di Ilaria, Vito, Adamo
PLAYOFF
Suona
la sveglia. La sento dentro l'orecchio. Faccio un salto dallo spavento e mi
accorgo di aver il telefono sotto il cuscino. Mi sono addormentata mentre stavo
parlando con Ry. Apro subito snapchat per scusarmi, ma trovo un suo
messaggio. “Hei, ti sei addormentata
mentre ti raccontavo una storia. Buonanotte, ci vediamo domani".
Sorrido e gli mando un messaggio, poi vado a fare colazione.
Appena finisco di fare
il fiocco alle scarpe da cheer, sento due colpi di clacson. Guardo l'ora, sono
le 7.50am. Mom mi chiede se avevo pianificato di non andare a scuola con Joe.
Apro la porta e faccio segno con la mano, per dirgli che in due minuti sarei
arrivata.
“Hei, ragazzo, sei pronto!" Chiudo la porta e mi abbraccia.
Arriviamo a scuola e parcheggiamo, la neve è ancora fresca e il gelo mi entra
nelle ossa. "Porco cane, che
frio". Mi lascio scappare questa frase in italiano. Stranito mi guarda
e urla "What?” Gli rispondo dicendo che ho freddo e lui prova
ad imitarmi.
Salutiamo il Principale
della scuola e lo aiutiamo a organizzare i pullman e le magliette per gli
studenti. La hall della palestra è piena di studenti con cappelli, sciarpe,
calze e giubbotti della scuola. Siamo tutti super gasati e non vediamo l'ora di
andare a vincere questo game e passare alle semi-finali. Dopo due ore a
segnare gente, distribuire maglie, caricare sul pullman gli strumenti della
banda, siamo pronti a partire.
Ry sta dormendo con la
musica nelle orecchie e la sua testa sulla mia spalla. Mi fa quasi tenerezza.
Sento che si muove. Tolgo una cuffietta: “Buon
giorno! Come mai hai dormito sulla mia spalla?" Si strofina gli occhi
e mi fa la linguaccia. Lo prendo ancora un po' in giro e lui inizia a farmi il
solletico. Dalla mia bocca esce un acuto e tutti si girano verso di noi.
Sembriamo due bambini, ma in fondo un po' lo siamo!
Dopo che tutti i bus
sono arrivati all'università dove si giocherà il game, ci dividiamo in gruppi,
le cheer sono le prime ad entrare. Siamo quasi pronte, mettiamo i fiocchi in
testa e rifiniamo il trucco. Usciamo e facciamo il nostro ingresso nella gym.
La banda ci accoglie suonando e la sezione studentesca urla per il nostro
ingresso. Sembra di stare ad un game di professionisti.
Un boato si alza dagli
spalti, i due team sono pronti a giocare, le rivalità si fanno sentire tra
slogan, urli e scontri di bande. Fischio d'inizio, Ry salta e butta la palla
dalla nostra parte. Mi manca il fiato, l'ansia tende ogni muscolo del mio corpo.
Chiamiamo slogan e balletti ogni due minuti per sostenere il nostro team,
mentre il corpo studentesco non smette di cantare e urlare neanche per un
secondo. Siamo incandescenti. Gli spalti dalla nostra parte sono pieni e le
persone continuano ad arrivare.
Siamo davanti per tutto
il primo e il secondo tempo. Chiamano la pausa tra il secondo e il terzo tempo.
Scateniamo un urlo, sembriamo selvaggi. Ry mi guarda, mi fa il segno del pugno
e ricambio. Sta giocando molto bene e questo game è davvero emozionante.
Riprendiamo il game e
l'altra squadra si avvicina con il punteggio, restiamo sempre noi al comando,
ma piano piano recuperano terreno. Continuiamo a cantare e ballare, non
smettiamo di urlare per un secondo. La gola inizia a farmi male e sento che la
voce va e viene... oh, oh… non è un buon segno. Anche il terzo tempo è volato,
ci separano due punti. Risuona il fischio d'inizio e si riprende a giocare. Ry
prende la palla, la passa a Kaleb, che la ripassa a Ry, salta e schiaccia.
Negli spalti si scatena un inferno, è pazzesco, non riusciamo a trattenerci; le
urla continuano per due minuti fino quando l'azione si replica, ma stavolta è
Kaleb, che mette la palla dentro con una mano e con l'altra è appeso al
canestro. Siamo in visibilio. Non ci ferma più nessuno. Mancano tre secondi e
stiamo vincendo per quattro punti. Chiamano un fallo per il team di Henley; il
silenzio cala nella palestra. Siamo tutti tesi. Si mettono in posizione,
sbaglia il primo tiro, ne ha ancora uno... la palla sembra muoversi al rallentatore.
Rimbalza sul canestro e cade senza entrare nella rete. Saltiamo da tutti gli
spalti verso il nostro team. Ci abbracciamo, la banda inizia a suonare e finisce
il tempo. Abbiamo vinto!
Entriamo nel campo da
gioco e vado subito a complimentarmi con Ry e gli altri ragazzi. Cantiamo la
fight song e io più altre ragazze siamo sulle spalle dei ragazzi dando il tempo
per la canzone. Mi sembra un sogno. È bellissimo e non riesco ancora a
crederci. Scendo dalle spalle di Ry e lo abbraccio.
Sul pullman mi
addormento e mi sveglio solo quando siamo nel parcheggio di casa. L'adrenalina
ha lasciato lo spazio alla stanchezza. Mom mi viene a prendere e le racconto
tutto quello che è successo. Sono ancora emozionata al solo pensiero. Sorrido
mentre lo racconto e mi viene quasi giù una lacrima dalla gioia.
Domani replichiamo. Goodnight
Eagles, and good luck for tomorrow!
Ilaria
***
17
anni
Disegno di Adamo Calabrese |
Quando avevo 17 anni
studiavo chimica nell’istituto di piazza Vetra a Milano e annusavo con languore
il profumo dei krapften che veniva da una rosticceria limitrofa. Studiavo la
legge di Lavoisier che in quattro parole enuncia che nulla si crea e nulla si
distrugge per cui una candela spenta pesa quanto il fumo che emana quando è
accesa. Povero Lavoisier, finito sotto la ghigliottina di Robespierre! Poi,
sopraggiunta la notte, leggevo e rileggevo i libri che racimolavo sulle
bancarelle dei volumi usati. Dostojevskjj, Tolstoi, Flaubert, Hemingway…!
Quante appassionate letture…e sono passati gli anni, è corso il vento, è caduta
la pioggia, si è levato il sole ed è tramontata la luna. In ogni modo mi è
rimasta nel cuore la legge di Lavoisier con il suo fantasioso enunciato: “Se
scrivi una lettera alla tua amata di certo la tua amata ti risponde, ma se non
ti risponde cambia amata.” Del mio diciassettesimo compleanno mi è rimasto un
affettuoso ricordo: Era nevicato molto, gli alberi sembravano smisurati
fantasmi, la città era silente come se non ci fosse più nessuno. Era sera, ero
uscito per andare incontro a qualcuno che mi cercava. Nella strada c’era
un’ombra che veniva verso di me con dubitoso passo. Anch’io tentennavo. Fummo
vicini e lo riconobbi. Era il mio professore di fisica del primo anno di scuola
media ma curvo, invecchiato, che tentennava con il braccio mentre mi porgeva una
candela accesa. “Nulla si crea e nulla si distrugge” balbettava. Di nuovo
nevicava e il vecchio aveva ripreso il suo cammino disfacendosi nei fiocchi che
volteggiavano sotto i lampioni.
Poesia dell’inverno: Giosuè Carducci
SAN MARTINO
La nebbia
agli irti colli
Piovigginando
sale,
E sotto il
maestrale
Urla e
biancheggia il mar;
Ma per le
vie del borgo
Dal ribollir
de’ tini
Va l’aspro
odor de i vini
L’anime a
rallegrar.
Gira su’
ceppi accesi
Lo spiedo
scoppiettando:
Sta il
cacciator fischiando
Su l’uscio a
rimirar
Tra le
rossastre nubi
Stormi
d’uccelli neri,
Com’esuli
pensieri
Nel vespero
migrar.
Post
scriptum:
Pochi leggono ancora Carducci, viene considerato
un poeta accademico. Eppure questo san Martino risveglia ricordi d’infanzia:
irti colli che toccano il cielo dove benevole divinità mangiano, bevono e
giocano a carte. Fuori, nel bosco, gentili volpi annusano la neve.
Adamo