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martedì 9 luglio 2019

POETI PER TUROLDO
Puma, Longo, Di Mineo, Arzuffi, Natale.

San Carlo al Corso
Gaccione fra Fulvia Cimador (a sin.)
e Concetta Turoldo (a des.)
Sulla parete il bassorilievo di Turoldo
donato dal Comitato di Odissea al Tempio.
Agli estremi Sanna (autore della scultura)
e Piscitello del "Comitato di Odissea"



A Padre David Maria Turoldo

Anch’io ho abbracciato la Croce,
nella coscienza di abbracciare
prima l’uomo e poi la fede,
perché la fede è un incremento
della bellezza di vivere.
Anch’io ho scelto l’umano contro il disumano,
nella coscienza di donare umanità alla terra,
perché si può salvare l’universo
con la capacità di incontrarsi, traducendo l’amore
di Dio in esperienza di vita.
Anch’io ho condiviso l’attesa coi barboni -visionari istintivi-,
sotto i portici della metropoli e attorniati da cartoni,
con sbadigli di fame d’amore, nei tramonti di Milano.
Altra vita!
Notti, vissute da nessuno
con occhi allegri e mani sporche.
Io e gli altri senza dialogo, come nottate senza sogni,
che aspettano che sia finita,
prendendo la loro stessa fine per la fine dell’uomo.
Anch’io, Padre Turoldo, ho subito una condanna
da quelli senza nome, che mi hanno messo al tappeto. 
Ma mi sono rialzato, come ti sei rialzato tu,
perché abbiamo riscattato la vita con la fede,
perché nessuno può spostare una montagna
se non se stessa. 
Pippo Puma

*** 

LA MIETITREBBIATURA

Erano mesi in cui, noi, si diventava tutti africani,    
dacché il rito
della mietitrebbiatura si svolgeva,
dall’alba al tramonto, a torso nudo.

(A quei tempi, il corpo a corpo coi campi
s’ingaggiava con la falce.  Al cui tagliente
essi cadevano in manipoli. Che
noi, poi, la schiena sempre rotta
dall’angolo retto del corpo, raccoglievamo
in covoni. E, questi, in biche.
E, spesso, neppur della sinistra le dita
risparmiate venivano
dai denti di quel tagliente. Per i quali,    
pur se ancor meno spesso,
falciare il grano poteva essere, con nostro
grande ribrezzo, anche mietere serpenti.

Si trebbiava, menando in tondo,
noi in piedi sul ceppo,
la treccia per l’aia, e separando, infine,
paglia e pula dal grano, con forca,
ventilabro, e brezza di mare.

E
mentre le biche    
facevan da palchi
a raganelle e cicale
per le loro estive esecuzioni orchestrali,
e    
nella paglia, di quelle già trebbiate, 
a guardia del grano, dormivano i cani,
ai nostri sudori:
un mare di stille
su stoppie ed aiate,
s’abbeveravano a frotte la notte i grilli).

E, ogni anno,
noi, poi,
si doveva aspettare
l’inverno, per tornare, con la pelle, di nuovo europei.

(Nicolino Longo)

 ***
DELICATEZZA

Il Dolore
Esige delicatezza
Chi lo conosce
Avverte

IMPARA

Il Dolore
Chi impara
A guardarlo
In faccia
Lo accoglie

CORPO

In luoghi irreali
Sospeso nel tempo
Infuso nella sua nudità
Riappare nell’infinito
Trionfo della polvere

IL MIO NOME È VOCE

Il mio nome è Voce
Per salvarmi
Rifiuto il silenzio
Chiedo tempo
Per lacrimare
Per aspettare
Per confidare
Mi commemoro da sola (o)
Prima di andare a morire

Annitta Di Mineo

*** 
In memoria di Padre David Turoldo
(Scritto a Fontanella del Monte dopo un incontro personale
sulla situazione politica del momento con padre David
nella sua biblioteca)


Fino a quando?
Fino a quando dovremo aspettare
con l’angoscia nel cuore
e la morte negli occhi
e le mani artigliate
e le braccia protese
a rapire gli istanti futuri
perché i giorni che verranno
siano nostri e di tutti?
Fino a quando dovremo aspettare 
perché il tetro presente diventi passato.
E il sangue versato sulle strade
si trasformi nel vago ricordo
di sogni di fiori purpurei.
E il rimbombo di esplosioni omicide
in echi di cori lontani?
Fino a quando dovremo aspettare
perché le ore anguste
non abbiano più
il sapore
di mandorle amare,
e il vento vendemmi
grida festose di bimbi
e il deserto dia pane
e le acque la vita
e la terra sia madre?
Forse là, dietro i nembi
del nero presente,
l’aurora?
O forse è qui
dentro il nostro presente
anche in ceppi e in catene
che seminiamo la vita
ed esplode il futuro. 
               
Oliviero Arzuffi
 Aprile 1976

***
Per padre Turoldo 

Masso rimosso
sepolcro aperto al cielo
Pasqua passaggio
dalla morte alla vita:
vera Liberazione.

Giuseppe Natale
Pasqua – 25 Aprile 2019