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martedì 30 aprile 2019

BEN VENGA MAGGIO!
Primo Maggio di lotta e di solidarietà

Elaborazione grafica di Giuseppe Denti


sabato 27 aprile 2019

L’OPERA POETICA DI LEOPOLDO ATTOLICO
In un unico ponderoso volume, tutta la sua produzione,
compresa una sezione di inediti.

Leopoldo Attolico

Leopoldo Attolico ha raccolto in volume tutta la sua produzione poetica, dal 1964 al 2016. Si tratta di un ponderoso volume di ben 584 pagine. Praticamente un’intera esistenza di ricerca poetica esplorando registri fra i più diversi. Questo volume segna un vero e proprio avvenimento nell’ambito della produzione poetica italiana, che resta vitalissima. Attolico si conferma fra i più interessanti e innovativi poeti della generazione degli anni Quaranta. Questo volume mostra quanto l’etichetta di poeta “ironico e giocoso” sia limitativa per un poeta oltremodo complesso e tutt’altro che disimpegnato come Attolico. Dovete solo avere la pazienza di immergervi nella sua ricca produzione, ora tutta a disposizione sia degli studiosi che degli appassionati. 
[a.g.]

La copertina del volume
  


Leopoldo Attolico
Si fa per dire
Tutte le poesie -1964-2016
Marco Saya Edizioni
Pagg. 584 €  25,00

 ***

Vidi, mia madre

Vidi, nel gioco
passeri rotolare sul tetto
e in un amen (di gioia? di paura?)
irridere l’abisso: solo uno scarto, prensile
nell’aria, per poi ricominciare daccapo,
dalla prima tegola.
Nell’enfasi del sole e dei colori
-in quell’incanto
vidi, mi parve, intera la mia vita;
come una partitura
percorrere il declivio in splendido fervore di note
verso l’ultima; e lasciarla, febbrile
all’indulgenza preoccupata di una piccola creatura
sorta dal nulla, chissà da quale Ade di sogno
e di parole venuta a darmene misura,
a fior di labbra
Leopoldo Attolico


ALLI BENIGNI LETTORI

La copertina del libro

Sabato prossimo 4 maggio, alle 13, su Petrarca, la trasmissione di cultura di Tg3 si parlerà dell’Antologia “Lunario di desideri” a cura di Vincenzo Guarracino, pubblicato dalla Di Felice Editore.
Il libro è possibile acquistarlo anche comodamente da casa attraverso IBS, oltre che richiederlo all’editore e alle librerie.

Vincenzo Guarracino
curatore del volume



AFORISMI
di Laura Margherita Volante


Un paese che non investe in istruzione e ambiente, ma fa propaganda fomentando paure e odio, è destinato a morire di morte propria…
Chi possiede saldi valori di Giustizia e di Libertà è in grado di affrontare ogni avversità avendo una chiara coscienza di sé e di immagine, il cui prezzo è la solitudine.
I coraggiosi lottano per i valori della Libertà. I vili si nascondono
per sferrare nel buio i medesimi valori per i quali non sanno vivere.
L’umiliazione è il negativo di chi la esercita.
La ripetitività a lungo diventa demodé.
La società virtuale e mediatica dei fan conduce al fanatismo.
L’orgoglio è quel nemico di se stessi che rischia di perdere gli amici migliori.
L’ipocrisia di una società in decadenza rappresenta la più abnorme contraddizione fra parole di amore e fatti di sangue.
La superbia appartiene a chi non si è mai dedicato alla lettura
ritenendola inutile: chi è pieno di sé, infatti, non ha posto per nuovi contenuti.
Ieri con ammirazione si cercava di seguire l’esempio dei più bravi per raggiungerne il livello umano e culturale. Oggi con rancore si cerca di portare
i migliori al proprio livello di mediocrità.
Nella società dei rancori chi non è in coppia… è scoppiato!
Chi comunica per paradossi viene capito da intelligenze evolute.
La competenza facilita il percorso dei compiti di sviluppo.
Una frase si può spiegare con la logica mentre ciò non è possibile per una poesia, la quale coglie l’impalpabile che vibra sulle corde dell’emozione.
Da giovani si vede da vicino per ingrandimento visivo, poi passando gli anni si vede lontano anche senza occhiali…
Il peso dell’indifferenza è malefico, destinato a morire di sua natura
in un vortice a caduta libera…
L’incendio di una passione non muore perché sa parlare sulle tracce
di un ideale di Libertà.
Una donna innamorata è sprovvista di difese, se lo è della famiglia
s’immola al martirio quotidiano.
In una società corrotta diventa un pregio la sconfitta…
L’eleganza non si indossa.
La carriera politica è la manna per molti e la mannaia per il popolo…
L’umile per sua natura non subisce umiliazione alcuna, che ritorna al mittente.
I problemi sono nella testa e il coraggio per affrontarli risiede nella forza d’animo.
Per raggiungere un sogno bisogna camminare e se occorre… correre!
Il peggior bestemmiatore è l’ipocrita che va in chiesa…
La vera invasione di un paese è quella dei corrotti e dei disonesti.
L’handicap è un’esperienza curativa del cervello che alcuni dovrebbero provare e che non si augura a nessuno.
L’unico modo di contrastare la società dei consumi è ridurre al minimo i bisogni tornando alla sorgente.
Gli amici sono come i fiori. Possono avere il profumo delle rose o dei lillà, ma gocce di ginepro d’improvviso per sortilegio ergono un ginepraio senza via d’uscita.
La tristezza e la depressione conducono in vie relazionali a boomerang, in cui nessuno è disposto a rispecchiarsi.     
Il contendere è un’arte che pochi possiedono.
I tempismi non invecchiano nemmeno fuori tempo…



A PIOLTELLO CON PUMA
Presenta Angelo Gaccione
Biblioteca Comunale "A. Manzoni"
Piazza dei Popoli n. 1
Sabato 4 Maggio 2019

La locandina dell'incontro


venerdì 26 aprile 2019

Spigolature
MODERNITÀ
di Angelo Gaccione


Non c’è alcun dubbio che le merci industriali di quella che pomposamente viene chiamata modernità, sono di gran lunga più fragili e deperibili dei manufatti (fatti a mano) artigianali delle epoche passate.
Io oso affermare che siano non solo molto più solidi (i manufatti), ma anche esteticamente più affascinanti ed armonici.
A questo riguardo consiglierei a molti cosiddetti designer di andare a bottega dai nostri ottimi, modesti artigiani; converrebbe anche a tanti, tanti e tanti architetti.
Le merci industriali, quelle elettroniche e di alta tecnologia, soprattutto, sono programmate per il “suicidio” e non debbono superare in esistenza, un certo numero di anni preventivamente stabilito. Una lavatrice o un telefonino faranno blackout ad un certo punto della loro esistenza, pur rimanendo integri nell’involucro e perfetti nei loro componenti assemblati. È un ottimo modo perché il consumismo, religione pagana ed empia del capitalismo, divori sempre più risorse, devasti la natura, aumenti a dismisura i rifiuti industriali inquinando in ogni dove e distruggendo energia preziosa con lo smaltimento. E dando anche una mano all’aumento della temperatura climatica del pianeta che in vari modi ci sta già saldando il conto.
Che si potessero auto-suicidare anche le scarpe, questo mi ha però sorpreso. Mai mi era capitato che a meno di un anno di vita, scarpe di fattura italiana facessero una fine così prematura.
Quelle dell’epoca “non moderna” - o se preferite “arretrata” -, non solo erano belle nella foggia, ma erano solide e durature e non mi avevano mai tradito. Queste, le suicide, le ho portate al negozio dove le avevo acquistate e mi sono sentito dire che era tutto “ragionevolmente normale”. Si trattava di scarpe leggere, questa la risposta, riempite di aria per garantire la leggerezza. Non mi ero mai accorto che le scarpe portate in gioventù fossero così pesanti; in ogni caso non si erano mai “suicidate” spaccandosi nel centro della pianta come queste della modernità.
Ora le riempiono di aria, le moderne, le riempiono di aria e ci vendono aria. Lo facevano molti anni fa i napoletani: in un barattolo vendevano “aria di Napoli”. Dopo la vicenda del colera hanno saggiamente smesso.
Sarei curioso di sapere da dove proviene l’aria che circola nelle mie scarpe: dalla Cina, dal Bangladesh? Magari è più inquinata della nostra, di questa della Pianura Padana.
Poveri piedi miei, che senza lamentarsi mi portano in ogni dove…

LETTERA APERTA DA UNO SCIENZIATO (ANTICONFORMISTA, NON NEGAZIONISTA) 
AI GIOVANI DEI FRIDAYS FOR FUTURE
di Angelo Baracca

Cari giovani e studenti,
per chi non mi conosce sono un professore di fisica (in pensione) dell’Università di Firenze, l’insegnamento è stato la passione della mia vita e chi è stato mio allievo credo possa testimoniare che in 47 anni (complessivi) di insegnamento ho sempre espresso senza reticenze le mie opinioni, con lo scopo che ogni studente si formasse liberamente la sua, anche se fosse opposta alla mia.
Da 50 anni sono impegnato sulle questioni ambientali e contro le guerre, e devo dichiarare in tutta onestà che molto spesso mi sono trovato a contrappormi alla maggioranza dei miei colleghi.
Mi ha colpito molto la vostra scelta di un’alleanza con gli scienziati sulla questione del clima: la giudico una scelta importante, ma personalmente valuto dei pro e dei contro, e su questi ultimi in particolare vorrei brevemente esprimere le mie posizioni personali.
Il mio parere è che gli scienziati siano senza dubbio referenti di importanza fondamentale, le loro analisi e i loro pareri costituiscano punti di riferimento necessari, ma da qui a stabilire un’alleanza tout court mi pare ce ne corra.
Senza dubbio non disconosco affatto l’importanza che sul problema del clima la maggioranza degli scienziati sia oggi schierata nettamente nella denuncia della gravità epocale della situazione attuale e nella richiesta perentoria di una vera inversione di tendenza, e di provvedimenti radicali.
Io tuttavia nella mia attività scientifica, e nel mio impegno sociale, ambientale e pacifista (due cose che non ho mai separato) mi sono trovato in moltissime occasioni a contrappormi alla grande maggioranza dei miei colleghi. Da quando ho imboccato la professione scientifica ho sempre contestato che la Scienza sia neutrale rispetto alle condizioni sociali, economiche, culturali - rispetto al potere tout court (del resto metà degli scienziati lavorano per la guerra) - e ho criticato, in termini concreti, il concetto di una oggettività intrinseca, o di verità assolute. Porto un esempio molto concreto, che ho vissuto in prima persona. Se negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso si fossero seguiti i pareri prevalenti degli scienziati e ingegneri, in Italia avremmo ancora programmi nucleari attivi. Il referendum del 1987 che di fatto chiuse i programmi nucleari italiani fu vinto a dispetto dei pareri che dominavano fra gli scienziati. Ancora nel secondo referendum del 2011, pur essendo le posizioni più articolate, erano numerosi gli scienziati favorevoli alla ripresa dei programmi nucleari (e credo che non pochi scienziati favorevoli abbiano evitato di esporsi esplicitamente). La mia posizione sul nucleare (civile e militare), da sempre, mi pare evidente da quanto ho detto: non mi sembra il caso di entrare nel merito in questa sede, anche di altri aspetti delle mie posizioni, ma chiunque sia interessato può chiedermi materiali (angelo.baracca@gmail.com).
La mia opinione, nulla di più, è che il vostro movimento dovrebbe senza dubbio ascoltare le analisi e i pareri degli scienziati, mantenere stretti rapporti di confronto, utilizzare tutte le consulenze qualificate, discuterle, confrontarsi a tutto campo, ma conservare una totale autonomia di valutazione, di giudizio e di scelta. È a mio parere un presupposto irrinunciabile, è la forza del vostro movimento. Io mi sono formato con la scritta sulla parete de La Sapienza di Roma nel 1968 (avevo già 29 anni): “Non dateci consigli, sappiamo sbagliare da soli”.
Personalmente questo è il tipo di rapporto che intendo mantenere e praticare.
Un saluto a tutte/i con l’augurio che il vostro movimento cresca e si radichi, e riesca a realizzare il futuro che meritate, e che le mie generazioni non hanno saputo darvi (mi ha colpito un’affermazione dello scrittore Andrea Camilleri, 93 anni: “Come italiano sento di avere fallito”).

LA VETRINA
Segnaliamo una serie di titoli giunti già da tempo 
in Redazione, e alcune poesie.



Aldo Stroppi
Una brutta piega
P&V Edizioni
Pagg. 2004  € 15,00



Mario Rondi
Il cartiglio del vento
Fermenti Ed.
Pagg. 180 € 17,50



Segnale

Ma dove si nasconde il tuo bosone?
- mio Dio – chiede la cincia, svolazzando
tra gli arbusti e tra rovi, la canzone
cantando di chi cerca: chissà quando
si troverà la chiave, per benone,
del mistero, col sorriso decifrando
in un fruscìo del vento quel segnale
di chi non si fa trovare, meno male…
Mario Rondi



Gianfranco Isetta
Gigli a colazione
Puntoacapo
Pagg. 68  € 12,00



Col calice pieno

Brindo alla curvatura
che affonda nella notte
e m’accompagna sempre
tra i viali del giardino.
Brindo curioso
con il calice pieno
da cui possa affiorare,
l’incertezza dell’amo
tra i riflessi del vino,
un pensiero vagante
sul segreto dei fiori.
Gianfranco Isetta






Vittorio Zanetto
Todo mi interior volqué en un reglón
Arcibel Editores
Pagg. 140 €12,00


Stagione della seta

La maggiolata verdeggiava
di scuro il gelso con foglie
lobata;
bianchiccio il baco preparava,
allo scricchiolio sazio sul
rametto secco,
il filugello della crisalide
in farfalla nel prezioso
tondo
di seta primaverile festosa
ai gridi e risvegli canterini.
Era gioia, delizia
contadina.
Vittorio Zanetto




Mario Micozzi
Ballata sinistra
Punto d’Incontro Edizuoni
Pagg. 136 € 10,00



Aldo Stroppi
Al revés – a rovescio
P&V Edizioni
Pagg. 2004 € 15,00




Terenzio
Poesia. Arte delle lettere
Etabeta Ed.
Pagg. 230 € 15,00


Rintrona il cielo

Ora rintrona il cielo
qual seguito d’un lampo.
Ecco: si slarga e dilaga
un’emozione di rovina.
In tutto ciò v’è il motivo
di quel ch’è il nostro tempo.
Eppure sopra tal nuvolaglia
eternamente splende il sole.
Terenzio Mazza




Michele Brancale
L’apocrifo nel baule
Passigli Ed.
Pagg. 80 € 12,50






Ferdinando Errigo
’U Casalicchio,
San Nicola Arcella
e io
Tipografia Zaccara, Lagonegro
Pagg. 151 s.i.p.



Aldo Stroppi
Fuori porta
Edidea Studio
Pagg. 176 €  s.i.p.












TEATRO LIBERO
Luca Marchesini torna in scena con: "L'ora sospesa"
6 - 7 - 8 Maggio 2019
Teatro Libero di Via Savona n. 10 a Milano

La locandina dello spettacolo
Una foto di scena


PARTE IL CANTIERE PER RESTITUIRE LO STORICO CINEMA ORCHIDEA ALLA CITTÀ



Milano. Cinque secoli di storia, molte differenti vite prima di approdare all’ultima, quella di sala cinematografica, dieci anni di chiusura al pubblico: sono al via i lavori di restauro e di recupero per lo storico palazzo che, nella sua veste più recente, è stato la sede del cinema Orchidea con ingresso da via Terraggio, all’angolo con corso Magenta.
Il restauro conservativo, che ha richiesto anche l’autorizzazione della Soprintendenza ai Beni architettonici, prevede il recupero della facciata storica e dell’antico chiostro, della sala polifunzionale con i suoi 127 posti a sedere per un utilizzo a platea per cinema o spettacoli in pedana, del piano interrato con zona foyer e bar, anch’essa con sedute per consumare in tranquillità, del primo piano dove si trova anche la camera di proiezione, e dei bagni che verranno rifatti. Le pavimentazioni saranno in gres, cotto, ceramica, marmo e legno, il rivestimento delle scale in beola grigia. Previsto l’adeguamento alle nuove norme di sicurezza, che riguardano anche la realizzazione di una scala a rampe e l’abbattimento delle barriere architettoniche, e a quelle in materia di prevenzione incendi. Saranno messi a norma anche gli impianti elettrico e di condizionamento.
Nel corso dello svolgersi dei lavori, l’Amministrazione pubblicherà un avviso pubblico per la gestione dello spazio, in modo da poterlo riaprire non appena terminato l’intervento.
L’obiettivo dell’intervento, per il quale il Comune ha stanziato 1,3 milioni di euro e che durerà un anno, è restituire ai cittadini uno spazio polivalente, offrendo un servizio aperto a tutti e valorizzando lo spazio inserito nell’immobile che fu di Lorenzo de’ Medici.
Il Palazzo quattrocentesco di corso Magenta, detto infatti Casa Medici, nel 1486 viene donato da Galeazzo Visconti e Lodovico il Moro al principe fiorentino, perché possa disporre di un degno alloggio nel corso delle sue visite a Milano; un atto che rientra nel complesso intreccio delle donazioni sforzesche tese a consolidare alleanze politico-economiche. Un edificio con giardino, all’epoca tra le iniziative residenziali più ambiziose e importanti di Milano, di cui oggi restano poche tracce: tre colonne incastonate nella parete in muratura ad un lato del cortile, sei nicchie di grandi dimensioni sul muro, un tempo decorate con conchiglie, tre delle quali nel tempo sono state trasformate in finestre. Dietro il muro si trova la sala principale del cinema, con volta a lunetta, lunga ben 37 metri, larga 7 e alta 8.
Gran parte del palazzo originale viene demolito nel 1895, per far posto alla costruzione dell’immobile attuale, inserito all’interno di un primo cinematografo, chiamato Dante, già prima della Seconda Guerra mondiale. Il nome Orchidea risale al 1946 e la caratteristica di proiettare film d’autore al 1960, peculiarità che manterrà fino al 1991 quando la sala, una volta rinnovata, passerà a prima visione.

MILANOCOSA AL GRECHETTO

Cliccare sulla locandina per ingrandire


LE STELLINE. MILANO
Sala Conferenze dell'Ufficio Rappresentanza
del Parlamento Europeo
Corso Magenta n. 59
La copertina del libro


OMAGGIO AL FLAMENCO

Lunedì 27 maggio, in Piazza dei Mercanti, nel cinquecentesco Palazzo Giureconsulti la cui costruzione fu voluta e finanziata dal nobile milanese Giovanni Angelo Medici, salito al soglio pontificio con il nome di Papa Pio IV, avrà luogo un evento in cui musica, danza, cultura e bel canto si uniranno per uno spettacolo emozionale e imperdibile organizzato dall'Associazione Russkie Stravinsky Motivi, sotto l'egida del patrocinio del Comune di Milano. Natalia Delmar La Serrata, prima ballerina di flamenco e vincitrice dei recenti concorsi internazionali, danzerà su alcune arie cantate dal soprano Larisa Yudina, presidente dell'Associazione Russkie Stravinsky Motivi.
La serata tutta sarà un omaggio al flamenco, il cuore pulsante della Spagna, al bel canto, di cui l'Italia è portavoce nel mondo, alla musica latina ed alla maestria musicale di musicisti russi e spagnoli. Vi sarà anche un importante risvolto benefico, perché grazie alla generosità degli sponsor e dei partecipanti, verranno raccolti fondi per la realizzazione di una scuola italo-russa bilingue in cui i figli di famiglie italiane e italo-russe potranno far apprendere ai ragazzi musica, arte e pittura con il metodo didattico russo. Sono inoltre già previste borse di studio per ragazzi dotati ma bisognosi, in modo da consentire loro un percorso formativo che aiuti nuovi talenti ad emergere.
Nella serata si esibiranno anche la pianista Svetlana Sayad, dall'Azerbajgian, il violoncellista ucraino Alexander Zumbrovsky, il percussionista cubano Dany Torres e due ospiti direttamente dalla Spagna, un chitarrista ed un tenore di flamenco.
Ospite speciale della serata sarà Cecilia Gayle, una delle regine indiscusse della musica latino-americana originaria della Costa Rica, che duetterà con il soprano Larisa Yudina in Granada, per poi terminare la serata con la sua rinomata Bachata.
Alle 18, prima del concerto, le sale del Palazzo ospiteranno la presentazione del libro “Envivo” del dottor Ciaccio, di Sciacca, che toccherà tematiche molto vive ed attuali relative alla famiglia, alla genitorialità, alla maternità ed alla crescita demografica in Italia.
Un programma variegato e ricchissimo, dunque, per unire attraverso le arti, culture e paesi distanti solo geograficamente.        
Per informazioni ed acquisto di biglietti,
contattare stravinskyrusskiemotivi@gmail.com

Ufficio Stampa:
Nicoletta C. Pol Brenna
mail: nicoletta.pol@gmail.com
cell: 349-2508210

giovedì 25 aprile 2019

BORGNA E LA NOSTALGIA FERITA
di Angelo Gaccione

Eugenio Borgna

Esiste una ricca nomenclatura di parole-concetti che appartiene più alla letteratura che alla psicanalisi. Questo ogni scrittore lo sa bene, e lo so bene anch’io. La nostalgia è forse la più silente, la più struggente, di queste parole-concetti; di sicuro la più universale e tocca gli uomini in ogni latitudine. Eugenio Borgna ha dedicato un saggio intero alla nostalgia (La nostalgia ferita, Einaudi, 2018), e così annota: “Ci sono nostalgie dolorose e scarnificanti, nostalgie che fanno vivere e nostalgie che fanno morire, nostalgie che si nutrono di gioia e di tristezza, nostalgie che non si cancellano nel corso del tempo e nostalgie labili ed effimere”. Di queste varie forme di nostalgia egli segue le tracce principalmente nei pazienti che vede numerosi nel corso della sua pratica clinica in qualità di terapeuta, ma senza trascurare la sua esplorazione conoscitiva (come ci ha oramai abituato da anni con i suoi studi) all’interno di quel pozzo senza fondo che si rivelano le vite e le opere degli autori: poeti, scrittori, artisti, filosofi, soprattutto, ma non solo. Nel caso specifico il campionario è alquanto nutrito e la bibliografia ne dà conto, ma si è dovuto auto-imporre anche un necessario limite perché la materia è sterminata e lo avrebbe disperso in una selva intricata e avviluppante. In ogni caso qui di materia letteraria ce n’è a bizzeffe: da Dostoevskij a Emily Dickinson, da Celan ad Agostino, da Benjamin a Blixen, da Trakl a Rilke, da Leopardi a Proust a Pascoli, tanto per citare qualche nome. Non solo Freud, insomma.

La copertina del libro

Seppure si tratti di nostalgia “ferita”, Borgna ci va cauto a connotarla - sic et sempliciter - come una pura e semplice malattia, e si chiede se non “sia possibile ridare vita, ridare senso, alla nostalgia ferita dalla noncuranza e dal disinteresse: recuperandone le tracce perdute”, adoperando la disciplina come scienza umana oltre che come scienza naturale. Tant’e che Borgna ci dice che “la parola nostalgia è, oggi, quasi scomparsa dalla letteratura medica e psichiatrica”. Ovviamente non dimentica che l’essenza profonda sta già nella parola composta che la definisce: nostos (ritorno) e algos (dolore); e questo dolore può sempre ritornare, anzi a certi livelli è ineliminabile e può acquisire un carattere patologico e corrodere assieme alla psiche, lo stesso corpo. La nostalgia “che si fa dolorosa e bruciante” può generare depressione, angoscia, male di vivere e divenire una vera e propria “malattia dell’anima”.  Il ventaglio di nostalgie che Borgna sottopone a verifica è ampio: c’è la nostalgia dell’infanzia (il tempo perduto per sempre) e c’è la nostalgia della casa; quella dell’esilio e dunque della patria; la nostalgia delle persone care che abbiamo amato e perduto e quella dei luoghi che ci sono appartenuti. Non c’è naturalmente nostalgia senza memoria perché “non c’è nostalgia che non si nutra di passato”; Borgna è ancora più perentorio e asseverativo: “Il tempo della nostalgia è il passato”. E seppure questo passato venga spesso additato come qualcosa di immutabile, di fissato per sempre e dunque di deteriore, quasi un sentire reazionario e “passatista”, evanescente: cosa c’è di più certo di ciò che è stato e di cui abbiamo memoria, dunque di più concreto? Non posso avere nostalgia del presente perché lo vivo: è con me qui e ora. Posso avere nostalgia solo di ciò che è stato e non sarà più, di ciò che è andato perduto; ed è nel passato che si radica la malattia dei ricordi. Ma Borgna ci dice che si può avere nostalgia anche per il futuro: per le perdite che verranno, per quello che non potremo più fare per i nostri cari e per quelli che verranno dopo di noi. Io penso che si possa avere nostalgia anche per quello che di meraviglioso potrà in seguito avvenire e da cui saremo esclusi, per quello che si scoprirà, per gli uomini geniali che nasceranno, e così via.

G. Pascoli

Ma resta il passato la forma più intensa di nostalgia, l’età andata. La poesia di pochi versi intitolata “Casarsa” e dedicata da Pasolini alla fontana del suo paese, ne è una dimostrazione eloquente come lo sono tutti i ricchi esempi tratti dai materiali letterari su cui Borgna svolge la sua riflessione: dalla poesia di Hugo von Hofmannsthal “Momento” a “L’aquilone” di Giovanni Pascoli.

(…) Fontana d’acqua del mio paese
non c’è acqua più fresca
che nel mio paese.
Fontana di rustico amore.
(P. P. Pasolini)

Anche questi versi di Pasolini nella loro prosciugata essenzialità, trasudano nostalgia. 
È cosparso di nostalgia gran parte del mio lavoro narrativo e poetico. Una silente nostalgia mi ha sempre accompagnato e so che mi accompagnerà; non sarà possibile guarire. Ne ho fatto la prova per tutto il tempo che ho impiegato nella stesura de La signorina volentieri. Tutta quella raccolta è pervasa da una irrimediabile nostalgia ferita. Basterà per tutti questo inequivocabile passaggio a chiusura del racconto “Elettra” scritto nel dicembre del 2012: “Pensavo a quale abisso scava il tempo fra le persone che si sono amate. Non mi chiese nulla del lavoro, nulla di tutto il resto, ed io gliene fui grato. Fra me e lei c’era come un’ombra che si frapponeva alla luce; un’ombra che apparteneva a un passato che non poteva più tornare. E tuttavia quell’ombra restava, ostinata come una ferita che non vuole chiudersi”.

Eugenio Borgna
Forse per chi scrive, ha ragione Borgna, questo sentimento può farsi resistenza al deserto, restituzione di senso e in qualche misura divenire salvifico. Se non proprio per lui, per lo meno per quanti ne avranno in dono la profondità del sentire, la bellezza maturata nella ferita.