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mercoledì 3 luglio 2019

AMERICA
Graduation 2019.



Venerdì sera, una sera di giugno in Oregon. Dopo la pioggia, fa fresco e tira vento. Siamo invitati alla cerimonia organizzata da Stayton High School (SHS) per la consegna del diploma “2019” agli allievi dell’ultimo anno. Ci siamo messi l’unico vestito buono che abbiamo portato in valigia. Nonna Maria ha scartato la veste scollata a fiori bianchi su tessuto nero per ripiegare su un coordinato pantaloni e camicetta. Ci affrettiamo verso la hall dell’Auditorium di Salem, la capitale dell’Oregon. L’enorme sala è quasi piena di parenti e amici degli oltre 160 diplomandi. Gente di provincia, fattori, coltivatori, personaggi dai ventri prominenti con le guance rosse e le teste pelate, accompagnate da signore con grandi occhi e labbra carnose che trascinano bimbetti chiassosi. “My gosh, quanta gente!”
A sinistra del palco, dove siedono le autorità di SHS col Principal, c’è la banda degli studenti, formata soprattutto da strumenti a fiato, che prova marcette. Nella hall gli studenti a coppie formano una lunga serpentina. Tutti indossano la toga e il tocco blu, predisposto dalla scuola, ma sotto s’intravedono t-shirts e blue jeans e alcuni calzano delle crocs colorate. Un contrasto che esalta la differenza tra la richiesta di formalità della scuola e l’atteggiamento dissacrante o forse solamente disinvolto dei giovani cow-boy.
Alle 7:00 pm la banda intona una marcetta, che si ripete come un carillon, gli studenti attraversano la platea per raggiungere e riempire i posti a loro riservati: avanzano una coppia dopo l’altra, intervallate quel tanto che basta a farli riconoscere dai propri fans. Ora è il turno di Ilaria e della sua compagna Iben che oltrepassano la porta laterale e sfilano mentre noi, su in galleria, urliamo “Ila, Ila” applaudendo. Gli studenti formano un grande rettangolo blu disegnato sotto il palco, i professori si alzano in piedi e la banda intona, solenne anche se non perfetta, l’inno americano “The Star-Spangled Banner”.
Nella sala affollata tutti si alzano portando la mano al cuore, gli occhi fissi alla bandiera che sventola grande sul palco, muovendo le labbra in sincrono con la musica. Sono attimi intensi, si percepisce la commozione dai visi lucidi e attenti. Impensabile da noi.
Chiusa la parentesi patriottica, inizia la cerimonia dei diplomi: i ragazzi vengono chiamati e salgono sul palco, mentre su uno schermo si proiettano il nome e due foto del candidato, una attuale e un’altra che lo raffigura bambino. La platea reagisce sussultando dai vari angoli della sala dove i parenti esternano con gli applausi e l’incitamento delle voci la loro soddisfazione.
Tocca finalmente a lei, il suo nome scandito “Ilaria Picco” ci autorizza ad alzarci in piedi e a vociare il nostro augurio entusiasta. L’emozione delle nostre famiglie, di papà Andrea e della famiglia Alley è viva e palpitante. La voce squillante di Francesca, la sorella minore, sopravanza le nostre ed esplode come un fuoco d’artificio mentre il fratello Alberto osserva attonito. Ilaria gira leggermente la testa verso la sala e prosegue il suo cammino, prendendo il diploma e passando tra gli abbracci e le strette di mano dei prof.
È il suo momento, il suggello pubblico a questa importante e bella esperienza americana. “You got it: done!” Ce l’ha fatta!
Guardo mamma Laura e nonna Maria, hanno gli occhi luccicanti e un sorriso indefinito.
Il Principal ringrazia tutti e chiude la cerimonia dando il via al lancio in aria dei berretti.
Sembra di star dentro la scena di un film americano.  
Nella hall una sarabanda di ragazzi e splendide signorine, alte sui tacchi, solcano sorridenti la folla con le toghe slacciate, gli occhi scintillanti e il diploma in mano, predisponendo gli appuntamenti dei party che si protrarranno fino a mattina.
Congratulazioni Iaria!
Vito Calabrese