La scissione tra etica e
politica e tra pensiero e azione
di Franco Astengo
Machiavelli |
“La scissione fra etica e
politica e fra pensiero e azione - e cioè la conformazione culturale e ideale dell’intero
ceto intellettuale italiano - fa parte anch’essa dunque della “grande
catastrofe”.
“Ma con questa ulteriore
specificazione essa fa parte di premesse storicamente ineliminabili, e perciò
non banalmente colpevolizzabili.
“Interessa di più, in
conclusione, prendere atto oggi che, nonostante tutto, ci furono cervelli in
grado di dire e sostenere che cosa giustamente si sarebbe dovuto fare – e non
fu fatto”.
Scrive
queste frasi Alberto Asor Rosa nel suo recentissimo “Machiavelli e l’Italia. Resoconto
di una disfatta”.
Un
testo nel quale si esamina, per il tramite dell’opera del “segretario
fiorentino” e di Francesco Guicciardini, le vicende italiane a cavallo dei
secoli XV e XVI, dalla calata in Italia di Carlo VIII fino al sacco di Roma per
opera dei Lanzichenecchi.
In
quella fase non si riuscì a “fare l’Italia”, non si trovò il “principe nuovo”,
si segnò la divisione del Paese sotto l’egemonia straniera con la
responsabilità pesante del Papato.
Si
trattò in buona sostanza della “grande catastrofe”.
Tutto
questo è noto ma ciò che interessa far rilevare in questa sede è la validità
della frase epigrafata, soprattutto al riguardo dell’eterna scissione tra etica
e politica e fra pensiero e azione.
Asor
Rosa precisa anche: “La grande catastrofe, oltre a essere stata. profonda e
devastante, ha avuto (e ha) una lunga durata”.
Una
“grande catastrofe” che ha rappresentato quasi il “continuum” nella storia
della politica in Italia.
Sarebbe
il caso di ritornare alla fase di formazione dell’Unità nel corso del
cosiddetto “Risorgimento” e ai giudizi espressi al proposito da Antonio
Gramsci.
In
realtà gli elementi di continuità di quello che è stato definito “ceto
intellettuale italiano” sono apparsi evidenti nel corso dei secoli trascorsi tra
trasformismo e servaggio verso i potenti: dati caratteristici derivanti proprio
da quelle scissioni cui si è accennato.
Soltanto
isolate avanguardie hanno saputo deviare e opporsi a questo costume
storicamente accertato.
L’unica
fase storica al riguardo della quale è forse possibile formulare un giudizio
diverso è stata quella caratterizzata dalla presenza di grandi partiti molto
forti ideologicamente.
Così
forti, pur nella complessità delle situazioni sociali, culturali, economiche,
fino al punto da richiamare per loro stessi una funzione pedagogica sviluppata
a livello di massa e agita d quella categoria che è stata definita come “intellettuale
organico”.
Gramsci,
ancora, delinea identità e ruolo dell’intellettuale organico, ponendosi in
opposizione a quello dell’intellettuale tradizionale.
Gramsci precisa preliminarmente che non si può
separare l'homo faber
dall’homo
sapiens - lasciando implicito che questa distinzione è una delle
tante distorsioni operate dal capitalismo - e propone l’idea di un’intellettualità
diffusa, un intellettuale di tipo nuovo non separato per mestiere e
appartenenza di classe dal resto della società.
In
questo modo il grande pensatore sardo compie l’operazione mai compiuta prima di
riunificazione tra etica e politica.
L’idea
dell'intellettuale organico e del suo agire all’interno di un partito a vocazione
pedagogica di massa è però ormai lontana dal pensiero e dall’azione dei
praticanti la “modernità”.
Il discorso di Asor Rosa sulla “scissione
permanente” vale
dunque anche per l’oggi e
non soltanto con riferimento ai fatti del XVI secolo.
Il discorso di scissione tra etica e politica
e tra pensiero e azione può valere per l’oggi proprio perché, come era accaduto
cinquecento anni fa, nessuno pare in grado di proporre un punto di riferimento
per avviare un processo di riunificazione sul piano teorico.
L’ostacolo
maggiore rimane quello dell’esercizio della politica (il rapporto tra il
pensiero e l’azione) del tutto interno alla conformazione del potere
considerato come attualità, senza alcuna tensione verso il disegno del futuro.
Di
questo stato di cose abbiamo sotto gli occhi esempi lampanti nell’attualità.
Si
può dunque affermare che soltanto i partiti del secondo ‘900 avevano cercato di
svolgere davvero la funzione del “nuovo principe”.
Alienato
lo strumento del partito siamo tornati al particolare di diversi gruppi di
potere e di pressione che si pongono di fronte ad una segmentazione sociale
nella quale non si distinguono più le “diversità” e le “alternative”.
Eppure
le contraddizioni esistono e appaiono sempre più stridenti, profonde e incompatibili
a un disegno di sintesi: nessuno però sembra accorgersi di ciò, non si sta
sviluppando alcun serio tentativo di rappresentazione politica e, nelle sedi di
elaborazione del pensiero politico, la scissione tra etica e politica appare
più evidente che mai.