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domenica 31 marzo 2019

Rinascita della poesia in dialetto. Il Friuli
di Alfredo Panetta

Con questo scritto di Alfredo Panetta, “Odissea” prosegue il dibattito sulle “lingue madri” dialettali, aperto con l’incontro pubblico milanese organizzato da Angelo Gaccione.

Alfredo Panetta

Sono infinite, sorprendenti le strade della poesia. In particolare se si prende in considerazione lo stato della poesia dialettale in Italia oggi. Da una parte, per ragioni legate alla globalizzazione linguistica, diminuiscono i parlanti dei vari idiomi italici. Secondo alcune statistiche lo zoccolo duro è rappresentato dal Veneto, dove il dialetto è largamente usato, non solo negli strati sociali più popolari. In linea generale però i dialetti sono diventati delle lingue regionali il cui confine con la lingua nazionale è estremamente labile. In questo stato di cose è evidente che la ricchezza arcaica ed evocativa delle parlate dialettali va lentamente ma inesorabilmente scemando. Da un altro lato, però, se ci soffermiamo in particolare sull’uso del dialetto in poesia, notiamo una fioritura, che va da Marsala al Natisone, dalle periferie romane ai lidi romagnoli. Buona parte del merito va ascritta a Pasolini. Il quale, da un lato ha composto delle eccellenti liriche nel dialetto di Casarsa, dall’altro ha svolto un meticoloso lavoro di ricerca sui poeti dialettali più importanti del panorama nazionale, catalogati nel saggio Passione e Ideologia. Lo stesso Friuli, la cui parlata è stata promossa ufficialmente a lingua dall’Unesco 20 anni fa, ha dato i natali ad autori di rilievo quali Amedeo Giacomini, Federico Tavan e il compianto Pier Luigi Cappello.

Amedeo Giacomini
Amedeo Giacomini è, dopo Pier Paolo Pasolini, il più importante poeta in lingua friulana. Studioso della lingua e della cultura triveneta, è testimone della fine della civiltà contadina. La perdita di contatto diretto con la natura causa all’uomo moderno un disagio esistenziale dal quale è difficile sottrarsi. Forse solo la presa di coscienza che la poesia impone può aiutarci ad alleviare lo stato di malessere: ‘I ai passar la vite a cjalati/ saramandule, pes cu li giambis/ pore vueide de cossiense…/ Non vuei strolegà/ i soi chi di cjar e sanc/ puar, scuintiat, gnarvos/ se ao di fa? Butami ju/ tun aghe muarte… (Ho passato la vita a guardarti/ salamandra, pesce con le gambe/ paura vuota della coscienza…/ Non voglio strologarci sopra/ sono qui di carne e sangue/ povero, scornato, nervoso/ che debbo fare? Buttarmi giù/ in acqua morta…).
In Federico Tavan è sorprendente il tono talvolta epigrammatico, talvolta violento dei suoi versi: A cost de sputaname. ‘E faviele de l’erba/ cuan ch’era verda/ e de li muses/ cuan ch’era de cjar…La mè poesia/ eis un temporal/ zirà pa’ li strades/ e cjapà a pugns al nua. (A costo di sputtanarmi. Parlo dell’erba quand’era fresca/ e delle facce quando erano di carne…/ La mia poesia è un temporale/ girare per le strade/ e prendere a pugni il nulla).

Federico Tavan

Come Pasolini, Pier Luigi Cappello era un poeta bilingue. E, come il grande intellettuale, sapeva benissimo dosare i due idiomi. Il grido di un mondo rurale che va scomparendo va espresso necessariamente in dialetto.
La parlata dialettale rappresenta l’alba di una civiltà e il poeta ne è l’ultimo vero artigiano, parole dell’autore. Ma Cappello è anche raffinato poeta lirico: O cerchi l’aiar che tu spetenis cu li mans/ chest dati e cjolti lusinte tal scur/ di ca la fan, di là il pan da la mè fan/ tu floride tal mjec/ e flor la piere ch’e sfloris in me. (Assaggio l’aria che spettini con le mani/ questo darti e togliere lucente nel buio/ di qua la fame, di là il pane della mia fame/ tu fiorita nel mezzo/ e fiore la pietra che sfiorisce in me).

Pierluigi Cappello
Tre esempi importanti di poeti, ahimè scomparsi, che però non hanno lasciato il vuoto. Mi permetto di sostenere che oggi c’è una generazione importante di poeti in lingua friulana. Mi limito a citarne, tra decine di autori validissimi, alcuni che meritano particolare attenzione: Ivan Crico, Nelvia di Monte, Ida Vallerugo, Francesco Indrigo, Giacomo Vit. A differenza di quanto si possa supporre, penso che la poesia in dialetto nella nostra penisola abbia un futuro tutto da scoprire. Una nuova primavera: questo il mio augurio!