, mettiamo i fiocchi in testa e rifiniamo il trucco. Usciamo e facciamo il nostro ingresso nella gym. La banda ci accoglie suonando e la sezione studentesca urla per il nostro ingresso. Sembra di stare ad un game di professionisti.
Un boato si alza dagli spalti, i due team sono pronti a giocare, le rivalità si fanno sentire tra slogan, urli e scontri di bande. Fischio d'inizio, Ry salta e butta la palla dalla nostra parte. Mi manca il fiato, l'ansia tende ogni muscolo del mio corpo. Chiamiamo slogan e balletti ogni due minuti per sostenere il nostro team, mentre il corpo studentesco non smette di cantare e urlare neanche per un secondo. Siamo incandescenti. Gli spalti dalla nostra parte sono pieni e le persone continuano ad arrivare.
Siamo davanti per tutto il primo e il secondo tempo. Chiamano la pausa tra il secondo e il terzo tempo. Scateniamo un urlo, sembriamo selvaggi. Ry mi guarda, mi fa il segno del pugno e ricambio. Sta giocando molto bene e questo game è davvero emozionante.
Riprendiamo il game e l'altra squadra si avvicina con il punteggio, restiamo sempre noi al comando, ma piano piano recuperano terreno. Continuiamo a cantare e ballare, non smettiamo di urlare per un secondo. La gola inizia a farmi male e sento che la voce va e viene... oh, oh… non è un buon segno. Anche il terzo tempo è volato, ci separano due punti. Risuona il fischio d'inizio e si riprende a giocare. Ry prende la palla, la passa a Kaleb, che la ripassa a Ry, salta e schiaccia. Negli spalti si scatena un inferno, è pazzesco, non riusciamo a trattenerci; le urla continuano per due minuti fino quando l'azione si replica, ma stavolta è Kaleb, che mette la palla dentro con una mano e con l'altra è appeso al canestro. Siamo in visibilio. Non ci ferma più nessuno. Mancano tre secondi e stiamo vincendo per quattro punti. Chiamano un fallo per il team di Henley; il silenzio cala nella palestra. Siamo tutti tesi. Si mettono in posizione, sbaglia il primo tiro, ne ha ancora uno... la palla sembra muoversi al rallentatore. Rimbalza sul canestro e cade senza entrare nella rete. Saltiamo da tutti gli spalti verso il nostro team. Ci abbracciamo, la banda inizia a suonare e finisce il tempo. Abbiamo vinto!
Entriamo nel campo da gioco e vado subito a complimentarmi con Ry e gli altri ragazzi. Cantiamo la fight song e io più altre ragazze siamo sulle spalle dei ragazzi dando il tempo per la canzone. Mi sembra un sogno. È bellissimo e non riesco ancora a crederci. Scendo dalle spalle di Ry e lo abbraccio.
Sul pullman mi addormento e mi sveglio solo quando siamo nel parcheggio di casa. L'adrenalina ha lasciato lo spazio alla stanchezza. Mom mi viene a prendere e le racconto tutto quello che è successo. Sono ancora emozionata al solo pensiero. Sorrido mentre lo racconto e mi viene quasi giù una lacrima dalla gioia. 
Domani replichiamo. Goodnight Eagles, and good luck for tomorrow!
Ilaria

***
17 anni

Disegno di Adamo Calabrese

Quando avevo 17 anni studiavo chimica nell’istituto di piazza Vetra a Milano e annusavo con languore il profumo dei krapften che veniva da una rosticceria limitrofa. Studiavo la legge di Lavoisier che in quattro parole enuncia che nulla si crea e nulla si distrugge per cui una candela spenta pesa quanto il fumo che emana quando è accesa. Povero Lavoisier, finito sotto la ghigliottina di Robespierre! Poi, sopraggiunta la notte, leggevo e rileggevo i libri che racimolavo sulle bancarelle dei volumi usati. Dostojevskjj, Tolstoi, Flaubert, Hemingway…! Quante appassionate letture…e sono passati gli anni, è corso il vento, è caduta la pioggia, si è levato il sole ed è tramontata la luna. In ogni modo mi è rimasta nel cuore la legge di Lavoisier con il suo fantasioso enunciato: “Se scrivi una lettera alla tua amata di certo la tua amata ti risponde, ma se non ti risponde cambia amata.” Del mio diciassettesimo compleanno mi è rimasto un affettuoso ricordo: Era nevicato molto, gli alberi sembravano smisurati fantasmi, la città era silente come se non ci fosse più nessuno. Era sera, ero uscito per andare incontro a qualcuno che mi cercava. Nella strada c’era un’ombra che veniva verso di me con dubitoso passo. Anch’io tentennavo. Fummo vicini e lo riconobbi. Era il mio professore di fisica del primo anno di scuola media ma curvo, invecchiato, che tentennava con il braccio mentre mi porgeva una candela accesa. “Nulla si crea e nulla si distrugge” balbettava. Di nuovo nevicava e il vecchio aveva ripreso il suo cammino disfacendosi nei fiocchi che volteggiavano sotto i lampioni.

Poesia dell’inverno: Giosuè Carducci

SAN MARTINO
La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri
Nel vespero migrar.

Post scriptum:
Pochi leggono ancora Carducci, viene considerato un poeta accademico. Eppure questo san Martino risveglia ricordi d’infanzia: irti colli che toccano il cielo dove benevole divinità mangiano, bevono e giocano a carte. Fuori, nel bosco, gentili volpi annusano la neve.
Adamo