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venerdì 26 aprile 2019

Spigolature
MODERNITÀ
di Angelo Gaccione


Non c’è alcun dubbio che le merci industriali di quella che pomposamente viene chiamata modernità, sono di gran lunga più fragili e deperibili dei manufatti (fatti a mano) artigianali delle epoche passate.
Io oso affermare che siano non solo molto più solidi (i manufatti), ma anche esteticamente più affascinanti ed armonici.
A questo riguardo consiglierei a molti cosiddetti designer di andare a bottega dai nostri ottimi, modesti artigiani; converrebbe anche a tanti, tanti e tanti architetti.
Le merci industriali, quelle elettroniche e di alta tecnologia, soprattutto, sono programmate per il “suicidio” e non debbono superare in esistenza, un certo numero di anni preventivamente stabilito. Una lavatrice o un telefonino faranno blackout ad un certo punto della loro esistenza, pur rimanendo integri nell’involucro e perfetti nei loro componenti assemblati. È un ottimo modo perché il consumismo, religione pagana ed empia del capitalismo, divori sempre più risorse, devasti la natura, aumenti a dismisura i rifiuti industriali inquinando in ogni dove e distruggendo energia preziosa con lo smaltimento. E dando anche una mano all’aumento della temperatura climatica del pianeta che in vari modi ci sta già saldando il conto.
Che si potessero auto-suicidare anche le scarpe, questo mi ha però sorpreso. Mai mi era capitato che a meno di un anno di vita, scarpe di fattura italiana facessero una fine così prematura.
Quelle dell’epoca “non moderna” - o se preferite “arretrata” -, non solo erano belle nella foggia, ma erano solide e durature e non mi avevano mai tradito. Queste, le suicide, le ho portate al negozio dove le avevo acquistate e mi sono sentito dire che era tutto “ragionevolmente normale”. Si trattava di scarpe leggere, questa la risposta, riempite di aria per garantire la leggerezza. Non mi ero mai accorto che le scarpe portate in gioventù fossero così pesanti; in ogni caso non si erano mai “suicidate” spaccandosi nel centro della pianta come queste della modernità.
Ora le riempiono di aria, le moderne, le riempiono di aria e ci vendono aria. Lo facevano molti anni fa i napoletani: in un barattolo vendevano “aria di Napoli”. Dopo la vicenda del colera hanno saggiamente smesso.
Sarei curioso di sapere da dove proviene l’aria che circola nelle mie scarpe: dalla Cina, dal Bangladesh? Magari è più inquinata della nostra, di questa della Pianura Padana.
Poveri piedi miei, che senza lamentarsi mi portano in ogni dove…