FONDAZIONE DEL PARTITO ITALIANO DEI
LAVORATORI
di Franco Astengo
Anche quest’anno ho atteso qualche
giorno ma non ho colto segnali di memoria al riguardo della ricorrenza della
fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani progenitore diretto del Partito
Socialista, dal quale poi con la scissione di Livorno originò anche il Partito
Comunista.
Mi pare allora il caso di ritornare sul ricordo di
quella scadenza anche per il fatto che da qualche settimana a
questa parte abbiamo avviato con altre compagne e compagni appartenenti a
diverse aree politiche della sinistra italiana un lavoro tendente a promuovere
un processo di vera e propria “ricostruzione di soggettività” fondato sul
superamento delle divisioni del ‘900 e sull’attualizzazione di un progetto
basato sull’analisi dell’inedito intreccio di contraddizioni che ha
caratterizzato quest’avvio di XXI secolo.
Questo ricordo si misura allora con questa idea di
fondo della ricostruzione posta oltre le antiche separatezze rievocando
l’importanza storica di quel momento fondativo.
Un esempio di coraggio e di lungimiranza politica
datato 1892 ma di grande attualità nella sua essenza di capacità nel progettare
il futuro: forse quella capacità che a noi manca nel saper riproporre oggi
l’essenza di una presenza della sinistra rivolta sempre coerentemente al
riscatto dei ceti sociali sfruttati in modo diverso, ma forse sempre eguale, da
un capitalismo sempre più tentacolare (per descriverlo sommariamente con un
semplice slogan).
“In
Italia la crescita del movimento operaio si delinea sulla fine del XIX
secolo. Le prime organizzazioni di lavoratori sono le società di mutuo soccorso e le cooperative di tradizione mazziniana e a fine
solidaristico. La presenza in Italia di Michail
Bakunin dal 1864
al 1867
dà impulso alla prima organizzazione socialista-anarchica, ma aperta anche ad
istanze più generalmente democratiche e anche autonomiste: la Lega Internazionale dei Lavoratori
(opposta all'Associazione internazionale dei
lavoratori di Karl Marx). L'episodio anarco-socialista di
propaganda più noto è quello del 1877 (un gruppo di anarchici tentò di far sollevare i
contadini del Matese).
La strategia insurrezionale fallisce mentre riscuote molto successo il partito
Socialdemocratico nelle elezioni del 1877.
In
merito alla formazione dei socialisti in Italia (che a tutti gli effetti si
configuravano come prima realtà partitica moderna) è interessante notare
l'eredità mazziniana e della struttura di "partito" che, decenni
addietro, si era data la Giovane Italia di Mazzini. Essa, infatti, pur scevra
da costrutti dottrinali ideologici per come li intendiamo noi, basava la
propria attività su tre punti fondamentali: proselitismo, coordinamento
centrale e autofinanziamento del movimento. I socialisti, volontariamente o
meno, si strutturarono quindi in maniera simile, poggiando le basi su una
concettualità ideologica, e formando così il primo partito moderno italiano.
Intanto
la Lega Internazionale dei Lavoratori
nel 1874
si era sciolta e l'anima più moderata, guidata da Andrea Costa,
sosteneva la necessità di incanalare le energie rivoluzionarie in
un'organizzazione partitica disposta a competere alle elezioni. Tra i più
convinti sostenitori di questa linea troviamo Enrico
Bignami e Osvaldo Gnocchi - Viani, fondatori nel 1876 della
"Federazione Alta Italia dell'Associazione Internazionale dei
Lavoratori" e, nel 1882, del Partito Operaio Italiano, con la rivista
"La Plebe"
(di Lodi),
alla quale poi si affiancano altre pubblicazioni.
Nel
1879 Costa,
uscito dal carcere, si trasferì a Lugano in Svizzera
Qui
scrisse la lettera intitolata "Ai
miei amici di Romagna", in cui indicava la necessità di una svolta
tattica del socialismo, che doveva passare dalla «propaganda per mezzo dei
fatti» a un lavoro di diffusione di principii, che non avrebbe presentato
risultati immediati, ma avrebbe ripagato sul medio periodo.
La
lettera fu pubblicata nel n. 30 del 3 agosto 1879 de “La Plebe”.
La
presa di posizione di Costa determinò nel movimento socialista italiano una
prima separazione dei socialisti dagli anarchici. Nel 1881 questi organizzò il Partito Socialista Rivoluzionario di
Romagna, che sosteneva, fra l'altro, le lotte dei lavoratori,
l'agitazione per riforme economiche e politiche, la partecipazione alle
elezioni amministrative e politiche. Il partito di Costa incontrò grandi
difficoltà, anche se egli riuscì ad essere eletto alla Camera nel 1882: fu il primo deputato
socialista della storia d'Italia.
Anche
il Partito Operaio Italiano di Costantino Lazzari e Giuseppe Croce si presentò
alle elezioni del 1882, ma senza successo.
Frattanto
il movimento operaio si organizzava in forme più complesse: Federazioni di
mestiere, Camere di lavoro, ecc. Le Camere di Lavoro si trasformano in
organizzazioni autonome e divengono il punto di aggregazione a livello
cittadino di tutti i lavoratori.
Su
queste basi nel 1892
nasce a Genova
il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza del Partito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano),
della Lega Socialista Milanese
(d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Filippo
Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno al socialismo
di ispirazione marxista.
La
scelta di Genova come città in cui svolgere il congresso il 14 e 15 agosto del
1892, tra le altre cose, fu dovuta alla contemporanea presenza delle
manifestazioni Colombiane per il quattrocentenario della scoperta delle Americhe:
le ferrovie infatti in tale occasione avevano concesso degli sconti sui
biglietti per il capoluogo ligure, che vennero sfruttati dai convenuti al
congresso (la maggior parte dei quali provenivano dalle regioni del nord). La
decisione generò attriti con i rappresentanti della locale Confederazione
operaia genovese, inizialmente tenuti fuori dall'organizzazione dell'evento, e
mediaticamente si rivelerà controproducente, essendo in quei giorni l'interesse
dei quotidiani e delle riviste concentrato proprio sugli eventi (gare ginniche
e regate) correlati alla grande esposizione colombiana, che finiranno per
mettere in ombra il congresso.
Al
congresso si presenteranno circa 400 delegati, rappresentanti d’interessi e
posizioni non sempre allineate tra di loro.
I
fondatori ufficiali della nuova formazione politica furono Filippo
Turati e Guido Albertelli. Altri promotori furono Claudio
Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Enrico Ferri, che erano provenienti
dall'esperienza del Positivismo.
Turati
ed altri (Camillo Prampolini, Anna
Kuliscioff, Bosco, ecc..) furono a Genova fin dal 13 e proprio la
sera di quel giorno si riunirono per discutere delle proposte da presentare nel
congresso dei giorni seguenti. Gli esponenti anarchici, commentando al tempo
questa riunione preparatoria, la descrissero come una riunione che aveva come
tematiche le decisioni da prendere contro la corrente anarchica stessa. Gli
attriti tra le due anime proseguirono il giorno successivo, nella sala Sivori,
con la richiesta della parte anarchica (Pellaco, Galleani
e Gori)
di sospendere i lavori e la posizione di Turati e Prampolini che invece
chiesero ed auspicarono una netta separazione tra le due correnti del
movimento.
Turati decise quindi di riunire i congressisti
che erano fedeli alla sua linea non più alla sala Sivori, ma nella sede
dell'associazione garibaldina "Carabinieri Genovesi".
Il
15 agosto si ebbero quindi due incontri, quello degli appartenenti alla linea
di Turati (circa i 2/3 dei rappresentanti convenuti a Genova), che, dopo alcuni
infruttuosi tentativi di mediazione tra le due correnti portati avanti da Andrea Costa,
fonderà il Partito dei Lavoratori Italiani, e quella nella sala Sivori dove
l'ala anarchica ed operaista (circa 80 delegati) darà vita ad un omonimo
partito, la cui esistenza, di fatto, terminerà con la fine del congresso.
Viene
eletto Segretario del neocostituito Partito Carlo Dell'Avalle, fondatore nel 1882 della "Società Genio e Lavoro", che
riuniva le principali organizzazioni operaie milanesi,
tra cui i ferrovieri
e i lavoratori della Pirelli.
Nel
1893, nel II
Congresso di Reggio Emilia, il partito si dà un'autonomia e
un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando
anche il Partito Socialista Rivoluzionario
Italiano di Andrea Costa. È confermato Segretario Carlo Dell'Avalle.
Nell'ottobre
del 1894
il partito viene sciolto per decreto a causa della repressione crispina.
Il 13 gennaio 1895
si tiene in clandestinità il III Congresso a Parma che decide di
assumere la denominazione di Partito Socialista Italiano. È eletto Segretario
Filippo Turati.
Turati
è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la
rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx
ed Engels, è legato alla socialdemocrazia
tedesca ed alle associazioni operaie lombarde. Considera il socialismo non dal
punto di vista insurrezionale, ma come un ideale da calare nelle specifiche
situazioni storiche.
Alle
elezioni del 1895, in
contrapposizione alla repressione, viene creata un'alleanza democratico-socialista.
Vengono eletti in Parlamento 15 deputati socialisti, tra i quali Bissolati,
Costa, Prampolini, Turati. Poi verranno, nel maggio 1898, le giornate milanesi delle
cannonate di Bava Beccaris, la repressione fino all’inserimento graduale nel
contesto delle istituzioni di allora. Per adesso basterà ricordare quella prima
stagione proprio per sottolineare il coraggio di chi seppe promuovere
l’organizzazione dei lavoratori, la fedeltà ai principi del riscatto sociale,
la forza nel saper coniugare teoria e prassi in quel momento storico”.