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domenica 5 maggio 2019

TUNISIA.
Oralità, memoria e coabitazione nella diversità
Un viaggio nella regione di Sousse in Tunisia
di Mila Fiorentini

Sousse

Dal 28 aprile al 5 maggio scorsi Sousse è stata la capitale del «Vivere insieme e del Patrimonio della Tunisia», un progetto della municipalità locale, sostenuto in particolare dal Sindacato d’iniziativa e dal Comune insieme a un collettivo di cittadini franco-tunisini, al quale siamo stati inviati come testata, insieme ad altri giornalislti che lavorano tra le due sponde del Mediterraneo. Al centro dell’iniziativa come ha sottolineato la giornalista Wided Othmani, che gestisce l’associazione «Chémins croisés», partner dell’iniziativa, dopo la minaccia del terrorismo e in particolare l’attentato a Sousse, una delle destinazioni più note a livello internazionale per il turismo balneare - la scelta di soggiornare nell’hotel Marhaba teatro di quell’episodio di aggressione, non è stata casuale - la volontà di rilanciare il paese e il suo territorio a partire dalla cultura. Se la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale rappresenta un’impresa e una risorsa economica che la Tunisia ancora non ha saputo cogliere pienamente, la consapevolezza della ricchezza umana della multi-culturalità come cifra del DNA dell’Ifriqia è invece matura. Indubbiamente in questi ultimi anni si sente anche il valore che una tale coscienza e offerta in termini di proposta culturale può offrire sul piano dello sviluppo del territorio e non solo in chiave tipicamente economica. Così accade anche per la tutela del territorio e la valorizzazione dal punto di vista naturalistico, finora oggetto tutt’al più di campagne elettorali, ora finalmente entrati in progetti e programmi non solo politici ma anche di natura culturale e sociale. In tal senso è importante il ruolo delle associazioni della società civile, molto forti in Tunisia, per le battaglie che, di volta in volta, si intraprendono. Da non trascurare anche il fatto che la pubblica amministrazione sia scesa in campo con il coinvolgimento di personalità politiche in questo viaggio sui generis che omaggia comunità oggi ormai quasi disperse, come quella ebraica di Sousse, ma non dimenticate. 

Kairouan
Al centro di «Vivre ensemble », titolo dell’iniziativa in oggetto, la valorizzazione della memoria e la promozione di un modello sociale di coabitazione tra civiltà diverse perché indispensabili a creare un terreno fertile in termini di sviluppo economico, oltre che di coesione sociale. A tal fine il percorso ha previsto un’azione di riconoscimento alla comunità ebraica di Sousse, un tempo considerevole, con l’intestazione di alcune vie a cittadini illustri in quanto benemeriti, che hanno creato un’economia sociale di sostegno in favore di altri anche di confessioni diverse, esercitando la propria professione gratuitamente. Il tema della memoria per costruire la propria identità e proporla in un messaggio che sia facilmente spendibile sul mercato è stato anche al centro dell’inaugurazione della piazza Virgilio a Sousse, simbolo del patrimonio dell’antichità che ha saputo far tesoro e rendere propria l’eredità dei romani. La Tunisia, più di altri paesi, è stata in grado di trasformare il ‘saccheggio’ in ‘bottino di guerra’. In tal senso il tema della narrazione e del viaggio è al centro del Paese, che troppo spesso è stato bollato come una terra senza una vera identità. In un periodo di emergenze migratorie e rigurgiti di nazionalismo, torna al contrario di grande attualità l’Eneide, poema sulla fondazione di Roma e della cosiddetta civiltà occidentale attraverso un esule che sulle sponde tunisine di Cartagine incontrò Alyssa alias Didone. Rileggere la storia è stato il percorso condiviso di questi giorni che può diventare la traccia di un piano per il rilancio del turismo culturale che crea interesse anche da parte italiana per rileggersi allo specchio, guardando la storia comune, non solo nell’antichità da un punto di vista diverso: da quello dei Cartaginesi di fronte ai Romani e da quello dei Siciliani emigranti dall’Ottocento rispetto a quello dei tunisini di oggi. Partendo da Sousse, considerata la ‘perla della Tunisia’, sulla costa e dalla memoria per l’antica e consolidata comunità ebraica che in generale in Tunisia, soprattutto nell’isola di Djerba, ha una storia lunga e ben antecedente ovviamente a quella cristiana e musulmana, ricca di artigianato - soprattutto la gioielleria, la tessitura - e molta cucina, la piazza Virgilio è stata inaugurata nel segno di continuità con il passato plurale per arrivare al cimitero francese di Enfidha, che riunisce i nomi di coloro che hanno combattuto nella Seconda Guerra mondiale, salendo poi verso il villaggio berbero di Takrouna, un po’ abbandonato a dire il vero, dove si è combattuta una battaglia importante, persa dal fronte italiano. 

El Jem

Un luogo simbolico di una civiltà schiacciata, quella nomade tamazigh, ma originaria che oggi anche con la sua lingua riemerge, dopo l’islamizzazione, il soffocamento da parte del Protettorato francese e infine con lo stato indipendente nel 1956 che, in nome della nuova nazione, ha penalizzato le minoranze, a cominciare dall’espropriazione di molte terre e attività italiane. Alla comunità allora era fiorente e ben accolta non fu data la possibilità di conservare la doppia nazionalità e molti italiani patirono, rifiutati in parte anche dallo Stato italiano, l’aspetto più penoso della vicenda. Proprio a Takrouna il festival dei narratori, dei cosiddetti griot, rilancia l’idea dell’importanza della memoria e di come la lingua sia, non solo strumento di comunicazione, ma veicolo di costruzione della civiltà e di sviluppo del territorio che attorno ad essa si riconosce. E’ impressionante in un paesino arroccato su uno sperone di roccia, dove oltre un po’ di pastorizia e di ulivo, si coltiva ben poco, accanto ad un artigianato di pregio, sentir declamare i versi di Virgilio, ricordare l’Odissea, come radici comuni dell’uomo migrante e viaggiatore per vocazione. Ora la scommessa è rendere la cultura orale, impalpabile, un valore culturale tangibile, grazie a iniziative e manifestazioni che possono vivacizzare dei luoghi come i festival. Il tema dell’oralità e della narrazione rappresenta una delle prime forme culturali ed è oggetto recentemente di una nuova attenzione perché si pone come alternativa e in parte compensativa alla società smaterializzata legata ad Internet, che rende le relazioni umane sempre più virtuali. La cultura orale in tal senso è foriera di un tempo vissuto, nel quale si è immersi, e che dev’essere necessariamente condivisa perché si fonda sull’ascolto. In questo senso è una cultura profondamente democratica, non classista, che crea legami tra persone e più facilmente permeabile a culture diverse: la parola scritta ha barriere più rigide di quella ascoltata ed ecco perché le civiltà nomadi come i berberi e i quartieri popolari, offrono tradizionalmente un patrimonio plurale e contaminato nel senso migliore del termine. Si tratta di una cultura che negli ultimi anni in Tunisia sta prendendo piede, dal cinema, come a Hergla nella zona, o a Gabès ed ovviamente a Tunisi, e molte altre iniziative che ormai stanno acquistando un respiro internazionale. Il colosseo di el-Jem, ad esempio, a circa un’ora da Kairouan, verso sud, testimonianza romana di eccellente fattura e conservazione, è teatro di una stagione musicale e lirica che vede coinvolta anche l’Italia ormai da anni. Così anche la quarta città dell’Islam, la prima ad essere arabizzata in Tunisia, Kairouan, che ha visto scemare il turismo anche per un timore diffuso in termini di sicurezza e per la sua mentalità conservatrice, oggi può diventare un luogo di dialogo e studio tra comunità diverse, anche quelle atee, com’è stato giustamente sottolineato. Il viaggio è stata un’occasione per intravedere nuove strade che promuovendo un turismo culturale e sostenibile siano occasione di sviluppo e non solo di rilancio del paese con una semplice crescita additiva. Con l’obiettivo che un luogo prima che un prodotto da vendere possa essere uno spazio di condivisione dove vivere bene. In questo senso cambia anche la fruizione artistica e l’occhio sui luoghi e sulle città con un’attenzione maggiore al vissuto oltre che al monumento in quanto tale, basti pensare ad esempio all’acquedotto che da Zaghouan porta a Cartagine del quale restano tuttora importanti vestigia, opera romana, che gli stessi Romani distrussero in parte, per tagliare la fornitura d’acqua assetando la città fenicia e battendola. Così la storia di Kairouan, con il gioiello della moschea del Barbiere, il barbiere del Profeta, da dove è partita l’islamizzazione del paese che a torto chi guarda da fuori legge sempre e solo come un paese arabo-musulmano.